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sabato 1 dicembre 2012

Morire a 15 anni per cyberbullismo

" Deriso su Facebook si uccide a 15 anni  ; la Procura di Roma apre un’inchiesta
 Su Facebook era apparsa una pagina che derideva il ragazzo, che si è tolto la vita ieri a Roma
Additato come gay, tra le ipotesi dei pm c’è l’istigazione al suicidio
In rete l’ira e il dolore degli amici: «L’ha ammazzato l’ignoranza» "
Questa è una di quelle notizie che lasciano l'amarezza nel cuore e la rabbia addosso perchè la vita è sempre importante a qualunque età, ma a quindici è un dono bellissimo che dovrebbere essere vissuta con gioia e serenità senza ansie, angosce o problemi
Purtroppo invece a questo mondo ci sono degli idioti che non hanno nulla da fare se non rovinare la vita agli altri o perseguitarli fino a spingerli al suicidio
Questo ragazzo non ha retto al peso delle offese e delle molestie di esseri disgustosi e senza scrupoli che in  rete lo avevano preso di mira, ma sono tanti i giovanissimi che subiscono i soprusi e le persecuzioni di coetanei, e coetanee, bulli o cyberbulli, ignoranti, violenti, cattivi, senza vergogna e senza scrupoli   
Quando Su La Stampa online ho letto i titoli dell'articolo sopracitato mi sono chiesta perchè in un mondo evoluto e apparentemente civile ci siano ancora persone simili che si divertono torturando gli altri con provocazioni  spinte all'eccesso, per fare del male a chi non ha i mezzi per difendersi

Una recente ricerca commissionata da Microsoft e svolta in 25 paesi in tutto il mondo ha presentato  lo spaccato del cyber bullismo dal punto di vista dei ragazzi intervistati, di età compresa tra gli 8 e i 17 anni.
Per quanto riguarda l’Italia, il 28% dei ragazzi è stato vittima di atti di bullismo online, il 9% in meno dalle media registrata dagli altri paesi, grazie anche al supporto della famiglia, che parla dei rischi a cui Internet espone e insegna i corretti comportamenti da tenere online. Nel nostro paese, è alta la media di conoscenza del fenomeno (69% contro il 57% del resto del mondo) e di preoccupazione (62% contro il 54%) che ha come risultato una minore percentuale di vittime (28%) e responsabili di bullismo (16% rispetto al 24% mondiale).
 Questi dati possono rassicurare, sicuramente, ma sono ancora troppi i persecutori e ancora di più lo sono le vittime, quasi il doppio dei cyberbulli, in Italia

