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martedì 12 maggio 2020

La Mamma di Silvia Romano

Sono due giorni  che il coronavirus è  finito  in secondo piano perché su tutti i giornali e in TV impazzano le polemiche per la liberazione di Silvia Romano, la giovane cooperante milanese rimasta prigioniera della jiad islamica in Somalia per ben 18 mesi, dopo un rapimento che anche allora provocò polemiche, insulti e quant'altro sui social 
La giovane e  stata liberata con il pagamento  di un riscatto, e già questo è  stato motivo di ire funesta,  ma quello che ha scatenato l'ira  di dio, come si suol dire, è  il fatto che è  tornata vestita come una musulmana ( dopo tutto quel tempo non poteva essere diversamente, no ) e che ha candidamente dichiarato di essersi convertita alla religione  di Maometto e di chiamarsi adesso Aisha, come la terza moglie del suddetto.
Dopo  insulti minacce di morte lettere  e chi più  ne ha più  ne metta, Silvia Romano si è  recata dal capo dell'antiterrorismo di Milano, Alberto Nobili 
Lei ha dichiarato di essere serena, ma la madre, assillata dai giornalisti mentre era uscita un attimo da casa,  ha detto solo una cosa, la stessa che ho pensato io quando ho visto la foto della giovane tutta intabarrata in quel lungo pastrano verde che le ricopriva anche il capo : " Chiunque finisce in quei posti li,  si converte",
Donna saggia, la mamma di Silvia. E posso immaginare l'angoscia di questa famiglia che per mesi non ha avuto notizie della ragazza e poi al suo ritorno si sono ritrovati in mezzo a questa bagarre da circo equestre del solito branco di affezionati insultatori sputa sentenze che devono sempre dire la loro su tutto e su tutti, spargendo veleno e cattiverie a iosa.
La loro felicità  per aver potuto riabbracciare Silvia è  stata sporcata da tutto  quello  che è  successo nelle ore successive  al suo ritorno in Italia.
Sicuramente anche su di lei calerà  l'oblio di stampa e giornali e i frequentatori dei social avranno altre vittime da prendere di mira, ma un'esperienza  simile non è  da augurare a nessuno, ne a chi è  andata sicuramente  in Africa piena di gioia e di speranza convinta di fare del bene ai piccoli del posto, insegnando loro quello che lei aveva appreso in un paese europeo culturalmente avanzato, e che si è  ritrovata nelle mani di fanatici religiosi che non hanno scrupoli di nessun tipo, uomini che in nome di una religione uccidono e sottomettono senza pietà  interi territori occupandoli con le armi e la violenza. Ne tanto meno la famiglia di chi è  stato rapito per tanti mesi, un tempo infinito per chi ha atteso con ansia notizie senza sapere se era ancora viva o se era stata uccisa senza pietà .
Ricordo il rapimento di Giuliana Sgrena,  la giornalista la cui famiglia vive ancora qui in Ossola, e la sua liberazione traumatica in Iraq. Una donna adulta ed esperta tornata provata il cui viso pieno di angoscia e di disperazione non impedí ai soliti di creare un caos di polemiche a non finire. 
La brillante operazione di quella volta fini  nel sangue, mentre questa è stata un successo per il capo di Governo Conte e per Di Maio , che si sono recati entrambi a riceverla all'aeroporto.  
Forse col senno di poi sarà  venuto loro in mente che forse era meglio farla rientrare in sordina, con un silenzio forse ipocrita, ma sicuramente  rassicurante  per lei e per la sua famiglia?
Io penso spesso a padre Dall'Oglio,  scomparso da anni in quel calderone infernale che era  la Siria in guerra, anche lui rapito mentre si dedicava al benessere di chi era in difficoltà,  e di cui non si è  mai più  saputo nulla.
Mentre Quirico, il giornalista di guerra de La Stampa, entrato clandestinamente in Siria,  fu preso e passato di banda in banda fino alla liberazione.  Un uomo fortunato che però  in quell'occasione rischiò  parecchio e subi parecchio. Vide cose inimmaginabili e quando tornò  dichiarò  in una lunga intervista al giornale torinese, per il quale ancora oggi lavora come reporter di guerra, il suo odio per quegli assassini e farabutti che usano la religione mussulmana come scudo per commettere crimini e nefandezze indescrivibili
Questa volta invece ciò  che più  ha scatenato le menti dei soliti è  stato  il fatto che la giovane  Silvia Romano è  tornata  sorridente, apparentemente felice, ben vestita e per nulla sciupata o terrorizzata.
E allora apriti cielo, impiccatela,  arrestatela e tutto il resto del repertorio  becero di un certo mondo di  internet e dintorni
Oggi pomeriggio  io ho accolto il messaggio di Amnesty International  Italia ed ho inviato un breve pensiero a Silvia. Le ho augurato di ritrovare la pace e la tranquillità con la sua famiglia e con chi le vuole bene
E spero il più  presto  possibile perché  non sarà  di certo facile e semplice per lei dimenticare ciò  che le è  successo in Africa, comunque sia andata.
A quell'età si è  ancora giovani e se non si ha un carattere forte, da guerriere,  in un modo o nell'altro si soccombe e si subisce tutto pur di non impazzire, umiliate e calpestate dall'odio di uomini che ci odiano a morte
Perché  siamo europei e cattolici
A questo forse dovrebbero pensare tutti quelli che si sono scagliati contro Silvia e dovrebbero pure riflettere sul fatto che noi europei siamo stati vittime negli ultimi anni  di attacchi terroristici a casa nostra. In Francia, in Inghilterra, in Belgio ....fino al devastante attacco delle Torri gemelle a New York nell'ormai lontano 2001. Menti bacate che ci odiano ed odiano il nostro modo di vivere, odiano noi donne libere intelligenti e non succubi, odiano la nostra religione, ben più  antica della loro, ma con tante analogie , da alcune feste a tanti versetti del Corano, dove si ritrovano pensieri positivi come nella Bibbia di Cristiani ed Ebrei 
 F

domenica 5 aprile 2020

Finirà la pandemia ma....

In un articolo letto online su La Stampa, il giornale di Torino, la virologa Ilaria Capua , parlando del coronavirus, ha previsto la sua fine ma anche anticipato che il nostro mondo saà per sempre cambiato 
Ecco le sue parole :
Coronavirus, la virologa Ilaria Capua: "Non ne usciremo prima dell'estate e sarà un mondo diverso"«Siamo di fronte ad un'emergenza sanitaria, ma non è un tunnel senza fine. Usciremo dall'emergenza sanitaria ma saremo tutti diversi: qualcuno perderà persone care, qualcuno perderà il lavoro, qualcuno si arricchirà, qualcuno avrà problemi psicologici. Noi non possiamo resistergli. È illusorio pensare che lo sradicheremo. Nel post pandemia avremo un mondo diverso, più consapevole: ognuno di noi deve alzare lo sguardo dall'immediato, cercare di allungarlo verso il futuro». Lo ha detto Ilaria Capua, virologa responsabile dell'One Health Center of Excellence dell'Università della Florida, parlando nel corso di una diretta Instagram con il sindaco di Firenze, Dario Nardella. Neppure l'estate, ha spiegato la virologa, fermerà il coronavirus, così come a suo tempo non fu il caldo a fermare la Sars, ma il contenimento."
Ecco anche il video in cui ne parla

domenica 14 febbraio 2016

Ipocrisia e compromessi

La nostra cecità e la nostra ipocrisia sono il frutto dei troppi compromessi che abbiamo accettato in nome del realismo e degli imperativi della geopolitica. 

di Pierluigi Battista, da il Corriere della Sera 7 febbraio 2016 

Che al Cairo spadroneggiassero gli squadroni della morte, gli egiziani non hanno purtroppo dovuto aspettare il martirio di Giulio Regeni per saperlo. I ciechi eravamo noi, con la nostra accondiscendenza per un regime oppressivo e dispotico, ma che tutti sentiamo come un argine al fanatismo jihadista dei Fratelli Musulmani. È la contraddizione dell’Occidente: non rompere i rapporti con le tirannie per scongiurare il pericolo maggiore incarnato dall’Isis. Perciò facciamo finta di non vedere le torture nelle segrete del Cairo. Ignoriamo gli impiccati che nelle grandi piazze di Teheran pendono dalle gru, solo perché erano dissidenti, o omosessuali. Non vogliamo capire che gli ultimi disperati in fuga da Aleppo in Siria scappano dagli orrori provocati da Assad, stavolta. Mettiamo il velo sulle nostre ipocrisie e sulle nostre convenienze. E ci risvegliamo solo quando a essere colpiti siamo direttamente noi.

Questa cecità è il frutto dei troppi compromessi che, in nome del realismo e degli imperativi della geopolitica, sono stati in questo drammatico frangente storico, il terreno di cedimento sui valori della democrazia, della libertà, del rispetto dei diritti umani fondamentali. Abbiamo liquidato come fisime da «anime belle», debolezze idealistiche che non tengono minimamente conto delle rudi leggi dell’economia e della politica internazionale, le preoccupazioni sulla terrificante ferocia di chi è nostro «alleato» nella battaglia contro i decapitatori schiavisti del Califfato.

Ogni tanto ci risvegliamo. Certo, quaranta esecuzioni esibite in Arabia Saudita sono veramente un orrore indigeribile, specialmente all’inizio dell’anno, ma per non più di 24 ore di indignazione. Certo, 17 miliardi sono una cifra sufficiente per occultare la repressione che regna in Iran, ma che vergogna, almeno per un giorno. Certo, fa impressione la spaventosa quantità di morti ammazzati, oltre 250 mila in pochi anni, da parte delle truppe di Assad, spalleggiato da un altro campione democratico come Putin. Ma vuoi mettere il realismo della necessità? Vuoi mettere quanto sia più importante della democrazia e dei diritti umani violati la guerra globale contro il Califfo? Vuoi mettere il «male principale» contri questi mali «secondari» di cui in fondo fanno le spese solo loro, non noi?

Qualche volta, però, l’orrore arriva a colpire anche noi. Un nostro ragazzo, un ricercatore curioso e intelligente come Giulio Regeni viene trucidato in circostanze ancora non del tutto chiarite e siamo colpiti da uno choc, costretti a vedere ciò che volevamo nascondere. Travolti dall’orrore. Feriti dalla truculenza che speravamo non macchiasse la nostra algida indifferenza verso le tante vittime di una repressione che miete vittime ogni giorno. Era imbarazzante ammettere che il regime non fondamentalista che oggi è al potere al Cairo sia il frutto di un colpo di Stato: forse provvidenziale, ma pur sempre un colpo di Stato. Che gli squadroni della morte sono in piena funzione in Egitto. Che la tortura è pratica diffusa come ai tempi di Mubarak, forse anche di più. Che migliaia e migliaia di Fratelli Musulmani, i nostri nemici più sanguinari, come negarlo?, sono stati condannati a morte con processi farsa, senza che un fiato si sollevasse da chi nel mondo occidentale si oppone con ammirevole coraggio contro la pena capitale.

