mercoledì 31 gennaio 2007

Quando le mogli...

Oggi è stata una giornata faticosa passata in classe tra primo mattino e pomeriggio, con problemi vari e la necessità di parlare con alcuni alunni ed alunne xchè è solo così che si riesce a comunicare con loro e ad ottenere qualche risultato...ma non è facile !
Questa sera, al ritorno a casa, ho terminato di correggere delle verifiche che mi serviranno x gli scrutini di dopodomani, poi dopo cena, sono venuta come al solito a leggere gli altri blog e i quotidiani online
L'argomento più dibattuto è sicuramente la lettera della signora Lario Berlusconi, che ha inviato alla Repubblica, e che tutti commentano xchè ha creato scalpore, visto che lei ha chiesto pubblicamente al consorte di chiederle scusa x il comportamento lesivo della sua dignità di moglie da lui tenuto ai Telegatti
Sinceramente, come single che dovrà pagare più tasse in futuro, xchè i single dovranno sborsare più quattrini degli ammogliati, con figli a carico, a quanto pare, ero quasi decisa a cercare un partner, possibilmente giovane, bello e ricco, da sposare, ma dopo la lettera della moglie dell'uomo più ricco d ' Italia, povera donna, non la invidio x nulla, che sottolineava la scarsa sensibilità del miliardario uomo politico e la sua passione x tutte le starlette seminude di turno, con battute ed apprezzamenti vari alle loro grazie, ho deciso che preferisco rinunciare al matrimonio x interesse e che continuerò ad essere una felice 51enne sola libera indipendente, single a vita, con gatte nere a carico ed artigli graffianti sempre in agguato, ma senza corna e senza disillusioni ed amarezze coniugali da rendere pubbliche alla nazione !!!
Non sono entrata a esternare nel forum della Repubblica, ma un consiglio spassionato alla signora forse sarebbe opportuno: perchè non prova a ... cercare un harem in qualche remoto angolo desertico del mondo ? lì sicuramente serviranno ancora degli eunuchi. Invii il suo consorte, ma non provveda personalmente ad evirarlo, mi raccomando. Con i soldi che ha, paghi un esperto !!! e poi si prenda una bella vacanza, tutta sola, ovunque le piaccia andare, e si diverta come meglio le aggrada. Ne ha proprio bisogno, e non se la prenda, Tutte sbagliano, a volte, a scegliere il partner; l'importante è mollarlo quando non se ne può proprio più e l'ultima goccia ha fatto traboccare il vaso, quello della pazienza, della tolleranza, dell'orgoglio e della sopportazione di un maschio esibizionista!!!
Oggi però è anche iniziato il dibattito in Parlamento sui PACS e questo sinceramente mi interessa molto di più, come argomento,
Non riesco a capire xchè non debbano esistere unioni di fatto tra etero o omosessuali e non ci debbano essere leggi, come quelle di tanti stati europei, che proteggano i loro diritti, le loro relazioni, la loro vita ed il loro amore anche qui da noi
Non credo che solo con il vincolo del matrimonio si salvaguardino le coppie e non credo che solo nel matrimonio ci siano amore e rispetto e quell'unione profonda di due persone che si vogliono bene
La scorsa settimana sul quotidiano, ho letto questo articolo, decisamente choccante
" di MARCELLO SORGI LONDRA Ho appreso di più sul rapporto tra uomini, donne e sesso nelle ultime due settimane, che in anni e anni di lavoro»: Lesley Garner, smagatissima notista di costume del Daily Telegraph, fa fatica ad ammetterlo. Anche per una come lei, è stata una sorpresa scoprire che la passione più forte dei seriosi lettori del suo giornale, il più austero dei quotidiani «di qualità», è la pornografia. Porno-web, naturalmente, frequentato e praticato tutti i giorni sui quattro milioni e duecentomila siti a disposizione sulla rete, di nascosto, in solitudine, con una vergogna che non consente di parlarne con nessuno. E che porta spesso i matrimoni, quando le mogli se ne accorgono, precipitosamente alla fine.
Quella del Telegraph è stata una scoperta accidentale, nessuno poteva immaginare un fenomeno di queste dimensioni. Leslie Garner ha ricevuto una lettera di una certa Katherine, che firmava solo con il nome, e ha deciso di pubblicarla. La donna, fino a poco prima moglie felice e madre di tre figli, raccontava di essersi imbattuta per caso nella mania pornografica del marito, di essere rimasta colpita dal fatto che lui, pur passando ore e ore al computer a guardare scene hard, non provasse alcun senso di colpa, e di non riuscire più ad andare avanti nel matrimonio.
La pubblicazione della lettera ha dato la stura a un’alluvione cartacea di cui il Telegraph, dopo quindici giorni, dava conto in due intere pagine, uno straordinario documento sui costumi sessuali dei mariti inglesi. E non solo di quelli normalmente annoiati dal noioso tran tran coniugale, ma anche dei più giovani sposi. Poi, ognuno ha una buona scusa: «Il porno può servire ad accrescere il piacere di tutti e due», scrive Peter. E John, un medico: «Nessuna donna può capire cosa vuol dire l’urgenza del desiderio sessuale. Parlo di bisogno, come il bisogno di mangiare o di bere. Il marito di Katherine non fa niente di male ad accontentare il suo bisogno». E Frank, 76 anni: «Da quando mia moglie, a cinquanta anni, ha perso interesse nel sesso, io, non volendola tradire, rimedio con i video». E Mark: «Io avverto desiderio di fare sesso molto più spesso di mia moglie, la quale, da parte sua, vuole che ogni incontro tra noi sia un’occasione speciale. Siccome, tra lavoro e altro, tempo per queste occasioni non resta tanto, il porno per me è una valida alternativa».
Naturalmente, non è detto che i porno-users si limitino a guardare, anche se tra gli autori delle lettere pubblicate c’è chi dice di non temere una dipendenza, ed anzi di alternare il sesso sui computer «al giardinaggio o all’ascolto di buona musica». Internet può diventare il modo di organizzarsi incontri, a pagamento e non: «In un anno ho incontrato venti donne diverse», sostiene Thomas. «Sono entrato in un sito del genere, ma dopo 24 ore mi sono cancellato per la vergogna», spiega Jeremy. «Mia moglie sarà una su un milione, eppure è d’accordo - racconta Laurie -. Non abbiamo più rapporti da vent’anni, e lei, conoscendo i miei bisogni, tollera il mio rapporto con il porno». Ma per una, appunto, tutte le altre alzano un coro di protesta e di solidarietà con Katherine. Attacca Julie: «Ho avuto il porno per casa dal primo giorno di matrimonio, in garage, in macchina, nel guardaroba. Alla fine, dopo tre bambini e passati i quaranta, ho deciso che al sesso ho dato».
Sonia insiste: «Il problema non sono i giovani sposi, ma i mariti pensionati. Cosa ne sappiamo noi di che combinano veramente su quei siti?». «Mio marito mi accusava di isteria per la mia reazione al porno - è la testimonianza di Maria -. Così abbiamo rotto. Tre anni dopo ho trovato nel suo ex computer file di pedofilia, violenze, sesso anale. È stata la mia rivincita e la prova che era un uomo senza dignità».
In realtà, dai calcoli di Lesley Garner si ricava che le donne tolleranti sono di più, almeno un terzo. Nelle loro lettere si trova un certo buonumore, una visione sessualmente rilassata, una considerazione del vizietto porno del marito come una specie di hobby, tra golf e football. C’è perfino una piccola minoranza che guarda il porno in compagnia del marito, e magari ha deciso di farlo per superare lo shock della scoperta. Gli altri due terzi di donne sono inconsolabili, si ritengono insultate, tradite e dicono che il porno è in tutto e per tutto paragonabile a un adulterio. Immaginano i mariti a sbavare davanti ai computer per tutto il tempo che passano fuori di casa. Temono che qualcuno dei loro files possa finire in mano ai figli. Non credono a una parola di quello che gli uomini dicono per giustificarsi, e in fondo in fondo vorrebbero liberarsene prima possibile.
Del resto, non si può proprio dire che gli argomenti maschili possano risultare convincenti. Il 75 per cento dei mariti non ritiene di doversi giustificare, considera il porno normale, e la maggior parte di loro dicono di guardarlo perché la moglie, che amano e considerano ancora «assai desiderabile», troppo spesso non ha tempo per far sesso con loro. Il restante 25 per cento si dichiara totalmente insoddisfatto del proprio matrimonio, all’interno del quale i rapporti sessuali sono finiti da un pezzo. Internet è il loro «rifugio», e anche - lo dicono come se lo considerassero un loro diritto - «lo strumento più rapido per contattare una prostituta». L’ultimo surrogato dei loro amori perduti
."