domenica 26 ottobre 2008

La scuola di tutti i colori

Ieri mattina sono andata a Verbania-Fondotoce, alla Casa della Resistenza, per una mattinata di studi organizzata dall'Associazione Sottosopra che ha presentato i risultati del Progetto La scuola di tutti i colori.
Il progetto, nato dalla considerazione che nelle scuole del Verbano Cusio Ossola la presenza degli alunni stranieri è recente ma in forte crescita, si è realizzato tra ottobre 2007 e giugno 2008.
Il fenomeno degli alunni con cittadinanza non italiana, provenienti da paesi comunitari europei e da paesi extracomunitari, nel VCO è stato affrontato da più prospettive, con l'obiettivo di conoscere la presenza dei minori stranieri nelle scuole di ogni ordine e grado della mia Provincia, attraverso interviste agli insegnanti, focus groups ad alunni italiani e stranieri, l'analisi quantitativa dei dati e la raccolta delle esperienze didattiche interculturali svolte sul territorio.
Nel Vco si è passati dai 367 alunni stranieri, l'1,9%, del 2001/02 ai 1024, il5,4%, del 2007/08, di cui 869 da Paesi extracomunitari e 155 comunitari.
Il paese più rappresentato è il Marocco, soprattutto nel Cusio, dove vi sono le fabbriche ( anche se l'attuale crisi economica ha visto purtroppo una recessione e la chiusura di diverse piccole aziende) ma vi è un sensibile aumento di rumeni nel Verbano
Nella mia scuola a Omegna sono di questi ultimi tempi gli arrivi di giovani provenienti dall'Ucraina, figli/e delle badanti che lavorano nel territorio.
Le scuole dell'infanzia e le primarie hanno il maggior numero di alunni non italiani ed è lì che sono più attivi i progetti interculturali di eccellenza, che l'Associazione Sottosopra ha deciso di mettere in rete insieme con tutti gli altri progetti in atto nelle altre scuole.
La sensibilità nelle nostre scuole è alta e la proposta al vaglio del governo di creare classi separate per l'apprendimento della lingua è stato visto dal sindaco di Verbania e dall'assessore provinciale ai servizi sociali ed alle politiche giovanili come un principio assurdo dal punto di vista pedagogico. L'inserimento di un bambino straniero nella scuola è fondamentale per l'integrazione perchè è tra i banchi di scuola che si impara a stare insieme e la scuola è sicuramente un canale privilegiato di integrazione.
Una mattinata sicuramente molto interessante ed utile per chi come me ha sempre un contatto diretto e profondo con i nuovi ragazzi arrivati da altri mondi e da altre realtà, che in classe inizialmente non conoscono spesso neppure una parola di italiano, ma magari comunicano in inglese o francese o sono aiutati invece da altri alunni intermediari che parlano la loro lingua e conoscono anche la nostra.
La nostra paura per il diverso spesso è ridicola ed inutile mentre la paura di chi giunge nuovo nel nostro paese, sempre meno ospitale, è molto più tangibile.
E con sensibilità ed accortezza bisogna sempre far sì che non si creino problemi di razzismo o di bullismo nei confronti dei più deboli, loro o nostri che siano!

giovedì 23 ottobre 2008

Visite ...

I miei problemi di occhi stanno migliorando ma evito ancora di "abusare" del PC: non tutte le sere apro internet e passo solo velocemente dai blog amici, fermandomi a commentare solo se necessario
Settimana prossima tornerò dall'oculista e poi spero di tornare alle mie vecchie abitudini perchè la sera sento molto la mancanza dei miei giri quatidiani nel web e soprattutto nei blog che preferisco!
In questi giorni ho anche le verifiche da correggere ed ho meno tempo del solito...
Questa sera sono passata a controllare la dashboard di google analytics collegata a Pensieri in Libertà ed ho trovato una piccola sorpresa che mi ha proprio ... sorpresa !
Dal 22 settembre al 22 ottobre il blog ha avuto 4575 visite , provenienti da 53 nazioni, con 5469 pagine visualizzate
I contenuti più visualizzati sono stati
1) Gelmini o Aprea? ottobre 2008 4,57% 250 visite
2) Oggi è stata una giornata faticosa gennaio 2007 2,29% 125 visite
3) Vittime dei cani pericolosi agosto 2008 2,19% 129 visite
4) Adolescenza gennaio /2008 1,92% 105 visite
Non posso che ringraziare chi è passato di qui a leggere i miei post
un abbraccio erica

venerdì 5 settembre 2008

Più studi, più vivi.

