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martedì 14 febbraio 2012

Eternit. Una Sentenza storica

Ieri si è concluso a Torino il processo Eternit per le vittime di Casale Monferrato, con una sentenza storica : 16 anni di reclusione per i due imputati, il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, convertitosi all'ecologia e alla filantropia, e il barone belga Jean Louis De Cartier De Marchienne, titolari dell'azienda in Italia dal 1966 al suo fallimento 20 anni dopo. L'elenco di vittime della Eternit e dei loro familiari da risarcire è durato oltre tre ore nella lettura del presidente della prima sezione del tribunale di Torino Giuseppe Casalbore. E’ stata una sorta di ultimo omaggio a una comunità e a una città legate da una tragedia tremenda.
 «Un elenco terribile» ma «Si è realizzato un sogno , quello di avere giustizia», ha osservato il pm Raffaele Guariniello che ha condotto l'inchiesta e l'accusa nel dibattimento e che aveva chiesto 20 anni per i due colpevoli, accusati di disastro doloso permanente e omissione dolosa di misure antinfortunistiche per aver provocato, attraverso la lavorazione dell'amianto negli stabilimenti del gruppo, la morte o la malattia di quasi 3000 persone. 
 Il procuratore capo Giancarlo Caselli ha preso spunto dal successo di questa inchiesta per lanciare un nuovo allarme sullo smantellamento dei pool specializzati, voluto dai politici e dalle loro nuove leggi : «Lo dovremo fare entro maggio, spero ci sia tempo per cambiare ancora questa norma».E' infatti grazie ad un pool ben organizzato come quello di Torino che si è potuti arrivare a questa sentenza, unica al mondo per ora e seguita con attenzione anche all'estero, dove vi sono o vi sono state situazioni e problemi simili a causa dell'eternit ( ho scritto recentemente della triste storia di Casale Monferrato anche nell'altro mio blog Omegnaedintorni )
La sentenza ha dichiarato prescritti i reati commessi negli stabilimenti di Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli), ma ha affrontato invece le conseguenze dell'attività Eternit negli altri due impianti, quello di Cavagnolo (Torino) e quello di Casale Monferrato ( Alessandria).
I risarcimenti indicati per le parti civili si aggirano sui 200 milioni complessivi. Tra questi spiccano le provvisionali di 25 milioni per il comune di Casale Monferrato, i 20 per la Regione Piemonte, i 15 per l'Inail, i 5 per l'Asl di Alessandria, i 4 per il Comune di Cavagnolo, che già aveva accettato l'offerta di Schmidheiny di 2 milioni e che ha creato rammarico al sindaco di Casale Monferrato,  lui pure sul punto di accettare l'offerta del magnate svizzero di 18,3 milioni, ma poi tornato indietro dopo la sollevazione della comunità monferrina. 
Il Sindaco di Casale Demezzi ha dichiarato : «La sentenza esemplare è venuta e di questo siamo soddisfatti; per quanto riguarda la provvisionale avevamo chiesto 30 milioni e ce ne hanno dati 25 che ancora sono però sulla carta. Certo che il caso di Cavagnolo fa pensare: ha ottenuto 2 milioni con la transazione e questa non ha avuto alcuna influenza sul verdetto, perchè gli hanno dato gli altri 4 milioni di provvisionale richiesta»
Polemiche a parte tra sindaci, bisogna ricordare che sono stati risarciti anche i sindacati a vari livelli con indennizzi di 100000 euro, e le associazioni Wwf, con 70 mila euro e Legambiente con 100 mila, le Associazione familiari vittime amianto con 100 mila e le Associazione familiari esposti amianto con altri 100 mila.
Per le vittime e i loro familiari i risarcimenti oscillano sui 30 mila euro medi, cifre basse, ma la sentenza ha comunque soddisfatto in parte i familiari delle vittime, anche se permane in loro il dolore e la tristezza di aver perso così tanti cari.  E purtroppo molti altri ancora sono ammalati e potrebbero morire. Una sentenza dura, secondo i legali dei due imputati, ma per le tante vittime forse fin troppo poco dura, direi
La sentenza è stata pronunciata in un'aula strapiena e per far fronte all'afflusso di almeno mille persone, arrivate con 24 pullman dal resto d'Italia e dall'estero, sono state aperte e dotate di maxi video l'aula accanto a quella del processo e l'aula magna del palazzo di giustizia. La provincia di Torino ha invece messo a disposizione la sua aula convegni.
«Spero che questa sentenza serva anche a noi», ha commentato la brasiliana Fernanda Giannasi, presidente dell'Abrea (Associazione Brasiliana Esposti all'Amianto) perché in Brasile l'amianto si continua a lavorare, così come in molti altri paesi del mondo. 
Ieri erano presenti anche le mamme delle giovani vittime dell'incendio alla Thyssen, che hanno detto che  «Dove c'e' dolore e bisogno di giustizia noi ci siamo», e i familiari delle vittime della strage di Viareggio, che hanno dichiarato piuttosto polemicamente : «Torniamo a casa con il cuore più aperto. Forse portiamo una boccata d'ossigeno alla procura di Lucca»  
 Una delle vittime ancora in vita, un casalese di 76 anni colpito dall'asbestosi dopo aver lavorato otto anni in Eternit, ha parla con un filo di voce, ma è stato deciso: «La sentenza non mi soddisfa, quei due meritavano una condanna più pesante. Io sono vivo, ho la “polvere”  al 16%, ma i miei colleghi e i miei amici di allora sono quasi tutti morti, ne sono rimasti soltanto due». 
E ,Romana Blasotti, la donna diventata il simbolo della lotta all'amianto con cinque familiari uccisi, ha detto : «Avrei voluto piangere oggi, ma non ci riesco».
Grazie quindi a quei magistrati che a Torino hanno ottenuto giustizia per tante vittime innocenti 
Dovrebbero ringraziarli anche quei politici che troppo spesso, in questi ultimi anni, si sono accaniti contro la Magistratura italiana per difendere i loro interessi personali e i loro affari poco chiari o le loro truffe ed i loro scandali
Come non tutti i lavoratori della pubblica amministrazione sono dei fannulloni, così non tutti i magistrati sono dei  " comunisti " da punire con leggi assurde!!!

martedì 2 giugno 2009

Io differenzio e riciclo...e tu ?

" Giovedì scorso si è tenuta all'Auditorium del Forum di Omegna la serata divulgativa di presentazione del Progetto " Io differenzio e riciclo...e tu? ", realizzato nel corso di questo anno scolastico dalle classi 2A, 2D, 2E, 2G della Scuola Media Statale F.M.Beltrami di Omegna con le docenti di Matematica e Scienze, professoresse C..., R..., S...e V.... Sono intervenute alla serata l'assessore comunale Maria Giulia Comazzi, Raffaela Piloni, in rappresentanza della Comunità Montana Cusio-Mottarone e la dottoressa Erra dell'Assessorato provinciale Ambiente ed un folto pubblico di genitori e cittadini.
Il progetto, con il contributo dell'Assessorato provinciale e regionale dell'Ambiente, ha coinvolto per diversi mesi gli alunni delle quattro classi, le loro famiglie e gli enti che operano nel VCO nel campo dello sviluppo sostenibile.
Il tema del Progetto, " I rifiuti e la loro gestione nel VCO", si è proposto di sensibilizzare gli alunni coinvolti e le loro famiglie sulla tematica dei rifiuti e sulla possibilità di ridurne la produzione con la raccolta differenziata ed il riciclaggio, al fine di formare negli alunni una coscienza ecologica ed un comportamento presente e futuro compatibile con l'ambiente di vita.
Le informazioni, le immagini e tutti i dati, raccolti dagli alunni durante le lezioni in classe con le insegnanti e con gli esperti dell'Osservatorio sui Rifiuti e del Con.Ser.VCO e nelle visite guidate al museo A come Ambiente di Torino, al Termoutilizzatore di Mergozzo ed all'Impianto di recupero per materiali inerti e scarti vegetali di Santino, sono stati analizzati, rielaborati e sintetizzati in un CD, in cartelloni e in tesine cartacee presentati alla serata.
Gli alunni hanno illustrato ai presenti la proiezione finale del Progetto leggendo a turno gli obbiettivi del Progetto stesso - lo sviluppo del senso di responsabilità nei confronti dell'ambiente, la comprensione delle relazioni tra natura ed attività antropiche, la conoscenza delle diverse tipologie di rifiuto, la comprensione dell'importanza della raccolta differenziata e del riciclaggio, la conoscenza delle tecniche di smaltimento dei rifiuti - ed i contenuti, in particolare il concetto e le tipologie di rifiuto, la diminuzione di spesa consapevole, il riutilizzo ed il recupero, la normativa in materia di rifiuti, la raccolta differenziata a livello provinciale regionale e nazionale, le tecniche di riciclaggio, le discariche controllate, la termoutilizzazione ed il compostaggio.
Sono stati esposti al pubblico anche alcuni degli oggetti ornamentali e dei giocattoli creati con materiali di riciclo - carta e cartone, plastica, vetro, stoffe, lane, perline, bottoni, palline , lampadine ed altro - dagli alunni ed alunne che hanno partecipato, nei due quadrimestri scolastici, al laboratorio manuale " Io differenzio e riciclo... e tu? ", del mercoledì pomeriggio, gestito dalle docenti V... e R... G....
Il pubblico, che ha gremito numeroso la sala del Forum, ha apprezzato ed applaudito con molto calore il complesso lavoro svolto dai ragazzi "