Io non sopporto la pornografia, la ritengo un degrado, non solo morale o etico, x le donne che vengono usate x tale squallido mercato, sia x le donne che hanno un partner " malato" di pornografia, e, dopo aver letto l'articolo, io mi sono chiesta: e in Italia, che succede ? quante sono le donne italiane che hanno accettato spontaneamente di condividere la visione di siti porno internet con i propri partners ? e quante invece no ed hanno detto basta , sbattendo la porta come le inglesi che hanno scritto al Daily Telegraph ?
E' triste leggere che i siti porno internet tanto spesso sono il surrogato dell'amore di una coppia, anche giovane ...
Chissà se anche in Italia le brave coppie cattoliche, sposate, praticanti, timorate di Dio , facenti sesso solo ad usum procreazione, nel casto rispetto di tutte le regole papali, condom proibito compreso, o i milioni di maschietti cattolici usano la pornografia internet come gli Inglesi nell'intimità delle loro belle case mediterranee???
Ci sarà mai qui da noi una donna disperata, infuriata, amareggiata che scriverà alla Repubblica o alla Stampa o al Corriere x dire basta al porno matrimoniale del marito e che, come la signora Lario, scatenerà un oceano di altre lettere di donne? o di uomini ? di statistiche, discussioni, anatemi Cei, ecc ecc
E voi , che ne pensate ? i vostri commenti sono sempre molto graditi ...

lunedì 29 gennaio 2007

Lontano, Lontano

Questa sera durante il TG le immagini da Sanremo mi hanno fatto ricordare un altro Festival, lontano lontano nel tempo. Il festival di 40 anni fa credo quando Luigi Tenco se ne andò ... Un cantante che amavo tantissimo e che continuo ad amare moltissimo. Con quella sua voce particolare ci ha lasciato alcune canzoni bellissime da Ciao amore Ciao a Lontano Lontano...
Lontano lontano nel tempo
qualche cosa
negli occhi di un altro
ti farà ripensare ai miei occhi
i miei occhi che t'amavano tanto
E lontano lontano nel mondo
in un sorriso
sulle labbra di un altro
troverai quella mia timidezza
per cui tu
mi prendevi un po' in giro
E lontano lontano nel tempo
l'espressione
di un volto per caso
ti farà ricordare il mio volto
l'aria triste che tu amavi tanto
E lontano lontano nel mondo
una sera sarai con un altro
e ad un tratto
chissà come e perché
ti troverai a parlargli di me
di un amore ormai troppo lontano.

sabato 27 gennaio 2007

Brutte storie

In questi giorni le pagine dei quotidiani hanno di nuovo riportato con grande enfasi storie di minori e di sesso e violenza. Brutte storie di stupri di preadolescenti, di ricatti e di minacce alle giovannissime vittime, di episodi di sesso filmati con i soliti telefonini a scuola durante un'assemblea di classe tra studenti di 15 o 16 anni, con le smentite di preside ed insegnati e con l'ormai strasolito can can delle immagini inviate via sms e internet a cani e porci e quant'altro ci fosse disponibile a vedere xchè la curiosità morbosa è frenetica ovunque !
Come sempre i fatti di cronaca sono stati descritti fin nei minimi particolari e come sempre si sono intervistati esperti vari. Alcuni hanno ridetto le solite cose ma questa volta qualcuno di loro ha anche sottolineato che se ne parla troppo, anzi fin troppo.
Si è anche proposta una legge che proibisca i telefonini in classe . Il problema videotelefonini in classe, nelle classi della mia scuola è già stato affrontato in passato e molto recentemente. Sono state decisioni del Consigio di Istituto, l'organo della scuola che vede coinvolti genitori ed insegnanti, e proprio due settimane fa è stata data una lettera a tutti gli alunni x le loro famiglie riguardanti i videotelefonini, che si sconsigliano come già si sconsigliavano i telefonini, e se si portano a scuola, devono restare rigorosamente chiusi in cartella xchè possono essere sequestrati se si infrange la regola !!!
Forse non serve a molto parlarne in continuazione e poi non fare nulla, è invece decisamente più efficace il sequestro del videotelefonino con l'obbligo del recupero di quest'ultimo, ben conservato protetto in cassaforte, da parte di un genitore !
Gli adulti dovrebbero cominciare ad essere i primi a dare il buon esempio. Io non ho mai acceso il telefonino, un vecchio telefonino che uso solo x estrema necessità, in classe e se rispetto questa regola fondamentale, pretendo a questo punto che la rispettino anche i miei alunni
Ma quando mai noi adulti diamo il buon esempio ? i telefonini sono una mania ormai , anche x gli adulti, e ovunque siamo, si sente spesso lo squillo dei telefonini e le successive chiamate, con argomenti privati spiattellati in pubblico, anche a chi non interessa minimamente di sentire gli affari altrui urlati nelle orecchie vicine....
Se si tornasse un po' di più al vecchio senso del pudore e del proibito, al rispetto x gli altri e x poche semplici regole di sensibilità, di riservatezza, di quel privato che non esiste più, xchè tanto si parla di legge della privacy, ma è fenomeno collettivo ormai l'ostentazione di sé, l'esibizionismo dei sentimenti, dell'amore, della gelosia, dell'odio, e del dolore persino spiattellati in certe trasmissioni televisive tanto di moda ad ogni ora del giorno e della sera, x non parlare di certe pubblicità vuote e superficiali dove la donna è puro oggetto come il telefonino o l'auto da acquistare, forse avremmo qualche scoop giornalistico in meno, ma anche qualche adolescente o preadolescente in più senza problemi con la giustizia, la società, la morale, o etica che dir si voglia, o con la vittima di turno, vittima due volte, del cosidetto "piccolo mostro" e dei grandi mostri adulti che ci sguazzano in queste notizie squallide e tristi, brutte ma significative di ciò che subiscono i nostri ragazzi da un mondo di adulti poco sensibili ed ingordi di scandali e porcherie di tutti i tipi!
Insegnamo ai giovanissimi che esiste l'amore, la gioia di vivere senza violenza aggressività e prepotenza, lo stare bene insieme con amicizia e sentimenti positivi; insegnamo loro che l'idifferenza la solitudine ed il distacco dagli altri, l'intolleranza e l'egoismo, il volere tutto e subito, la fretta di essere grandi senza la maturità x esserlo veramente, creano solo infelicità ed insicurezza, creano i " mostri", creano le vittime di una società malata e senza speranze, incapace di rigenerarsi e di aiutare a vivere una vita serena e senza traumi , senza stress o depressioni, che sempre più spesso colpiscono anche i giovanissimi !
E diciamo basta a Tv e giornali che mercanteggiano su queste brutte storie così tristi e tristemente esibite e discusse, che non servono di certo a ridurre il fenomeno ed i problemi e il disagio giovanile ad esso collegati...

Domenica scorsa...

Domenica scorsa sono andata a Milano con il gruppo di storia locale e di canto corale dell'Università della terza età di Omegna, sempre vario ed eterogeneo e sempre ben organizzato da Martina e da Lino. Con loro sono anni ormai che faccio delle bellissime gite culturali in Italia ed all'estero e ogni volta torno a casa contenta e soddisfatta. Siamo partiti alle 8 e 30. C'era una nebbiolina leggera sul lago Maggiore e le isole si intravedevano nella foschia. In un'oretta e poco più il pulmann ci ha portati nel cuore di Milano, in via Verdi, proprio dietro alla Scala, dove siamo andati in platea ad ascoltare la prova generale del concerto della sera.
Sono state due ore splendide xchè assistere alle prove di un concerto significa ascoltare la stessa musica del concerto con in più la visione del maestro che dirige facendo provare e riprovare, suggerendo ciò che si deve fare ai vari strumenti x avere un suono migliore, con qualche battuta spiritosa qua e là o qualche richiamo in più ai violini, agli ottoni, ai contrabbassi ... Se nel concerto si ascolta solo musica sublime, nelle prove si ascolta musica sublime con il contatto diretto di quello che avviene prima di un concerto, della preparazione finale: è bello vedere gli artisti nel loro privato, chi ha la giacca ma è abbinata a dei pantaloni di velluto rosso, chi si toglie il pullover xchè è troppo caldo, chi prende nota dei suggerimenti del direttore sullo spartito musicale, chi sbadiglia, chi arriva in ritardo, chi chiacchiera a bassa voce con il vicino xchè non è il suo turno di suonare...
Mi è piaciuto molto il direttore Daniele Gatti ed il suo modo di dirigere, preciso ed accurato in tutti i particolari ma calmo e gentile, e mi sono piaciuti ancor di più due delle tre composizioni suonate, la sinfonia n 4 in la maggiore op 90 "Italiana" di Felix Mendellson- Bartholdi e la Sinfonia n 1 in do minore opera 68 di Johannes Brahms, due veri gioielli preziosi.
Ascoltare la musica classica è sempre stata una mia grande passione e in questo concerto dal vivo con l' anteprima di grandi artisti quali sono i musicisti della Scala ho ritrovato il fascino di un altro mondo, un mondo di note suoni e melodie che trasportano il corpo e lo spirito sulle ali di un piacere raffinato e speciale.
Poi dopo un breve spuntino e una visita veloce all duomo di Milano, tutto ripulito ai lati, magnifici nel loro roseo marmo di Candoglia, la cava ancora funzionante qui nella provincia del VCO, ma brutto sulla facciata principale con quei brutti pannelli pubblicitari e quelle specie di maenette grigie che lo circondano in basso là dove i poliziotti in servizio antiterrorismo controllano le borse di chi entra in chiesa, segno dei tempi attuali dove ormai si convive con queste restrizioni senza neppure pensare che sono un impedimento alla libertà individuale di ognuno di noi, anche di chi va a spasso, ci siamo spostati a Villa Reale.
Villa Reale, dimora classica ricca di storia nel centro di Milano, bombardata durante la seconda guerra mondiale dagli alleati, è diventata il museo dell'Ottocento con il nome di Villa Belgioioso Bonaparte.Un museo ricco di oltre duemila dipinti, settecento sculture e alcune collezioni splendide, in un palazzo magnificamente restaurato negli interni e nel giardino all'inglese, con sale e saloni dai soffitti e dai muri ricchi di intonaci, stucchi in rilievo, marmi e specchiere pregevoli e di splendida originalità. Il palazzo è un gioiello di architettura neoclassica ed appartenne al casato del conte Ludovico Barbiano di Belgioioso ma la storia del palazzo e le opere d'arte contenute nel museo sono ampiamente documentate nel bellissimo sito del comune di Milano,
dove basta cliccare sull'immagine del palazzo x trovare gli archivi, le planimetrie delle sale, le opere e gli artisti con ampie biografie e preziose immagini e note tecniche dei loro lavori.
In un'ora e mezza di visita guidata ho visto quadri e sculture splendide, alcune sconosciute, altre note x averle studiate sui libri di storia dell'arte o x averle incontrate sulle pagine di riviste specializzate, una carellata ampia e completa di tutto l' 800, da Appiani a Mosé Bianchi a Pelizza da Volpedo, da Hayez a Medardo Rosso, da Segantini a Fattori a Lega.Tra i tanti capolavori di tanti artisti famosi mi è piaciuto moltissimo un ritratto, molto vivo e moderno, di Francesco Hayez, l'Angelo della Vita di Giovanni Segantini e la Cleopatra di Mosé Bianchi, e le sculture, una più interessante dell'altra.