Decisamente curioso questo articolo di cui vi presento solo i punti salienti :
"Una ricerca della Bocconi ha quantificato l’aspettativa di vita secondo il livello di istruzione:
un laureato di 35 anni vive 7,6 anni più di un coetaneo con il solo diploma di scuola media
In Italia, chi ha un titolo di studio basso, licenza elementare o media, vive meno di chi ha conseguito una licenza superiore o una laurea: mediamente da 7,6 a 5,5 anni in meno a seconda delle classi di età, se uomo, e da 6,5 a 5,3, se donna.
La prima quantificazione a livello nazionale in termini di aspettativa di vita, sulla base dei dati forniti dal censimento Istat del 2001, è il frutto di una ricerca della Bocconi
Il titolo di studio è utilizzato per individuare la classe sociale di appartenenza
«... il titolo di studio ha maggior validità di altri elementi, come ad esempio l’occupazione».
La disuguaglianza in apparenza più vistosa è nell’aspettativa di vita a 35 anni: un maschio poco colto ha davanti a sè in media 41,8 anni, -7,6 anni rispetto a un suo coetaneo più istruito (il 15,5% in meno).
Ma è a 65 anni che tale differenza è più significativa.
«Se infatti diminuisce in termini assoluti (-5,5 anni), aumenta in termini relativi fino a oltre il 25%: per questa classe di età, infatti, le aspettative di vita risultano rispettivamente di 16,1 e 21,6 anni a seconda del livello sociale.
Cinque anni e mezzo significano un quarto di vita attesa in meno».
Per le donne, invece, la differenza assoluta scende di poco più di un anno a seconda delle classi di età (da 6,5 a 5,3 anni tra le 35enni e le 65enni), mentre la differenza relativa sale dal -12% al -20,7%.
«Le differenze di mortalità sottintendono differenze di salute e di condizioni di vita, «ma questi risultati fanno cogliere uno dei molteplici aspetti del valore dell’istruzione. Le disuguaglianze non sono infatti riconducibili solo a un differente bagaglio di conoscenze acquisite durante il percorso scolastico, che di per sè implica un’ovvia differenza retributiva che influenza la vita e la salute, ma si manifesta anche nella attitudine ad ampliare le proprie conoscenze in altri campi».
Insomma, chi ha un grado di istruzione più elevato, ha anche più facilità a reperire e gestire conoscenze «che regolano positivamente i propri comportamenti riguardo a uno stile di vita salutare e a un più informato accesso alla medicina».

Quantificare le disuguaglianze nella speranza di vita per classi sociali permette inoltre di mettere in evidenza due aspetti importanti per quanto riguarda la gestione del welfare.
Il primo riguarda la riforma pensionistica
«Un sistema che basa il calcolo della pensione su dati medi di aspettativa di vita uguali per tutti, come è la riforma Dini, rischia di creare sperequazioni nel trattamento».
Il secondo aspetto è altrettanto preoccupante e riguarda gli squilibri in atto nonostante il generale miglioramento delle condizioni sociali negli ultimi anni.
«Le statistiche ci dicono infatti che la vita media è aumentata, tanto per gli uomini che per le donne. Ciò che questa ricerca evidenzia è che per gli strati sociali più bassi aumenta meno che per quelli più alti, un trend che si registra in altri paesi europei e che diventa via via più significativo. Ciò dimostra che le politiche sociali varate dai governi negli ultimi decenni non sono ancora riuscite a incidere positivamente sulla situazione» "
Io ho una laurea ed un lavoro che mi obbliga a studiare sempre perchè i libri cambiano, gli alunni pure e non posso ignorare il fatto che io devo sempre e comunque aggiornarmi per poter insegnare una lingua straniera in modo corretto preciso e professionale. Chissà quando potrò mai andare in pensione ? ma soprattutto lo studio per il lavoro e la passione per i libri e per nuove conoscenze e nuovo sapere personali chissà quanto mi premetteranno di vivere ? Io spero molto a lungo, pienamente consapevole cosciente ed autosufficiente !