Cercavamo di non dire che il dissenso non è tollerato al Cairo. Che la democrazia non è stata esportata in Egitto. E allora, non si può far altro che sostenere questo regime? Basta saperlo. L’importante però, per una questione di pudore, è non indignarsi solo nei giorni comandati, solo quando a essere vittima è un italiano di cui andiamo giustamente orgogliosi. Altrimenti sembra che quando la mannaia si abbatte sugli «arabi», allora è meglio tacere. Che fine ingloriosa, per la retorica dei valori universali e dei diritti fondamentali.

Quei regimi sono oppressivi e liberticidi, sempre, anche quando voltiamo la testa dall’altra parte. Ascoltate quello che dicono gli scrittori iraniani, sul giro di vite repressivo che accompagna anche le «aperture» della nuova dirigenza moderata. Ascoltate le donne di Teheran: l’oppressione di genere è e resta feroce, anche quando l’Europa non sembra volersene accorgere e si appresta a fare cospicui affari sull’onda dell’accordo che mette fine alle sanzioni contro l’Iran. Non è cambiato molto: siamo noi che abbiamo cambiato punto di vista e abbiamo deciso che per tenere e bada il mostro del Califfato bisogna rinnegare tutto ciò che è stato detto negli anni precedenti.

E le immagini di questi giorni dell’esodo da Aleppo? Quelle colonne di profughi si allontanano dall’orrore dei bombardamenti, non dell’Isis bensì dei grandi protettori del regime di Assad. Quando arriveranno qui, dopo peripezie, annegamenti, un’odissea terribile che ci commuoverà per qualche ora come è accaduto con l’immagine del piccolo Aylan, la cui famiglia disperata era in fuga contemporaneamente dall’Isis e dalla dittatura di Damasco, non avremo chiaro esattamente la rotta di chi scappa. Non vorremo capire bene che stavolta sono i nostri alleati . Siamo sopraffatti dalla potenza delle immagini del dolore e della sofferenza ma non possiamo dedurne che a causare questo dolore e questa sofferenza sono i nostri alleati, gli alleati degli alleati, gli amici degli amici.

Ecco la grande ipocrisia in cui si dibatte l’Occidente, l’Europa politicamente inesistente e verbosa, gli Stati Uniti ondivaghi e impotenti. Ecco il dilemma atroce di cui siamo prigionieri: reagire con forza ai soprusi di regimi in cui si può morire nei modi in cui è stato ucciso Giulio, tenere alta la bandiera dei diritti umani fondamentali, oppure tacere, minimizzare, accettare la convivenza coatta con regimi oppressivi nel nome della battaglia comune al Male assoluto rappresentato dal Califfato. Ma allora l’indignazione è meglio ripiegarla. Per dignità. Per non far finta di credere all’intangibilità di valori che ignoriamo tutte le volte che ci conviene. Cioè quasi sempre."

Un articolo bellissimo che ha espresso al meglio quello che io troppo spesso, ultimamente, penso quando sfoglio le pagine del quotidiano, che grondano di notizie orribili di morti e di stragi 


martedì 13 gennaio 2015

Arianna Szörényi testimone della Shoah italiana

Anche quest'anno a fine gennaio in Italia si ricorderanno le vittime dell'Olocausto 
Peer la Giornata della Memoria  venerdí 23 gennaio 2015 presso la Sala EXPO a Trezzano sul Naviglio (Milano), in Via Vittorio Veneto 30, sarà presente  Arianna  Szörényi , reduce dell'olocausto italiano, di origine ebraica ed autrice di  Una bambina ad Auschwitz  ed Mursia, le memorie sulla sua esperienza di sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz 

Arianna Szörényi è nata il 18 aprile 1933 a Fiume  da Adolfo Szörényi e Vittoria Pick di origine ebraica.  
Il padre ungherese lavorava come contabile nelle banca italo-ungherese della città di Fiume, dove aveva conosciuto la moglie, impiegata nella stessa banca. I due si sposarono nel 1917. 
Dal loro matrimonio nacquero otto figli: Edith (1917), Stella (1919), Daisy (1921), Alessandro (1923), Carlo (1925), Rosalia (1927), Lea (1929) e Arianna (1933). 
Nel 1935 tutti i figli vennero battezzati con rito cattolico. Edith, la sorella più grande, sposò un ufficiale italiano e andò a vivere a San Daniele del Friuli. 
Ed è proprio in questa cittadina che tutta la famiglia Szörényi scelse di trasferirsi nell'ottobre  1943 per sfuggire ai bombardamenti che colpirono Fiume e alle persecuzioni razziali. 
Traditi da un delatore, il 16 giugno 1944 tutti i Szörényi furono prelevati e portati prima ad Udine e poi a Trieste alla Risiera di San Sabba.

Arianna trascorre sei giorni nel campo di sterminio triestino condividendo la prigionia con due altri coetanei che come lei sopravviveranno al campo di Auschwitz, Luigi Ferri e Loredana Tisminieszky
Il 21 giugno 1944 la famiglia Szörényi è deportata ad Auschwitz-Birkenau. 
All'arrivo il padre e i due fratelli vengono separati dalle donne. 
Arianna ha soli 11 anni ma all'inizio viene aggregata alle donne con il numero di matricola 89219. Verso la fine di settembre una selezione più accurata la destina al "Kinderblock", la baracca dei bambini, separandola anche dalla madre e dalla sorelle. Arianna le vedrà attraverso la rete che separa i blocchi e un'ultima volta,da lontano, riuscendo a far avere loro un biglietto grazie all'aiuto di Luigi Ferri che era impiegato al campo come portaordini dell'infermeria.
Nel dicembre 1944 con l'avvicinarsi del fronte, cominciò l'evacuazione dal campo. 
Arianna è inserita con un gruppo di prigionieri nella "marcia della morte" che li conduce al campo di Ravensbrück e  successivamente a Bergen-Belsen, dove viene liberata dagli alleati il 15 aprile 1945, devastata nel fisico: è malata di tifo petecchiale, con un principio di TBC, ha i piedi congelati e i polmoni colpiti dalla pleurite. 
Dei  776 bambini ebrei italiani di età inferiore ai 14 anni deportati a Auschwitz, Arianna è tra i soli 25 sopravvissuti.  
L'anno successivo, dopo essere stata curata, torna a S. Daniele del Friuli dalla sorella Edith. 
Dai campi di sterminio è tornato vivo solo il fratello Alessandro, liberato a Buchenwald il 5 maggio 1945. 
Dopo un anno trascorso con la sorella, per studiare Arianna entra in un orfanotrofio dalle suore. Ottenuto il diploma, si trasferisce a Milano.
Nel dopoguerra scrive un diario accurato della sua esperienza, pubblicato  nella sua interezza solo nel 2014. 
Fatta eccezione per Luigi Ferri , che rilascia la sua testimonianza all'indomani stesso della Liberazione da Auschwitz di fronte ad una commissione d'inchiesta a Cracovia, Arianna è stata la prima bambina deportata dall'Italia a testimoniare in età adulta. 
Ha cominciato a rilasciare interviste già negli anni '70 con un articolo comparso sull'Unita' dell'11 marzo 1976, in occasione del processo per i crimini alla Risiera di San Sabba. 
Da allora si è resa disponibile a raccontare con frequenza la sua esperienza. 
La sua testimonianza è stata raccolta nel 1986 da Teodoro Morgani  nel libro Quarant'anni dopo, Carucci, Roma; nel 1994 da Mimma Paulesu Quercioli  ne L'erba non cresceva ad Auschwitz, Mursia, Milano, e   nel 1997 da Lidia Beccaria Rolfi e Bruno Maida  nel libro I nazisti contro i bambini, Giuntina, Firenze.
Nel 2009 la voce di Arianna Szörényi è stata inclusa nel progetto di raccolta dei "racconti di chi è sopravvissuto", una ricerca condotta tra il 1995 e il 2008 da Marcello Pezzetti per conto del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea che ha portato alla raccolta delle testimonianze di quasi tutti i sopravvissuti italiani dai campi di concentramento allora ancora viventi 
Il 18 febbraio 2014, Arianna ha presentato il suo diario nel libro  Una bambina ad Auschwitz che racconta nei dettagli la storia della sua deportazione, con interventi della storica Liliana Picciotto del CDEC e dello scrittore Dario Venegoni dell' ANED. Era presente anche la sua amica  Goti Herskovits Bauer, anche lei deportata a soli quattordici anni nel Campo di concentramento di Auschwitz

Per non dimenticare che cosa è stato il nazismo ed il fascismo del xx° Secolo !

venerdì 14 marzo 2014

No al Segreto di Stato su Ilaria Alpi


"I giornalisti Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sono stati uccisi a Mogadiscio il 20 marzo del 1994. Erano in Somalia per indagare su un traffico internazionale di armi e di rifiuti tossici illegali. Ed è per questa ragione che sono stati assassinati. Ma a venti anni di distanza siamo ancora in attesa di conoscere tutta la verità su quella vicenda. 

Questa verità potrebbe essere contenuta nella pila di carta (ottomila documenti) che i servizi di sicurezza militare, l’ex Sismi, oggi Aise hanno accumulato su fatti che attengono all’esecuzione dei due giornalisti.

Carte messe sotto chiave negli archivi della Camera a cui sembra essere stato negato l'accesso dall’Agenzia Aise - come rivela un'inchiesta de "Il Manifesto" firmata dai giornalisti Andrea Palladino e Andrea Tornago - che pare "abbia negato l’autorizzazione a un ufficio di Montecitorio che chiedeva la declassificazione dei documenti riservati acquisiti dalla Commissione parlamentare sui rifiuti presieduta da Gaetano Pecorella".

"E’ fondamentale che queste carte siano rese pubbliche e che ai cittadini sia data la possibilità di sapere" ha affermato sul sito di Articolo21 Domenico D'Amati, legale della famiglia Alpi. "C’è molto da fare e speriamo che tutti gli organi dello Stato collaborino. In primo luogo la Camera dei deputati che deve desecretare questi documenti fondamentali sui traffici dei rifiuti tossici". 