Un tuffo nel mondo della musica e dell'arte, una giornata diversa unica e speciale, di cui conserverò a lungo il ricordo nella memoria ed in alcune cartoline di quadri, deliziosamente lasciate in omaggio dal museo su un lungo tavolo a chi iniziava il giro delle sale al piano terra !!!

venerdì 26 gennaio 2007

Frammenti di memoria Desaparecidos

Sul quotidiano La Repubblica di ieri un articolo ha attirato la mia attenzione: " Udienza nell'aula bunker di Rebibbia, lo Stato italiano parte civile. Imputati: il generale Massera e alcuni ufficiali del "Grupo de Tarea 3.3.2." Processo in Italia ai golpisti argentini. Angela Maria Aieta, Giovanni e Susanna Pegoraro, tutti cittadini italiani attendono giustizia. Furono torturati e uccisi. Le testimonianze dei sopravvissuti "
Mi sono tornati in mente quegli anni, non tanto lontani, in cui l'Argentina e gli Argentini, molti di origine italiana, subirono una feroce dittatura militare, furono uccisi, torturati o scomparvero nel nulla diventando desaparecidos!
Solo le loro madri, le coraggiose madri di Plaza de Mayo, x anni manifestarono x avere giustizia. Per 29 anni e 1500 giovedì di protesta, le mamme delle migliaia di desaparecidos manifestarono tutti i giovedì marciando davanti alla Casa Rosada, la sede della presidenza a Buenos Aires, e solo nel 2006 sospesero le loro marce. L'addio delle madri di Plaza de Mayo è in parte dovuto al fatto che il presidente argentino, Nestor Kirchner, progressista, si è impegnato a sostenere le loro ragioni,ma soprattutto, xchè le circa trenta signore che si sono ritrovate in Plaza de Mayo per l'ultima manifestazione nel gennaio 2006 avevano tutte tra i 74 e i 93 anni. Con il capo coperto dal tradizionale fazzolettone bianco, divenuto il loro simbolo, hanno completato per l'ultima volta la "marcia della resistenza", un corteo protrattosi per ben 24 ore e conclusosi solo in serata. La smobilitazione delle Madri di Plaza de Mayo non è però stata totale. Diversamente dai cortei, hanno invece proseguito senza interruzione le veglie nel centro della piazza, intorno alla Piramide de Mayo, l'obelisco che ricorda l'indipendenza dalla Spagna, e sul quale sono stati affissi dai famigliari i ritratti dei congiunti scomparsi, rapiti dai militari durante la "guerra sucia", la lotta senza quartiere ai presunti sovversivi, la persecuzione che negli anni tra il 1976 e il 1984 portò alla
scomparsa di circa 30 mila persone.
Le proteste del giovedì sono andate avanti perché da ottenere restano ancora molte cose. Però ormai le Madri pensano sia venuto il momento di costruire. Non tutto va bene né è perfetto nel loro Paese, però si tratta di un momento storico, per l'Argentina e per tutta l'America Latina, e dunque non possono permettersi di sprecarlo.

Le marce delle Madri in Plaza de Mayo ebbero inizio nell'aprile 77, pochi mesi dopo l'avvento del regime militare e dei suoi misfatti; la prima tra esse che durò 24 ore risale all'81. Allora si presentarono in una settantina per compierla, e si trovarono di fronte almeno trecento poliziotti in assetto anti-sommossa: ma non desistettero.
Hebe de Bonafini è la leader della madri di Plaza de Mayo. La verità sulla sorte dei loro cari non è ancora venuta a galla del tutto, giustizia non è ancora stata fatta: ma ormai al governo in Argentina c'è un presidente che sta dalla loro parte, pur provenendo dalla file peroniste, con il quale le Madri sono in ottimi rapporti. "Ormai il nemico non abita più alla Casa Rosada", ha spiegato Hebe

A Roma invece, l'aula bunker di Rebibbia, nella giornata della memoria, echeggia di ricordi e dolore. Dante Gullo, leader della Gioventù peronista, è al banco dei testimoni. Italo-argentino, fu prigioniero in Argentina per otto anni e otto mesi - dal '75 all'83 - senza mai essere processato. Ora lotta perché in Italia sia fatta quella giustizia che nel suo Paese è venuta meno a colpi di immunità e venganofinalmente incriminati gli assassini della madre, Angela Maria Aieta, di Giovanni e Susanna Pegoraro e di innumerevoli desaparecidos internati a Buenos Aires, nell' Esma, la scuola militare che il "Processo di Riorganizzazione Nazionale" instaurato dalla dittatura militare in Argentina con il "golpe" del 24 marzo 1976 trasformò in un terribile centro di detenzione clandestina.
Imputati, in base alle norme del diritto internazionale, sono Emilio Eduardo Massera, comandante della Marina militare argentina, uno dei pochi stranieri nelle liste di iscritti alla loggia massonica P2 sequestrate a Licio Gelli nel 1981, e gli ufficiali del "Grupo de Tarea 3.3.2" : Jorges Eduardo Acosta, Ignacio Alfredo Astiz, Raul Jorge Vidoza, Antonio Vanek e Antonio Hector Febres, tutti accusati di crimini contro l'umanità. Ovviamente sono tutti contumaci e stanno tutti in Argentina. Alcuni di loro sono latitanti, altri in attesa di giudizio. Astiz, condannato in contumacia dal tribunale di Parigi, è richiesto anche dai magistrati di altri Paesi. In quegli anni più di cinquemila persone furono internate all'Esma e ne uscirono appena trecento.
Sequestrato illegalmente nel '75, prima del golpe, Dante Gullo ebbe la "fortuna" di finire in un carcere "a disposizione del potere esecutivo nazionale". Così, paradossalmente, si salvò la vita. Accanto a lui, nei banchi dei testimoni, il fratello Leopoldo, sequestrato nel '77 con la moglie, Hebe Lorenzo, vicina di "posto" di Angela Maria Aieta negli anni della detenzione e Marta Alvarez, internata all'Esma. Lo Stato italiano si è costituito parte civile nel processo iniziato il 25 maggio.
"Per venirci a trovare - racconta il leader peronista - i familiari erano costretti a perquisizioni violente, soprattutto per le donne. Ma se non venivano c'era il rischio che ci facessero sparire. Mia madre non mancò mai di starmi vicino. Combatteva in Argentina per la mia liberazione, per i diritti umani e le condizioni dei detenuti. Aiutava i parenti degli altri carcerati".
Ma all'improvviso Angela Maria smise di andare a trovare il figlio. Il 5 agosto del '76 fu sequestrata dai militari davanti agli occhi del marito e internata all'Esma. Il figlio, dal carcere, riuscì a far spedire una lettera indirizzata al ministro dell'Interno. Si offrì come ostaggio in cambio del suo rilascio. Nel '77 fu sequestrato il fratello Jorges, mai più ritrovato. E poi l'altro fratello, Leopoldo con la cognata. Nel '79 fu la volta della moglie. Tutta la sua famiglia venne colpita. Dante Gullo non ebbe risposte dal ministero né altre notizie della madre. Mesi dopo gli fu detto che era ormai una "detenuta desaparecida". Hebes Lorenzo racconta al processo la tortura e la morte di Angela Maria Aieta
Cosa accadde ad Angela Maria nell'Esma? Lo racconta ai giudici italiani, con voce emozionata, Hebe Lorenzo, anche lei internata: "
Stavamo tutto il giorno sdraiate per terra, una accanto all'altra, incappucciate e bendate. Mani ammanettate e piedi legati. Non potevamo parlare né muoverci. Se lo facevamo ci prendevano a calci. Suonavano sempre una musica assordante. Potevamo conoscere solo chi ci stava accanto. Nel primi tempi di detenzione mi trovai con Angela Maria. Era lì da venti giorni. Avevamo il cappuccio, non potevamo vederci, ma ci incoraggiavamo a vicenda. Lei di calci ne ha presi tanti. Ricordo la prima cosa che mi ha detto quando ci siamo conosciute. 'Ricordati che sono la madre di Dante Gullo'. Tutti noi militanti della gioventù peronista sapevamo chi era".
"Le giornate passavano così, immobili. Al mattino ci portavano il mate bollito. Poi c'era il rito della bacinella. Una sola per trecento donne. Se ce la facevamo addosso ci picchiavano. Se chiedevamo la bacinella non la portavano. E se la portavano ci costringevano ad esibirci. Intorno solo lamenti, sempre sotto una musica assordante. Poi ogni tanto ci spedivano giù nella sala delle torture, che aveva anche una sala d'aspetto. Angela Maria vi fu portata diverse volte. Quando ritornava mi diceva: 'Forza, siamo ancora vive'. Non avevamo più un nome. Eravamo identificate con un numero. Io per tre mesi fui il 385. Sono stata internata il 26 agosto del '76. Alla fine di novembre, quando ne uscii, avevamo superato il 2000. Più di mille persone erano state internate in soli tre mesi".
"Il 6 settembre, per tutta la notte, giocarono con me dicendo che la mattina dopo mi avrebbero ucciso. Anche quella notte la guardia mi fece sfilare per un'ora davanti a tutti i militari, nuda e bendata. Mi toccavano, facevano di me quel che volevano. E se mi lamentavo minacciavano ritorsioni sulla mia famiglia. L'indomani seppi che l'ordine era stato ritirato. Mio padre, che era stato colonnello, proprio quella mattina era riuscito a parlare con Massera. Disse che era troppo tardi ma quando si mise in comunicazione con l'Esma seppe che non mi avevano ancora portato giù. Sono viva per caso. Io e Angela avevamo un patto: chi sarebbe uscita per prima avrebbe lottato per la liberazione dell'altra e di tutti i prigionieri".
"Il mercoledì era il giorno dei trasferimenti. Chiamarono Angela Maria. Per portarla in una prigione, dicevano. Io ero contenta per lei. In seguito dissi ad una guardia che speravo di finire nello stessa galera. Mi rispose: 'Spero che tu non verrai mai trasferita dove è lei ora'. E allora ho capito".
"A novembre mi portarono al commissariato n 31 e poi al carcere di Devoto. Da lì direttamente in Paraguay, dove la polizia mi aspettava all'aereoporto. Riuscii a fuggire a Parigi dove c'era una grande comunità di esuli argentini. Durante una festa, in Francia, il 16 ottobre del '77, riconobbi la voce di Alfredo Astiz, detto l'angelo biondo della morte. Il giorno dopo andarono nel mio appartamento in Paraguay per punire la ragazza che aveva preso il mio posto. Cambiai casa diverse volte e non misi mai il mio numero sull'elenco telefonico. Astiz era in Francia per ritrovare gli esuli argentini
".