lunedì 24 marzo 2008

4000

Il numero dei militari americani uccisi in Iraq dall’inizio della guerra, nel marzo del 2003, ha raggiunto ieri quota 4.000.
Secondo un conteggio tenuto dall’Associated Press, il 44% dei militari americani ha perso la vita per esplosioni, mentre il 97% delle vittime americane ha perso la vita dopo il 1. maggio 2003, giorno in cui il presidente George W. Bush dichiarò chiusa la fase più difficile e pericolosa della guerra
Questa è una delle ultime notizie di oggi, pasquetta 2008, una notizia che si scontra clamorosamente con le più recenti parole di Bush che ha affermato che la guerra in Iraq è praticamente " vinta"!
Ma anche un altro recente articolo di un quotidiano mi ha lasciata veramente attonita:
Seimila reduci americani si sono suicidati nel 2005
Per molti soldati americani che hanno combattuto in Iraq e in Afghanistan la guerra più sanguinosa è cominciata con il ritorno a casa; il numero dei suicidi tra i veterani supera quello dei militari uccisi dall’inizio del conflitto.
I dati di un’inchiesta, durata cinque mesi, del network Cbs, sono terribili: soltanto nel 2005 sono stati 6256 gli ex soldati che hanno deciso di togliersi la vita una volta tornati dalle loro famiglie. Una media di 17 suicidi al giorno, più del doppio del resto della popolazione statunitense.
Il tasso di suicidi negli Stati Uniti è di 8,9 casi su 100 mila persone, ma tra i veterani la cifra sale a 18,7. I numeri si fanno ancora più preoccupanti se messi a confronto con quelli dei soldati caduti in
combattimento in Iraq dal 2003, una media di 2,4 al giorno.
I militari più a rischio sono i reduci giovani, che hanno tra i 20 e i 24 anni: 22,9 su 100 mila decidono di togliersi la vita, un numero quattro volte superiore ai coetanei che non hanno prestato servizio militare in zone di guerra.
Come il riservista della Marina Jeff Lucey, o come Tim Bowman, riservista, spedito in missione in una delle zone più pericolose di tutta Baghdad, conosciuta come «Airport Road». Otto mesi dopo il suo ritorno a casa, il Giorno del Ringraziamento, si è sparato. Entrambi avevano 23 anni. «Quando è tornato i suoi occhi erano semplicemente morti. La luce non c’era più», ha detto alla tv Cbs la madre del ragazzo, Kim Bowman.
Derek Enderson, invece, era già tornato dall’Iraq due volte, ma la terza è stata fatale: si è gettato da un ponte a 27 anni.
«Siamo di fronte a una crisi gravissima - ha dichiarato Kevin Lucey, padre di Jeff Lucey - e troppe persone hanno deciso di voltare la testa e guardare da un’altra parte».
Lucey si riferisce alle autorità militari e federali che, secondo i parenti delle vittime, non stanno facendo abbastanza per arginare il problema. Tanto che, sebbene molti studi siano stati condotti in merito a questa tendenza, non esiste un rapporto ufficiale che stabilisca il
numero totale dei casi di suicidio tra i veterani. Anche per questo motivo la tv Cbs ha dovuto lavorare oltre cinque mesi per raccogliere i dati e le testimonianze.
Negli Stati Uniti gli ex soldati sono oltre 25 milioni, 1,6 dei quali ha servito in Iraq o in Afghanistan. Secondo il «National Center for Post Traumatic Stress Disorder» lo stress e i traumi a cui i soldati sono sottoposti al fronte non fanno che aumentare il rischio emarginazione sociale e suicidio, così come l’abuso di droghe o farmaci e le difficoltà relazionali ed economiche che spesso affliggono chi ritorna in patria.
L’alto tasso di suicidi non è l’unico problema a preoccupare il Dipartimento dei Veterani... un
senzatetto su quattro in America ha prestato servizio nell’esercito, nonostante gli ex militari rappresentino solo l’11 per cento della popolazione totale. E questi non sono gli unici scandali che hanno coinvolto i veterani: le rivelazioni dei giornali sul «Walter Reed Army Medical Centre», ospedale militare di Washington dalle strutture fatiscenti, ha danneggiato l’immagine dell’esercito anche perché alcuni chirurghi dell’esercito, tra cui il generale Kevin Kiley, sono stati congedati per i cattivi servizi prestati ai reduci di Iraq e Afghanistan. Nel complesso quanto la Cbs descrive assomiglia allo scenario del post-Vietnam, anche se allora il numero dei reduci era assai maggiore