E' stato molto bello essere lì al Forum giovedì sera con i miei alunni ed il pubblico e le autorità locali che hanno apprezzato molto il laboratorio manuale creativo che la mia collega del corso E ed io abbiamo gestito per tutto l'anno scolastico nelle ore pomeridiane del mercoledì. I lavori sono splendidi ma hanno richiesto una lunga preparazione, tante ore extra da parte nostra, non retribuite, e tanta fatica ad insegnare ai ragazzi ed alle ragazze a creare con forbici, colle e materiali tanto inusuali per loro

Anche questo è insegnare a scuola. Un modo diverso ma tanto utile per dare agli alunni la possibilità di entrare nel mondo degli adulti con una maggiore maturità e preparazione, non solo libresca ... Peccato che l'altra sera i rappresentanti dei giornali locali non si siano fatti vedere al Forum, neppure uno !!! Le foto qui sopra sono mie e per fortuna che ho avuto la geniale idea di portare la digitale quella sera ... erica

sabato 25 aprile 2009

Buon 25 aprile

Stamattina ho accompagnato mia mamma alla messa ed alla cerimonia, organizzata dall'Anpi di Omegna, al Cimitero di Crusinallo, per ricordare la liberazione dell'Italia dai nazifascisti
Il discorso è stato tenuto da Michele Beltrami, il figlio del Capitano, ucciso a Megolo nel 1944
L'amico Michele ha parlato di quegli anni terribili ed ha ricordato che fu la popolazione di Omegna tutta intera a partecipare con i partigiani alla ribellione contro la dittatura fascista e l'occupazione nazista
Molto emozionante e commovente è stata la sua lettura dell' Epigrafe scritta da Piero Calamandrei, nel 1953, sulla rivista " Il Ponte " :
Non rammaricatevi
dai vostri cimiteri di montagna
se giù al piano
nell'aula ove fu giurata la Costituzione
murata col vostro sangue
sono tornati
da remote caligini
i fantasmi della vergogna
troppo presto
li avevamo dimenticati
è bene che siano esposti
in vista su questo palco
perché tutto il popolo
riconosca i loro volti
e si ricordi
che tutto questo fu vero
chiederanno la parola
avremo tanto da imparare
manganelli pugnali patiboli
vent'anni di rapine
due anni di carneficine
i briganti sugli scanni
i giusti alla tortura
Trieste venduta al tedesco
l'Italia ridotta un rogo
questo si chiama governare
per far grande la patria
apprenderemo da fonte diretta
la storia vista dalla parte dei carnefici
parleranno i diplomatici dell'Asse
i fieri ministri di Salò
apriranno i loro archivi segreti
di ogni impiccato
sapremo la sepoltura
di ogni incendio
si ritroverà il protocollo
Civitella Sant'Anna Boves Marzabotto
tutte in regola

Sapremo finalmente
quanto costò l'assassinio
di Carlo e Nello Rosselli
ma forse a questo punto
preferiranno rinunciare
alla parola peccato
questi grandi uomini di stato
avrebbero tanto da raccontare

mercoledì 18 febbraio 2009

Professione: agromanager !

Ogni domenica leggo sempre con piacere ed interesse sul quotidiano La Stampa le pagine di "Settimo Giorno" dedicate alle notizie del Piemonte e della Valle d'Aosta
L'articolo più importante di oggi è un'intervista ad un indiano del Punjab che, giunto in Italia oltre vent'anni fa, è diventato un mungitore ed un agromanager nelle risaie piemontesi, dove dirige una maxi stalla in provincia di Novara
Quello che mi ha colpito di più in questa storia non è il fatto che uno straniero sia riuscito ad avere successo nel nostro paese, ma quello che il giornalista Gianfranco Quaglia, che ha scritto l'articolo, mette in evidenza con parole precise e molto chiare:
" Bhela Surinder Sing ... è uno di quelli che ce l'hanno fatta.
Uno dei tanti extracomunitari che danno braccia all'agricoltura ricca di laser, computer,tecnologia avanzata, ma povera di manodopera, là dove i muscoli sono ancora indispensabili. Nel settore zootecnico il mungitore è rimasto figura centrale.Sono arrivate le mungitrici elettriche, ma chi sovrintende alle operazioni - governo del bestiame, alimentazione compresa e i parti - è sempre lui, il mungitore.
Un mestiere non tramontato, anzi in agricoltura è ai vertici dei posti vacanti.
Un capostalla oggi arriva a guadagnare sino a duemila euro lordi mensili, cui si aggiungono benefit e superminimi, che possono portare in qualche caso, a una paga complessiva di tremila euro, quando si va oltre le sei ore e mezzo al giorno, come prevede il contratto di lavoro.
Molte volte si incomincia nel cuore della notte perchè il latte va munto prima dell'alba e i parti non hanno scadenze programmate.
Quasi impossibile trovare un giovane di casa nostra che aspiri a questa attività.
E allora ecco gli indiani venire in aiuto alla zootecnia italiana..."
In questo periodo di crisi profonda, di cassa integrazione, di disoccupazione, di ditte che chiudono, di giovani diplomati e laureati che non trovano un lavoro, di precari della scuola che non hanno un avvenire con i futuri tagli della finanziaria, è rassicurante leggere la storia di questo mungitore con il turbante.
" Studiavo matematica all'Università del mio paese, tanta povertà e poche prospettive. Mio padre era morto da poco, nell'88 in India la situazione era grave e sull'orlo della guerra civile. Decisi di tentare"
Arrivato in Italia fa l'inserviente di un circo equestre nel Foggiano, poi arriva in Lombardia, dove lavora in una carpenteria, è dipendente di un ambulante di frutta e verdura ma poi si ammala.
In ospedale incontra un sacerdote che lo aiuta e lo mette in contatto con un umprenditore agricolo che vuole allargare l'azienda ed ha bisogno di una persona capace e fidata.
Sing ci racconta:
" Io con le mucche non avevo mai lavorato, ma noi indiani abbiamo una venerazione secolare per i bovini. In ogni casa, c'era almeno una bufala che ci assicurava il latte quotidiano e io ho imparato a mungerla si da bambino. Così ho accettato "
Dalla stalla di Cislago, nel Lodigiano, passa a "La Graziosa", nel Novarese, dove l'imprenditore vuole trasformare l'antica azienda risicola ( famosa perchè fu lì che si girò il film La risaia con Elsa Martinelli) in una ad indirizzo misto.
Con la giovane, attuale imprenditrice, Sing si occupa del patrimonio zootecnico del cascinale: 320 ettari, 450 mucche di razza Frisona e Jersey della Danimarca da latte, che producono 41 quintali di latte ogni mattina, e 60 tori d'allevamento, tutti nutriti con trinciato di mais locale.
Con la moglie, Sing ha anche il coordinamento della vendita diretta fuori le mura del cascinale.
Due volte la settimana va a Milano dove vende direttamente i formaggi, lo yogurt, i gelati e la carne, prodotti nella " Fattoria delle Jersey", la prima ad aprire in Italia un distributore automatico del latte crudo e con uno spaccio aziendale con centinaia di clienti che ogni giorno acquistano direttamente in cascina.
Sing ha anche acquistato e poi riveduto due ristoranti-pizzeria a Novara.
" E' stata un'esperienza positiva, che mi ha gratificato dopo anni di fatica - dice Sing - ma preferisco rimanere alla Graziosa, dove sto bene e mi sento realizzato "
A volte non serve un titolo di studio elevato, una professione "nobile", o la partecipazione ad Amici, a X Factor, a Sanremo giovani o a Il Grande Fratello, per avere successo e ricchezza.
Ci si può realizzare anche con tanta voglia di lavorare, buone capacità, intelligenza, costanza e quel sapersi "accontentare" di un sano lavoro, duro, faticoso, ma sicuro, stabile e redditizio!!!

mercoledì 28 gennaio 2009

Chi erano gli IMI.