Altri testimoni verranno sentiti nell'udienza dell'8 febbraio.
Nel giorno della Memoria x non dimenticare, questo processo è un momento di verità e di giustizia x ricordare Non odio nè vendetta, ma ricerca di giustizia. Non odio nè vendetta, ma nessun perdono xchè è atroce ciò che molti fecero ad altri e se si perdona tutto a tutti, quante saranno mai le vittime che mai avranno giustizia ??? quanti saranno mai i carnefici e gli assassini che con ferocia sterminarono migliaia, milioni di persone e restarono impuniti ???

martedì 23 gennaio 2007

Api ed OGM


Una ricerca canadese ha scoperto che le api non impollinano le piante modificate di canola, acronimo di canada e olio, un ogm manipolato che deriva dalle rape e che sta procurando fiumi di dollari xchè produce un olio privo di grassi. E stato piantato dalle praterie delle corn belt statunitensi alle pampas argentine ed alle pianure dell'India, della Cina e dell 'Australia.
Le api sono insetti che vivono in comunità e sono un modello esemplare di organizzazione sociale. In milioni di anni hanno elaborato le emanazioni dei recettori odorosi, che x loro sono come i codici cifrati degli agenti segreti.Secondo le analisi della Ecological Society of America la densità delle api impollinatrici diminuisce progressivamente a seconda che il campo che esse sorvolano sia organico, trattato pesantemente con pesticidi o OGM.Se questo può essere considerato positivo e un'ottima difesa, comunque con l'estendersi delle piantagioni transgeniche, vi è il rischio di una forma strisciante di sterminio delle api stesse xchè un gene marcatore utilizzato nella canola canadese riesce a trasferirsi nei batteri che colonizzano da tempo immemorabile il sistema digerente delle api, così che i microrganismi si alterano e fanno stragi di questi bellissimi insetti, tanto utili, che producono miele,polline, collanti !Le api hanno origini africane ed un orologio biologico quasi uguale al nostro, sono intelligenti e, se si sono rese conto che le piante manipolate geneticamente sono un pericolo mortale x loro, è giusto che si difendano e boicottino le piante stesse.
L'etologo Giorgio Celli, contrario agli OGM, fa notare che gli ingegneri genetici non sono naturalisti e non hanno una visione complessiva della natura.
Cosa possiamo alllora dire, noi che viviamo a contatto di una natura ancora abbastanza integra anche se ormai inquinata, a questi signori che tra le pareti chiuse e ristrette di un laboratorio biotecnologico fanno esperimenti imprevedibili, inserendo un pezzo di Dna tra due animali o tra due vegetali ?
Uscite, signori, uscite e andate a fare un bel giro, in un prato, in un giardino, in un bosco e osservate ciò che vi circonda. Qualche esperimento in meno, tanti miliardi non guadagnati da pochi, ma tanta madre natura e tante bestioline del Signore, come ci dicevano da piccoli, da non toccare, da lasciar tranquille.
Tante apette graziose felici di volare da un fiore all'altro prima di ritornare ricoperte di polline nei loro bei alveari ...eh, sì, xchè in Francia x esempio un potente insetticida è riuscito a disorientare atal punto le povere piccole che non hanno più ritrovato la via di casa e sono morte in massa pure loro!!!
E' proprio necessario, mi chiedo spesso, inventare simili schifezze? l'umanità ne ha proprio bisogno ? non possiamo continuare a vivere come viviamo, senza questo cosidetto progresso??? Certi prodotti del passato, dannosi alla salute, vedi il Ddt, caso più famoso, non insegnano proprio nulla all'uomo e alla sua mania di dominare il mondo e gli esseri che ci vivono ?

sabato 20 gennaio 2007

La chiesa di Crusinallo e la sua storia

Lunedì è San Gaudenzio, patrono di Novara, ma anche di Crusinallo. Domani qui dove vivo da sempre ci sarà festa e come è tradizione si mangerà la torta del pane. Ma la storia di Crusinallo è antica e molto interessante ed è strettamente legata alla storia della sua chiesa .

Il Cristianesimo arrivò nella valle del Cusio nel IV° secolo: nella seconda metà del 300, un prete di origine greca, Julius, che proveniva dall'isola di Egina ed era al seguito delle legioni romane, raggiunse il lago Cusius. dove predicò la religione di Gesù alle popolazioni pagane lungo le rive del lago e in tutta la zona intorno. La leggenda vuole che San Giulio attraversò il lago e sconfisse i draghi ed i serpenti che abitavano l'isola che si trova proprio in mezzo al lago, di fronte ad Orta. Nella vallata fondò anche le leggendarie cento chiese, tra cui quella di Crusinallo. Secondo la tradizione, Crusinallo dovrebbe derivare dal latino CRUX in ALTUM: Giulio piantò infatti una prima croce nel luogo sopraelevato dove ore si trova la bella chiesa parrocchiale.

Nel 962, alto medioevo, in periodo feudale, ai signori di Cruxinalli, feudatari de luogo, fu conferito il titolo di conti palatini dall'imperatore Ottone I° di Germania, che stava costruendo un nuovo impero personale dopo la fine di quello di Carlo Magno. Con il loro aiuto, iniziò l'assedio dell'isola di San Giulio, dove si era rifugiata la regina Willa, moglie di Berengario II°, che resistette x un anno agli assalti ed ebbe quindi salva la vita. Della famiglia dei Conti di Crusinallo si conoscono diversi nomi, ma quando più tardi il feudo fu distrutto e la famiglia dispersa, il titolo di Nobili restò come loro cognome. Federico fu signore insigne e valoroso guerriero e fece edificare la chiesa antica di San Pietro in Gravellona. Aldanesio fu signore di Ornavasso e Desiderato, signore di Omegna, ottenne anche la carica di podestà della città di Novara, che era diventata libero comune. Fu anche l'artefice della convenzione del 1221 con la quale i signori di Crusinallo divennero cittadini e militi di Novara ma fu anche loro riconosciuta la potestà sul territorio che comprendeva un vasto territorio: il borgo di Omegna,Quarna, la Valle Strona e tutti i paesi dell'alta valle cusiana fino a Gravellona, Ornavasso e Vergonte. Aimerico di Crusinallo fu invece a capo di compagnie di ventura, anche al servizio del duca di Savoia e del re di Francia, nemico di Dio, di pietà e di misericordia, terribile a vedersi e morì di morte violenta. Molto probabilmente in quel periodo in cui furono ricchi e potenti, non abitarono più nel castello di Crusinallo, diventato ormai solo fortezza unita alle mura x la difesa del paese.

Le guerre civili del novarese nel 1200, 1300 e oltre furono la rovina di diverse potenti famiglie. All'inizio del 1300 i ghibellini novaresi, che facevano capo alla fazione dei Tornielli, attraversò con ingenti forze il Vergante, e andò ad assalire il paese ed il castello di Cerro, dove la fazione avversaria dei Tornielli, perdente, si era rifugiata, ospite dei Conti di Crusinallo. L'ira fu grande, la vendetta tremenda, episodi di ferocia inaudita provocarono una vera carneficina e tutto fu dato alle fiamme. I superstiti si rifugiarono sulla montagna e fondarono il villaggio di Casale Corte Cerro.

Nel 1310 scese a Milano x essere incoronato re Arrigo VII°, imperatore di Germania. Egli accolse onorevolmente i signori di Crusinallo, Guglielmo, Aycardo e Danese, che supplicarono la sua protezione ed ottenero il rispetto delle loro persone e dei loro beni. Ma, quando l'imperatore se ne andò, riscopiò la guerra civile con gli odi, le discordie e le violenze. Nel luglio 1311 l'assalto dei novaresi si ripeté al castello di Crusinallo ed al paese, direttamente: il massacro e l'incendio furono terribili e i signori persero tutto o quasi e furono obbligati ad andarsene. Restò intatta solo la chiesa, che i novaresi non osarono toccare x non offendere il Pontefice !

* Del castello restano solo due tratti delle mura di difesa e di sostegno delle fondamenta, i bastioni; il castello si trovava presso la chiesa parrocchiale, a destra della facciata e un po' più in basso, protetto dalla rocca con la torre. Sulla rocca, dove ora c'è la chiesetta sconsacrata del Castello, c'era un fortilizio usato come torre di avvistamento*

Una storia antica molto avvincente. Una chiesa antica molto bella, riportata da alcuni anni alla semplicità raffinata di tempi passati e gloriosi, che videro passare anche le truppe di Napoleone..

Sabato

Dopo una settimana, spesso faticosa, e con tante ore passate fuori casa, al sabato di solito sto a letto più del solito, a leggere o a poltrire. Sabato scorso invece mi sono alzata prestissimo xchè dovevo andare in gita con il gruppo di storia locale dell'Uni 3 in Svizzera, nel cantone di Appenzello. Una giornata bella e soleggiata e una gita molto particolare, ma ne parlerò prestissimo nel sito con il racconto dell'intero viaggio e tante foto
Anche stamattina mi sono alzata più presto del solito e prima delle nove sono uscita: dovevo andare a trovare la mia amica, che è anche il mio medico, in ospedale a Omegna, xchè è caduta e si è rotta il femore. Poi sono passata a ritirare dei libri, xchè la cartoleria non li aveva in casa e me li ha fatti arrivare ieri, e verso le dieci sono andata a sentire, in un incontro organizzato dalla Comunità Montana, la testimonianza di Ferruccio Maruffi, il presidente regionale dell'ANED Piemonte, partigiano preso in Val di Lanzo e deportato come politico a Mauthausen, uno dei peggiori campi di concentramento nazisti. Sono state oltre due ore di estremo interesse, un toccante racconto commovente di un uomo che ha sofferto ma che è riuscito a tornare e che ora racconta agli altri la sua esperienza ed affida ai giovani le sue parole ed i suoi ricordi x non dimenticare ciò che è stato. Molto emozionante anche il filmato sui principali campi di concentramento che ci ha mostrato all'inizio
Oggi pomeriggio invece sono uscita qui a Crusinallo x andare a fare la spesa. Ho preso la macchina fotografica e sono arrivata fino in piazza dove ho ripreso la bellissima chiesa. Sono anche entrata dove ho trovato il parroco, che con alcuni volontari stava preparando la statua di San Gaudenzio, il nostro patrono, xchè domani ci sarà la processione e la festa. Gli ho chiesto il permesso di fotografare l'interno della chiesa e nel prossimo post vi parlerò della storia e della chiesa.
Al ritorno ho incontrato Saetta che, uscita dal cancello, mi era venuta incontro. Si è fermata sul cancello aperto dei vicini e si è messa a fare le capriole, poi si è rialzata un po' rintronata, con le orecchie stortignaccole, ma quando ha sentito arrivare una macchina, è filata via come un razzo

Sua mamma invece era seduta sul muro di cinta e stava guardando in giro: Quando mi ha vista arrivare vicino al cancello ha cominciando a fare le capriole, pure lei. Divertentissima e buffa xchè il muro è stretto e lei è grossa e ogni volta che cercava di rigirarsi rischiava di cadere o restava col sedere x aria !!!