martedì 18 dicembre 2007

La pena di morte nel mondo

In ben 51 Paesi del mondo le esecuzioni capitali sono ancora legge.
Tra questi 11 sono democrazie liberali e in Iran tra i giustiziati vi sono anche i minorenni
In questi ultimi 10 anni la pena di morte è diminuita, ma la sua scomparsa è ancora lontana.
In 27 paesi l’anno scorso i boia hanno lavorato alacremente
Secondo Nessuno tocchi Caino, sono state eseguite almeno 5.628 condanne a morte.
In testa a questa ben poco onorevole graduatoria vi è la Cina, con 5.000 esecuzioni «ufficiali», l’89% del totale nel mondo.
Una cifra enorme e tuttavia ampiamente sottostimata, secondo Nessuno tocchi Caino, Amnesty e altre organizzazioni umanitarie che ritengono vi siano state almeno ottomila esecuzioni, anche se la verità è difficile da dimostrare, perchè nella Repubblica Popolare cinese le condanne a morte non sono catalogate alla voce diritti dell’individuo ma come «segreto di Stato».
Un numero che persino a Pechino, in versione preolimpica e quindi buonista, è sembrato non piacevole sul piano internazionale ed ha spinto il governo a promettere di «restringere attentamente la pratica attraverso la legislazione e il sistema legale».
Nessuna abolizione, ma, almeno, la concessione minima di un secondo grado di giudizio: le condanne dovranno essere confermate dalla Corte Suprema e non basterà più il via libera delle corti provinciali.

Per il resto, subito dopo la Cina, e con l’avvertenza che quasi sempre si tratta di numeri ben lontani dalla realtà perché mancano dati ufficiali, c’è l’Iran, con 215 esecuzioni, il Pakistan, con 82; l’Iraq, almeno 65; il Sudan, almeno 65; gli Stati Uniti, 53; l’Arabia Saudita, 39; lo Yemen, 30; il Vietnam, con almeno 14; il Kuwait, con almeno 11; la Somalia, con almeno 7, Singapore, con almeno 5; l’ Egitto, la Giordania, il Bangladesh, il Giappone e la Malaysia, con almeno 4 esecuzioni, la Corea del Nord, il Bahrein, la Bielorussia, l’Indonesia, la Mongolia,con 3; la Siria e l’ Uganda, con 2; il Botswana, con 1; gli Emirati Arabi Uniti e la Guinea Equatoriale, con 1.
Per le modalità dell’esecuzione, vige la più grande varietà, dalla decapitazione alla lapidazione, all’impiccagione, alla sedia elettrica, e troppo spesso purtroppo anche dalle torture all' amputazioni degli arti e alle fustigazioni, praticate in alcuni Paesi dove vige la sharia islamica.
La pena capitale non risparmia, in Iran, ad esempio, i minori.
Una barbarie che deve cessare al più presto , sicuramente !

venerdì 7 dicembre 2007

Non si muore per amore ...