Per questo, facciamo appello al Presidente della Camera Laura Boldrini, di cui conosciamo e apprezziamo la sensibilità umana e civile, affinché si possa consentire l'accesso ai dossier, per squarciare "il muro di gomma" dei poteri che hanno ostacolato la ricerca della verità."

domenica 2 febbraio 2014

Caccia alle streghe

Gli amministratori della bacheca Facebook di Grillo hanno condiviso un video ironico su un ipotetico viaggio in auto con la presidente della Camera Laura Boldrini,  che i parlamentari grillini hanno pesantemente attaccato per aver utilizzato la “ghigliottina” durante il dibattito sul decreto Imu-Bankitalia. Ma la domanda “cosa succederebbe se ti trovassi la Boldrini in macchina?” è diventata l’opportunità per svariati utenti di mettere in mostra i loro peggiori istinti: insulti, minacce, parole retrive, con particolare predilezione per le offese sessiste che rimandano a violenze, stupri, prostituzione. 
Laura Boldrini, presidente della Camera, ha detto che : “Insulti e volgarità istigano alla violenza”
 “Gli insulti e le volgarità non possono in alcun modo fare parte del dibattito politico e non danno nessuna risposta concreta ai problemi dei cittadini. Piuttosto servono a istigare alla violenza e a minare le basi della nostra democrazia”.
Su Facebook la signora Boldrini ha ringraziato ” tutti per il sostegno contro gli insulti e le minacce che mi sono state rivolte in rete e la mia solidarietà a chi, come me, in queste ore, è vittima degli stessi attacchi: il presidente del Consiglio, Enrico Letta, e il giornalista Corrado Augias, colpevoli di avere mosso critiche al Movimento 5 Stelle“.
Anche contro Corrado Augias ci sono stati attacchi pesanti  E un suo libro , “Inchiesta su Maria”, è stato dato alle fiamme in un camino da un utente che poi ha pubblicato la foto   su Facebook.  
Il primo a reagire alle violenze verbali contro la Boldrini è stato il leader di Sel Nichi Vendola: “Mai arrivati ad un livello di degrado così basso. Ora incitazione a stupro simbolico. E poi Grillo non dovrebbe parlare di automobili”.
A intervenire successivamente  è stato anche il presidente del Senato Piero Grasso : “ Ho appena parlato con la presidente Boldrini per esprimerle la mia vicinanza e il mio sdegno per le offese volgari e sessiste che sta ricevendo in queste ore”. “Guardo con preoccupazione al clima di questi giorni che ha visto il Capo dello Stato e la presidente Boldrini vittime di insulti e accuse senza fondamento: il dissenso, il cui esercizio è regolato e garantito dalla nostra Costituzione, è un elemento fondamentale del processo democratico ma quando si trasforma in un irresponsabile attacco alle istituzioni e agli organi costituzionali si mettono in discussione i fondamenti della nostra democrazia”. “Chiunque approfitti della situazione critica del Paese per fomentare gli animi, cercando tornaconti elettorali, forse sottovaluta quanto sia pericoloso alimentare la rabbia dei cittadini in un momento già così difficile: spero quindi che tutte le forze politiche  abbiano la capacità di chiudere immediatamente questa parentesi indecorosa, assumano atteggiamenti più responsabili e tornino ad occuparsi seriamente di risolvere i problemi del nostro Paese”.
Al fianco della Boldrini anche  3 senatrici del Pd Isabella De Monte, Rosa Maria Di Giorgi e Nadia Ginetti: “ Beppe Grillo vuole il ritorno della caccia alle streghe   Il suo medioevo punta a colpire in modo particolare le donne. Le offese da trivio alla presidente della Camera Laura Boldrini, alla quale va la nostra solidarietà, sono vomitevoli”. “In pochi giorni è venuta fuori una quantità di maschilismo frustato  che rende perfettamente l’idea della cultura oscurantista di Grillo. Resta da capire come facciano le tante colleghe del M5S a sopportare una tale deriva”
Per la responsabile Riforme del Pd Maria Elena Boschi l’escalation di aggressività di queste ore, con un connotato violento che è stato prontamente denunciato da un gruppo di nostre parlamentari, insultate da un collega del M5S, è un segnale di allarme per le donne di questo Paese e per le istituzioni democratiche che dovrebbero essere luogo di confronto anche aspro, ma mai di mortificazione, di attacchi personali, di sopraffazione”.
 Il vicepresidente della Camera Simone Baldelli (Forza Ital ia)  ha affermato che“L’aggressione inquietante e volgare dei grillini alla Presidente della Camera, Laura Boldrini, è un vero e proprio boomerang  i cui effetti a livello politico sono inevitabilmente destinati a colpire e a squalificare gli autori”.
Per il sindaco di Roma Ignazio Marinogli insulti alla presidente della Camera che sarebbero da condannare di per sé in quanto attacco becero, volgare e sessista, sono esponenzialmente più gravi in quanto si rivolgono a chi rappresenta un’ istituzione democratica, anzi, la terza carica dello Stato. E’ evidente che ormai ci troviamo in una condizione di vera e propria emergenza democratica. Per questo auspico che tutte le persone perbene di questo Paese, e sono la maggioranza, si stringano attorno alle nostre istituzioni "
E' inquietante quello che è successo nei giorni scorsi in Parlamento ma ciò che sta succedendo nel mondo del web lo è molto di più
La violenza  più becera  che si scatena contro persone come la Boldrini o Augias , che ho seguito per anni  in TV su Rai 3 quando parlava di libri e di autori di libri , un uomo squisito, colto, intelligente e culturalmente molto preparato, fanno paura 
Dove andremo a finire se continuiamo così ? I libri li bruciavano i nazisti ma questi episodi recenti puzzano di fascismo belle e buono
E le minacce sessiste fanno tornare indietro ai tempi bui della storia, a quando le donne erano vittime  che dovevano subire in silenzio una società  maschilista brutale e violenta
Grillo e i grillini sono molto peggio di Bossi e dei laghisti di qualche anno fa, quelli del celodurismo tanto per intenderci, ma i tanti che li hanno votati convinti di far cambiare le cose in positivo non si rendono conto di aver dato la fiducia a persone simili ? Non ne sono disgustati ? 

giovedì 12 dicembre 2013

Il Diario di Malala

«Malala» significa «addolorata». Lo  pseudonimo che Malala Yousafzai aveva scelto per il suo diario era Gul Makai  Ma Malala era anche una guerriera pashtun del XIX secolo, una Giovanna D'Arco afghana che ispirò il popolo a combattere fino alla morte contro britannici e indiani «anziché vivere una vita nella vergogna». Stessi valori ma dedicati a fini diversi dai talebani, in maggioranza di etnia pashtun.

Sabato 3 gennaio: “Ho paura”
Ho fatto un sogno terribile ieri, con gli elicotteri militari e i talebani.  Faccio questi incubi dall’inizio dell’operazione dell’esercito a Swat. Mia madre mi ha preparato la colazione, e sono andata a scuola. Avevo paura di andare perché i talebani hanno emanato un editto che proibisce a tutte le ragazze di frequentare la scuola.
Solo 11 compagne su 27 sono venute in classe. Il numero è diminuito a causa dell’editto dei talebani. Per la stessa ragione, le mie tre amiche sono partite per Peshawar, Lahore e Rawalpindi con le famiglie.
Mentre tornavo a casa, ho sentito un uomo che diceva “Ti ucciderò”. Ho affrettato il passo, guardandomi alle spalle per vedere se mi seguiva. Ma con grande sollievo mi sono resa conto che parlava al cellulare. Minacciava qualcun altro.

Domenica 4 gennaio: “Devo andare a scuola”
Oggi è vacanza, e mi sono svegliata tardi, alle 10 circa. Ho sentito mio padre che parlava di altri tre cadaveri trovati a Green Chowk (al valico). Mi sono sentita male sentendo questa notizia. Prima del lancio dell’operazione militare, andavamo spesso a Marghazar, Fiza Ghat e Kanju per il picnic della domenica. Ma ora la situazione è tale che da un anno e mezzo non facciamo più un picnic.
Andavamo sempre anche a passeggiare dopo cena, ma adesso torniamo a casa prima del tramonto. Oggi ho aiutato un po’ in casa, ho fatto i compiti e ho giocato con mio fratello. Ma il mio cuore batteva forte — perché devo andare a scuola domani.
 
Lunedì 5 gennaio: “Non indossare vestiti colorati”
Mi stavo preparando per la scuola e stavo per indossare la divisa, quando mi sono ricordata di ciò che il preside ci ha detto: “Non indossate le divise, e venite a scuola in abiti normali”. Perciò ho deciso di mettermi il mio vestito rosa preferito. Anche altre ragazze indossavano abiti colorati, per cui c’era un clima molto casalingo in classe.
Una mia amica è venuta a chiedermi: “Dio mio, dimmi la verità, la nostra scuola sarà attaccata dai talebani?”. Durante l’assemblea del mattino, ci è stato detto di non indossare più vestiti colorati, perché i talebani sono contrari.
Dopo pranzo, a casa, ho studiato ancora un po’, e poi la sera ho acceso la tv. Ho sentito che a Shakarda viene rimosso il coprifuoco che era stato imposto 15 giorni fa. Sono contenta perché la nostra insegnante di inglese vive nella zona e adesso forse riuscirà a venire a scuola.
 
Mercoledì 7 gennaio: “Né spari né paura”
Sono stata a Bunair in vacanza per Muharram (una festività musulmana). Adoro Bunair per via delle sue montagne e dei suoi rigogliosi campi verdi. La mia Swat è anch’essa molto bella, ma non c’è pace. Ma a Bunair c’è pace e tranquillità. Non ci sono spari né paura. Siamo molto felici.
Oggi sono stata al mausoleo di Pir Baba e c’era tanta gente, loro erano lì per pregare, noi per un’escursione. C’erano negozi che vendevano bracciali, orecchini e bigiotteria. Ho pensato di comprare qualcosa, ma niente mi ha colpito particolarmente, mentre mia madre ha comprato degli orecchini e dei bracciali.
 
Mercoledì 14 gennaio: “Potrebbe essere l’ultima volta che vado a scuola”
Ero di cattivo umore sulla strada della scuola, perché le vacanze invernali cominciano domani. Il preside ha annunciato quando iniziano le vacanze, ma non ha detto quando la scuola riaprirà. E’ la prima volta che succede.
In passato, la data di riapertura veniva sempre annunciata chiaramente. Il preside non ci ha detto perché non l’abbia fatto, stavolta, ma io credo che  i talebani abbiano annunciato che l’editto contro l’istruzione femminile entrerà in vigore ufficialmente a partire dal 15 gennaio.
Stavolta le ragazze non sono così entusiaste di andare in vacanza, perché sanno che, se i talebani applicano l’editto, non potremo mai più andare a scuola. Alcune compagne erano ottimiste e dicevano che certamente la scuola riaprirà a febbraio, ma altre mi hanno confidato che i genitori hanno deciso di lasciare Swat e di trasferirsi in altre città per il bene della loro istruzione.
Visto che oggi era l’ultimo giorno di scuola, abbiamo deciso di giocare nel cortile un po’ più a lungo. Io credo che la scuola un giorno riaprirà, ma mentre tornavo a casa ho guardato l’edificio pensando che potrei non tornarci mai più.
 
