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domenica 14 febbraio 2016

Ipocrisia e compromessi

La nostra cecità e la nostra ipocrisia sono il frutto dei troppi compromessi che abbiamo accettato in nome del realismo e degli imperativi della geopolitica. 

di Pierluigi Battista, da il Corriere della Sera 7 febbraio 2016 

Che al Cairo spadroneggiassero gli squadroni della morte, gli egiziani non hanno purtroppo dovuto aspettare il martirio di Giulio Regeni per saperlo. I ciechi eravamo noi, con la nostra accondiscendenza per un regime oppressivo e dispotico, ma che tutti sentiamo come un argine al fanatismo jihadista dei Fratelli Musulmani. È la contraddizione dell’Occidente: non rompere i rapporti con le tirannie per scongiurare il pericolo maggiore incarnato dall’Isis. Perciò facciamo finta di non vedere le torture nelle segrete del Cairo. Ignoriamo gli impiccati che nelle grandi piazze di Teheran pendono dalle gru, solo perché erano dissidenti, o omosessuali. Non vogliamo capire che gli ultimi disperati in fuga da Aleppo in Siria scappano dagli orrori provocati da Assad, stavolta. Mettiamo il velo sulle nostre ipocrisie e sulle nostre convenienze. E ci risvegliamo solo quando a essere colpiti siamo direttamente noi.

Questa cecità è il frutto dei troppi compromessi che, in nome del realismo e degli imperativi della geopolitica, sono stati in questo drammatico frangente storico, il terreno di cedimento sui valori della democrazia, della libertà, del rispetto dei diritti umani fondamentali. Abbiamo liquidato come fisime da «anime belle», debolezze idealistiche che non tengono minimamente conto delle rudi leggi dell’economia e della politica internazionale, le preoccupazioni sulla terrificante ferocia di chi è nostro «alleato» nella battaglia contro i decapitatori schiavisti del Califfato.

Ogni tanto ci risvegliamo. Certo, quaranta esecuzioni esibite in Arabia Saudita sono veramente un orrore indigeribile, specialmente all’inizio dell’anno, ma per non più di 24 ore di indignazione. Certo, 17 miliardi sono una cifra sufficiente per occultare la repressione che regna in Iran, ma che vergogna, almeno per un giorno. Certo, fa impressione la spaventosa quantità di morti ammazzati, oltre 250 mila in pochi anni, da parte delle truppe di Assad, spalleggiato da un altro campione democratico come Putin. Ma vuoi mettere il realismo della necessità? Vuoi mettere quanto sia più importante della democrazia e dei diritti umani violati la guerra globale contro il Califfo? Vuoi mettere il «male principale» contri questi mali «secondari» di cui in fondo fanno le spese solo loro, non noi?

Qualche volta, però, l’orrore arriva a colpire anche noi. Un nostro ragazzo, un ricercatore curioso e intelligente come Giulio Regeni viene trucidato in circostanze ancora non del tutto chiarite e siamo colpiti da uno choc, costretti a vedere ciò che volevamo nascondere. Travolti dall’orrore. Feriti dalla truculenza che speravamo non macchiasse la nostra algida indifferenza verso le tante vittime di una repressione che miete vittime ogni giorno. Era imbarazzante ammettere che il regime non fondamentalista che oggi è al potere al Cairo sia il frutto di un colpo di Stato: forse provvidenziale, ma pur sempre un colpo di Stato. Che gli squadroni della morte sono in piena funzione in Egitto. Che la tortura è pratica diffusa come ai tempi di Mubarak, forse anche di più. Che migliaia e migliaia di Fratelli Musulmani, i nostri nemici più sanguinari, come negarlo?, sono stati condannati a morte con processi farsa, senza che un fiato si sollevasse da chi nel mondo occidentale si oppone con ammirevole coraggio contro la pena capitale.

Cercavamo di non dire che il dissenso non è tollerato al Cairo. Che la democrazia non è stata esportata in Egitto. E allora, non si può far altro che sostenere questo regime? Basta saperlo. L’importante però, per una questione di pudore, è non indignarsi solo nei giorni comandati, solo quando a essere vittima è un italiano di cui andiamo giustamente orgogliosi. Altrimenti sembra che quando la mannaia si abbatte sugli «arabi», allora è meglio tacere. Che fine ingloriosa, per la retorica dei valori universali e dei diritti fondamentali.

Quei regimi sono oppressivi e liberticidi, sempre, anche quando voltiamo la testa dall’altra parte. Ascoltate quello che dicono gli scrittori iraniani, sul giro di vite repressivo che accompagna anche le «aperture» della nuova dirigenza moderata. Ascoltate le donne di Teheran: l’oppressione di genere è e resta feroce, anche quando l’Europa non sembra volersene accorgere e si appresta a fare cospicui affari sull’onda dell’accordo che mette fine alle sanzioni contro l’Iran. Non è cambiato molto: siamo noi che abbiamo cambiato punto di vista e abbiamo deciso che per tenere e bada il mostro del Califfato bisogna rinnegare tutto ciò che è stato detto negli anni precedenti.

E le immagini di questi giorni dell’esodo da Aleppo? Quelle colonne di profughi si allontanano dall’orrore dei bombardamenti, non dell’Isis bensì dei grandi protettori del regime di Assad. Quando arriveranno qui, dopo peripezie, annegamenti, un’odissea terribile che ci commuoverà per qualche ora come è accaduto con l’immagine del piccolo Aylan, la cui famiglia disperata era in fuga contemporaneamente dall’Isis e dalla dittatura di Damasco, non avremo chiaro esattamente la rotta di chi scappa. Non vorremo capire bene che stavolta sono i nostri alleati . Siamo sopraffatti dalla potenza delle immagini del dolore e della sofferenza ma non possiamo dedurne che a causare questo dolore e questa sofferenza sono i nostri alleati, gli alleati degli alleati, gli amici degli amici.