Imi = Internati militari
Dopo l’armistizio dell’8 settembre l’esercito italiano, lasciato senza ordini, soprattutto per quanto riguarda l’atteggiamento da tenere verso l’ex alleato tedesco, si dissolve.
Internati militari, non prigionieri di guerra
Gli 810 000 militari italiani catturati dai tedeschi sui vari fronti di guerra vengono considerati disertori oppure franchi tiratori e quindi giustiziabili se resistenti (in molti casi gli ufficiali vengono trucidati, come a Cefalonia).
Sono classificati prima come prigionieri di guerra, fino al 20 settembre 1943, poi come internati militari (Imi), con decisione unilaterale accettata passivamente dalla RSI che li considera propri militari in attesa di impiego.
Hitler non li riconosce come prigionieri di guerra (KGF) e per poterli "schiavizzare" senza controlli, li classifica "internati militari" (IMI), categoria ignorata dalla Convezione di Ginevra sui Prigionieri, del 1929.
Degli 810 mila militari italiani, 94.000 optano alla cattura per la RSI o le SS italiane, come combattenti (14.000) o ausiliari (80.000).
Dei 716.000 IMI restanti , durante l'internamento, 43.000 optano nei lager come combattenti della RSI e 60.000 come ausiliari (per un quadro più dettagliato delle cifre, vedere il saggio di Sommaruga "1943/45. Schiavi di Hitler").
Quindi, oltre 600 mila IMI, nonostante le sofferenze e il trattamento disumano subito nei lager, rimangono fedeli al giuramento alla Patria, scelgono di resistere e dicono "NO" alla RSI.
Il trattamento disumano
Gli internati – rinchiusi nei lager con scarsa assistenza e senza controlli igienici e sanitari – a differenza dei prigionieri di guerra sono privi di tutele internazionali e sono obbligati arbitrariamente e unilateralmente al lavoro forzato (servizi ai lager, manovalanza, edili, sgombero macerie, ferrovieri, genieri, o al servizio diretto della Wehrmacht e della Luftwaffe, o presso imprenditori e contadini).
I "lavoratori liberi"
Con gli accordi Hitler-Mussolini del 20 luglio 1944 gli internati vengono smilitarizzati d’autorità dalla Rsi, coattivamente dismessi dagli Stalag e gestiti come lavoratori liberi civili.
Si tratta in realtà di lavori forzati con l'etichetta ipocrita del lavoro civile volontario/obbligato (!).
A quella data i superstiti sono 495 mila, mentre in 50.000 sono morti d'inedia, tbc e violenza
Alla fine della guerra gli ex-IMI fuori dai lager come "lavoratori liberi" sono 495 mila, altri 14 mila invece sono rimasti nei lager.
da G. Oliva, "Appunti per una storia di tutti, prigionieri, internati, deportati italiani nella seconda guerra mondiale", Consiglio Regionale del Piemonte, Istituto storico della resistenza in Piemonte ed., Torino 1982, pp. 2-3 e 5-7

La memoria di un IMI

Ieri, 27 gennaio, era il 64° anniversario della liberazione di Auschwitz. il campo di sterminio nazista. Era il Giorno della Memoria per ricordare i milioni di morti ebrei, vittime della Shoah, l'Olocausto
La pagina locale del quotidiano La Stampa - VCO - ha pubblicato un'intervista a Mario Paracchini, presidente provinciale e vicepresidente nazionale dell'Anei, Associazione nazionale ex internati
Ho conosciuto questo signore di 86 anni, che come mio papà è stato un IMI, un internato militare nei campi di concentramento nazisti, dopo l'8 settembre 43, alcuni anni fa ad un convegno qui a Omegna
Nell'intervista ha ricordato i suoi due anni passati nei campi e l'orrore della ferocia nazista
" Ancora oggi mi sveglio, di notte, e mi vedo davanti il doberman nero con cui il capobaracca ci svegliava ogni mattina alle 5. E ho di nuovo paura.
I giovani devono sapere quanto è successo per imparare ad amare davvero la pace e soprattutto ad avere rispetto per le altre persone, di qualsiasi nazionalità e religione.
Era questo che imparavi nei campi, dove eri circondato da persone diverse. Le SS cercavano di toglierci l'identità con un numero e dopo un po' cominciavi a pensare di non essere più niente. Mi ripetevo ogni giorno chi ero, ma per loro ero solo 143 903
La violenza fa parte dell'uomo soprattutto nel fanatismo
Non dimentichiamoci che le SS sul cinturone avevano scritto Dio è con noi. La nostra generazione ha pagato sulla nostra pelle per chi gridava in piazza Viva la guerra, i giovani di oggi devono gridare Viva la pace
Il pericolo purtroppo c'è ancora : ho visto i campi di concentramento di Sarajevo e non erano molto diversi dai nostri. C'è ancora tanto odio nel mondo e le uniche armi per combatterlo sono la libertà e la democrazia
Quelli che sostengono che i lager non sono mai esistiti vadano ad Auschwitz, ascoltino le migliaia di persone che sono state rinchiuse nei campi di prigionia
Poi vediamo se qualcuno ha ancora il coraggio di negare quanto è successo
Quando sono tornato a casa pesavo 36 chili, ero pieno di piaghe e volevo solo dimenticare.
E' stato così per tutti, non volevamo parlarne neanche in casa. E neanche lo Stato voleva ricordare
Poi abbiamo capito che la gente doveva sapere e abbiamo capito che la gente doveva sapere e abbiamo cominciato ad andare nelle scuole
Ora ci chiamano ovunque, ci danno le medaglie, ma siamo rimasti in pochi e c'è troppa gente che vuole ancora rivalutare il passato
Toccherà ai giovani portare avanti la memoria "
Io sono vissuta per 48 anni con un Imi sopravvissuto ai campi di concentramento tedeschi
Quando era rientrato in Italia nel settembre 45 pesava più o meno 40 chili
Aveva 21 anni e pesava più di ottanta chili quando i nazisti lo presero al confine tra l'Albania e la Yugoslavia e lo caricarono su un carro bestiame per mandarlo nelle miniere in Polonia e poi in Slesia nel settembre 43
Due lunghi anni, due anni terribili di sofferenze fame paura ed orrori
Due anni le cui cicatrici nel fisico e nella psiche sono rimaste per sempre, fino agli ultimi giorni di vita, quando, gravemente ammalato, teneva le gambe tirate su nel letto
E rispondeva che non poteva allungarle perchè " non c'era abbastanza spazio" nella baracca ...
Un ritorno a quegli anni, i migliori anni da giovane adulto, passati nei lager tedeschi in schiavitù
Tutto quello che sta succedendo in questi ultimi tempi, compreso il ritorno nella Chiesa cattolica di un prete lefevriano che ha il coraggio di dire che i lager non sono mai esistiti, mi fa star male e da' il voltastomaco...
Mio papà aveva i segni delle schegge sulle gambe, colpite durante un bombardamento alle baracche di legno dove li avevano rinchiusi, ed i segni dei morsi del cane lupo, usato dai nazisti per riprenderli, al polso sinistro
Quando ho letto le testimonianze di Auschwitz e dgli altri campi ho ritrovato quello che lui aveva detto nelle poche occasioni in cui aveva ricordato quei tempi di prigionia
Il suo commilitone che appena arrivato nel lager aveva provato ad arrampicarsi sui fili spinati per fuggire ed era stato falciato dalle mitragliatrici dei soldati tedeschi di guardia sulle torrette, lascindoli tutti attoniti per l'orrore e l'ncredulità...
Il suo polso ferito e slogato che era stato avvolto in un pezzo di carta igienica con il consiglio del medico, od infermiere italiano, di non stare lì in infermeria perchè era un luogo pericoloso, il posto dove si faceva selezione...
Gli ebrei con le loro casacche a righe che lui vedeva nel lager vicino ad uno dei tanti sottocampi dove era stato alloggiato...
Ed i repubblichini di Salò che passavano a chiedere tanto spesso di firmare per il Fascio e per tornare a casa in Italia ma lui e tanti tantissimi altri avevano sempre rifiutato e avevano subito i trattamenti brutali degli aguzzini ...
e poi il ritorno a casa e il non essere creduti, l'incapacità degli altri di immaginare e di accettare quello che loro raccontavano, l'incredibile e una verità così tremenda da essere inaccettabile
e qualcuno che li ha addirittura accusati di essere stati a lavorare in Germania di loro spontanea volontà e lì ha accusati di essere traditori e fascisti !!!...
e loro non hanno detto più niente!!!!