Giovedì 15 gennaio: “Il suono dell’artiglieria riempie la notte”
Il rumore del fuoco dell’artiglieria riempiva la notte, e mi ha svegliata tre volte. Ma dal momento che non c’è scuola, mi sono alzata più tardi, alle 10 del mattino. Poi è venuta a casa la mia amica e abbiamo parlato dei compiti.
Oggi è il 15 gennaio, è l’ultimo giorno prima che entri in vigore l’editto talebano, e la mia amica continuava a parlare dei compiti, come se non stesse accadendo niente al di fuori dell’ordinario.
Oggi ho anche letto il diario che ho scritto per la BBC (in urdu) e che è stato pubblicato sul giornale. A mia madre piace il mio pseudonimo “Gul Makai”, e ha detto a mio padre “perché non cambiamo il suo nome e la chiamiamo Gul Makai?” Anche a me piace perché il mio vero nome vuol dire “addolorata”.
Mio padre dice che alcuni giorni fa qualcuno gli ha mostrato una copia di questo diario dicendo quanto sia fantastico. Papà ha sorriso, ma non poteva nemmeno dire che l’autrice è sua figlia.

Malala Yousafzai

 
  Malala Yousafzai a qattordici anni   sfidò i talebani, che successivamente  le spararono fuori dalla scuola
La giovane studentessa pachistana aveva in precedenza scritto un diario sulla sua vita nella provincia di Swat, al confine con l’Afghanistan,controllata dagli estremisti, ed era diventata un simbolo
In quella zona, dal 2003 al 2009 i talebani avevano preso il controllo   e vietato l’istruzione femminile, distruggendo centinaia di scuole. Nel luglio 2009, dopo furiosi combattimenti, l’esercito li  aveva sconfitti, e da allora il governo aveva incoraggiato i turisti a tornare a visitare quella che, una volta, era una popolare destinazione sciistica. 
Ma il tentativo di uccidere Malala fece capire quanto pericolo ci fosse ancora per le donne e per la loro istruzione
Un uomo barbuto  sparò alla ragazzina all’uscita della scuola, colpendola alla testa 
 Poco dopo arrivò la rivendicazione dei talebani pachistani: "L’abbiamo attaccata perché diffondeva idee laiche fra i giovani e faceva propaganda contro di noi. Oltretutto, considerava Obama il suo idolo».
 Il premier pachistano Raja Pervez Ashraf  mandò un elicottero per trasferire Malala in ospedale. Si infuriarono gli opinionisti pachistani e rimasero sotto choc molti cittadini, nel  Paese che pure è tristemente abituato alla violenza.
Malala   non era una ragazzina qualunque. Era la studentessa più nota del Pakistan   Prima di sparare, pare che l’assalitore avesse chiesto: «Dov’è Malala?». La ragazzina era vista come un pericolo dai talebani  per  la sua età, perché rappresentava le nuove generazioni. Pur non sapendo cosa fare da grande credeva che l’istruzione fosse un suo diritto. Pur non negando di avere paura, la sua voglia di studiare si era rivelata più forte. Mentre a Swat i talebani decapitavano la gente per «comportamenti anti-islamici», lei continuava ad andare a scuola e, nel 2009, a undici anni, aveva scritto un diario online per la Bbc raccontando sotto pseudonimo la sua vita di studentessa.   Era un diario in urdu, stampato anche su un giornale locale, accessibile a chi non sa l’inglese, per dare coraggio ad altre bambine e alle loro famiglie. 
Quando i talebani furono sconfitti a Swat, Malala fece ciò che molti adulti non hanno avuto  il coraggio di fare: li   criticò pubblicamente in tv. Ricevette molte minacce e sperimentato le conseguenze dell'attivismo, ma   difese l'importanza dell'istruzione: «Dateci delle penne oppure i terroristi metteranno in mano alla mia generazione le armi».
Perciò l'attacco contro di lei è stato un avvertimento a tutti coloro che lavorano per le donne e le ragazze. Ed un monito alle famiglie divise tra l'attrattiva delle libertà occidentali e il rispetto delle tradizioni locali. «Dopo l'operazione dell'esercito la situazione è tornata alla normalità - aveva detto Malala -. Speriamo che ricostruiscano le scuole al più presto. Ora tutti sono liberi di studiare e le ragazze non hanno paura dei talebani».

martedì 10 dicembre 2013

United Nations Human Rights Prize

Sono stati annunciati i vincitori del riconoscimento conferito dalle Nazioni Unite a chi si è distinto nella difesa dei diritti umani , lo United Nations Human Rights Prize. Questi i prescelti: Biram Dah Abeid, Hiljmnijeta Apuk, Liisa Kauppinen, Khadija Ryadi, la Corte Suprema messicana e Malala Yousafzai.
Il premio è stato istituito nel 1966  e conferito per la prima volta il 10 dicembre 1968, in occasione del 20esimo anniversario della Dicharazione universale dei diritti umani, proclamato poi "Giornata internazionale dei diritti umani". Le successive premiazioni sono avvenute a intervalli di cinque anni, e tra i vincitori del passato spiccano Amnesty International, Jimmy Carter, Martin Luther King, Nelson Mandela ed Eleanor Roosevelt. 
La cerimonia per la consegna del premio si è tenuta oggi martedì 10 dicembre nel quartier generale dell'Onu a New York -- nella giornata dei diritti umani ( Human Rights Day)
 
Malala Yousafzai è diventata  un simbolo per i diritti delle giovani donne di tutto il mondo.  Attivista per l'istruzione e i diritti delle donne, dopo essere sopravvissuta al tentato assassinio nell'ottobre 2012, Malala ha dimostrato ancora più coraggio e impegno, riprendendosi e continuando a parlare a nome dei diritti delle ragazze e delle donne del globo.

lunedì 9 dicembre 2013

Maria Novella Oppo

 " Gli insulti pesantissimi a Maria Novella Oppo, la giornalista dell’Unità linciata mediaticamente dai fan di Beppe Grillo dopo che quest’ultimo ne aveva pubblicato la foto sui propri blog e profilo Facebook, additandola a nemica del Movimento, sono diventati il canovaccio di un filmato di solidarietà alla cronista che sta spopolando in rete. 
Una decina di giornalisti sono stati ripresi mentre, senza alcun commento, leggono le aggressioni verbali, molto spesso a sfondo sessista, rivolte alla Oppo. Ne citiamo le più morbide: «Che racchia. Pure raccomandata e sostenuta dai fondi pubblici. Sedia elettrica subito!», scrive Tiziano Caliendo. «E’ più bella che intelligente», gli fa eco Gianluca Castaldini copiando una vecchia battuta di Berlusconi su Rosi Bindi, preso a modello anche da un altro commentatore che la definisce con la stessa formula irripetibile usata dal cavaliere per la cancelliera Angela Merkel. 
«Abbiamo stampato 40 pagine di insulti, fra i circa tremila che erano stati postati sul blog di Grillo e la sua pagina Facebook – spiega Stefano Aurighi, autore del video insieme a Davide Lombardi e Paolo Tomassone, che insieme formano le Officine Tolau -. Poi, via Facebook, abbiamo lanciato un appello ai giornalisti e abbiamo chiesto loro di leggerli davanti alla telecamera, perché ci sembrava una risposta adatta alla gravità di quanto era successo, e stamattina abbiamo messo online il filmato».  "da La Stampa To
Trovo veramente vergognoso che si prenda di mira una persona e che la si riempia di insulti e minacce via web
Avere opinioni differenti è una cosa , usare metodi fascisti è un altro
Quando si tornerà anche all'olio di ricino ed alle bastonate ?

venerdì 6 dicembre 2013

Il mestiere più vecchio del mondo

Gli antichi Romani dicevano O Tempore O Mores !
Non solo allora ma fin dai tempi antichi il meretricio era già di moda ed era motivo di discussioni di denuncia e di condanna, anche se poi molto spesso i moralisti del momento usavano andare, pure loro, a pagamento, con le " donnine allegre "
In Italia negli anni cinquanta del '900 la senatrice Merlin fece chiudere con una legge parlamentare le case chiuse, e fu così che noi che eravamo nati / nate  nel frattempo passammo il resto della vita a vedere quelle povere sfortunate donne di strada fare il loro mestiere lungo i bordi delle vie, al freddo, ma con un fuocherello acceso lì accanto, di notte e di giorno !
Povere disgraziate, abbiamo sempre pensato
Sfruttate maltrattate e usate fino allo sfinimento da protettori senza scrupoli e senza pietà, specialmente le africane e le giovanissime dell'Est Europa
Ma il mercato non ha mai sofferto nessuna crisi, grazie a tutti quegli  uomini che sono sempre stati, e sempre saranno, disponibili a passare del tempo a pagamento in loro compagnia ... e ne abusano senza mai porsi problema alcuno Pure loro
 
La riforma sanitaria del presidente Obama invece, che negli Usa ha trovato  un gruppo di entusiaste sostenitrici ,le prostitute legali delle case di tolleranza  del Nevada, ha scatenato subito la   propaganda feroce dei Repubblicani contro la legge  
Ma le opinioni delle prostitute, raccolte dalla televisione Cbs, che è andata a sentirle nel famoso  Moonlight Bunny Ranch, uno dei più noti bordelli legali del Nevada, sono motivo di riflessione seria
Taylor Lee ha spiegato che «facendo questa professione, non ci offrono esattamente le polizze sanitarie di gruppo».   In effetti le compagnie assicurative si tengono ben alla larga dal settore. Il problema, però, è che anche le prostitute sono esseri umani, con corpi che si ammalano: «E’ dura - ha denunciato Taylor - perché io ho una patologia preesistente, e quindi tutti mi rifiutano. Perciò sostengo davvero Obamacare, e sono molto contenta che sia in vigore». 