Ecco la grande ipocrisia in cui si dibatte l’Occidente, l’Europa politicamente inesistente e verbosa, gli Stati Uniti ondivaghi e impotenti. Ecco il dilemma atroce di cui siamo prigionieri: reagire con forza ai soprusi di regimi in cui si può morire nei modi in cui è stato ucciso Giulio, tenere alta la bandiera dei diritti umani fondamentali, oppure tacere, minimizzare, accettare la convivenza coatta con regimi oppressivi nel nome della battaglia comune al Male assoluto rappresentato dal Califfato. Ma allora l’indignazione è meglio ripiegarla. Per dignità. Per non far finta di credere all’intangibilità di valori che ignoriamo tutte le volte che ci conviene. Cioè quasi sempre."

Un articolo bellissimo che ha espresso al meglio quello che io troppo spesso, ultimamente, penso quando sfoglio le pagine del quotidiano, che grondano di notizie orribili di morti e di stragi 


lunedì 9 dicembre 2013

Vitaly Klitschko

" Un milione di persone sono scese in piazza a Kiev ieri, in una nuova sfida  a Viktor Yanukovich. Scaduti i due giorni di ultimatum che l’opposizione ucraina aveva lasciato al potere per indire nuove elezioni, il Maidan Nezalezhnosti ieri si è riempito, ed anche espanso: i manifestanti stanno accerchiando con barricate il quartiere governativo di fronte alla piazza, promettendo un assedio a oltranza. 
Un gruppo nazionalista ha compiuto il gesto simbolico di rovesciare e fare a pezzi la statua di Lenin sul boulevard Shevchenko. E la figlia di Yulia Timoshenko, Evghenia, ha letto dal palco il piano d’azione proposto da sua madre dal carcere: «Restare in piazza fino alle dimissioni di Yanukovich, un accordo di associazione con l’Ue con lui non è possibile». La residenza del capo di Stato fuori dalla capitale ieri è stata circondata dalla polizia, dopo che i manifestanti hanno promesso di portare l’assedio anche laggiù, se non verrà licenziato il governo e arrestato il ministro dell’Interno, responsabile del violento sgombero di 10 giorni fa. 
L’iniziativa sembra ormai passata alla piazza, visitata in questi giorni  dalle star del rock agli emissari delle diplomazie europee   all’ex presidente georgiano Mikhail Saakashvili che ha commosso la folla parlando, memore degli studi a Kiev, in ucraino. 
Yanukovich sta cercando un compromesso difficile. Due giorni fa ha avuto un incontro-lampo con Vladimir Putin, e ieri, dopo un’ennesima telefonata con il presidente della Commissione Ue José Manuel Barroso, Bruxelles ha annunciato l’invio a Kiev dell’Alta rappresentante per la politica estera dei 28, Catherine Ashton, per una mediazione. Barroso ha ripetuto che l’Ue è pronta a firmare l’accordo di associazione con Kiev, ma uno dei mediatori europei, l’ex presidente polacco Alexandr Kwasniewski, ieri ha criticato Bruxelles per aver sottovalutato l’aggressività di Putin e non essere venuta incontro a Yanukovich. Intanto Yanukovich ha promesso a Barroso che la soluzione va cercata «solo nel dialogo». Ormai è evidente che la piazza non si svuoterà, anche perché i suoi leader si rendono conto che è lì che si decide il loro futuro.
Soprattutto quello di Vitaly Klitschko, che ieri ha piantato i paletti della tendopoli sul Maidan. Timoshenko è in carcere e il leader della sua Batkivshina Arseny Yatseniuk in carisma non può competere con il campione mondiale dei pesi massimi che con i suoi 2,01 metri e la faccia da supereroe affronta le teste di cuoio. A 42 anni Klitschko, insieme al fratello Vladimir, è la gloria nazionale: 45 vittorie su 47 incontri di cui 41 con ko.  " da La Stampa To
   Klitschko ha ottenuto il 14% del Parlamento con il suo Udar (Movimento democratico ucraino per le riforme e nel triumvirato dei leader del Maidan si pone al centro, più sociale di Batkivshina e più moderato dei nazionalisti di Svoboda. Attualmente ha uno stabile 20% e  gode di consensi anche nell’Est ucraino, il feudo di Yanukovich tradizionalmente filorusso.
Il pugile non è un nazionalista, ma la storia della sua famiglia riassume tutte le tragedie ucraine: il nonno paterno fu mandato al confino, la nonna ebrea si è salvata nascondendosi per anni nella cantina di casa, gli altri familiari sono morti nell’Olocausto, nell’Holodomor, la carestia degli Anni 30 organizzata da Stalin, e nelle repressioni dei contadini degli Anni 20.  Risiede da anni in Germania e in Ucraina fa soltanto tanta beneficenza per aiutare asili e scuole. e campagne contro la corruzione   