Teddy era dentro, in serra, seduta tranquilla vicino alla finestra. lei è una gatta seria !

La mia voce o quella di mia mamma, che stava parlando con me e con le due esibizioniste di casa, ha attirato ...Quinto, che x la prima volta si è avvicinato a noi, con la supervisione delle due streghe in osservazione! Gli ho dato da mangiare e poi sono salita in casa, a preparare la panna cotta, di cui sono da sempre una vera appassionata. Buona domenica a tutti e a tutte voi che mi leggete sempre

mercoledì 17 gennaio 2007

Il Lago d' Orta


Ieri pomeriggio il lago era liscio e tranquillo ma il sole faceva capolino , leggero , tra la nuvole e la foschia , che rendeva ovattato e magico lo splendido paesaggio delle montagne intorno

I cigni scivolavano maestosi e lenti e le anatre e i germani reali si tuffavano veloci e vivaci nelle acque vicino alla riva , buffi e divertenti e splendidi nei loro variegati piumaggi maschili

martedì 16 gennaio 2007

Frammenti di Memoria Gli IMI

Da alcuni anni il 27 gennaio è la Giornata della Memoria x ricordare tutte le vittime della barbarie nazista e degli orrori dei campi di sterminio.
Alcuni anni fa ho svolto una ricerca personale in internet x trovare delle conferme ad alcuni documenti che mio padre aveva riportato dai quasi due anni passati nei campi di concentramento in Polonia ed in Germania come IMI, internato militare italiano. Ho visitato i siti www. aned.it, www. deportati.it e www. schiavidihitler.it , dove è è allucinante vedere la miriade di sottocampi e sottosottocampi (semplici sigle senza nome e numeri x identificarli) sparsi ovunque in tanta parte d'Europa, Italia compresa.
La mente razionale e l'intelligenza non riescono a capire come sia stato possibile, in così pochi anni, creare un simile orrore di violenze, di annientamento delle persone, di schiavitù e di morte. Gli IMI sono stati tanti ma quasi nessuno li ricorda o ne ha mai sentito parlare. Giustizia e verità sono tanto spesso state taciute in modo vergognoso da politici e militari x tanti, troppi anni. Per anni i deportati hanno taciuto, e xchè nessuno inizialmente riusciva a credere a ciò che essi raccontavano della vita in lager, e poi xchè tutto è stato messo a tacere e sono stati completamente dimenticatiIn Italia non è mai stata fatta una vera e propria revisione storica di questo passato, sono state dette solo mezze verità o striscianti menzogne.
Ma è dal passato, dalla sua analisi approfondita, anche dal riconoscimento degli errori che si può progredire nel futuro. Solo recentemente alcuni giovani storici hanno pubblicato libri e testimonianze finalmente esatte ed importanti x il contenuto e x i valori, non solo morali, sui militari nei campi di concentramento, prigionieri di guerra, vittime del nazismo. Il presidente della Repubblica Tedesca, in una visita al sacrario dell'eccidio di Marzabotto, qualche anno fa, ha chiesto scusa al popolo italiano. Peccato invece che altri politici, italiani, non siano stati e non sono in grado anch'essi di chiedere scusa al popolo, quel popolo che deve sempre sacrificarsi ma che poi viene messo a tacere anche quando le verità sono così evidenti.
E la guerra, i lager e tutto il resto è una verità che urla ancora oggi,come un incubo senza tempo, anche se chi ne è stato vittima x la maggior parte è morto, come mio padre, che x anni ha mantenuto il silenzio, che x anni ha continuato a subire l'annientamento dei carnefici e non ha voluto mai dire a nessuno cosa gli avevano fatto. Chi è tornato vivo, anche se spesso mal ridotto, sempre si è sentito in colpa e ha subito la sindrome dei carnefici, che così bene avevano fatto il loro lavoro di distruzione dell'uomo.
erica 2007

"Raccontare poco non era giusto, raccontare il vero non si era creduti, allora ho evitato di raccontare. Sono stato prigioniero e bon, dicevo."
Dalle memorie di un internato

La storia della deportazione degli IMI da parte delle forze armate tedesche, la loro schedatura e internamento in "lager", il loro massiccio impiego nella produzione bellica, nell'industria, nell'agricoltura, nei servizi da parte della Germania di Hitler, appartiene pienamente alla storia d'Europa, è comune a quella delle vittime del nazismo. Ragioni di opportunità politica, colpevoli rimozioni, hanno fatto sì che per cinquant'anni quello della deportazione e internamento di oltre mezzo milione di italiani sia stato considerato un fenomeno scomodo, "minore" rispetto agli altri drammi della guerra, una storia su cui gettare, al più, un fugace sguardo "pietoso". L'isolamento dello storico in questo caso trova una rispondenza nell'isolamento della memoria dei protagonisti, abbandonata e chiusa nel silenzio individuale. Deportati per andare a occupare, alla catena di montaggio, il posto delle generazioni ariane mandate a massacrare/arsi sui vari fronti, vissero un vero e proprio inferno in terra, inghiottiti da una spirale in cui precipitarono la Germania nazista e i suoi milioni di schiavi, un inferno fatto di fame, distruzioni, desolazione, bombardamenti, disciplina, morte. Per questi militari si aprirono solo prospettive di sopravvivenza, di resistenza.
I ricordi degli internati militari italiani "traditi, disprezzati, dimenticati" come li definisce lo storico tedesco Gerhard Schreiber, ci restituiscono la visione corale del disorientamento in cui piombò l'esercito italiano dopo l'otto settembre, il sentimento quasi di vergogna, lo spaesamento, lo scoramento in cui caddero questi giovani nati con il fascismo, cresciuti nella sua scuola, mandati a combattere sui vari fronti e infine abbandonati a sé stessi. E' la memoria di una coralità che nei lager prende coscienza di sé e della sua condizione, che sceglie di farla finita con il ruolo che le si vuole assegnare, che rifiuta le lusinghe dei fascisti, malgrado ciò comporti una condizione di schiavitù e di violenze,che esprime da subito la sua resistenza alla guerra e al nazismo.
E' "l'altra Resistenza" . Una scelta di massa che è una sonora sconfitta per il fascismo; il loro numero spropositato diviene comunque una indispensabile risorsa per la Germania; saranno sempre ingombranti per Mussolini. Separati dal mondo, non assistiti dal diritto, né dalla Croce Rossa, svilupperanno una forte solidarietà per sopravvivere e resistere alla guerra nazista, rallentandone o sabotandone i meccanismi appena possibile. Testimoni della tragedia ebraica, trattati appena sopra i russi nella gerarchia del Lager, a fianco di milioni di schiavi provenienti da tutta Europa. Certo ci fu anche chi trovò condizioni più umane, chi fu aiutato dai tedeschi, chi lavorò in campagna, ma la pesantezza del lavoro di fabbrica e nelle miniere, l'impiego di massa nelle grandi opere di difesa orientali, le condizioni della detenzione in lager sparsi in tutta l'Austria e la Germania, le violenze e il disprezzo, rendono l'immagine di una Germania come grande unico lager e quello dei lager come sistema regolativo della manodopera coatta, "esercito del lavoro" nella guerra combattuta dalla borghesia industriale tedesca.

Gli 810mila militari italiani catturati dai tedeschi sui vari fronti di guerra vennero considerati disertori oppure franchi tiratori e quindi giustiziabili se resistenti (in molti casi gli ufficiali furono trucidati, come a Cefalonia). Sono classificati prima come prigionieri di guerra, fino al 20 settembre 1943, poi come internati militari (Imi), con decisione unilaterale accettata passivamente dalla RSI che li considera propri militari in attesa di impiego. Hitler non li riconosce come prigionieri di guerra (KGF) e per poterli "schiavizzare" senza controlli, li classifica "internati militari" (IMI), categoria ignorata dalla Convezione di Ginevra sui Prigionieri, del 1929.
Degli 810mila militari italiani, 94.000 optarono alla cattura per la RSI o le SS italiane, come combattenti (14.000) o ausiliari (80.000). Dei 716.000 IMI restanti, durante l'internamento, 43.000 optarono nei lager come combattenti della RSI e 60.000 come ausiliari. Quindi, oltre 600mila IMI, nonostante le sofferenze e il trattamento disumano subito nei lager, rimasero fedeli al giuramento alla Patria, scelsero di resistere e dissero"NO" alla RSI.
Con gli accordi Hitler-Mussolini del 20 luglio 1944 gli internati vennnero smilitarizzati d’autorità dalla Rsi, coattivamente dismessi dagli Stalag e gestiti come lavoratori liberi civili. Si trattava in realtà di lavori forzati con l'etichetta ipocrita del lavoro civile volontario/obbligato . A quella data i superstiti sono 495 mila, mentre in 50.000 sono morti d'inedia, tbc e violenza. Alla fine della guerra gli ex-IMI fuori dai lager come "lavoratori liberi" sono 495 mila, altri 14 mila invece sono rimasti nei lager.