domenica 25 gennaio 2009

Un mio post pubblicato in Patria Indipendente

Alcuni giorni fa ho ricevuto dall'amico Michele questa mail :

" Cara Erica,ho trovato sull'ultimo numero di Patria Indipendente (la rivista dell'ANPI nazionale) un redazionale sulla giornata del 30 Novembre. C'è qualche errore, compreso il tuo nome, ma mi fa piacere che venga ampiamente ripreso quanto apparso sul tuo blog. "

Sono andata a controllare nel sito online dell'Anpi, l'Associazione nazionale partigiani d'Italia e in questa pagina ho cliccato in Inserto cronache III/IV
Lì è stato pubblicato il mio post dei primi di dicembre dove ho raccontato la cerimonia in ricordo del centenario di 5 partigiani del Vco, tra cui il Capitano Beltrami, di cui il 13 febbraio verrà ricordata la morte nella battaglia di Megolo del 1944
Non posso che ringraziare Michele che mi ha dato questa bella notizia e naturalmente l'Anpi e la rivista nazionale

In un periodo in cui si deve fare così tanta fatica per salvaguardare quei valori di giustizia e di libertà, che furono la forza ed il coraggio dei nostri genitori in quei bui e terribili anni di guerra e di dittatura, non posso che essere felice ed orgoglioso di essere stata letta e ripubblicata da Patria Indipendente
erica

lunedì 1 dicembre 2008

30 novembre 1943

Ieri mattina il tempo era piovoso, brutto e freddo. Dalle montagne intorno a Omegna, si stavano rialzando le nuvole e la nebbia e si vedeva la neve, caduta abbondante e bassa, negli ultimi giorni.
Mia mamma ed io siamo uscite alle nove per andare a Omegna al Forum dove abbiamo partecipato a " Cent'anni ", organizzato dall’Anpi Cusio, dalla Casa della Resistenza di Fondotoce, dall'Istituto storico della resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli "C. Moscatelli" e dall' Istituto storico della Resistenza e della società contempranea nel novarese e nel VCO "P. Fornara".
E' stato un incontro pubblico molto affollato e partecipe nel centesimo anniversario della nascita di Filippo Maria Beltrami, Albino Calletti, Gianni Citterio, Pippo Coppo, Vincenzo Moscatelli, partigiani del Cusio-Ossola durante la lotta di liberazione 43-45, e in occasione del 65° anniversario della prima "calata in Omegna" dei partigiani guidati dal Capitano Beltrami
Una mattinata molto speciale e commovente ed importante per ricordare un passato lontano ma ancora vicino, di cui spesso mia mamma ricorda momenti tragici, persone che hanno partecipato a quella storia, persone che lei ha conosciuto, alcune delle quali sono state descritte nei libri di storia locale ma che anch'io ho conosciuto anni fa...
Alla manifestazione erano presenti anche Michele, il figlio del Capitano Beltrami, e la figlia di Moscatelli
Molte belle le parole di entrambi pubblicate oggi nella pagina del Vco - La Stampa
Michele ha ricordato che c'è un filo ideale che lega le figure storiche della lotta di Liberazione con chi oggi è protagonista di una nuova Resistenza : " Gli eroi di ieri portano il nome di mio padre ( il leggendario Capitano ucciso dai nazifascisti a Megolo nel ' 44 con i suoi compagni partigiani ), di Cino Moscatelli, di Gianni Citterio - Redi-, di Pippo Coppo e di Albino Calletti - Capitano Bruno- , gli eroi di oggi sono Guido Rossa o Roberto Saviano che combatte una nuova guerra di resistenza contro mafia e poteri forti"
"...il coraggio di un giovane come Saviano che non ha esitato come fecero 65 anni fa i nostri genitori a schierarsi dalla parte della giustizia a costo di pagare con la vita . Roberto Saviano, i magistrati coraggiosi e le persone che ogni giorno, spesso senza apparire, lottano per una società migliore camminano sullo stesso sentiero che percorse mio padre ed i partigiani che un tempo lottavano sulle nostre montagne..."
Attraverso i ricordi e le testimonianze dei pochi rimasti ormai ed i ricordi dei figli dei familiari e dei parenti più giovani, abbiamo ricordato i partigiani e le loro vite di stenti di fatiche di freddo di paura e di coraggio, nascosti in montagna per difendere la nostra libertà ed il nostro futuro di paese democratico
... e come ha ricordato Vittorio Beltrami , ex presidente della Regione Piemonte ed attuale presidente della Casa della Resistenza di Fondotoce, la lotta di Liberazione non fu un fatto d'arme ma una rivoluzione morale e culturale di cui furono protagonisti i giovani partigiani ...

domenica 26 ottobre 2008

La scuola di tutti i colori

Ieri mattina sono andata a Verbania-Fondotoce, alla Casa della Resistenza, per una mattinata di studi organizzata dall'Associazione Sottosopra che ha presentato i risultati del Progetto La scuola di tutti i colori.
Il progetto, nato dalla considerazione che nelle scuole del Verbano Cusio Ossola la presenza degli alunni stranieri è recente ma in forte crescita, si è realizzato tra ottobre 2007 e giugno 2008.
Il fenomeno degli alunni con cittadinanza non italiana, provenienti da paesi comunitari europei e da paesi extracomunitari, nel VCO è stato affrontato da più prospettive, con l'obiettivo di conoscere la presenza dei minori stranieri nelle scuole di ogni ordine e grado della mia Provincia, attraverso interviste agli insegnanti, focus groups ad alunni italiani e stranieri, l'analisi quantitativa dei dati e la raccolta delle esperienze didattiche interculturali svolte sul territorio.
Nel Vco si è passati dai 367 alunni stranieri, l'1,9%, del 2001/02 ai 1024, il5,4%, del 2007/08, di cui 869 da Paesi extracomunitari e 155 comunitari.
Il paese più rappresentato è il Marocco, soprattutto nel Cusio, dove vi sono le fabbriche ( anche se l'attuale crisi economica ha visto purtroppo una recessione e la chiusura di diverse piccole aziende) ma vi è un sensibile aumento di rumeni nel Verbano
Nella mia scuola a Omegna sono di questi ultimi tempi gli arrivi di giovani provenienti dall'Ucraina, figli/e delle badanti che lavorano nel territorio.
Le scuole dell'infanzia e le primarie hanno il maggior numero di alunni non italiani ed è lì che sono più attivi i progetti interculturali di eccellenza, che l'Associazione Sottosopra ha deciso di mettere in rete insieme con tutti gli altri progetti in atto nelle altre scuole.
La sensibilità nelle nostre scuole è alta e la proposta al vaglio del governo di creare classi separate per l'apprendimento della lingua è stato visto dal sindaco di Verbania e dall'assessore provinciale ai servizi sociali ed alle politiche giovanili come un principio assurdo dal punto di vista pedagogico. L'inserimento di un bambino straniero nella scuola è fondamentale per l'integrazione perchè è tra i banchi di scuola che si impara a stare insieme e la scuola è sicuramente un canale privilegiato di integrazione.
Una mattinata sicuramente molto interessante ed utile per chi come me ha sempre un contatto diretto e profondo con i nuovi ragazzi arrivati da altri mondi e da altre realtà, che in classe inizialmente non conoscono spesso neppure una parola di italiano, ma magari comunicano in inglese o francese o sono aiutati invece da altri alunni intermediari che parlano la loro lingua e conoscono anche la nostra.
La nostra paura per il diverso spesso è ridicola ed inutile mentre la paura di chi giunge nuovo nel nostro paese, sempre meno ospitale, è molto più tangibile.
E con sensibilità ed accortezza bisogna sempre far sì che non si creino problemi di razzismo o di bullismo nei confronti dei più deboli, loro o nostri che siano!

domenica 31 agosto 2008

Una mail e la Resistenza

L'altra sera ho ricevuto una mail che si intitolava La resistenza Era una mail molto interessante scritta da un giovane e, dopo avergli chiesto il permesso, pubblico una parte di ciò che mi ha scritto
Io spero che come lui ci saranno altri giovani che "scopriranno" la resistenza e passeranno a leggermi in futuro e a leggere anche i pensieri e le riflessioni di chi mi ha scritto parole così intense.
" Erica,
non so perché, ma ormai sono tre giorni.
Tre giorni nei quali non faccio altro che pensare alla resistenza, ai partigiani, alle montagne dove hanno combattuto.