Joachim Gauck

" Il presidente della Repubblica tedesco, Joachim Gauck, non andrà alle Olimpiadi invernali di Sochi, a febbraio dell’anno prossimo. Ex pastore luterano originario del Meclemburgo, il presidente tedesco è cresciuto nella Germania est in una famiglia anticomunista – il padre è stato rinchiuso per anni in un gulag in Siberia - ed stato per decenni spiato dalla Stasi; nei giorni caldi della rivoluzione dell’89 che portò alla caduta del Muro di Berlino, partecipò attivamente all’opposizione al regime di Honecker.
Markus Loning, responsabile per i diritti umani del governo tedesco, ha elogiato la sua decisione: «un gesto meraviglioso in supporto a tutti i cittadini russi che si battono per la libertà di opinione, per la democrazia e i diritti umani».
Gli ha fatto eco Claudia Roth, dei Verdi, che ha parlato di una «posizione forte» e di un «segnale incoraggiante».  "
Non tutti seguono le sirene di Putin e dei suoi scambi commerciali ed economici , per fortuna
Io non seguirò i giochi invernali in Russia per solidarietà nei confronti delle persone imprigionate o perseguitate in Russia per le loro scelte politiche o sessuali

venerdì 6 dicembre 2013

Il mestiere più vecchio del mondo

Gli antichi Romani dicevano O Tempore O Mores !
Non solo allora ma fin dai tempi antichi il meretricio era già di moda ed era motivo di discussioni di denuncia e di condanna, anche se poi molto spesso i moralisti del momento usavano andare, pure loro, a pagamento, con le " donnine allegre "
In Italia negli anni cinquanta del '900 la senatrice Merlin fece chiudere con una legge parlamentare le case chiuse, e fu così che noi che eravamo nati / nate  nel frattempo passammo il resto della vita a vedere quelle povere sfortunate donne di strada fare il loro mestiere lungo i bordi delle vie, al freddo, ma con un fuocherello acceso lì accanto, di notte e di giorno !
Povere disgraziate, abbiamo sempre pensato
Sfruttate maltrattate e usate fino allo sfinimento da protettori senza scrupoli e senza pietà, specialmente le africane e le giovanissime dell'Est Europa
Ma il mercato non ha mai sofferto nessuna crisi, grazie a tutti quegli  uomini che sono sempre stati, e sempre saranno, disponibili a passare del tempo a pagamento in loro compagnia ... e ne abusano senza mai porsi problema alcuno Pure loro
 
La riforma sanitaria del presidente Obama invece, che negli Usa ha trovato  un gruppo di entusiaste sostenitrici ,le prostitute legali delle case di tolleranza  del Nevada, ha scatenato subito la   propaganda feroce dei Repubblicani contro la legge  
Ma le opinioni delle prostitute, raccolte dalla televisione Cbs, che è andata a sentirle nel famoso  Moonlight Bunny Ranch, uno dei più noti bordelli legali del Nevada, sono motivo di riflessione seria
Taylor Lee ha spiegato che «facendo questa professione, non ci offrono esattamente le polizze sanitarie di gruppo».   In effetti le compagnie assicurative si tengono ben alla larga dal settore. Il problema, però, è che anche le prostitute sono esseri umani, con corpi che si ammalano: «E’ dura - ha denunciato Taylor - perché io ho una patologia preesistente, e quindi tutti mi rifiutano. Perciò sostengo davvero Obamacare, e sono molto contenta che sia in vigore». 

In Francia c'è stato il Primo sì del Parlamento  d'Oltralpe al disegno di legge sulla prostituzione: le proteste di piazza delle lucciole e l’opposizione di una parte dell’opinione pubblica, a destra come a sinistra, di uomini e di donne, senza distinzioni , non hanno convinto i deputati che, 268 contro 138, hanno approvato il testo che vuole sradicare il fenomeno del sesso a pagamento, penalizzando i clienti con multe a partire da 1.500 euro.  La bozza di legge, promossa dal partito socialista con il sostegno convinto del ministro per i Diritti delle donne, Najat Vallaud-Belkacem, passerà all’esame del Senato ad inizio 2014.
Alla Camera tutti i partiti hanno lasciato libertà di voto ai propri deputati: i socialisti e il Fronte di sinistra hanno votato in maggioranza a favore, contro si sono schierati soprattutto radicali e Verdi, mentre il fronte del centro-destra con l’Ump (Unione per un movimento popolare) e Udi (Unione dei democratici e indipendenti) sono risultati divisi.
Oltre alle multe per i clienti, il disegno di legge prevede l’istituzione di un fondo per proteggere le vittime della prostituzione. Una parte importante della legge è  quella dedicata alle prostitute straniere che si impegnano ad abbandonare l’attività in cambio di un permesso di soggiorno di sei mesi.   Fino ad ora in Francia il sesso a pagamento era legale ma ne era vietato lo sfruttamento e la prostituzione minorile, così come l' "adescamento passivo "  ( legge di Nicolas Sarkozy - 2003 ). In caso di approvazione anche da parte del Senato, Parigi si allineerà alla Svezia e alla Norvegia, paesi all’avanguardia nella lotta alla prostituzione.
Ma questa  proposta di legge ha innescato un acceso dibattito in Francia  e le prostitute sono scese sul piede di guerra per la paura di perdere  clienti, dopo  il provvedimento, ed hanno puntato  il dito anche contro l’ulteriore precarizzazione delle loro condizioni di lavoro. «Siamo unanimi nel ritenere che la criminalizzazione dei clienti non farà sparire la prostituzione ma accentuerà l’insicurezza delle prostitute costringendole ulteriormente alla clandestinità», ha commentato un collettivo di associazioni contrarie alla normativa.
A fianco delle lucciole si sono schierati i firmatari del manifesto dei «343 bastardi» che, contro la penalizzazione dei clienti, all’inizio di novembre avevano rivendicano il diritto al sesso a pagamento tra adulti consenzienti.
Tra  loro vi sono pure esponenti del mondo della cultura e dei media, come il giornalista Frederic Beigbeder, il regista teatrale Nicolas Bedos e Richard Malka, avvocato di Dominique Strauss-Kahn. La petizione richiamava alla memoria il «manifesto delle 343 puttane» pubblicato nel 1971 sul Nouvel Observateur, con il quale le firmatarie ammettevano di aver avuto un aborto, esponendosi così alle conseguenze penali.
Quella presa di posizione contribuì notevolmente all’apertura di un dibattito pubblico sull’aborto, allora illegale, che si concretizzò nella legge Simone Veil del 1974, che rese possibile l’interruzione di gravidanza.
E' altrettanto forte invece il sostegno alla legge da parte delle femministe, come Anne Zelensky che a novembre  si era scagliata contro il nuovo manifesto dei bastardi, puntando il dito contro «il perverso gioco di prestigio dove la libertà è messa al servizio della difesa di una schiavitù di fatto».
 Con l’approvazione alla Camera, le associazioni contro il sesso a pagamento hanno salutato la «svolta storica», auspicando un’identica presa di posizione contro la «violenza prostituzionale» anche da parte del Senato.