La fine pesantissima della guerra vedrà questo "esercito abbandonato" coinvolto nelle fine del nazismo, prigioniero dei russi, costretto a spostamenti letali, sottoposto a bombardamenti ogni giorno più pesanti, sempre più vittima della fame e delle malattie. Si valuta in oltre quarantamila il numero di militari italiani deceduti nei territori occupati dal Reich durante l'ultima guerra. La pesantezza del loro internamento e sfruttamento determinò un'altissima mortalità. Il ritorno penoso, rocambolesco o assistito, non offrì occasioni di riscatto: chi tornò lacero e sconvolto trovò una forte concorrenza sul mercato del lavoro, l'indifferenza di un paese che si stava riorganizzando, che voleva dimenticare al più presto la guerra, già immerso nella ricostruzione e in un nuovo quadro internazionale.Lentamente i reduci si reintegrarono, contribuendo per la loro parte, da operai, contadini, manovali, artigiani, nel silenzio della memoria, alla ricostruzione del paese.
da www. schiavidi hitler.it

da Gianni Oliva, "Appunti per una storia di tutti, prigionieri, internati, deportati italiani nella seconda guerra mondiale", Consiglio Regionale del Piemonte, Istituto storico della resistenza in Piemonte ed., Torino 1982, pp. 2-3 e 5-7.

I militari italiani catturati dai tedeschi dopo l'8 settembre e internati nei lager nazisti erano una parte del prezzo della guerra Fascista: non il primo e non l'ultimo, ma certo il più oneroso e drammatico.La Germania hitleriana non poteva né intendeva consentire al ritiro dell'Italia dalla guerra, né perdere i vantaggi strategici ed economici derivanti dal controllo della penisola; e i rapporti di forza nel teatro mediterraneo nell'estate 1943 assicuravano alla Wehrmacht una netta supremazia nei Balcani e nell'Italiacentro-settentrionale. Le truppe italiane dislocate nella penisola balcanica, nell'Europa orientale, in Francia erano comunque destinate ad essere sopraffatte dalle forze tedesche, superiori per armamento, mobilità, appoggio aereo e possibilità di rinforzi. Se il sacrificio di tanta parte delle forze armate era inevitabile, il prezzo fu però pagato nel modo peggiore.
L'8 settembre il re e Badoglio, preoccupati soltanto di salvaguardare la continuità della monarchia e del governo assicurata con la firma dell'armistizio, lasciarono truppe e popolazione senza direttive chiare dinanzi alla pronta e bene organizzata reazione tedesca. Governanti più consapevoli della loro responsabilità, nel difficilissimo momento del rovesciamento di alleanze, avrebbero dovuto assumersi l'onere di ordinare esplicitamente alle truppe di combattere contro il nuovo nemico, oppure di arrendersi senza spargimenti di sangue là dove una resistenza era impossibile (come nei Balcani): qualsiasi direttiva sarebbe stata preferibile alla mancanza di direttive, che, scaricando la scelta della direzione in cui sparare su anziani ufficiali educati all'obbedienza e non a decisioni politiche di questo livello, aggiungeva una tragica crisi morale al disastro materiale. Il compito delle forze tedesche fu così grandemente facilitato: le truppe italiane furono non solo disarmate e fatte prigioniere, ma anche umiliate e gli episodi circoscritti di resistenza armata rapidamente stroncati e duramente pagati (Cefalonia ).
Non si conosce con esattezza il numero dei militari italiani catturati dai tedeschi nei giorni successivi all'8 settembre: confrontando le cifre ufficiali italiane del 1946/47 con quelle tedesche e con dati di singoli reparti, si arriva a un totale, generalmente accettato come orientativo, di 650.000 uomini. Di questi, 550.000 furono deportati nei lager di Germania e Polonia e 100.000 trattenuti nei Balcani, in parte in lager veri e propri, in parte alle dipendenze dirette dei reparti tedeschi.Questi 650.000 internati militari (come li definirono i tedeschi, negando loro la qualifica di prigionieri di guerra in quanto sudditi dell'alleata repubblica di Salò) avrebbero potuto reputarsi traditi dal regime fascista, dalla monarchia, dal governo Badoglio, dai loro comandanti che non avevano saputo reagire alla crisi dell'armistizio, e pensare quindi al proprio interesse immediato, venendo a patti con i tedeschi.Tuttavia, posti dinanzi alla scelta fra una dura prigionia,che per i soldati comportava il lavoro forzato e per tutti fame e vessazioni, e l'adesione al nazifascismo, che apriva la via al ritorno a casa e come minimo garantiva un immediato miglioramento delle condizioni di vita, in grande maggioranza preferirono la fedeltà alle istituzioni e rivendicarono la loro dignità di uomini con una tenace resistenza al nazi-fascismo. Scelsero quindi di restare nei lager in condizioni durissime, che circa 40.000 di loro pagarono con la vita.

I soldati vissero il trauma della cattura e della deportazione in carri bestiame e l'impatto con il sistema concentrazionario nazista in modo non diverso dagli ufficiali: fame, stenti, sistemazioni in baracche inadeguate e affollatissime. Anche a loro fu offerto l'arruolamento nell'esercito nazista o in quello di Salò, seppure con pressioni minori (mentre l'adesione degli ufficiali aveva un rilevante valore politico, quella dei soldati creava piuttosto problemi di inquadramento senza procurare benefici di rilievo sul piano dell'immagine): come al solito, mancano dati precisi, ma il totale dei volontari non dovette superare il l0%.La differenza sostanziale era rappresentata dal lavoro forzato: mentre gli ufficiali furono costretti a lavorare solo nei termini già indicati, i soldati, sin dall'inizio della loro prigionia, vennero obbligati ad un lavoro massacrante di dodici ore quotidiane per sei giorni la settimana. Nel 1943/44 quasi tutti i tedeschi tra i 18 e i 50 anni erano arruolati nella Wehrmacht o nelle varie organizzazioni naziste militari e paramilitari: la produzione industriale e agricola nel Reich dipendeva ormai dalla disponibilità di milioni di braccia straniere, lavoratori civili più o meno volontari, lavoratori coatti prelevati con la forza generalmente nei paesi slavi, prigionieri di guerra, deportati politici ed ebrei. Tra questi milioni di lavoratori erano mantenute rigide divisioni e differenze di trattamento anche notevoli, specie per vitto e disciplina, ma anche i più fortunati erano privati della libertà individuale e costretti ad un lavoro pesante, con la costante minaccia di percosse e di punizioni: era un enorme esercito di schiavi, impiegati quasi soltanto per la loro forza fisica.
I soldati italiani entrarono a far parte di questo esercito a un livello inferiore rispetto ai lavoratori civili e superiore rispetto ai deportati politici e razziali. Quelli che non furono destinati al lavoro nelle fabbriche, vennero impiegati nella manutenzione delle linee ferroviarie, nei lavori agricoli e forestali, nella costruzione di fortificazioni, nello sgombero di macerie, nel caricamento e scaricamento di navi e di treni. La sorte peggiore fu probabilmente quella dei soldati destinati a lavorare nelle miniere di carbone in Renania e in Slesia, dove il lavoro era massacrante, il trattamento pessimo e la disciplina durissima. Un numero imprecisato di soldati conobbe anche gli orrori dei più tristi campi di deportazione: almeno un migliaio di internati furono destinati a Dora, sottocampo di Buchenwald, per la preparazione di installazioni sotterranee e poi per la fabbricazione delle bombe V1 e V2: si sa inoltre che 1800 detenuti del penitenziario di Peschiera furono inviati a Dachau e che in gran parte soccombettero.
L'accordo Hitler-Mussolini dell'estate 1944, che trasformò i militari internati in lavoratori civili, non ebbe ripercussioni particolari tra i soldati. Con ogni probabilità, in molti lager i tedeschi non si curarono di informare gli internati, procedendo d'autorità alla loro "civilizzazione", e in altri lo presentarono come una semplice formalità burocratica: nella sostanza, comunque, nulla cambiava, perché i soldati avrebbero continuato a lavorare come prima. Va tuttavia sottolineato che, nonostante le pressioni dell'ambiente, le durezze delle condizioni di vita e l'oggettiva difficoltà ad organizzarsi per la dispersione nei vari "Arbeitskommando", il l° gennaio 1945 (secondo fonti tedesche) 69.300 fra soldati e ufficiali persistevano nel rifiuto di firmare il provvedimento di "civilizzazione": una forma di resistenza marginale, ma di estremo valore ideale perché condotta soltanto in nome della propria dignità di uomini e di soldati.
Per quanto riguarda gli ultimi mesi di prigionia, la liberazione, l'attesa del rimpatrio e infine il ritorno in Italia, le vicende dei soldati furono simili a quelle degli ufficiali. Sul fronte orientale, la liberazione fu però segnata da brutali massacri da parte dei tedeschi ormai in rotta: 130 soldati furono impiccati a Hildesheim il 27 e 28 marzo, una trentina fucilati a Bad Gandersheim in aprile, 150 a Treunbrietzen il 23 aprile. Valgano questi drammatici episodi come ammonimento a non dimenticare gli altri eccidi di prigionieri italiani perpretati dai nazisti nei territori balcanici e orientali, che la memorialistica non può documentare.

Un libro uscito recentemente, di Gabriele Hammermann, Gli Internati militari italiani in Germania 1943-45 ed Il Mulino, ricostruisce con un'ampia documentazione e testimonianze significative la storia e le esperienze degli IMI. Un nuovo momento di riflessione e di conoscenza, x me, nel ricordo di un padre che è stato uno degli IMI che sempre disse quel NO a Salò ed al fascismo, in nome della libertà e della dignità umana

lunedì 15 gennaio 2007

Non si saprà mai ?