Passo ore in internet a cercare documenti, foto, video, storie.
Giro in moto per queste zone per rivedere i luoghi dove queste storie sono avvenute.
Improvvisamente, mi rendo conto che sono avvenute veramente qui. Non sono pagine di un libro di storia. Non sono avvenute già in bianco e nero. I protagonisti di queste storie non sapevano come sarebbe finita, e infine… non è impossibile che si ripetano.
Oggi sono arrivato al tuo blog e sento il bisogno di parlarne.

Ho frequentato molto spesso Omegna Alcuni parenti mi hanno parlato spesso della resistenza. Anche i miei genitori mi hanno tramandato il valore dei partigiani e mi hanno indicato da sempre e molto chiaramente chi avesse ragione e chi torto in quegli anni. Una zia faceva la staffetta partigiana...

Ieri per la prima volta sono stato alla casa di Beltrami a Cireggio, al cimitero, a Fondotoce alla casa della resistenza, a Megolo fino al monumento e poi giù nel bosco a toccare con mano quel che resta del castagno dove è morto Beltrami. Ora vorrei andare a Meina, vorrei andare alle scuole di Intra. Domani andrò all’alpe Quaggione e a Forno.

Scrivo questa mail per attenuare il senso di vergogna che ho provato leggendo uno dei tuoi post.
Febbraio 2008. Teatro Sociale di Omegna. Quel giorno sono passato di li. Un sacco di gente, qualche bandiera, gente di una certa età… “ah, sarà qualche commemorazione di partigiani”. Ho continuato a camminare per la mia strada.

Quel giorno non avrei saputo rispondere alla domanda “chi era Beltrami”. Capitano Beltrami mi avrebbe dato qualche indizio, ma nulla di più. Sapevo che i fratelli Di Dio erano partigiani, ma per me restavano principalmente “l’inizio della via che porta a Gravellona”.

Non ricordo cosa avessi da fare quel giorno ma certamente nulla di importante quanto essere li, con voi, accompagnando i miei figli.

Cercherò di rifarmi, non “in futuro”, ma a partire da Quaggione, domani.
Saluti .... "

martedì 13 maggio 2008

Pubblico ...

Questo è il post 333 e per festeggiare pubblico il discorso ufficiale tenuto il 25 aprile 2008 a Gravellona Toce, Vb, da Luca Beltrami, figlio del Capitano Beltrami, ucciso dai nazifascisti a Megolo, Val d'Ossola. Se cercate nel tag Storia Locale del menù qui a fianco troverete il post in cui ricordo questo tragico avvenimento della nostra guerra partigiana. Per questo prezioso documento ringrazio invece molto sentitamente Michele Beltrami, che me lo ha inviato e mi ha permesso di pubblicarlo nel blog. Non ho apportato tagli o modifiche al discorso . Grazie a chi vorra leggerlo interamente e magari offrire un commento o una riflessione erica
GRAVELLONA TOCE - 25 APRILE 2008
Cari amici di Gavellona Toce,
voglio prima di tutto ringraziare il sindaco Anna Di Titta che mi ha invitato a celebrare qui con voi il sessantatreesimo anniversario della liberazione e voglio ringraziare anche tutti voi per essere qui a ricordare il 25 aprile 1945.
Sono io poi contento di essere qui a celebrare questa data in un luogotanto vicino a Megolo, dove morì mio padre, e tanto lontano dalle grandicittà.
Si lontano dalle grandi città dove questa nostra festa è oggetto di contestazionie di strumentalizzazioni, dove alcuni sindaci colgono quest’occasione per prendere le distanze dalla Resistenza. Non mi rasserenano le dichiarazioni di chi in questa occasione dice di considerare questa una festa di tutti e poi siede negli stessi banchi di chi addirittura vorrebbe cancellarla dal calendario.
Dopo sessantatre anni di libertà ritrovata c’è ancora qualcuno che vuol riscrivere questa storia e non ci sarebbe da stupirsi se a volerla riscrivere fossero solo gli ultimi eredi del fascismo in cerca di una assurda rivincita morale, quello che indigna è che a volerla riscrivere sia una forza politica nata da pochi anni che con il fascismo non ha avuto nulla a che fare per la semplice ragione che dalla morte del fascismo alla sua nascita di anni ne sono passati quaranta.
Allora perché tanto odio verso la Resistenza e l’antifascismo?
Perché tanti, troppi e tra loro anche chi si proclama sincero antifascista, sono caduti nella trappola dell’anticomunismo e non si perdona ai comunistidi essersi “appropriati” della memoria della Resistenza e di considerarla un patrimonio del Partito Comunista Italiano e di quella parte politica che ne è l’erede.
Come tutti sappiamo non ci fu soltanto il PC a fare la Resistenza e non tutti i partigiani erano comunisti. Furono in maggioranza, questo è certo,perché l’organizzazione clandestina del PC era la più strutturata, aveva una organizzazione clandestina di vecchia data e per molti antifascisti la via alla Resistenza attraverso il PC era l’unica possibile. Comunque per la maggior parte di noi questo aspetto della Resistenza non è un problema anche se non siamo comunisti od ex comunisti.
Il problema è un altro.
Si contesta alla sinistra di essere l’erede principe dei valori della Resistenza. Si vuole che la storia assegni questa eredità non solo alla sinistra,magari lasciando addirittura fuori la sinistra.Insomma sembra che questa eredità sia contesa.
Ma che cosa è questa eredità? Sono la libertà, l’eguaglianza, la giustizia sociale e la democrazia.I valori travolti dal fascismo e dal nazismo e ritrovati il 25 aprile.
Allora è questo che si vuol togliere alla sinistra ed a tutti quelli che si sentono eredi della Resistenza.
Non ce n’è bisogno: la libertà, l’uguaglianza, la giustizia sociale e la democrazia sono infinite, inutile accapigliarsi, sono alla portata di tutti.
Basta volerle.
E’ invece altra la verità: questa gente non vuole questa eredità, vuole distruggerla,vuole distruggere tutti i valori della Resistenza e dunque la libertà,l’eguaglianza, la giustizia sociale e la democrazia.
Di queste parole si riempiono sola la bocca perchè tra quel che loro intendono per libertà, eguaglianza, giustizia sociale e democrazia e quello che avevano in mente gli uomini e le donne che sono andati su queste montagne e quelli che hanno lottato in città c’è un abisso. Non sono la stessa cosa.
Certo oggi non ci sono più il confino, le leggi razziali, l’iscrizione obbligatoria ad un partito per poter essere pubblici dipendenti, non ci sono più carri bestiame piombati che viaggiano verso campi di sterminio, ma non c’è ancora la libertà dal bisogno, la libertà di stampa è minacciata,l’indipendenza della magistratura è messa in discussione.
Insomma il cammino verso i valori della Resistenza, perché questi valori e non altri abbiano diritto di cittadinanza da noi, questo cammino si è progressivamente rallentato e oggi si è fermato.
Ė libero un Paese il cui meridione è stabilmente occupato da mafia ecamorra?Ė libero un Paese dove il futuro presidente del consiglio considera un eroe il suo cosiddetto stalliere condannato per mafia?Ė libero un Paese dove i piccoli risparmiatori sono lasciati alla mercè dei peggiori speculatori finanziari che distruggono risparmio familiare e posti di lavoro?Ė libero un Paese dove i giovani sono spinti dalla pubblicità televisiva ai consumi più dissennati pur di farli consumare?L’elenco delle “non libertà” è infinito come l’elenco delle non eguaglianze,delle ingiustizie sociali e della non democrazia.
Questa gente che vuole riscrivere la storia a suo uso e consumo, che vuole cancellare con un colpo di spugna morti e vittime, non vuol solo cancellarli perché testimoni di una tragedia mondiale, ma perché vuole far piazza pulita dei valori per i quali hanno sofferto e sono morti.C’è poi una parte di questi “riscrittori” che, subdolamente, vengono a dirci:dobbiamo riscrive la storia perché questa scrittura di oggi divide il Paese.
Oggi dobbiamo pacificare e perdonare.
I ragazzi di Salò e i giovani morti partigiani sono uguali.
Ci sarebbe molto da dire sull’uguaglianza di giovani, perché le lettere dei giovani condannati a morte da fascisti e nazisti sono lettere di chi sapeva che la morte poteva essere un prezzo altissimo da pagare, la loro scelta non era quella di intrupparsi in squadracce per manganellare gli indifesi.
Ci si mostri qualche lettera di giovani della Repubblica di Salò!
In nome della concordia nazionale, che altri in questi giorni stanno minando,noi dovremmo perdonare?Noi dovremmo perdonare mentre altri pubbilcano su Internet l’elenco deiprofessori universitari di origine ebraica e li indicano come consorteria dedita all’autodifesa ed alla reciproca promozione a danno altrui: insomma un rivoltante rigurgito di antisemitismo?
Noi dovremmo perdonare mentre altri mettono in discussione la laicità dello Stato?
Noi dovremmo dimenticare mentre la destra a Milano, culla dell’antifascismo e Medaglia d’Oro della Resistenza, sfratta l’ANPI,l’associazione partigiana, all’ANED, quella dei deportati, e fa uscire il Comune dalla associazione che gestisce il Giardino dei Giusti?
Perché chi si oppone, chi alza la voce è accusato di non volere la “riconciliazione”,e chi tace dice di farlo per non comprometterla.
Riconciliarsi poi con chi? Perché?
Si dice da più parti che non può esserci vera riconciliazione se non vi è perdono e allora per alcuni non vi sarà mai vera riconciliazione perché non vi è perdono.
Né vi sarà.
Chi ha perso una persona amata per mano dei fascisti, dei nazisti o perodio razziale o fanatismo ideologico perché “deve” perdonare?
La dottrina cattolica dice perdona perché Cristo in croce disse: “Perdona loro, o Signore, perché essi non sanno quel che si fanno.”.
La dottrina cattolica fa del perdono uno dei suoi cardini morali ma forse per i laici non è così.
Grandi Filosofi come Voltaire prima, Freud dopo, e non sono i soli, hanno parole poco tenere per il perdono ed oggi noi forse ci troviamo in condizioni sociali e politiche ancora più complesse domandandoci: si possono “perdonare” le idee?
Si possono perdonare gli uomini che ne furono portatori?
Si possono separare gli uomini dalle loro idee?
Si possono perdonare le idee, gli ideali in nome dei quali sei stato perseguitato e ucciso tu o uno dei tuoi?
No.
Forse si possono perdonare gli uomini separandoli dalle loro idee.
Ma quando qualcuno, come da qualche tempo, alberga nuovamente in sé quelle stesse idee e quegli stessi ideali, si fa inesorabilmente carico di un rinnovato “non perdono” che corre indietro nel tempo e diventa oggi erede di un sentimento inevitabilmente ostile: non c’è pacificazione né riconciliazione.
Questo è ben diverso dall’odio e non ha nulla a che vedere con lo spirito di vendetta, comunque disapprovabile.
Oggi il perdono sembra diventato attrezzo della politica del consenso, cinicamente strumentale a fini elettorali.
Ma se dobbiamo proprio perdonare allora meglio credere, come ci spiega la moderna psichiatria, che esista una benefica scienza del perdono, o come dice un altro luminare,che il “perdono” abbassa la tensione arteriosa, insomma fa bene alla salute.
Io preferisco fare mie le parole di un altro grande filosofo, Schopenhauer:
”Perdonare e dimenticare vuol dire gettare dalla finestra una preziosa esperienza già fatta”.
Oggi il futuro che ci aspetta è drammatico, finalmente chi governa il mondo si è reso conto che la fame non diminuisce, anzi aumenta, che l’acqua tanto abbondante in queste valli altrove scarseggia, che la natura sta per soccombere sotto le devastazioni e l’inquinamento, che l’intolleranza razziale mette l’uomo contro l’uomo, che la società tecnogica ha liberato l’uomo dal lavoro ma lo ha anche privato del reddito e dunque dalla sua dignità.
Certo chi combattè e morì per la libertà tra queste montagne mai avrebbe immaginato il nostro affanno di oggi per questi problemi, mai avrebbe pensato che ci fosse un restringimento della libertà così sottile e così perverso da sembrare quasi naturale.
Allora noi, pensando a loro, dobbiamo ritrovare in chiave attuale i valori per i quali sono morti e hanno sofferto.
Dobbiamo ricominciare a ragionare tra di noi da uomo e uomo, da donna a donna, da ragazzo a ragazzo.
Dobbiamo riscoprire il valore dei rapporti reciproci, della solidarietà umana,della tolleranza, della comunità senza lasciarci travolgere dalle emozioni dell’ipocrita buonismo televisivo, dove la gente fa finta di ritrovarsi per commuoverci a poco prezzo.
Noi oggi ci siamo ritrovati, come tutti gli anni, per rinsaldare un vincolo di amicizia e per prometterci di nutrire sempre nei nostri figli e nipoti il ricordo di quello che è successo in queste valli e perché.
Questo è il debito che noi abbiamo verso chi ci ha permesso di ritrovarci anche oggi a festeggiare la libertà, quella che ci hanno donato loro.
Chiediamo ai nostri figli e nipoti di gridare ancora con noi Viva la Guerra di Liberazione, viva i nostri caduti.