E noi, che facciamo in Italia ? Continueremo ancora, nei secoli dei secoli a venire , a vedere quelle povere disgraziate lungo i bordi delle strade a contrattare il prezzo di una prestazione con i clienti delle auto ? 
Il Parlamento italiano è impegolato in ben altre beghe in questo periodo , dal Porcellum al Mattarellum, dalla disoccupazione in eccesso alle tasse sulla prima casa - la paghiamo, non la paghiamo, la pagheremo o non la pagheremo , questo è il dilemma - , da Renzi Berlusconi e Grillo che piantano casino ad oltranza a .... vattelapesca !
Ma i Parlamentariattuali  hanno pensato mai al mestiere più antico del mondo e alla difesa e protezione delle donne che lo praticano ? Creeranno pure loro prima o poi una nuova legge che colpisca i clienti e li induca a ridurre il mercato del sesso a pagamento ?

Nelson Rolihlahla Mandela

Nelson Rolihlahla Mandela 
 Madiba  nome all'interno del clan di appartenenza,  etnia Xhosa
Mvezo, 18 luglio 1918 – Johannesburg, 5 dicembre 2013
premio Nobel per la pace nel 1993 insieme al suo predecessore Frederik Willem de Klerk
 
"Il Sudafrica  e il mondo intero piangono Mandela,  un’icona del Novecento per la sua lotta contro l’apartheid. I funerali solenni si celebreranno domenica 15 dicembre a Qunu, il villaggio della sua famiglia. Il 10 è fissata la commemorazione nazionale nello stadio di calcio di Johannesburg.
I familiari si sono già riuniti per la prima cerimonia tradizionale, chiamata “chiusura degli occhi”, durante la quale hanno “parlato” con Mandela, così come con i suoi antenati, per spiegare loro cosa avviene in ogni fase di passaggio dalla vita all’aldilà. Dopo questa cerimonia, il corpo dell’ex presidente sudafricano è stato trasferito nell’obitorio di un ospedale militare di Pretoria. 
Tra il sesto e l’ottavo giorno dopo la sua morte, il corpo di Mandela sarà esposto per tre giorni nella sede del governo a Pretoria, lo stesso dove il 10 maggio  1994 giurò da primo presidente del Sudafrica del post-apartheid. Il primo giorno potranno rendergli omaggio leader e personalità, mentre nei due giorni successivi si metteranno in fila i comuni cittadini. Nel nono giorno dopo la sua morte, venerdì prossimo, un aereo militare con a bordo la salma di Mandela decollerà alla volta di Mthatha, città principale della Provincia orientale del Capo, dove si trova Qunu, il villaggio in cui Madiba nacque  e dove trascorse gli anni della sua infanzia. È qui che i militari passeranno alla sua famiglia la responsabilità dei resti dell’ex presidente sudafricano ed è qui che, al tramonto, i leader dell’African national congress (Anc) ed i parenti si riuniranno per una veglia di preghiera privata. Infine, sabato prossimo i funerali di Stato - cui sono attesi decine di leader stranieri, tra cui il presidente degli Stati Uniti Barack Obama - che si svolgeranno sotto un’enorme tenda allestita sulle colline dove Mandela giocava da bambino, e la sepoltura, a mezzogiorno, in un’area appositamente predisposta per lui e dove sono già sepolti alcuni suoi famigliari.  " da La Stampa online
Anch'io piango quest'uomo di cui ogni anno parlo ai miei alunni di terza perché è stato un grande uomo: un uomo che, dopo 27 anni passati nelle prigioni del regime segregazionista sudafricano bianco,  non ha mai pronunciato una volta la parola vendetta.
I suoi ultimi mesi lo hanno visto per ben quattro volte ricoverato in ospedale  a causa di infezioni polmonari, conseguenze della tubercolosi contratta nei lunghi anni di prigione a Robben Island, e intorno a lui si sono scatenate le liti sconcertanti dei suoi familiari
Ma il suo sorriso resterà sempre nei nostri cuori  Ha sconfitto l' apartheid di Botha, l’ultimo razzista bianco in Sudafrica ma ha sempre rifiutato di essere un’icona:   ’Mi si considera un santo: io non lo sono, non lo sono mai stato anche se si fa riferimento alla definizione più concreta secondo cui un santo è un peccatore che cerca di rendersi migliore…’’.
E' stato un figlio di capi che portava, a piedi scalzi le pecore al pascolo , l’avvocato senza paura che sfidava i signori dell’apartheid e diventava militante dell' ANC nel 1942 e due anni dopo il fondatore dell'associazione giovanile Youth League, insieme a Walter Sisulu e Oliver Tambo ; il murato vivo di Robben Island, matricola 46664, nella tomba per i condannati all'ergastolo da cui non c’era scampo.  Mandela ha conosciuto la solitudine del prigioniero e la solitudine dell’uomo di successo , ma ha saputo perdonare ed ha insegnato a perdonare
E' stato il primo Presidente del Sudafrica  dopo l' apartheid  ma si è ritirato a vita privata dopo il primo mandato
Un Grande Grande Grande Uomo ....
 

sabato 30 novembre 2013

Coiln Russel libero!