Non si saprà mai cosa successe veramente a Ustica ? una sentenza vergognosa la scorsa settimana ha assolto tutti gli indagati. Un'altra strage impunita. Un'altra vergogna tutta italiana
Sono Linda Lachina (vittima della strage di Ustica)
USTICA “Non sussiste”
Non si saprà mai cosa è successo nel cielo di Ustica nella sera del 27 giugno 1980. Non si saprà mai chi sono i responsabili del disastro aereo che fece morire i miei genitori. Me li hanno uccisi anche ieri con quella sentenza, ed io stupida a credere finalmente alla scoperta della verità.27 anni di agonia per assolvere gli unici che hanno la responsabilità della difesa dei nostri cieli.Nella sentenza i due ufficiali accusati di alto tradimento vengono assolti con una formula precisa: “Il fatto non sussiste” nonostante quelle che gli stessi giudici hanno chiamato prove!!!!Ho cercato di dare un interpretazione a questa parola “non sussiste” ma non riesco a capire… ma se loro dovevano vigilare sul nostro cielo italiano e si sono distratti… e non hanno visto niente… e sono sparite tutte le prove, chi è il responsabile dei generali? Chi gestisce la sicurezza nei nostri cieli?E chi non vede è responsabile di niente?Ma il niente sono le persone? Ma le persone non valgono veramente niente?Le bugie o la citazione “non ricordo”, valgono niente?
Sono le allucinazioni di 27 anni?E come se questa disgrazia non sussiste, come dire “non è successo niente perché nessuno a visto niente!”. Ma se è così, mi ridate la mia vita consumata dal dolore o meglio dal non sussiste.?
Noi vittime della strage della mancata verità e del “non ho visto nulla” soffriamo ancora, e tutte le volte che qualche carica istituzionale rappresentava la volontà di cercare la verità su Ustica, noi ci abbiamo creduto… non abbiamo mai voluto credere fino in fondo di essere stati abbandonati prima durante e dopo ad un destino crudele che qualcuno ha scelto per noi e per le 81 vittime di Ustica, abbandonati e umiliati nel nostro dolore dalla giustizia.Ci hanno tolto tutto: i nostri genitori, la verità, la giustizia, la dignità. E siccome non sussiste, non è successo niente!Penso che gli italiani sappiano che per far morire 81 persone ci deve essere qualcuno che li uccide.Una sentenza non può far credere agli italiani che “non sussiste” voglia dire verità.Per molti di noi Italiani sperare nella verità è stata un illusione.Ci hanno tolto i nostri cari, la speranza nella verità e nella giustizia, la dignità di essere liberi cittadini italiani, la certezza di una patria che difende non soltanto il territorio ed i valori ma anche le persone.
È finita!!!!!!
Linda Lachina www.stragediustica.info/
Capisco e condivido i sentimenti di Linda.Ho chiesto a Linda il permesso di pubblicare queste sue parole
Tutta la mia solidarietà a Lei e ai familiari delle altre vittime

Il silenzio

Il silenzio è uno dei misteri dell'amore
Sono continuamente torturato dal gran parlare della gente.
Un torrente di parole, parole,parole: il puro e semplice lavorio di menti irrequiete e cuori gorgoglianti sciorinato senza alcun filtro di consapevolezza mi procura una vera sofferenza
Depongo la parola che vorrei pronunciare nel cuore stesso del silenzio:il silenzio conserva tutto ciò che diciamo con sentimento, con fervore, con fede.
E il silenzio porta le nostre preghiere ovunque vogliamo, o le eleva a Dio.
Quando l'anima dimora nella regione delle intense emozioni, va perduto il potere della parola
Quando il nostro cuore si trasforma in un piccolo mondo, preferiamo star soli
Kahlil Gibran
Meglio restare muti sul ciglio dell’abisso del male. Muti. Senza l’obbligo di schermirsi, né tanto meno di rispondere, di fronte ai pescecani che, nello spasimo fervoroso di documentare ogni minima increspatura della fronte o incrinatura della voce, ci incalzassero fin sulla porta di casa per chiedere: «Ma lei perdona?». A chi dovremmo confidare i moti più intimi e privati del nostro cuore? A chi ci vorrebbe trasformare in un fotogramma compassionevole, edulcorato e consolatorio, all’interno di una trama da film dell’orrore? E se invece volessimo scegliere l’atteggiamento della iena che rimugina vendetta, verremmo ugualmente collocati nella sceneggiatura, ma nella parte opposta. Come in un film di guardie e ladri, come nella semplificazione di chi riduce tutto allo schema dei buoni e dei cattivi.
Meglio stare in silenzio. E come unico compagno, il dolore. Il dramma che è solo e soltanto nostro. Senza concedere al carnefice neanche l’onore del nostro odio. Tagliare tutto, ogni considerazione, ogni minimo segno di rapporto con chi ci vuole trascinare nel suo abisso. Scegliere l’indifferenza come forma di totale distacco, ma soprattutto come difesa del nostro spazio che non deve essere contaminato dalla seppur minima presenza, fosse anche quella del ricordo non rancoroso, della belva che ci ha fatto del male. Dicono che ci voglia coraggio per perdonare. Forse però ne occorre di più per restare immobili nella propria volontà di restare uomini, senza concedere nulla a chi uomo non dimostra di esserlo. Ne occorre di più per contrastare la più che spiegabile tentazione di farsi giustizia da soli.
Meglio restare nel silenzio, senza essere raggiunti dagli schiamazzi televisivi. Quando il sangue gronda, si slegano le gabbie degli psicanalisti e degli esperti di «nera» e si dà inizio al nuovo gran ballo sciamanico intorno al copione, introdotto dall’ovvia amenità secondo cui «a volte la realtà supera la fantasia». Tutto viene ridotto all’hic et nunc, tutto deve essere analizzato adesso. Anche l’odio o il perdono devono essere proclamati ai quattro venti. Ora, subito. Ma esistono percorsi interiori che sono lunghi come la vita. E soprattutto esistono fatti più grandi, circostanze più misteriose. Come la morte. Meglio stare soli e in silenzio, a ripensare alle parole di Rosaria Schifani, moglie di un agente della scorta di Falcone. «Uomini della mafia, io vi perdono, però voi vi dovete mettere in ginocchio, se avete il coraggio di cambiare». Una pausa. Poi l’imprevedibile. O il realistico: «Loro non cambiano, non vogliono cambiare».
Mina La Stampa 14 gennaio 2007

Sarebbe veramente ora di stendere un velo di pietà e di silenzio sulle morti x impiccagione in Iran e sulle morti di Erba. Giornali e televisioni ci hanno sguazzato fino alla nausea e le parole sono state sprecate, all'infinito, x dire tutto e l'opposto di tutto. Basta, x favore, basta !
Io spengo la TV, cambio canale, giro pagina, xchè non reggo più quel continuo martellamento di parole ed immagini assillanti, veramente eccessive, come un bombardamento infinito ...
La scorsa settimana si è suicidato, buttandosi dal ponte nel fiume Strona, qui in periferia, il papà di una mia ex alunna che aveva solo 54 anni e la sua agonia è stata atroce. Venerdì se ne è andata, dopo 9 mesi di malattia incurabile, a soli 56 anni, una mia ex collega
due vite, due intelligenze, due persone che avrebbero ancora potuto dare molto ma che x motivi diversi si sono spente
una perdita x noi che li conoscevamo, una perdita x i loro familiari
ma la vita purtroppo è anche questo
e il silenzio aiuta a riflettere, aiuta a sentirli comunque ancora vicini, ancora qui con noi
il silenzio ed una preghiera x loro xchè siano felici ovunque siano andati , lassù nel silenzio eterno !

domenica 14 gennaio 2007

Un messaggio d'amore

Venerdì ho ricevuto questo racconto da una persona amica ed è molto bello . Un augurio x una settimana felice e serena e che il lavoro o la vita stessa non sia troppo pesante x nessuno
Un giorno un'insegnante chiese ai suoi studenti di fare una lista dei nomi degli altri studenti nella stanza su dei fogli di carta, lasciando un po' di spazio sotto ogni nome. Poi disse loro di pensare la cosa più bella che potevano dire su ciascuno dei loro compagni di classe e scriverla.
Ci volle tutto il resto dell'ora per finire il lavoro, ma all'uscita ciascuno degli studenti consegnò il suo foglio.
Quel sabato l'insegnante scrisse il nome di ognuno su un foglio separato, e vi aggiunse la lista di tutto ciò che gli altri avevano detto su di lui/lei. Il lunedì successivo diede ad ogni studente la propria lista.
Poco dopo, l'intera classe stava sorridendo. "Davvero?" sentì sussurrare. "Non sapevo di contare così tanto per qualcuno!" e "Non pensavo di piacere tanto agli altri" erano le frasi più pronunciate.
Nessuno parlò più di quei fogli in classe, e la prof non seppe se i ragazzi l'avessero discussa dopo le lezioni o con i genitori, ma non aveva importanza: l'esercizio era servito al suo scopo. Gli studenti erano felici di se stessi e divennero sempre più uniti.
Molti anni più tardi, uno degli studenti venne ucciso in Vietnam e la sua insegnante partecipò al funerale. Non aveva mai visto un soldato nella bara prima di quel momento: sembrava così bello e così maturo... La chiesa era riempita dai suoi amici. Uno ad uno quelli che lo amavano si avvicinarono alla bara, e l'insegnante fu l'ultima a salutare la salma. Mentre stava lì, uno dei soldati presenti le domandò "Lei era l'insegnante di matematica di Mark?" Lei annuì, dopodiché lui le disse "Mark parlava di lei spessissimo". Dopo il funerale, molti degli ex compagni di classe di Mark andarono insieme al rinfresco. I genitori di Mark stavano lì, ovviamente in attesa di parlare con la sua insegnante.
"Vogliamo mostrarle una cosa", disse il padre, estraendo un portafoglio dalla sua tasca. "Lo hanno trovato nella sua giacca quando venne ucciso. Pensiamo che possa riconoscerlo".
Aprendo il portafoglio, estrasse con attenzione due pezzi di carta che erano stati ovviamente piegati, aperti e ripiegati molte volte.
L'insegnante seppe ancora prima di guardare che quei fogli erano quelli in cui lei aveva scritto tutti i complimenti che i compagni di classe di Mark avevano scritto su di lui. "Grazie mille per averlo fatto", disse la madre di Mark. "Come può vedere, Mark lo conservò come un tesoro".
Tutti gli ex compagni di classe di Mark iniziarono ad avvicinarsi. Charlie sorrise timidamente e disse "Io ho ancora la mia lista. E' nel primo cassetto della mia scrivania a casa".
La moglie di Chuck disse che il marito le aveva chiesto di metterla nell'album di nozze, e Marilyn aggiunse che la sua era conservata nel suo diario. Poi Vicki, un'altra compagna, aprì la sua agenda e tirò fuori la sua lista un po' consumata, mostrandola al gruppo. "La porto sempre con me, penso che tutti l'abbiamo conservata"
In quel momento l'insegnante si sedette e pianse. Pianse per Mark e per tutti i suoi amici che non l'avrebbero più rivisto.
Ci sono così tante persone al mondo che spesso dimentichiamo che la vita finirà un giorno o l'altro. E non sappiamo quando accadrà. Perciò dite alle persone che le amate e che vi importa di loro, che sono speciali e importanti.
Diteglielo prima che sia troppo tardi!