Cominciava così una celebre canzone di Mogol Battisti : "Non si muore per amore ... "
Ho invece letto questa sera un curioso articolo dove si parla invece di cuori spezzati per amore
"Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista The Lancet e curata da ricercatori dell'università di Utrecht, in Olanda, sembra che il cuore spezzato aumenti il rischio di morire di ben cinque volte.
Una notizia sconvolgente ma che i poeti hanno sostenuto da sempre, in effetti. A fornire la prova scientifica è uno studio condotto dall'equipe della dottoressa Margaret Stroebe, dedicato proprio ai pericoli del mal d'amore.
Sarebbe lo stress psicologico provocato dal distacco, insieme con stili di vita insani per distogliere la mente dalla sofferenza, il più pericoloso.
Il ricorso all'alcol, al fumo e alla droga sono sicuramente i sintomi di una sofferenza difficile da placare. Stordirsi è generalmente il rifugio più immediato, seducente e molto pericoloso per la salute.
I problemi maggiori li incontra chi rimane vedovo: secondo gli esperti olandesi, gli uomini che perdono la moglie corrono un rischio di morte più alto del 21 per cento, mentre le donne del 17.
Il periodo più delicato è quello immediatamente successivo alla tragedia, quando la mente è frastornata e il corpo debilitato, tanto da trascurare le più elementari regole di sopravvivenza. Malnutrizione, ricorso all'alcol e comportamenti al limite dell'autolesionismo, come la tendenza a guidare in modo spericolato, sono l'anticamera di rischi ben più gravi.
Con il passare del tempo i rischi si fanno più sopportabili ma solo a distanza di anni si può parlare di scampato pericolo.
Al di là dei problemi legati allo stile di vita e all'alimentazione, comunque, il problema più grave è il suicidio.
Per ragioni ancora tutte da sondare, i vedovi sono molto più esposti a pensieri di questo tipo rispetto alle donne, che generalmente hanno meno difficoltà a rifarsi una vita.
Ma se è possibile ripartire da zero dopo la morte o la perdita della persona amata, questo non è pensabile a seguito della perdita di un figlio.
Uno studio danese del 2003 dimostra infatti come i genitori di piccoli deceduti siano i soggetti più a rischio. Più piccolo è il bambino e più frequente e logorante è il desiderio di darsi la morte, specie durante i primi trenta giorni di lutto."
Di certo l'articolo è molto interessante ma non è per nulla allegro E allora sono passata a leggere altrove ed ho trovato che :
" gli Italiani tradiscono in pausa pranzo ed i pentimenti sono pochi, appena l’11%
Galeotto fu il panino. O l’insalata mista. Almeno un adulterio su tre avviene infatti fra le 12.30 e le 14.30.
Ma solo i più fortunati hanno due ore di tempo per tornare a casa o trovare un hotel a portata di mano.
Gli altri? Si arrangiano come possono, alla svelta, in macchina, approfittando degli uffici che si svuotano o addirittura nei bagni dei ristoranti.
I colleghi affollano le fantasie sessuali degli italiani, e ben 8 su 10 hanno la tentazione di metterle in pratica.
Ma se tradire fa ancora paura, chi rinuncia finisce per pentirsi rodersi per non aver colto l’occasione.
E tra i fedifraghi? Solo 1 su 10 si sente in colpa.
Una ricerca della rivista Riza Psicosomatica, in edicola in questi giorni, condotta su circa 1.000 italiani, uomini e donne, di età compresa fra i 20 e i 60 anni, ha dato questa sensazionale rivelazione.
Il primo dato significativo della ricerca riguarda le tentazioni: ne saremmo vittime, in diversa misura, praticamente tutti: chi spesso (29%), chi abbastanza di frequente (43%), chi ogni tanto (17%) o raramente (9%).
Capita tutte le volte che si incontra qualcuno di attraente (32%), dopo un litigio col partner (24%), tutte le volte che ci si sente particolarmente in forma (17%) o quando ci si trova, per lavoro o per vacanza, lontano da casa (8%).
Le persone che inducono maggiormente in tentazione sono, nell’ordine, colleghi di lavoro (29%), semplici sconosciuti (26%) o il classico migliore amico (o migliore amica ) del partner (18%).
Ma se un italiano su due afferma di aver resistito tenacemente c’è un buon 36% che confessa di aver tradito in questo ultimo anno.
Pentimenti? Pochi, appena l’11%. E a parte un 10% di incerti, gli altri (79%) sembrano ben felici della loro condizione di adulteri.
Quanto al momento per consumare il tradimento, il 29% approfitta della pausa pranzo, mentre un italiano su quattro non si fa problemi per una scappatella durate l’orario di lavoro (26%).
Il 16% lo fa prima di tornare a casa la sera, mentre l’11% preferisce farlo lontano da occhi indiscreti, quando si trova in viaggio, sia esso di lavoro o per vacanza, mentre per il 13% è la serata da single a fare da carburante.
L’ufficio, quindi, si conferma il luogo a più alto ’rischio-corna (31%). Più ancora della casa (27%), dell’automobile (15%) o del motel (10%).
Meno frequentate le palestre (8%) e i bagni dei ristoranti (5%).
Tuttavia, il tradimento fa ancora paura a quasi la metà degli italiani (48%). I motivi? Le conseguenze nella vita quotidiana (28%), il senso di colpa (24%), ma anche la paura di intraprendere nuova relazione (15%), più ancora che di essere scoperti (13%).
Solo il 6% però rinuncia solo per rimanere fedele. E infatti, ben il 52% si dice pentito per non aver colto l’occasione quando gli è capitata "
Ogni commento sarebbe superfluo
E allora buona notte e sogni d'oro, possibilmente senza corna .... perchè il mal d'amore fa male alla salute!!!
un kiss erica