"I miei diritti umani sono stati violati in modo ingiusto. Non ho fatto niente di male. Non capisco le ragioni per cui sono stato arrestato. Ho trascorso due mesi difficili in carcere, senza motivo. Non ho commesso nessun crimine. Ringrazio il mondo intero che si sta battendo per la nostra causa. Siete delle belle persone" - Colin Russell
 
Colin Russel  è uno degli Artic 30, i 30 attivisti di Greenpeace arrestati a settembre in Russia per aver protestato contro le piattaforme petrolifere russe nell'Artico A differenza degli altri attivisti è ancora in carcere senza motivazioni specifiche
Ecco il messaggio di sua moglie a chi, come me, aveva firmato per la loro liberazione a settembre :
" "Sono passati 71 giorni di preoccupazione e ansia per me e per nostra figlia Maddie. Tutto questo solo perché Colin e altre 29 persone sono state così coraggiose da dire alle compagnie petrolifere come Shell e Gazprom di fermare la distruzione dell'Artico."
Queste sono le parole di Chrissie, la moglie di Colin Russell: l'unico degli Arctic30 a dover affrontare altri tre mesi in una prigione russa. A 29 dei 30 attivisti coinvolti è stata concessa la libertà su cauzione dopo due lunghi mesi di carcere, ma non a Colin. E ancora non è stata fornita una motivazione ufficiale "


Io ho firmato una nuova petizione  di Greenpeace al Ministro Australiano
Se volete   firmate anche voi  l’appello, chiedendo al Primo Ministro Australiano di intervenire per liberare Colin 
Basta cliccare qui

e se volete saperne di più sugli Artic 30 e sullo sfruttamento e la distruzione delle risorse nell'Artico da parte delle multinazionale andate a vedere l'ultimissimo video di Greenpeace  qui

Artic 30 Cristian D’Alessandro libero

Nei giorni scorsi il Presidente della Russia Vladimir Putin è stato in Italia, prima a Roma dove ha incontrato il Santo Padre Papa Bergoglio e il Presidente della Repubblica Napolitano, e a Trieste per scambi economici con l'Italia
Pochi giorni prima uno dei 30 attivisti di Greenpeace, arrestati dai Russi ed imprigionati, prima per terrorismo e poi per vandalismo, l'italiano Cristian D’Alessandro era stato liberato su cauzione, con l'obbligo di non lasciare il suolo russo
A settembre io avevo firmato nel sito di Greenpeace per il suo arresto ingiusto in acque internazionali
 
Ecco la lettera che sua madre ha inviato a tutti noi che abbiamo sostenuto suo figlio :
" ... anche mio figlio, Cristian D’Alessandro, è stato rilasciato su cauzione dal centro di detenzione SIZO1 a San Pietroburgo. La libertà su cauzione è stata concessa dietro il pagamento di una cauzione di 2 milioni di rubli, circa 45 mila euro. La cauzione è stata pagata con i fondi di Greenpeace International.
Come madre questo è di grande conforto per me, e rappresenta un primo passo importante per dimostrare che mio figlio non ha commesso nessuno dei crimini per cui lui e i suoi compagni sono accusati. Vedere finalmente Cristian uscire dal centro di detenzione è un’immagine di speranza che tutti noi abbiamo aspettato con ansia negli ultimi mesi, anche se non sappiamo ancora quando tornerà a casa.
Ringrazio il Ministero degli Esteri e la rappresentanza diplomatica in Russia per il loro prezioso aiuto. Ora aspettiamo che tutti gli attivisti, incluso l’australiano Colin a cui la libertà su cauzione è stata negata, escano dal carcere. Siamo sollevati, ma non stiamo festeggiando: sono tutti ancora accusati di vandalismo, crimine molto serio che non hanno commesso, e rischiano anni di carcere. Gli Arctic30 saranno liberi quando cadranno le accuse ingiuste e anche l’ultimo di loro sarà tornato a casa dalla propria famiglia.
Io e mio marito non vediamo l’ora di poter parlare con nostro figlio. "
 
Sicuramente sono importanti anche gli interessi commerciali e Putin è il perno per far cessare quella sanguinosa e devastante guerra civile in Siria, in quanto è sostenitore di Assad ( e come non poteva non esserlo ! ) , ma io spero che Papa Francesco ed i nostri governanti non dimentichino che Putin non è certo un democratico e che in Russia i diritti civili di tutti, gay compresi, non esistono !
Una delle Pussy Riot condannata è "sparita" in  un carcere della Siberia , tanto per fare un esempio ....

mercoledì 27 novembre 2013

17 e 43

"  Silvio Berlusconi non è più senatore della Repubblica. Ma alle 17 .43, mentre il Senato vota la sua decadenza tra donne di Forza Italia in nero come segno di lutto e grillini in festa, il Cavaliere da via del Plebiscito mette in chiaro che lui no, non esce di scena. «Resterò in campo», assicura ai fedelissimi (pochi)che in piazza sfidano la tramontana. «Mi batterò anche fuori dal Parlamento come altri leader. Come Grillo e Renzi...», spiega.  " da La Stampa TO
Oggi pomeriggio mentre stavo correggendo delle verifiche ho acceso la Tv ed ho fatto zapping tra diversi canali  . Ovunque c'erano speciali dal Parlamento o dalla piazza dove Berlusconi parlava dal palco
L'apoteosi di una farsa che continua da mesi e che, secondo me, non finirà  tanto presto
Purtroppo !
E se non bastasse Berlusconi, ecco che anche Renzi apre bocca ogni due secondi e Grillo non è da meno....
Ma non hanno null'altro da fare ???
Il Finish di Renzi dovremmo  dirlo noi A loro E magari aggiungerci anche un bel Sciò .... che non ne possiamo più di questi affabulatori, urlatori , venditori di fumo che gridano gridano ma pensano solo ed esclusivamente a loro ed ai loro interessi ...