In Francia c'è stato il Primo sì del Parlamento  d'Oltralpe al disegno di legge sulla prostituzione: le proteste di piazza delle lucciole e l’opposizione di una parte dell’opinione pubblica, a destra come a sinistra, di uomini e di donne, senza distinzioni , non hanno convinto i deputati che, 268 contro 138, hanno approvato il testo che vuole sradicare il fenomeno del sesso a pagamento, penalizzando i clienti con multe a partire da 1.500 euro.  La bozza di legge, promossa dal partito socialista con il sostegno convinto del ministro per i Diritti delle donne, Najat Vallaud-Belkacem, passerà all’esame del Senato ad inizio 2014.
Alla Camera tutti i partiti hanno lasciato libertà di voto ai propri deputati: i socialisti e il Fronte di sinistra hanno votato in maggioranza a favore, contro si sono schierati soprattutto radicali e Verdi, mentre il fronte del centro-destra con l’Ump (Unione per un movimento popolare) e Udi (Unione dei democratici e indipendenti) sono risultati divisi.
Oltre alle multe per i clienti, il disegno di legge prevede l’istituzione di un fondo per proteggere le vittime della prostituzione. Una parte importante della legge è  quella dedicata alle prostitute straniere che si impegnano ad abbandonare l’attività in cambio di un permesso di soggiorno di sei mesi.   Fino ad ora in Francia il sesso a pagamento era legale ma ne era vietato lo sfruttamento e la prostituzione minorile, così come l' "adescamento passivo "  ( legge di Nicolas Sarkozy - 2003 ). In caso di approvazione anche da parte del Senato, Parigi si allineerà alla Svezia e alla Norvegia, paesi all’avanguardia nella lotta alla prostituzione.
Ma questa  proposta di legge ha innescato un acceso dibattito in Francia  e le prostitute sono scese sul piede di guerra per la paura di perdere  clienti, dopo  il provvedimento, ed hanno puntato  il dito anche contro l’ulteriore precarizzazione delle loro condizioni di lavoro. «Siamo unanimi nel ritenere che la criminalizzazione dei clienti non farà sparire la prostituzione ma accentuerà l’insicurezza delle prostitute costringendole ulteriormente alla clandestinità», ha commentato un collettivo di associazioni contrarie alla normativa.
A fianco delle lucciole si sono schierati i firmatari del manifesto dei «343 bastardi» che, contro la penalizzazione dei clienti, all’inizio di novembre avevano rivendicano il diritto al sesso a pagamento tra adulti consenzienti.
Tra  loro vi sono pure esponenti del mondo della cultura e dei media, come il giornalista Frederic Beigbeder, il regista teatrale Nicolas Bedos e Richard Malka, avvocato di Dominique Strauss-Kahn. La petizione richiamava alla memoria il «manifesto delle 343 puttane» pubblicato nel 1971 sul Nouvel Observateur, con il quale le firmatarie ammettevano di aver avuto un aborto, esponendosi così alle conseguenze penali.
Quella presa di posizione contribuì notevolmente all’apertura di un dibattito pubblico sull’aborto, allora illegale, che si concretizzò nella legge Simone Veil del 1974, che rese possibile l’interruzione di gravidanza.
E' altrettanto forte invece il sostegno alla legge da parte delle femministe, come Anne Zelensky che a novembre  si era scagliata contro il nuovo manifesto dei bastardi, puntando il dito contro «il perverso gioco di prestigio dove la libertà è messa al servizio della difesa di una schiavitù di fatto».
 Con l’approvazione alla Camera, le associazioni contro il sesso a pagamento hanno salutato la «svolta storica», auspicando un’identica presa di posizione contro la «violenza prostituzionale» anche da parte del Senato.

E noi, che facciamo in Italia ? Continueremo ancora, nei secoli dei secoli a venire , a vedere quelle povere disgraziate lungo i bordi delle strade a contrattare il prezzo di una prestazione con i clienti delle auto ? 
Il Parlamento italiano è impegolato in ben altre beghe in questo periodo , dal Porcellum al Mattarellum, dalla disoccupazione in eccesso alle tasse sulla prima casa - la paghiamo, non la paghiamo, la pagheremo o non la pagheremo , questo è il dilemma - , da Renzi Berlusconi e Grillo che piantano casino ad oltranza a .... vattelapesca !
Ma i Parlamentariattuali  hanno pensato mai al mestiere più antico del mondo e alla difesa e protezione delle donne che lo praticano ? Creeranno pure loro prima o poi una nuova legge che colpisca i clienti e li induca a ridurre il mercato del sesso a pagamento ?

mercoledì 20 novembre 2013

Doris Lessing

Pensa in modo sbagliato, se vuoi, ma pensa con la tua testa ...
 
Doris Lessing, la scrittrice britannica vincitrice del premio Nobel per la Letteratura nel 2007, è morta all'età di 94 anni
Tra le sue circa 50 opere  L'erba canta del 1950, Il taccuino d'oro del 1962, Sotto la pelle del 1994, Il senso della memoria del 2006.
Doris May Taylor era nata da genitori inglesi n Iran nel 1919, ma si trasferì da bambina nella Rhodesia meridionale, oggi Zimbabwe. Studiò in un convento, poi in una scuola femminile, ma a 15 anni lasciò gli istituti per continuare gli studi da autodidatta.
 Ha vissuto per mezzo secolo a Londra, dove si è sposata due volte, divorziando da entrambi i mariti, e ha avuto ha tre figli. Il cognome Lessing è quello del secondo marito, il tedesco Gottfried Lessing.
 La Lessing è stata l' undicesima donna a essere insignita del Nobel, battendo l'americano Philip Roth. Ai giornalisti in quell'occasione commentò: « Ho 88 anni e non possono dare il Nobel a un morto, quindi penso che probabilmente abbiano pensato fosse meglio darmelo prima che io fossi fuori gioco». La motivazione del premio l'aveva definita una «cantrice dell'esperienza femminile che con scetticismo, passione e potere visionario ha messo sotto esame una civiltà divisa».


Un bacio e tante polemiche

Durante una manifestazione NoTav in Val di Susa sabato scorso una giovane donna è andata a baciare il casco di un poliziotto
Una foto pubblicata su La Stampa di Torino che è stata interpretata in  modi diversi e che ha fatto discutere molto
Ecco cosa ha pubblicato il quotidiano torinese due giorni dopo : "  Quello scatto che ha fatto il giro delle redazioni e anche dei siti del movimento si è portato dietro un mare di polemiche. "
" Il poliziotto al centro di un intenso interesse mediatico e protagonista involontario dei social network è un ragazzo siciliano di 25 anni, da pochi mesi a Torino. Fa parte del V Reparto Mobile "
" Si chiama Nina De Chiffre, vive a Milano, ha 20 anni, studia e lavora. È lei la manifestante No Tav che sabato pomeriggio, durante il corteo in val di Susa, è stata fotografata mentre baciava il casco di un poliziotto in tenuta antisommossa. «Ci sono due cose che vorrei subito chiarire – puntualizza lo giovane attivista, militante del collettivo meneghino Remake -. Quella foto non è stata assolutamente organizzata ad arte, come molti hanno insinuato. Il fotografo ha solamente avuto fortuna. Ma soprattutto: il mio intento non era quello di lanciare un messaggio di pace alle forze dell’ordine. Al contrario: volevo ridicolizzare i poliziotti. Volevo metterli in imbarazzo: volevo prenderli in giro. Direi che ci sono riuscita». 
Come è avvenuto l’episodio? 
«È molto semplice. Stavamo marciando in corteo, quando improvvisamente ci siamo trovati di fronte questo schieramento di polizia. Gli agenti in tenuta antisommossa, per regolamento, non possono reagire ad alcuno stimolo proveniente dai manifestanti. Così mi sono avvicinata con la mani in alto. Ho visto un giovane agente – avrà avuto 20 anni – e ho iniziato a provocarlo. Prima gli ho leccato il casco, poi gliel’ho baciato. Infine ho infilato le mie dita nelle sue labbra, ma in quel momento è intervenuto un suo superiore che mi ha allontanato».
«...  ho pensato a Marta, una ragazza No Tav di Pisa che a luglio di quest’anno è stata picchiata e molestata dalle forze dell’ordine durante uno scontro in val di Susa. Intendo dire: molestata sessualmente, da uomini in divisa. Perciò ho voluto provocare quel giovane agente: è stato il mio modo di reagire a ciò che è successo a Marta. Ho utilizzato due sole armi: l’ironia e il grottesco ...».
La " guerra " NOTAV è anche questo Purtroppo i nostri governanti continuano a ritenere la Tav importante e fondamentale A chi come me la ritiene invece inutile e dispendiosa farebbe invece un enorme immenso piacere sapere che tutti quei soldi stanziati per la Tav  potrebbero essere usati altrove, nelle scuole per esempio o là dove l'ambiente viene stravolto da devastazioni  di cicloni e tornadi  sempre più frequenti !!!

martedì 19 novembre 2013

Lea Garofalo, pentita dell'ndrangheta'

Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia, fu prelevata in centro, a Milano, a pochi passi da Corso Sempione, la sera del 24 novembre  2009, un mese a Natale. A bordo di un furgone bianco fu portata in un casolare alle porte di Monza, dove  fu torturata per ore affinché dicesse la verità sul suo racconto alla polizia - Lea  aveva "spifferato" verità scomode su alcuni omicidi di 'ndrangheta a Milano - , poi uccisa con un colpo di pistola e infine bruciata,  e non dissolta nell'acido, come gli inquirenti  ipotizzarono  per lungo tempo, in un campo della Brianza
Nel  marzo 2013, i sei indagati per l'omicidio di Lea , tra cui l'ex marito, Carlo Cosco, il fratello Vito e l'ex fidanzato della figlia Denise, tutti originari di Petilia Policastro, comune del crotonese,  come lo era anche Lea, sono stati condannati all'ergastolo. 
 La vita di Lea è stata una vita difficile. In tenera età perse il padre e   il fratello, entrambi uccisi dalla 'ndrangheta. Poi sposò Carlo, giovane rampollo della malavita locale. Giovane ed inconsapevole,  Lea si ritrovò a   vivere una vita che non voleva, una vita che conosceva già, ma che avrebbe voluto evitare alla figlia Denise    .
Per questo motivo decise di collaborare con la giustizia, finendo in un inferno fatto di solitudine e continui cambi di residenze, fino alla decisione  azzardata e molto pericolosa di lasciare il programma di protezione. Si era infatti fidata ed era  convinta che fossero disposti a perdonarla  Aveva in mente di andarsene in Australia, ma il suo viaggio finì a Milano, dietro Corso Sempione, poco dopo aver lasciato la figlia.
Lea   è stata una donna coraggiosa che ha pagato le sue scelte  con la vita. Di lei sono rimasti 2.800 frammenti ossei, in tutto un chilo e trecento grammi, trovati il 21 novembre 2012

Sabato 19 ottobre 2013 a Milano, grazie alla volontà di sua figlia Denise e dell'associazione di Don Ciotti Libera, Lea, con un ritardo di quattro anni,  ha avuto  un funerale  civile con tanta gente e tanta commozione
«In ricordo di Lea, la mia giovane mamma uccisa per il suo coraggio  era la dedica, dettata dalla figlia Denise,   sui segnalibri che  in piazza Beccaria sono stati distribuiti a chi ha partecipato  ai funerali
«Lo celebreremo a Milano per testimoniare la vicinanza dei milanesi e di tutti coloro che, da ogni parte d’Italia, combattono le mafie e la criminalità organizzata», aveva annunciato il sindaco Pisapia. «Il giorno dei funerali sarà un momento di riflessione che coinvolgerà tutta la città. Lea Garofalo non era nata a Milano, ma in questa città era arrivata piena di speranze, qui ha avuto il coraggio di ribellarsi alla ‘ndrangheta diventando testimone di giustizia. Un coraggio che ha pagato con la vita».
Nella stessa giornata il giardino di via Montello, di fronte al palazzo controllato dal clan Cosco, è stato intitolato a Lea Garofalo
 Ci sono state anche altre iniziative organizzate insieme all’associazione Libera. A lei è stato dedicato il secondo Festival dei beni confiscati, che si è tenuto a Milano dall’8 al 10 novembre. Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, ha spiegato il significato del segnalibro: «Vogliamo riaffermare il potere dei segni contro i segni del potere. Il segnalibro riafferma l’importanza della cultura contro la mentalità mafiosa».