giovedì 24 aprile 2008

La Resistenza ed i Giusti dimenticati

A Fondotoce di Verbania, presso la Casa della Resistenza, nel Parco della Memoria e della Pace, sul muro che ricorda i partigiani caduti nel Novarese è stata aggiunta una lapide con i nomi degli ebrei uccisi nell'autunno del 1943 nella zona dei laghi.
A Verbania-Intra, una lapide alla Scuola elementare Fermi, in via Tonazzi 14, ricorda l'eccidio della famiglia Ovazza compiuto in quel luogo l'11 ottobre 1943
Ma vi furono anche i "giusti", altre persone che a rischio della propria vita non esitarono a soccorrere, nascondere, aiutare Alcuni sono stati ricordati in testimonianze, diari e memorie .
Su questo aspetto, poco noto, ma di grande importanza storica, si dovrebbero però fare ulteriori ricerche più accurate per riscoprire altre figure ormai dimenticate della resistenza, come don Giuseppe Annichini di Omegna; don Angelo Ricci di Stresa, arrestato per l'aiuto dato agli ebrei, pubblicamente umiliato e infine deportato a Mauthausen, e don Felice Mele di S. Agata; Evaristo Calvi di Premeno; gli anonimi abitanti di Mozzio o i partigiani guidati da Filippo Maria Beltrami, le cui storie si intrecciano con le vicissitudini di tanti ebrei perseguitati, ma che proprio grazie a loro riuscirono a salvarsi

Per tutti i lettori che non vivono qui nel VCO, ricordo che Fondotoce è da noi tristemente ricordata per l' Eccidio di Fondotoce del 20 giugno 1944
Un folto gruppo di partigiani fu catturato da SS e fascisti in rastrellamento il 18 giugno 44 presso la cima Aurasca, tra Finnero e Cannobio, dopo 2 ore di combattimento.
Furono tenuti senza cibo nè acqua, torturati e interrogati. Qualcuno morì.
Il giorno dopo Gruppi di Partigiani fatti prigionieri furono tradotti presso la Villa Caramora di Intra, e confusi con altri prigionieri civili. Lì era pronto il plotone di esecuzione, ma non vennero giustiziati. Il 20 Giugno i nazi-fascisti prelevarono 43 persone che, dopo essere state costrette dai carnefici a sfilare per gli abitati di Intra, Pallanza, Suna, Fondotoce, in colonna per tre portando un cartello: "Sono questi i liberatori d'Italia oppure sono i banditi?", furono assassinate a gruppi di tre per volta sul greto del canale d’acqua che collega il Lago di Mergozzo con il Lago Maggiore. Tra questi, rocambolescamente, si salvò Carlo Suzzi, il 43°, ancora vivente, ma residente in Thailandia.
Carlo Suzzi, che aveva solo 18 anni, rimase ferito e riuscì a dileguarsi con l'aiuto della gente del luogo dopo essere rimasto nascosto sotto i corpi dei compagni. Tornò in montagna nella formazione "Valdossola" col nome di Quarantatrè
Gli aguzzini avevano aggiunto al gruppo dei partigiani anche una donna incinta di 4 mesi, Cleonice Tommasetti, staffetta partigiana.
Quel 20 Giugno 1944 si consumò qui, nel territorio che oggi prende il nome di Verbano-Cusio-Ossola, uno dei più efferati massacri compiuti dalle forze nazi-fasciste contro la Resistenza italiana.
Convinto che solo atti di immensa ferocia avrebbero fermato la Lotta dei Partigiani resistenti, il Comando tedesco organizzò nei giorni precedenti un attacco militare di grandi proporzioni; 17.000 armati contro qualche centinaio di Partigiani asserragliati sulle montagne che, da tale imponente dispiegamento di forze, furono ben presto sopraffatti, quindi catturati, torturati ed uccisi sul posto.
Per non dimenticare questi martiri che hanno difeso il nostro territorio, la nostra libertà e la nostra democrazia , continuiamo a festeggiare il 25 aprile e la lotta di liberazione !!!
Per non dimenticare che i nostri padri e le nostri madri hanno sofferto e lottato e combattuto per avere un'Italia libera dal fascismo e dall'oppresione nazista, continuiamo a ricordare e a raccontare il 25 aprile!!!
Non potrò mai condividere l'idea di equiparare i partigiani ai militi di Salò, e ciò in base alla considerazione che entrambi gli schieramenti hanno combattuto per la stessa patria e molti, nei due campi, si sono sacrificati per essa.
Il risultato di questa equiparazione è la riconciliazione fra i partigiani e i "ragazzi di Salò", una riconciliazione che dovrebbe porre fine a oltre sessant'anni di polemiche, di scontri, di incomprensioni. Ma anche se sono passati più di sessant'anni dai giorni della Resistenza, trovo la proposta insostenibile, antistorica e non giusta.
Non si possono mettere sullo stesso piano i partigiani, che si sono battuti per cacciare dall'Italia i nazisti invasori e per riportare nel paese le istituzioni democratiche tolte dalla dittatura fascista, ed i "ragazzi di Salò" e i loro padri, che hanno combattuto per il fascismo e per mantenere l'Europa sotto il tallone nazista.
Non si possono mettere sullo stesso piano vittime e carnefici, combattenti per la libertà ed alleati dei creatori dei lager di sterminio e di concentramento, dove tantissimi giovani militari italiani sono rimasti per due lunghi lunghissimi anni, di sofferenze e di crudeltà, fino a morirne in molti casi o a portarne per sempre le ferite, fisiche e psicologiche!