martedì 19 novembre 2013

Lea Garofalo, pentita dell'ndrangheta'

Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia, fu prelevata in centro, a Milano, a pochi passi da Corso Sempione, la sera del 24 novembre  2009, un mese a Natale. A bordo di un furgone bianco fu portata in un casolare alle porte di Monza, dove  fu torturata per ore affinché dicesse la verità sul suo racconto alla polizia - Lea  aveva "spifferato" verità scomode su alcuni omicidi di 'ndrangheta a Milano - , poi uccisa con un colpo di pistola e infine bruciata,  e non dissolta nell'acido, come gli inquirenti  ipotizzarono  per lungo tempo, in un campo della Brianza
Nel  marzo 2013, i sei indagati per l'omicidio di Lea , tra cui l'ex marito, Carlo Cosco, il fratello Vito e l'ex fidanzato della figlia Denise, tutti originari di Petilia Policastro, comune del crotonese,  come lo era anche Lea, sono stati condannati all'ergastolo. 
 La vita di Lea è stata una vita difficile. In tenera età perse il padre e   il fratello, entrambi uccisi dalla 'ndrangheta. Poi sposò Carlo, giovane rampollo della malavita locale. Giovane ed inconsapevole,  Lea si ritrovò a   vivere una vita che non voleva, una vita che conosceva già, ma che avrebbe voluto evitare alla figlia Denise    .
Per questo motivo decise di collaborare con la giustizia, finendo in un inferno fatto di solitudine e continui cambi di residenze, fino alla decisione  azzardata e molto pericolosa di lasciare il programma di protezione. Si era infatti fidata ed era  convinta che fossero disposti a perdonarla  Aveva in mente di andarsene in Australia, ma il suo viaggio finì a Milano, dietro Corso Sempione, poco dopo aver lasciato la figlia.
Lea   è stata una donna coraggiosa che ha pagato le sue scelte  con la vita. Di lei sono rimasti 2.800 frammenti ossei, in tutto un chilo e trecento grammi, trovati il 21 novembre 2012

Sabato 19 ottobre 2013 a Milano, grazie alla volontà di sua figlia Denise e dell'associazione di Don Ciotti Libera, Lea, con un ritardo di quattro anni,  ha avuto  un funerale  civile con tanta gente e tanta commozione
«In ricordo di Lea, la mia giovane mamma uccisa per il suo coraggio  era la dedica, dettata dalla figlia Denise,   sui segnalibri che  in piazza Beccaria sono stati distribuiti a chi ha partecipato  ai funerali
«Lo celebreremo a Milano per testimoniare la vicinanza dei milanesi e di tutti coloro che, da ogni parte d’Italia, combattono le mafie e la criminalità organizzata», aveva annunciato il sindaco Pisapia. «Il giorno dei funerali sarà un momento di riflessione che coinvolgerà tutta la città. Lea Garofalo non era nata a Milano, ma in questa città era arrivata piena di speranze, qui ha avuto il coraggio di ribellarsi alla ‘ndrangheta diventando testimone di giustizia. Un coraggio che ha pagato con la vita».
Nella stessa giornata il giardino di via Montello, di fronte al palazzo controllato dal clan Cosco, è stato intitolato a Lea Garofalo
 Ci sono state anche altre iniziative organizzate insieme all’associazione Libera. A lei è stato dedicato il secondo Festival dei beni confiscati, che si è tenuto a Milano dall’8 al 10 novembre. Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, ha spiegato il significato del segnalibro: «Vogliamo riaffermare il potere dei segni contro i segni del potere. Il segnalibro riafferma l’importanza della cultura contro la mentalità mafiosa».

Ai funerali di Lea don Ciotti ha portato anche un mazzo di fiori a nome di Carmine Venturino, ex fidanzato di Denise e condannato all’ergastolo per l’omicidio di Lea. Carlo Cosco aveva ordinato a Carmine di uccidere anche Denise. «Ma lui si è rifiutato e per questo la ‘ndrangheta lo ha condannato a morte - ha raccontato don Luigi Ciotti -. L’ho incontrato in carcere e sta facendo un percorso interiore profondo. Anche lui, un ragazzo, ha scelto ad un certo punto di dire di no».
Un dramma nel dramma, la storia di Venturino. E un pentimento per amore.
Carmine Venturino, condannato all'ergastolo,  ha spiegato così la sua scelta di collaborare e raccontare la verità sulla morte di Lea,   testimone di giustizia  bruciata “finché non rimase che cenere”. 
Ho fatto questa scelta per amore di Denise, perché sapesse come sono andate le cose nell’omicidio di sua madre, perché Denise occupa il primo posto nel mio cuore” ha detto in aula  l’uomo al processo d’appello davanti ai giudici della corte d’Assise d’Appello di Milano. A luglio, a tre mesi di distanza dal verdetto di primo grado, aveva svelato anche nuovi particolari sul sequestro e sull’omicidio della vittima.
 “Carlo Cosco è uno ‘ndranghetista – ha spiegato Venturino – ed ha sempre avuto il progetto di far sparire Lea”. Per questa vicenda  io ho perso Denise e sono molto provato”.
Denise è parte civile nel processo contro il padre ed è sotto protezione da anni ed assiste all’udienza – nascosta – in un corridoio vicino all’aula. Nel processo di primo grado ha testimoniato e accusato gli assassini di sua madre.