Ai funerali di Lea don Ciotti ha portato anche un mazzo di fiori a nome di Carmine Venturino, ex fidanzato di Denise e condannato all’ergastolo per l’omicidio di Lea. Carlo Cosco aveva ordinato a Carmine di uccidere anche Denise. «Ma lui si è rifiutato e per questo la ‘ndrangheta lo ha condannato a morte - ha raccontato don Luigi Ciotti -. L’ho incontrato in carcere e sta facendo un percorso interiore profondo. Anche lui, un ragazzo, ha scelto ad un certo punto di dire di no».
Un dramma nel dramma, la storia di Venturino. E un pentimento per amore.
Carmine Venturino, condannato all'ergastolo,  ha spiegato così la sua scelta di collaborare e raccontare la verità sulla morte di Lea,   testimone di giustizia  bruciata “finché non rimase che cenere”. 
Ho fatto questa scelta per amore di Denise, perché sapesse come sono andate le cose nell’omicidio di sua madre, perché Denise occupa il primo posto nel mio cuore” ha detto in aula  l’uomo al processo d’appello davanti ai giudici della corte d’Assise d’Appello di Milano. A luglio, a tre mesi di distanza dal verdetto di primo grado, aveva svelato anche nuovi particolari sul sequestro e sull’omicidio della vittima.
 “Carlo Cosco è uno ‘ndranghetista – ha spiegato Venturino – ed ha sempre avuto il progetto di far sparire Lea”. Per questa vicenda  io ho perso Denise e sono molto provato”.
Denise è parte civile nel processo contro il padre ed è sotto protezione da anni ed assiste all’udienza – nascosta – in un corridoio vicino all’aula. Nel processo di primo grado ha testimoniato e accusato gli assassini di sua madre.

giovedì 10 ottobre 2013

Insegnanti anziani !!!

Stamattina, prima di uscire per andare al lavoro, ho sfogliato velocemente il quotidiano e mi sono soffermata su un articolo che mi ha lasciata alquanto perplessa e parecchio incavolata
" Italiani «poco occupabili», visto che dall’indagine Ocse «usciamo con le ossa rotte» in fatto di di competenza linguistiche e matematiche minime per sopravvivere nel contesto attuale. È il pensiero del ministro del Lavoro Enrico Giovannini, espresso l’indomani dell’indagine Ocse su 24 Paesi che boccia senza appello i cittadini d’Italia in lettere e matematica.   
Quindi dopo bamboccioni e choosy, gli italiani sono anche “poco occupabili”: le parole di Giovannini sollevano le polemiche. «Il governo, incapace di dare risposte alla disoccupazione giovanile, adesso inizia addirittura ad offendere i giovani. Non bastava la Fornero con quel «choosy», adesso ci si mette anche Giovannini che, anziché preoccuparsi di fornire misure adeguate, perde tempo a offendere chi ha già pagato fin troppo le inefficienze di questo governò’ replica subito Massimiliano Fedriga, Lega Nord.
 Giovannini si affretta a precisare che non ha mai parlato di «italiani inoccupabili», bensì che «i dati della rilevazione Ocse mostrano come ci sia bisogno in Italia di investimenti in capitale umano, in formazione». Obiettivo per il quale il governo ha stanziato 500 milioni di euro.
Scendono in campo anche i sindacati. «Non sono i lavoratori che scelgono di essere “inoccupabili”, mentre dipende in parte da precise responsabilità del ministro Giovannini», ribatte il segretario confederale Cgil Serena Sorrentino. Per la Cisl poi, «è sbagliato dare una immagine troppo negativa del nostro Paese, del nostro capitale umano e di conseguenza del nostro mercato del lavoro» osserva il segretario confederale Luigi Sbarra. La Uil condivide le preoccupazioni di Giovannini sul sistema dell’istruzione: «per anni sono state ridotte le risorse alla scuola pubblica ed è mancata una politica della formazione» dice il segretario confederale Guglielmo Loy tuttavia, aggiunge, il ministro «ha il dovere di indicare proposte chiare per affrontare il tema, che certamente incide sull’occupabilità, abbiamo miliardi di fondi Ue da spendere e non sappiamo come».  " La Stampa online
Come al solito qualcuno doveva tirare in ballo la scuola. Infatti in un articolo accanto a quello con le parole pronunciate dal ministro si parlava di sconfitta della scuola, della necessità di riformarla e di stage e preparazione al lavoro degli studenti da adeguare al resto d'Europa E naturalmente si metteva in evidenza che ci sono troppi insegnanti anziani nella scuola . 
Io ormai sono nella categoria degli insegnanti anziani e sinceramente me ne andrei volentieri in pensione tra due anni, cioè a 60 anni compiuti,  come hanno fatto tante mie colleghe fino a pochi anni orsono. Ma non è possibile Non è possibile perché con le ultime leggi, prima  durante e dopo la ministra Fornero,  bisogna lavorare fino alla vecchiaia, dopo i 65, visto che secondo i politici la nostra vita è migliore e quindi noi avremo maggiori possibilità di vivere a lungo
Gran bei discorsi ma è sempre più faticoso passare tante ore in classe con adolescenti che sono lontani anni luce da noi e dal nostro diverso modo di vivere
Io cerco sempre di aggiornarmi e di restare al passo ma non è facile
Uso il PC e uso Internet da anni e amo lavorarci Creo o adeguo le verifiche dei libri in uso per alunni DA, DSA  o in difficoltà  studiando il modo migliore per facilitare il loro apprendimento come provo a capire tutte le diversità degli alunni e le loro problematiche per trovare soluzioni efficaci
Ma se la pratica e tanti anni di insegnamento mi aiutano in questo, sento comunque il peso di quegli stessi anni sulle spalle  che mi affaticano e mi stressano ogni anno un pochino di più
E mi chiedo sovente, con una certa angoscia, come sarà se dovrò restare a scuola per altri 7-8 anni ancora A 65 o 66 anni sarò stanca non solo fisicamente ma anche mentalmente e affrontare quotidianamente per quasi 10 mesi 6 classi di adolescenti non sarà una passeggiata ...
Ci hanno mai pensato ministri e politici al governo ed esperti vari  ai nostri effettivi problemi ?
Fateci andare in pensione prima dell'usura totale, lasciando il posto a docenti giovani e freschi,  così saremo tutti più felici e contenti
E potremo goderci finalmente una vecchiaia piacevole dopo tanti anni di lavoro trovando magari anche il tempo e  la voglia per dedicare le nostre abilità e la nostra creatività a qualcosa di diverso dal lavoro, prima di rimbambire completamente !!!

mercoledì 2 ottobre 2013

La democrazia del M5 Stelle

Oggi ho seguito una parte del lungo dibattito a palazzo Madama dove i senatori hanno espresso il loro consenso o dissenso al Governo Letta Alcune ed alcuni di loro si sono espressi con toni alterati e con parole pesanti non certo opportuni ed adeguati ad uno dei luoghi istituzionali che rappresentano il parlamento italiano
Non ho però assistito in diretta al triste spettacolo del gruppo 5 Stelle di Grillo che ha minacciato ed insultato una dei loro dissidenti che si è dichiarata favorevole a sostenere il Governo Letta
«Mentre dichiaravo il mio voto di fiducia a Letta, pur con tutte le mie riserve, ho sentito un gran vociare e ho visto il senatore Castaldi venire verso di me e puntarmi il dito contro. Poi non ho capito più niente...». Paola De Pin, ex Movimento 5 Stelle passata al Gruppo misto ha tremato tenendo tra le mani il foglio del suo discorso, ha pianto, ha ricevuto insulti dai suoi ex colleghi pentastellati («Venduta», «Sei come Scilipoti», «Hai preferito il Palazzo al Movimento»). Ma, più di tutto, si è sfogata. «Mi sono liberata dopo mesi di violenze verbali nei miei confronti. E anche oggi ho avuto la dimostrazione che il Movimento ha fallito, non ammette il dissenso». «Contro chi la pensa diversamente usa il “metodo Boffo” alla stregua degli altri partiti».
«Andare per la quarta volta al voto con l’attuale sistema sarebbe una irresponsabilità senza precedenti», ha detto la De Pin nel suo intervento in Aula, contestando “i vertici” del movimento di Grillo che «con la scusa della fedeltà a un pezzo di carta hanno tradito gli elettori che chiedevano un cambiamento». Subito è stata bagarre. «Non esci di qui – le avrebbe gridato il senatore grillino Gianluca Castaldi – ti devi dimettere». E lei è esplosa a piangere. In sua difesa si sono schierati i vicini senatori del Pd e poi lo stesso Letta le ha espresso parole di «vicinanza». Il presidente dell’Aula Grasso valuterà eventuali provvedimenti. 
«Sono contenta della solidarietà, ma ribadisco che il mio è stato un voto travagliato. È quello che mi chiedeva la gente al supermercato: nessuno voleva tornare al voto già a novembre», racconta la De Pin raggiunta telefonicamente, dopo una riunione pomeridiana della commissione straordinaria per la promozione dei diritti umani di cui è segretaria. «Continuo nel mio lavoro da senatrice - spiega ancora -. Sono contro alla linea dello scontro totale professata da Grillo da quando è entrato in Parlamento. Perché non ha ottenuto niente». Ed è proprio dai giorni delle consultazioni che, secondo la De Pin, è cambiato tutto. «Il principio per cui uno vale uno è saltato. Bisogna seguire la linea dettata dai leader. Ma io l’ho contestata e sono stata oggetto di minacce da parte di David Borrelli, il braccio destro di Grillo in Veneto, che ho querelato». 
 «Appena ho espresso i miei parerei contrari alla linea sono stata oggetto di insulti, mail, telefonate che minacciavano me e i miei famigliari», dice la 49enne madre di due bimbi. Poi la rottura. Datata giugno e in solidarietà ad Adele Gambaro, la senatrice espulsa con rigoroso voto on line. E via di polemiche sulla diaria: «Ho già versato 6 mila euro in beneficenza. E così continuerò a fare con tutti i soldi che non spendo per ragioni di servizio», racconta. Ma aggiunge: «Certo, ora vivo a Roma e ho due collaboratori..». Il suo futuro politico? «Non lo so, per ora ho fondato un’associazione di promozione sociale anche con altri fuoriusciti dal Movimento». Il nome è  : “Stelle Cadenti”.  da La Stampa To
Se questa è la democrazia dei  5Stelle , alla larga ...