Il 24 aprile 1945

Il 24 aprile 1945 Omegna vide partire i nazifascisti , che avevano ottenuto un salvacondotto dai partigiani, scesi poi in giornata per le vie della città a festeggiare la fine di due lunghi e difficili anni di resistenza sulle montagne, con tanti morti, tanti feriti, tante tribolazioni per la fame il freddo e la crudeltà perpetrate da fascisti e nazisti presenti sul territorio
Le stragi e gli eccidi iniziarono subito dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 e si protrassero in tutto il Cusio il Verbano l' Ossola ed il Novarese fino all'aprile 1945
Novara
Domenica 12 settembre 1943 il generale Sorrentino, comandante della Divisione "Sforzesca" di stanza a Novara, consegna l'intero presidio di circa diecimila uomini ad una settantina di tedeschi, i primi a giungere in città. I reparti della prima divisione SS Leibstandarte "Adolf Hitler" (la divisione prediletta dal Führer) prendono così possesso della città e di tutti centri nevralgici della provincia.
- Domenica 19 settembre 1943, rastrellamento di ebrei

Arona - Mercoledì 15 settembre 1943, rastrellamento di ebrei - Giovedì 16 settembre 1943, eccidio di ebrei

Meina - Mercoledì 15 settembre 1943, rastrellamento di ebrei - Mercoledì 22 e Giovedì 23 settembre 1943, eccidi di ebrei

Stresa - Giovedì 16 settembre 1943, rastrellamento di ebrei

Baveno - Lunedì 13 settembre 1943 inizia il rastrellamento di ebrei nelle ville "Il Ruscello" e "Il Castegneto"- Martedì 14 settembre 1943, prime fucilazioni di ebrei nella spiaggetta della villa "Il Ruscello" - Mercoledì 15 settembre, eccidio di ebrei - Mercoledì 22 settembre 1943, ancora eccidi di ebrei

Intra - Lunedì 11 ottobre 1943, strage della famiglia Ovazza

Pian Nava (nei pressi di Premeno)- Venerdì 17 settembre 1943, eccidio di ebrei

Mergozzo- Mercoledì 15 settembre 1943, eccidio di ebrei

Orta - Mercoledì 15 settembre 1943, eccidio di ebrei
I rastrellamenti iniziarono a Baveno il 13 settembre e qui, come altrove, portarono non solo al massacro delle persone, ma anche alla razzia dei loro beni. I quattordici ebrei catturati nei giorni successivi furono uccisi tra il 15 e il 22 settembre; i loro corpi furono gettati nel lago e, forse, in parte sepolti nei boschi circostanti.
Il giorno 15 iniziarono i rastrellamenti anche ad Arona, Meina, Mergozzo e Orta. I nove arrestati di Arona furono prima rinchiusi nella caserma dei carabinieri e poi trasportati verso una località sconosciuta: di loro non si seppe più nulla.
A Meina, i sedici ebrei presenti nell'omonimo Hotel, gestito da Alberto Behar, ebreo con cittadinanza turca (circostanza che gli permise di salvarsi assieme alla propria famiglia perché la Turchia in quel momento era un paese neutrale), vennero trattenuti per alcuni giorni e poi tra il 22 e il 23 settembre uccisi e buttati nel lago legati a pesanti massi. Alcuni corpi riaffiorarono e vennero nuovamente affondati.
A Mergozzo, i tre arrestati sparirono il giorno stesso e di loro non si seppe più nulla.
A Orta, furono arrestati Mario e Roberto Levi, rispettivamente zio e cugino di Primo Levi. Da pochi mesi sfollati sul lago, furono individuati a seguito di una delazione, mentre le rispettive mogli riuscirono a salvarsi. Dei due Levi non si seppe più nulla.
Il giorno 16 furono arrestate quattro persone a Stresa, poi uccise il 22 settembre.
Il giorno 17 a Pian Nava, nei pressi di Premeno, sui monti sopra Verbania due furono gli arrestati e di loro non si seppe più nulla.
Il giorno 19 il rastrellamento proseguì anche a Novara con la cattura e la probabile deportazione di Giacomo Diena e di suo zio Amadio Jona.
Il giorno 8 ottobre, a seguito di delazione, fu arrestato a Domodossola, mentre tentava di espatriare, Riccardo Ovazza e portato nella sede della seconda compagnia SS di stanza a Intra, presso le scuole elementari femminili. I nazisti trovarono così anche il resto della famiglia, i genitori e la sorella, sfollati a Gressoney e li portarono a Intra: tra il 9 e l'11 ottobre furono tutti uccisi e i loro corpi bruciati nella caldaia della scuola.

sabato 19 aprile 2008

La Riviera d' Orta

Orta è un piccolo gioiello antico, tranquilla e ricca di un passato lontano, dove d'estate si incontrano tantissimi turisti anche stranieri, in particolare inglesi, che amano questo luogo romantico, senza auto nelle piccole viuzze del centro storico
Questa è piazza Motta vista dall'imbarcadero. Ma la foto più bella è questa qui sotto con una bellissima immagine dell' isola di San Giulio dalla balconata del Sacro Monte, con i ciliegi in fiore e la neve fresca sulle cime delle prealpi intorno, e sullo sfondo Pella e l'altra sponda della Riviera d'Orta


Dopo la visita all'isola di San Giulio ed alla chiesa, antica e famosa per il suo ambone unico al mondo, in pietra nera di Oira, per il campanile e per gli affreschi del 1400, dove durante i vespri o le messe si possono sentir cantare e anche vedere le suore di clausura, siamo tornati ad Orta e siamo saliti al Sacro Monte, con le celebri cappelle dedicate a San Francesco ed il suo bellissimo parco, patrimonio dell'umanità dell'Unesco
Dopo un giro in paese, nelle vie acciottolate e strette, con i negozietti di artigianato locale, le drogherie caratteristiche e le gallerie d'arte, i caffè, i ristoranti gli hotel, una cioccolata calda e una fermata obbligata a comprare il pane locale scuro con le noci e l'uvetta sultanina, alle 6 del pomeriggio siamo risaliti sul battello per tornare a Omegna, dove la pioggia aveva ripreso a scendere, forte e gelida, purtroppo !, a rovinare la fine di una giornata piacevole e bella sul nostro stupendo lago

Gita a Orta

Ieri mattina pioveva e faceva freddo come in pieno inverno ma io sono andata in gita a Orta in battello con i miei alunni ed alunne di terza media. Quando siamo partiti dal lungolago di Omegna alle 9 le nubi si erano alzate e si potevano vedere le montagne intorno tutte innevate. Uno spettacolo veramente inusuale