venerdì 8 novembre 2013

La pappa pronta

Leggo tutti i giorni il quotidiano La Stampa di Torino e in particolare il Buongiorno di Massimo Gramellini e le Lettere al Direttore , Mario Calabresi. Ieri una lettera, a cui il direttore ha risposto, mi ha particolarmente interessata perché la persona che ha scritto, una donna classe 1975, ha affrontato il problema scuola e genitori Io appartengo alla classe 1955 e come persona ma ancor più spesso come insegnante ricordo con nostalgia i miei anni scolastici, quando in classe non c'era la maleducazione e i genitori non criticavano mai i docenti davanti ai propri figli, anche se talvolta non approvavano minimamente il loro operato, ma a quanto pare, dopo aver letto la lettera di Francesca T., anche chi ha vent'anni meno di me prova sentimenti simili ai miei !
Lettere al direttore
 07/11/2013
Quanti genitori si trasformano in avvocati e sindacalisti dei figli
Gentile Direttore, ai tempi miei (classe 1975) ad essere messo dietro la lavagna era l’alunno irriverente e ad essere tenuto sott’occhio era l’allievo lavativo/lento di comprendonio. Il soggetto che prendeva siffatti provvedimenti, maestro o insegnante, agiva serenamente nell’interesse di quel ragazzo, sia della classe intera, sostenuto nelle scelte dalla schiera fiduciosa dei genitori.
Ai tempi miei si credeva ancora nel valore dell’exemplum e nel valore di una sana santa sgridata. Il divorzio era una rarità, per le malattie si andava dal medico e non su internet.
Oggi divergenza di opinioni significa subito rottura, la dialettica è cosa di avvocati, cui si ricorre anche se il proprio medico fa diagnosi diverse da Internet. In famiglia e soprattutto in classe non si può sgridare più, pena il vacillare della tenera psiche dei ragazzi e insieme correre il rischio di essere denunciato dal genitore, sempre sulla difensiva, mai in ascolto (forse nemmeno del figlio). 
Educare fa rima con comprare, lodare e fare. Fare attività, gite, feste. Fare sport. Tanto. Troppo, sano, sanissimo, ma troppo: tutti i giorni per riempire il tempo settimanale. Forse – cattiveria mia - per limitare le ore di condivisione domestica genitore-bambino, ingestibili per molte mamme.
Una volta educare era anche sgridare, disapprovare ma anche motivare e contenere. E per contenere bisogna creare confini. Dire no. Porre divieti. 
E il tempo era gestito a tappe evolutive, non a giorni settimanali. Ovvero: non «il martedì fa tennis» ma «quando avrai otto anni e le tue spalle saranno più forti potremo pensare anche al tennis».
C’era un progetto per questi nostri figli. Oggi è tutto un parcheggio.
Ma veniamo alle insegnanti. Possibile che siano loro a essere oggetto di continue valutazioni e «verifiche» dei genitori? Loro che dovrebbero essere libere e serene anche di valutare i ragazzi. Loro che ai ragazzi dovrebbero insegnare attraverso le materie il metodo, la conoscenza e anche un po’ la vita.
Valutare è anche capire e dare uno specchio in mano per vedersi. Ma pare una parola bruttissima, che invecchia e impoverisce i genitori che in quello specchio ci si vedono riflessi.
Per carità ce ne saranno di capre anche nella classe insegnante e si spera in molti che il nuovo esame di stato possa decimare le pecore nere ma perché torchiarle per principio?
Mi si diceva «la maestra ha ragione» anche quando i miei non lo pensavano e questa era la vera comunicazione scuola-famiglia, che consentiva di frequentare la scuola con serenità e sicurezza.
Col tempo imparavamo a capire da che parte fosse realmente la ragione ma quella granitica affermazione tornava a rassicurarci che la scuola era cosa buona e giusta. E nostro dovere.
Oggi mamme e papà privi di cultura o puramente acculturati di titoli pretendono di giudicare il metodo degli insegnanti. Giudicano. Ricorrono ai superiori.  
Parlano e stroncano scuole e carriere con il loro insano tam tam.
Credono di sapere. Dubitano, diffamano. Maestra dietro l’angolo. Mamma in cattedra. A dire cosa? 
Ai nostri figli insegniamo la critica prima ancora che imparino a ragionare. Decostruiamo il loro mondo. Collaboriamo alla loro presunzione, maschera della fragilità.
L’unica certezza? Martedì c’è tennis. 
Forse rieducare le famiglie alla scuola potrebbe essere un primo semplice passo. E chissà che non migliori anche le performance italiane ai test Invalsi.
 
Francesca T.
Questa lettera ha il pregio di esprimere con forza, lucidità e chiarezza un punto di vista e di porre un problema reale che io condivido. Spesso penso con preoccupazione a come i genitori rischino di trasformarsi negli avvocati o nei sindacalisti dei propri figli, svegliandosi un giorno con la rabbia di vederli passivi, «sdraiati» o sfiduciati.  
Le maestre o i professori non saranno di certo perfetti, come non lo saranno molti superiori o capi-ufficio poi nel lavoro, ma è utile imparare a confrontarsi e a crescere, senza avere la pappa pronta e il pronto soccorso della mamma! 
Mario Calabresi 

domenica 28 aprile 2013

Attentato a Palazzo Chigi

Stamattina stavo seguendo in diretta su Rainews24 il giuramento dei ministri del nuovo governo Letta al Quirinale quando sono improvvisamente state fatte passare le prime immagini  / qui e qui /di una sparatoria appena avvenuta nella piazza davanti a Palazzo Chigi, sede del Governo
Immagini drammatiche con i corpi di due carabinieri stesi a terra
Un uomo di 49 anni arrestato subito dopo ha sparato contro gli uomini dell'Arma in servizio un intero caricatore, ferendo anche di striscio una passante incinta
Uno dei due carabinieri, il brigadiere Giuseppe Giangrande, 50 anni, è stato raggiunto da un colpo d’arma da fuoco al collo e le sue condizioni appaiono serie. Ha subito un lungo intervento. L’altro militare, l’appuntato Francesco Negri, 30 anni, è rimasto ferito a una gamba e le sue condizioni, pur se gravi, sarebbero meno preoccupanti. Entrambi sono effettivi al Battaglione Toscana.
Spero che i due servitori dello Stato superino le conseguenze gravi del ferimento e possano guarire I politici dovrebbero proporre una medaglia per questi due militari ma anche per l'altro militare dell'Arma che ieri è intervenuto durante una rapina ed è stato barbaramente ucciso dai quattro banditi 
 