lunedì 26 agosto 2013

La Cassazione e il dl sul femminicidio

In questa estate, dove il tormentone peggiore è stato il solito Berlusconi, che condannato non vuole arrendersi al fatto che la legge è uguale per tutti,   la  Cassazione, in una relazione illustrativa sulla nuova  legge sul femminicidio, ha dichiarato che " il decreto segna importanti passi avanti, «prevedendo inedite misure precautelari e meccanismi di tutela della persona offesa» e introducendo come «più rilevante novità» la irrevocabilità della querela. Ma sotto alcuni profili andrebbe rafforzato, in particolare per quanto riguarda il reato di atti persecutori, lo stalking, e le ricadute sui minori, su cui il testo non adotta la stessa «decisione» mostrata per la violenza sessuale."
La Suprema Corte segnala infatti che " suscita «qualche perplessità» il fatto che il testo non abbia previsto un’aggravante per il reato di atti persecutori commessi in presenza di minori analoga a quella predisposta per i maltrattamenti commessi alla presenza di minori di 18 anni. Per quest’ultimo caso, ossia per la cosiddetta «violenza assistita», il testo stabilisce infatti l’aumento di un terzo della pena, soppesando quindi «il complesso di ricadute di tipo comportamentale, psicologico, fisico, sociale e cognitivo, nel breve e lungo termine, sui minori costretti ad assistere ad episodi di violenza domestica e soprattutto a quelli di cui è vittima la madre». «Qualche perplessità invece   potrebbe suscitare la mancata previsione di analoga aggravante con riguardo al reato di atti persecutori, che presenta ugualmente natura abituale e la cui consumazione può dunque obbligare  minori ad assistere a comportamenti parimenti pericolosi per il loro corretto sviluppo psicologico».

Troppo spesso, e anche in questi ultimi mesi purtroppo è successo , le vittime innocenti dei femminicidi sono i figli delle donne uccise, che in molti casi devono assistere alla morte violenta delle madri
Bambini e bambine anche piccoli che restano soli nel dolore e nella disperazione. Spesso sono affidati a famiglie estranee e i loro drammi si svolgono lontano dai riflettori della cronaca quotidiana

domenica 17 marzo 2013

Laura Boldrini presidente della Camera

Ieri è stata una giornata decisamente importante per la politica italiana: alla Camera è stata eletta Presidente una donna, Laura Boldrini, la terza  della storia repubblicana a ricoprire questa carica, dopo Nilde Iotti (1979-1983) e Irene Pivetti (1994-1996), e al Senato Pietro Grasso
Per 14 anni Laura Boldrini è stata portavoce dell'Agenzia Onu, dell'Alto commissariato per i rifugiati politici e il suo discorso da neo presidente è stato decisamente importante .
Care deputate e cari deputati, permettetemi di esprimere il mio più sentito ringraziamento per l’alto onore e responsabilità che comporta il compito di presiedere i lavori di questa assemblea.
Vorrei innanzitutto rivolgere il saluto rispettoso e riconoscente di tutta l’assemblea e mio personale al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che è custode rigoroso dell’unità del Paese e dei valori della costituzione repubblicana.Vorrei inoltre inviare un saluto cordiale al Presidente dalla Corte costituzionale e al Presidente del consiglio.
Faccio a tutti voi i miei auguri di buon lavoro, soprattutto ai più giovani, a chi siede per la prima volta in quest’aula. Sono sicura che in un momento così difficile per il nostro paese, insieme, insieme riusciremo ad affrontare l’impegno straordinario di rappresentare nel migliore dei modi le istituzioni repubblicane.
Vorrei rivolgere inoltre un cordiale saluto a chi mi ha preceduto, al presidente Gianfranco Fini che ha svolto con responsabilità la sua funzione costituzionale.
Arrivo a questo incarico dopo aver trascorso tanti anni a difendere e rappresentare i diritti degli ultimi in Italia come in molte periferie del mondo. E’ un’esperienza che mi accompagnerà sempre e che da oggi metto al servizio di questa Camera. Farò in modo che questa istituzione sia anche il luogo di cittadinanza di chi ha più bisogno.Il mio pensiero va a chi ha perduto certezze e speranze.
Dovremmo impegnarci tutti a restituire  piena dignità a ogni diritto. Dovremo ingaggiare una battaglia vera contro la povertà, e non contro i poveri. In questa aula sono stati scritti i diritti universali della nostra Costituzione, la più bella del mondo. La responsabilità di questa istituzione si misura anche nella capacità di saperli rappresentare e garantire uno a uno.
Quest’Aula dovrà ascoltare la sofferenza sociale. Di una generazione cha ha smarrito se stessa, prigioniera della precarietà, costretta spesso a portare i propri talenti lontano dall’Italia.
Dovremo farci carico dell’umiliazione delle donne che subiscono violenza travestita da amore. Ed è un impegno che fin dal primo giorno affidiamo alla responsabilità della politica e del Parlamento.
Dovremo stare accanto a chi è caduto senza trovare la forza o l’aiuto per rialzarsi, ai tanti detenuti che oggi vivono in una condizione disumana e degradante come ha autorevolmente denunziato la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo.
Dovremo dare strumenti a chi ha perso il lavoro o non lo ha mai trovato, a chi rischia di smarrire perfino l’ultimo sollievo della cassa integrazione, ai cosiddetti esodati, che nessuno di noi ha dimenticato.
Ai tanti imprenditori che costituiscono una risorsa essenziale per l’economia italiana e che oggi sono schiacciati dal peso della crisi, alle vittime del terremoto e a chi subisce ogni giorno gli effetti della scarsa cura del nostro territorio.
Dovremo impegnarci per restituire fiducia a quei pensionati che hanno lavorato tutta la vita e che oggi non riescono ad andare avanti.Dovremo imparare a capire il mondo con lo sguardo aperto di chi arriva da lontano, con l’intensità e lo stupore di un bambino, con la ricchezza interiore inesplorata di un disabile.
In Parlamento sono stati scritti questi diritti, ma sono stati costruiti fuori da qui, liberando l’Italia e gli italiani dal fascismo.Ricordiamo il sacrificio di chi è morto per le istituzioni e per questa democrazia. Anche con questo spirito siamo idealmente vicini a chi oggi a Firenze, assieme a Luigi Ciotti, ricorda tutti i morti per mano mafiosa. Al loro sacrificio ciascuno di noi e questo Paese devono molto.
E molto, molto dobbiamo anche al sacrificio di Aldo Moro e della sua scorta che ricordiamo con commozione oggi nel giorno in cui cade l’anniversario del loro assassinio.
Questo è un Parlamento largamente rinnovato. Scrolliamoci di dosso ogni indugio, nel dare piena dignità alla nostra istituzione che saprà riprendersi la centralità e la responsabilità del proprio ruolo. Facciamo di questa Camera la casa della buona politica. Rendiamo il Parlamento e Il nostro lavoro trasparenti, anche in una scelta di sobrietà che dobbiamo agli italiani.
Sarò la presidente di tutti, a partire da chi non mi ha votato, mi impegnerò perché la mia funzione sia luogo di garanzia per ciascuno di voi e per tutto il Paese.
L’Italia fa parte del nucleo dei fondatori del processo di integrazione europea, dovremo impegnarci ad avvicinare i cittadini italiani a questa sfida, a un progetto che sappia recuperare per intero la visione e la missione che furono pensate, con lungimiranza, da Altiero Spinelli.
Lavoriamo perché l’Europa torni ad essere un grande sogno, un crocevia di popoli e di culture, un approdo certo per i diritti delle persone, un luogo della libertà, della fraternità e della pace.Anche i protagonisti della vita spirituale religiosa ci spronano ad osare di più: per questo abbiamo accolto con gioia i gesti e le parole del nuovo pontefice, venuto emblematicamente “dalla fine del mondo”. A papa Francesco il saluto carico di speranze di tutti noi.
Consentitemi un saluto anche alle istituzioni internazionali, alle associazioni e alle organizzazioni delle Nazioni Unite in cui ho lavorato per 24 anni e  permettetemi – visto che questo è stato fino ad oggi il mio impegno – un pensiero per i molti, troppi morti senza nome che il nostro Mediterraneo custodisce. Un mare che dovrà sempre più diventare un ponte verso altri luoghi, altre culture, altre religioni.
Sento forte l’alto richiamo del Presidente della Repubblica sull’unità del Paese, un richiamo che questa aula è chiamata a raccogliere con pienezza e con convinzione.
La politica deve tornare ad essere una speranza, un servizio, una passione.
Stiamo iniziando un viaggio, oggi iniziamo un viaggio. Cercherò di portare assieme a ciascuno di voi, con cura e umiltà, la richiesta di cambiamento che alla politica oggi rivolgono tutti gli italiani, soprattutto in nostri figli. Grazie. "