venerdì 12 gennaio 2007

Intervista

Conosco Andrea di Square Plaza da quando creò il suo blog e mi scrisse un commento in Erica Blog. Con lui ho partecipato alla campagna x il Nepal, uno dei tanti, troppi paesi del mondo con una guerra in casa, e ho continuato a leggerlo sempre con interesse. A dicembre Andrea, che è studente universitario, mi ha chiesto se ero disponibile a rispondere a cinque domande x un'intervista che sarebbe stata pubblicata in seguito su SquarePalza. Io ero la prima ma ci sarebbero poi stati anche altri assidui lettori del suo blog Sono sempre un bel po' restia ad entrare nel mio privato molto privato e a farlo conoscere, ma le domande che Andrea mi poneva erano molto speciali e così ho risposto. Quell'intervista è stata pubblicata oggi da Andrea in Square e potete anche andare a dare un'occhiata lì
Io però ho chiesto ad Andrea di copiarla anche qui e spero che vi piaccia xchè è una parte molto personale che senza Andrea io non avrei mai probabilmente scritto !
Cinque domande Cinque a....Erica.
Primo capitolo
Dove quando e perchè nasci?
Sono nata a Premosello, che allora si chiamava solo così xchè non avevano ancora aggiunto Chiovenda in onore di un loro concittadino illustre, in provincia di Novara (attualmente invece è Verbania), in Piemonte, in una clinica privata di ostetricia il 6 aprile 1955 , prima ed unica figlia di due genitori di 31 e 33 anni che mi hanno avuta dopo quattro anni di matrimonio e mi hanno attesa con amore e con la speranza di unire x sempre in me il loro amore profondo e duraturo.

Secondo capitolo
Ci racconti un ricordo della tua infanzia a cui sei particolarmente legata?
Un ricordo della mia infanzia che sempre porto con me è il viaggiare, piccolissima, sulle spalle di mio papà, ben stretta a lui, mentre scia nel prato, dietro a casa, completamente ricoperto di neve in inverno. Ero piccolissima ma come lui adoravo sentirmi scivolare veloce giù x la discesa, l'aria che sfiorava il viso e l'andare fino in fondo x poi ritornare su in cima e riprendere quel bel gioco che solo con lui potevo fare, e le risate e le urla quando andava più in fretta! Ho poi messo gli sci ai piedi anch'io a tre anni e pur non essendo come lui, che faceva anche le gare ed era bravissimo, ho sciato fino a 39 anni godendomi le montagne e l'ebbrezza della velocità su due lamine di sci. Dimenticavo di dire che in quelle prime passeggiate con gli sci, in spalla a mio papà, c'era sempre anche il mio primo cane, bianco buffo e peloso, il Luli, con cui sono cresciuta e che fin dalla nascita è stato il mio amico più caro, affettoso e bellissimo. Tutti dovrebbero nascere con un Luli in casa, che ti vuole bene e che impari ad amare profondamente, xchè anche gli animali sono essere umani da amare e da rispettare!

Terzo capitolo
L'evento o gli eventi che hanno indelebilmente cambiato la tua vita
Un evento che ha cambiato la mia vita è stato senz'altro il frequentare l'università di lingue a Torino, dove sono rimasta x 4 anni a studiare. Conoscevo già bene la città ma il viverci a lungo mi ha permesso di diventare indipendente e libera. E, anche se poi sono tornata a vivere x sempre in provincia, a Omegna, ho conservato l'abitudine di essere indipendente dagli altri e di decidere da sola nelle scelte importanti. La scelta delle lingue straniere è stato un altro punto fondamentale xchè mi ha aperto nuovi orizzonti e la mia passione di viaggiare si è accentuata con la conoscenza sempre più approfondita di altre lingue, che uso correntemente e che mi permettono, in giro x il mondo, di comunicare con i nativi. In questo modo posso conoscere meglio i paesi che visito e le culture e i modi di vivere, fondamentali x aprirsi al mondo e x aprire la mia mente ed il mio sapere a nuove conoscenze senza pregiudizi o stereotipi fasulliNon tutti gli eventi sono purtroppo stati piacevoli ma sicuramente hanno fatto sì che diventassi una persona con un carattere forte e determinato. Ho dovuto affrontare anche la malattia ed essere passata in quel mondo di sofferenza e di dolore, improvviso ed imprevisto, ma traumatizzante, xchè stai male e ti devi x forza affidare ad altri, ai medici cioè, e sperare che riescano a ridarti la salute, e ti rendi conto che tutta la tua vita è legata a quello e al destino, a cui non avevi mai pensato prima xchè a 24 anni si pensa a tutt'altro, naturalmente, ha lasciato una traccia profonda in me. Al destino non penso mai ma un'altra volta ho dovuto affrontarlo a faccia a faccia, sempre improvviso ed imprevisto, ma determinante x la mia vita, che è di nuovo dovuta cambiare in modo drastico xchè sono caduta a 39 anni da una scala in giardino e mi sono lacerata la cartilagine di un ginocchio. Ho smesso completamente di sciare, ho dovuto riprendere con molta fatica a camminare e x anni ho tribolato x problemi vari. Ancora adesso quando sto ferma x ore, seduta dietro ad una cattedra, se poi scendo le scale zoppico. Questa battuta d'arresto ha condizionato notevolmente alcuni anni della mia vita, ma il dover di nuovo affrontare sofferenze non volute e non cercate mi ha fatto riflettere notevolmente e mi sono resa conto che noi possiamo programmare tutta quanta la nostra vita e viverla come vogliamo solo se il destino, sicuramente già tracciato, ce lo permette.Possiamo vivere bene o male, frequentare persone positive e utili o negative e dannose, decidere liberamente cosa fare e quando farlo e con chi, ma non siamo assolutamente liberi di prevedere la malattia, la morte, nostra o delle persone che amiamo, e la sofferenza che accompagna sempre queste due realtà devastanti ma non impedibili. Ho dovuto accettare x forza, anche se talvolta con rabbia, l'handicap al ginocchio e ho provato personalmente cosa significa avere delle stampelle, non potersi muovere, affrontare tutte le barriere architettoniche di una città che non pensa a questi problemi e soprattutto la curiosità o l'idiozia delle persone che incontri e che ti rompono con tutte le loro inutili domande perditempo o le battute stupide che non servono a nulla e non ti aiutano se sei in difficoltà.
Il dover stare ferma x forza mi ha però portato un dono insperato: ho iniziato a cucire, a creare bambole, pupazzi ed altro ed ho scoperto di essere decisamente abile nel farlo. Questa certezza è stata confermata anche dal mio sito PupazziePensieri, che è sempre più visitato, da tutte le parti del mondo, e dall'essere sempre più conosciuta anche qui dove vivo. Un hobby nato x necessità sta diventando una gratificante passione da esperta che mai avrei immaginato di avere. Gli ultimi eventi che hanno cambiato radicalmente la mia vita sono stati la morte di una collega e di un mio alunno di 14 anni ammalati di tumore e la morte di mio papà, diabetico sempre curatosi, ma comunque vittima di una malattia tremenda x le conseguenze che lascia nell'organismo. Non so dove ho trovato la forza e la volontà di stare loro vicina ma sicuramente non so se ripeterei simili esperienze xchè è terribile sapere che non ce la faranno comunque ma, che in ogni caso, bisogna dar loro amicizia e amore con tanta pazienza e tanto coraggio, xchè continuino a sperare e a vivere i loro ultimi giorni, di gravi sofferenze, con il sorriso di chi è stato sempre lì con loro. Le lacrime bisogna tenerle ben nascoste, e solo x dopo, x quando se ne sono andati x sempre ...

Quarto capitolo
Dovessi morire oggi che messaggio vorresti lasciare al domani?
amate ed amatevi, senza più guerre odio torture e povertà assurde ed ignobili e abbiate come me la fortuna di aver avuto due genitori affettuosi e intelligenti che sempre mi hanno aiutata, e mia mamma ancora mi aiuta xchè è l'unica persona con cui parlo e di cui mi fido quando ho qualche problema serio da affrontare lei ascolta e consiglia, non dà mai ordini!

Quinto capitolo
Un suggerimento musicale, un libro, una poesia, una quadro, un film: scegli qualsiasi cosa legata all'arte che vorresti condividere con gli altri.
Amo tantissimo i quadri degli impressionisti , in particolare quei paesaggi campestri con i papaveri rossi e le erbe alte sfiorate dal vento, che mi ricordano la mia infanzia con mia nonna che tagliava il primo fieno, nelle calde giornate di maggio e giugno, o il mare così bello e misterioso che loro hanno dipinto tanto spesso ed in tanti modi diversi.Ma mi piacciono tantissimo anche i quadri dei Preraffaelliti con quei visi di donna belllissimi che tanto ricordano i visi delle donne dipinti da quel grande uomo d'arte che fu Raffaello Sanzio, unico ed irripetibile.E se volessi condividere un libro, tra le migliaia che ho letto e di cui non saprei assolutamente fare una scelta , io aprirei o una pagina delle lettere di VanGogh al fratello Teo o una pagina dei Vangeli di Gesù o i primi versi di quello splendido poema dell'Antico Testamento che è la più grande testimonianza dell'amore di un uomo e di una donna e comincerei a leggere...