Abbiamo viaggiato con l'Ortensia il battello più grosso. Lui o l'altro, l' Azalea, tutti i giorni attraversano il Lago d'Orta 3 volte al giorno da Omegna a Orta e viceversa per diversi mesi all'anno. E' sempre un viaggio molto bello di 50 minuti circa con una panorama splendido

Questa qui sopra è una bellissima cascata che scende dalla montagna, a metà percorso, e si getta direttamente nel lago. Ci sono degli alberi, un bel prato ed una casa, che una volta era una centralina, ma è nella zona più selvaggia e disabitata del lago, sul lato ovest, dove non c'è la strada ma solo dei sentieri in mezzo ai boschi.
Qui invece siamo a metà percorso, proprio in mezzo al lago perchè stavamo avvicinandoci all'altra sponda e a Pettenasco. Con la pioggerella che scendeva leggera, la neve sulle montagne intorno e la scia del battello sembrava di essere in un fiordo norvegese!
Questo è il ponte della ferrovia Novara Domodossola a Pettenasco. E poi siamo arrivati a Orta e all'isola di San Giulio in mezzo al lago, splendida con le sue case antiche ed il suo monastero con le 70 suore di clausura, prima tappa della gita

venerdì 7 marzo 2008

L'anno che verrà - Auguri

Domani tutte le donne festeggeranno la giornata della donna.
Io vorrei festeggiare l'8 marzo in modo un pochino diverso dal solito
Vorrei fare gli auguri ad una donna speciale, la mia mamma
Il 27 marzo arriverà a 84 primavere ed io spero che per tanti altri anni a venire continuerà ad essere quella che ancora è: una donna intelligente, forte e caparbia, che ha sempre affontato la vita con coraggio, non lasciandosi mai abbattere dai dispiaceri e dalle tristezze
E' stata una moglie ed una madre sempre presente, anche quando lavorava,comprensiva diplomatica e democratica, ma mai permissiva, ed ha sempre seguito mio papà senza mai lasciarlo un attimo negli ultimi anni in cui la malattia e la sofferenza lo avevavno obbligato a lunghi periodi di degenza in ospedale.
Instancabile, non si ferma mai un momento, neppure adesso che comincia ad avere qualche problema alle ginocchia e la pressione che sale troppo ad ogni minima emozione, perchè se si fermasse, come dice sempre, sarebbe la fine!
Siamo sempre state molto diverse per carattere, perchè io assomigliavo molto di più a mio papà, per certi versi, o a mia nonna materna, per altri, ma siamo sempre state molto unite, e adesso più che mai
Il tempo passa e ce ne resta sempre meno, ma cerco il più possibile di passarne tanto con lei per esserle di aiuto e per avere la sua compagnia ed il suo affetto
Vorrei che tutte le altre donne potessero gioire di un amore così profondo come quello che ha sempre legato me a mia mamma
Quella mamma così interessante che ogni tanto mi parla della sua gioventù e di ciò che ha fatto ai tempi della guerra
Recentemente, quando è venuta con me per sentire Marini che commemorava il capitano Beltrami e gli altri partigiani morti nella battaglia di Megolo, si è emozionata tantissimo perchè ha detto che ormai in quelle manifestazioni lì non c'erano più i suoi amici partigiani, il Burtùl, il Dario e quelli che aveva aiutato e curato in ospedale quando erano stati feriti dai fascisti o dai tedeschi
Sono tutti morti ormai!
Lei aveva seguito i corsi per la mobilitazione civile ed aveva il diploma da assistente sanitaria durante la guerra. Era una volontaria, che non aveva nulla a che fare con il fascismo.
Quel fascismo che suo nonno materno non avrebbe mai approvato, essendosi sempre dichiarato fervente socialista convinto. Un socialista con 14 figli ed il desiderio di essere seppellito con un funerale civile, donando ai partecipanti un sigaro ed un garofano rosso in suo ricordo.
Un desiderio che restò tale perchè la figlia, la mia amata nonna, religiosa e cocciuta come lui, lo seppellì con un bel funerale cattolico, chè non voleva scandali in famiglia!
Anche mio nonno, il papà di mia mamma, quel nonno che era stato in Francia ed in Germania a lavorare da giovane, che parlava bene francese e tedesco e cantava ancora meglio, suonando la chitarra, estroso ed originale, ma gran lavoratore, era sempre stato tiepido nei confronti del fascismo. Con la sua voce bellissima ed il suo carattere estroverso, era amico di tutti e tutti lo conoscevano, ma evitava di schierarsi ed evitava manifestazioni squadriste e quant'altro di simile...
E' rimasta nei racconti celebri su di lui la storia di quella volta che, chiamato in fabbrica, la ferriera che ora non c'è più, dove era il capo della manutenzione, finì di lavorare che c'era già il coprifuoco e allora due soldati tedeschi del presidio lo accompagnarono a casa
Mia nonna che era agitatissima per la paura che gli succedesse qualcosa, lo sentì arrivare fin dal fondo della strada perchè stava cantando tranquillo e beato con i due tedeschi in...tedesco.
Lei si infuriò moltissimo per la sua incoscienza, lui invece se ne andò a dormire felice come una pasqua, tanto in giro non c'erano partigiani che a vrebbero anche potuto non riconoscerlo.
Mia mamma, come volontaria, invece andava di notte in ospedale a curare i feriti con suor Maddalena; di sopra c'erano i fascisti, di sotto, nelle cantine, c'erano i partigiani
C' era anche don Giuseppe con loro, un sacerdote che fece molto per i partigiani e per la difesa della libertà ad Omegna
Mia mamma lo ricorda spesso nei suoi racconti e ricorda in particolare un episodio tragico per lui.
Mia mamma andava spesso in via De Amicis, dove c'era l'ambulatorio per i bambini, gestito dal dottor Carcuro e dall'ostetrica Ferrari ( attualmente lì c'è un grande condominio )
Un giorno dalla finestra vide nel cortile interno dei tedeschi, che stavano facendo un rastrellamento, ed erano entrati anche lì, chiedere qualcosa a don Giuseppe, che era stato portato là da loro. Mia mamma non poteva sentire ma vedeva il don rispondere di no. E i tedeschi che lo prendevano a calci e pugni e poi lo sbattevano di qua e di là, infuriati.
Una scena sconvolgente che non ha mai dimenticato
Ma Don Giuseppe lei lo ricorda soprattutto perchè la convinse ad andare a Chesio, in Valle Strona, dopo la battaglia di Gravellona ( settembre o ottobre 1944 ), che era stata un vero massacro.
I feriti meno gravi furono trasportati dunque su in valle, dove c'era un ospedaletto, vicino ad una villa abitata da un medico che fu di grande aiuto per i partigiani, ma necessitavano l' assistenza medica e gli aiuti per preparare da mangiare e per pulire
Mia mamma salì a Chesio il mattino, insieme con la sua amica Luisanna, che era in ufficio con lei, sulla macchina della volante rossa dei partigiani di Moscatelli
Quel pomeriggio, alcuni Georgiani, che erano stati con i tedeschi, ma erano scappati, si erano seduti sulla piazzetta di Chesio, con i mitra senza sicura appoggiati al muro della chiesa. Involontariamente ne toccarono uno, che cadde e da cui partì una raffica che ferì alle gambe uno di loro
Nella notte salì anche un altro medico con la sua infermiera ( molti anni dopo fu il mio medico quando ero piccola e poi adolescente) e al mattino presto del giorno dopo, vista la situazione pericolosa in cui si trovavano, fu deciso di portare via i feriti facendo attraversare loro la montagna, il Monte Massone, per poi scendere a Ornavasso, nell' Ossola
Mia mamma tornò giù a Omegna insieme con altre 3 volontarie, con un'altra macchina del gruppo del capitano Rutto
La sua amica Luisanna invece accompagnò i feriti e con loro proseguì poi per le montagne ossolane andando in Svizzera, dove rimase fino alla fine della guerra
A Gravellona Toce, dove abitava, la sua famiglia dovette ospitare in casa un ufficiale nazista, che aveva requisito delle stanze, e per due anni tenne nascosti, nel pollaio, due ebrei, col grave rischio di essere scoperti e fucilati
Io ho conosciuto fin da piccola anche Luisanna e una delle altre volontarie, ma a vederle, loro due e mia mamma, non si sarebbe mai immaginato che in quei tempi lontani, così brutti e pericolosi, loro fossero state così coraggiose
Erano delle tranquille donne di casa e madri di famiglia
A loro e a tutte quelle donne che combattono per la pace e la libertà auguro un felicissimo 8 marzo di gioia e di serenità
Ed un bacione grossissimo a tutte voi che mi leggete...