sabato 23 febbraio 2013

Il primo tweet di Pistorius libero

" Thank-you to every person that has prayed for both families, Osca
Grazie a tutti coloro che hanno pregato per le due famiglie, Osca ''
.
 Oscar Pistorius. con la firma  "Osca"  ha inviato il primo  twitt  dall'account del fratello maggiore Carl, dopo il suo rilascio su cauzione, ieri.
Il giudice Desmond Nair ha infatti disposto la libertà su cauzione per  Pistorius non ravvisando alcun rischio di fuga.  La decisione è stata accolta in aula da un coro di «yes» da parte dei sostenitori dell'atleta, che sono veramente tanti, anche nel resto del mondo . Basta entrare nel suo sito ufficiale e leggere i tantissimi messaggi inviati e le preghiere per lui e per la sua famiglia per rendersene conto
La famiglia, che gli è stata sempre vicina in questi giorni, ha pregato  al termine della sentenza e poi lo ha portato via ( nella foto web qui sopra è in macchina con la sorella Aimee ) mentre fuori dal palazzo di giustizia scoppiava il caos delle proteste dei manifestanti anti Pistorius e nei network riprendevano le polemiche contro la  scelta di lasciarlo libero, seppure con determinati obblighi, come il ritiro del passaporto, l'obbligo di recarsi due volte a settimana  in commissariato, non  avvicinarsi a un aeroporto internazionale, non tornare sulla scena del delitto, non incontrare testimoni e   non consumare alcolici
Il giudice ha fissato la cauzione di Pistorius ad un milione di rand sudafricani, circa 85 mila euro : un decimo della somma è stata versata in contanti, il resto in garanzia.
«Voglio che Oscar si riprenda e trascorra un giorno normale. Cercheremo di non aver nessun contatto con i media, di prendere un giorno di riposo»
.«La famiglia vuole soltanto trascorrere un po' di tempo insieme»
Arnold Pistorius, zio dell'atleta, e da qualche giorno suo portavoce, ha fatto questa dichiarazione alla stampa, prima di lasciare il tribunale. Nella casa dello zio paterno, il campione paralimpico ha tracorso la prima notte dopo oltre una settimana di carcere 
Nessun rischio di fuga in Italia per Oscar  dunque, come ha stabilito la corte di Pretoria, che ha deciso di lasciarlo uscire dal carcere dietro pagamento di una cauzione. Alcuni giorni fa l'accusa aveva proprio fatto l’ipotesi che l’atleta, accusato dell’omicidio a colpi di pistola della fidanzata , potesse fuggire qui da noi  ed era stata questa  la motivazione principale per cui gli era stato negato il rilascio.
Ma perchè l'Italia ?
Perchè l'atleta ha passato diverso tempo in Italia negli anni scorsi
Andrea Giannini è stato per un paio d’anni l’allenatore dell’atleta sudafricano a Vigevano e si è chiesto ( come me lo sono chiesto anch'io , in effetti ) perché nessuno del suo entourage sudafricano  in questi mesi si è accorto di quello che gli stava veramente succedendo
«L’ Oscar Pistorius che ho visto nelle immagini di questi giorni non è la stessa persona che ho conosciuto io. Mi è sembrato completamente diverso da com’era fino a due anni fa»
«Il ragazzo con cui ho avuto a che fare io era solare, sincero, disponibile,  invece quello che si vede ora appare differente».
Perché nessuno del suo entourage in questi mesi si è accorto di quello che gli stava succedendo? «L’omicidio sembra essere l’esito di un malessere più profondo, che deve pur aver dato qualche segnale in precedenza. E’ possibile che nessuno abbia capito che c’era qualcosa che non andava
Forse qualcuno ha preferito usarlo, come simbolo di uno sport che vince, che lotta e ce la fa, nonostante l’handicap, senza fare attenzione all’uomo, al suo disagio che cresceva.?».

Andrea Giannini, 36 anni, è stato l’allenatore di Oscar Pistorius a Vigevano dall’aprile   2008 al giugno   2009, dove il giovane campione fu accolto dall’affetto di molti, correndo  con Giusy Versace, la sprinter 35enne diversamente abile, che scende in pista con il suo stesso tipo di protesi, dopo che in un incidente stradale nel 2005 perse entrambe le gambe Da un paio d’anni  i contatti ed i  rapporti tra Giannini e Pistorius si erano interrotti, ma il campione ha sempre continuato a mantenere  forti legami con l’Italia ed anche l’anno scorso si è allenato a Gemona nel Friuli e a Grosseto, nei centri sportivi che si trovano nelle due città
 In Italia si è sempre sentito ben accolto. Amava il clima e il cibo  e l’ospitalità della gente.
Dal 2011 Pistorius aveva iniziato ad allenarsi stabilmente in Friuli, insieme ad altri atleti sudafricani: il 19 luglio 2011  a Lignano Sabbiadoro ha corso i 400 metri in 45"07 realizzando il minimo A valido per la partecipazione ai Mondiali di Daegu 2011, dove ha poi vinto la medaglia d’argento nella staffetta 4 x 400 metri e ottenuto il pass per prendere parte ai Giochi olimpici di Londra 2012.
E' veramente triste però che  le uniche dichiarazioni uscite di questi ultimi giorni su di lui sono state solo  quelle dell'allenatore Giannini e del giornalista della Gazzetta dello Sport, Gianni Merlo. Gli altri che lo hanno conosciuto bene  sono tutti spariti, a quanto pare, e il silenzio è sceso come un manto nero e profondo.
 
Il processo inizierà ai primi di giugno e solo allora, forse, si saprà cosa è veramente successo ad Oscar. Io spero che la sua famiglia gli resti sempre vicina e che lo aiuti ad affrontare nel modo migliore  l'immane tragedia che gli è piombata sulle spalle la notte di quel maledetto 14 febbraio, con tutto il clamore che si è scatenato intorno a lui
 Quell'uomo giovane, " solare, sincero, disponibile  ",  di soli 26 anni avrà sicuramente bisogno in futuro di tanto aiuto e di tante preghiere.  Non è facile perdonare chi ha ucciso ma non si può abbandonare chi ha bisogno di aiuto. Perchè , nonostante i soldi ed avvocati potenti, dovrà prima o poi  scontare la sua pena in carcere E  saranno mesi ed anni tristi ed infelici quelli che verranno per questo giovane uomo e per questo atleta famoso che si è distrutto con le sue stesse mani
Forse, come aveva dichiarato a dicembre ad un giornale sudafricano, non aveva avuto fortuna con le donne e non ha mai incontrato quella giusta, ma di certo l'ultima bellissima bionda di cui si era innamorato è stata il catalizzatore per portarlo alla follia ed all' omicidio di san Valentino
Sarebbe stato meglio una mora poco appariscente per evitare gelosie e spari, allora  ???
 Il destino è già tracciato e aspetta ognuno di noi , purtroppo, senza se e senza ma ...
 
  Oscar , all my prayers  are with you and your family during this tragic and very difficult time.
ericablogger
 
PS domenica 24 febbraio :  La famiglia Pistorius ha smentito l’invio del “cinguettio” affermando che l’account Twitter è stato «piratato». Loro sono molto «sensibili su Reeva, la sua famiglia e su questo tragico avvenimento», ha riferito Lunice Johnston, un portavoce di Pistorius. Il tweet, postato sull’account di Carl Pistorius, fratello dell’atleta, è stato cancellato immediatamente.



domenica 17 febbraio 2013

Sono solo Uomini !

Ho trovato questa immagine nel web: é stata unita una foto di Oscar Pistorius, il campione famoso che correva in pista con le protesi al carbonio, l'uomo bionico che ha sfidato i normodotati alle Olimpiadi di Londra 2012 e poi ha corso alle Paralimpiadi, estemamente emozionanti ( le ho seguite interamente con grande interesse e mi sono piaciute tantissimo!), un idolo per tutti i disabili e per chi credeva nel suo coraggio e nella sua forza di volontà, e accanto, l'uomo Oscar Pistorius, in lacrime in tribunale, dopo l'omicidio della donna che viveva con lui e di cui era geloso, una gelosia che lo ha portato a sparare e a distruggere per sempre la sua vita, nonostante i suoi soldi, il suo successo, gli sponsor e la gloria degli stadi
E' un'immagine significativa, secondo me, perchè nonostante la fama e la notorietà, anche lui, come tutti gli altri campioni sportivi, normodotati o disabili, è un uomo
Solo un uomo
Un uomo con una vita privata sconosciuta ed imperfetta, un uomo con dei sentimenti, delle emozioni, delle gioie, dei dolori, con la rabbia, con la gelosia, con la violenza innata ed incontrollabile di altri uomini, anonimi e sconosciuti, che non sono riusciti a controllare se stessi, i loro impulsi, le loro ire, ed hanno ucciso senza pietà le  compagne, le mogli, le figlie o le madri
Anche per lui, come per altri, per Pantani per esempio, che è morto solo, drogato ed abbandonato anche da chi lo aveva sfruttato ampiamente, o come Tomba, che ha dovuto smettere di gareggiare, pur essendo ancora un grande campione che poteva dare molto, perchè vittima di una pesante e vergognosa campagna denigratoria del suo privato, è iniziato il triste tam tam mediatico dei giornali e dei giornalisti, che prima lo hanno portato agli altari della notorietà e della gloria ed ora, nella disgrazia e nel dolore, lo attaccano pesantemente, con accenni continui al suo essere stato violento con le donne che ha avuto e completamente diverso dall'immagine positiva  che dava di sè al mondo
Pettegolezzi e gossip che possono distruggere una persona già fragile e in difficoltà, gettata in pasto alla curiosità morbosa del pubblico, ancor più di quanto lui stesso sia riuscito a fare da solo con le sue mani e il suo momento di follia
Non credo sia facile vivere tutti i giorni sotto le luci della ribalta. Diventare un mito ed un idolo da giovani e da giovanissimi può sicuramente creare dei problemi e delle difficoltà. Bisognerebbe mettere dei limiti all'eccesso di successo, all'eccesso di soldi guadagnati troppo in fretta e troppo facilmente, agli eccessi di un mondo globale dei media, che prima esalta e sfrutta e poi distrugge i campioni dai piedi d'argilla,e soprattutto allo sfruttamento insensato delle abilità di ragazzi e ragazze nell'agonismo  più spinto
Una delle notizie sportive del web di oggi è questa :
" Robbie Rogers, 25 anni: “Sono gay, lascio il calcio” Il giocatore statunitense: «E’ il momento di andare via e di riscoprire me stesso lontano da questo mondo»
Era un segreto che non poteva, o non voleva, più tacere, ma per arrivare finalmente a liberarsene ha rinunciato alla carriera da calciatore...
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Non lo avevo mai sentito nominare prima, forse anche perchè non amo il calcio e non mi interesso di questo sport, se non per i casi eclatanti di cattive abitudini e di pessimi esempi  clamorosi, ma sicuramente questo giovane uomo, Robbie Rogers, ha tutta la mia simpatia
Perchè rinunciare a se stessi ed alla propria vita ed alle proprie tendenze sessuali solo per mantenere un'immagine pubblica in un mondo che non capisce e giudica sbagliato quello che in effetti non lo è ?
Tutta la mia pietà invece per Oscar, la stessa pietà che provo sempre per quegli uomini anonimi e sconosciuti di cui leggo sul quotidiano, quegli uomini di tutte le età che nei modi più atroci hanno commesso femminicidio
Oscar Pistorius ha chiesto di vedere un prete e di pregare per lui
Una delle mie pregiere quotidiane nella riflessione di fine giornata oggi sarà  sicuramente per lui
Perchè è giovane, perchè ha sbagliato, buttando al vento il suo essere uomo stimato apprezzato ed idolatrato dalle folle, perchè in futuro avrà sicuramente un grande bisogno di aiuto, di pace, di conforto e di pentimento per superare tutto l'orrore di quei colpi di pistola e di quella morte assurda