giovedì 28 marzo 2013

Napolitano e Gauck a Sant'Anna

Domenica scorsa è stata una giornata storica molto importante per Sant'Anna di Stazzema, la cittadina dell'alta Versilia, che nel 1944 fu uno dei luoghi degli eccidi nazifascisti in Italia. I presidenti di Italia e Germania, Giorgio  Napolitano e Joachim Gauck, si sono incontrati  in questo luogo simbolo degli orrori nazisti, come Marzabotto e Boves, per non dimenticare e per rafforzare un percorso di pace tra i due Paesi 
Sant'Anna di Stazzema fu teatro dell'eccidio del 12 agosto 1944 in cui 560 civili, fra cui molte donne e bambini, furono fucilati a sangue freddo dall'esercito tedesco e questo viaggio ufficiale dei due Capi di Stato nasce sia dalle tre visite che una delegazione di Stazzema ha ottenuto al Quirinale, l'ultima lo scorso gennaio, che dai rapporti di amicizia e di collaborazione allacciati con la Germania, con Rolf Fliss, sindaco di Essen, e Martin Schulz, presidente del parlamento europeo venuto a Sant’Anna il 12 agosto 2012 dopo aver ricevuto una delegazione di superstiti nel suo studio di Bruxelles.
 
Dal sito " quirinale.it" il discorso del Presidente della Repubblica italiana, alla sua ultima uscita ufficiale prima del termine del suo mandato di sette anni :
 
Caro Sindaco, caro Enrico Pieri, uomini e donne di Sant'Anna di Stazzema, pensavo questo poco fa: si possono leggere libri, si possono leggere ricostruzioni attente, documentate, puntuali della strage di Sant'Anna di Stazzema, si possono leggere relazioni importanti - a cui è giusto riconoscere quel che va riconosciuto - di storici italiani e tedeschi, ma bisogna venire qui, e bisogna anche inerpicarsi lassù, fino all'Ossario, fino al monumento accanto al quale abbiamo deposto la nostra lapide, comune in tutte e due le lingue, per toccare con mano, per sentire che cosa siano state l'assurdità e la ferocia - senza uno straccio di giustificazione, senza uno straccio di pretesto - che si abbatterono sulla popolazione inerme di questo piccolo borgo sperduto, che non era una fortezza da espugnare: era soltanto un grumo di umanità che mai avrebbe dovuto essere oggetto di una simile feroce distruzione.
Sono molto contento che sia qui, con me, il Presidente Gauck. Vedete, io non ho nessun merito per la sua visita: ho fatto solo da postino, perché quando un mese fa sono andato a Berlino, ho pensato di consegnargli la lettera di Enrico Pieri, ed è stata sufficiente quella perché Gauck decidesse con assoluta determinazione di venire a Sant'Anna di Stazzema. Direi che da quel giorno, pur sapendo che avevo molti problemi per la situazione in Italia, è stato tenace nel chiedermi l'intesa sul momento, sulla data in cui venire insieme qui.
Ci siamo facilmente messi d'accordo e ci troviamo ora l'uno accanto all'altro. Ed è di grandissimo significato ed importanza, caro Presidente Gauck, che lei sia qui, lei che anche nelle condizioni di una Germania divisa, e sfidando la repressione poliziesca, è stato tenace assertore di ideali di libertà, di mobilitazione e di partecipazione civica, lei che è oggi Presidente della Repubblica Federale, simbolo dell'unità in cui la Germania si è ricomposta su una comune base democratica e costituzionale, e che è, insieme, simbolo e protagonista dei principi di unità e solidarietà in cui si riconosce l'Europa.
Vedete, l'Europa unita l'abbiamo costruita insieme in questi sessant'anni, e la costruzione è ancora ben lontana dall'essere terminata. L'abbiamo costruita insieme facendola risorgere una prima volta dalle rovine della guerra conclusasi nel 1945 e una seconda volta dopo l'89, dalle aberrazioni della guerra fredda, dall'autoritarismo e dalla sovranità limitata nelle regioni dell'Est tedesco e nei paesi dell'Europa Centro-Orientale.
E vorrei dire che tra le pietre con cui abbiamo costruito questa Europa unita, c'è la pietra della memoria. Ne costituisce uno dei fondamenti, la pietra di una memoria che non può essere rimossa, di una memoria consapevole degli errori e degli orrori di tutte le guerre del novecento e, soprattutto, delle guerre di aggressione scatenate tra il 1939 e il 1940-41 dalla Germania nazista e dall'Italia fascista.
Ora, carissimi amici di Sant'Anna di Stazzema, voi che avete resistito alla furia di quella terribile strage, che siete sopravvissuti, che avete coltivato la memoria, voi che avete combattuto per la libertà, voi lo sapete bene, e io lo voglio ripetere, come noi italiani siamo fieri della straordinaria prova di volontà appassionata ed eroica di riscatto che offrimmo fra il settembre del 1943 e l'aprile del 1945 con la Resistenza, con il movimento partigiano, con l'esercito di Liberazione: la prova che offrimmo anche tra queste cime, anche in queste valli nelle condizioni più difficili, sfidando quello che purtroppo venne a scatenarsi contro il popolo di Sant'Anna di Stazzema. Siamo di ciò orgogliosi e fieri ma non dimentichiamo i misfatti del fascismo, le vergogne e la catastrofe in cui il fascismo trascinò l'Italia. Non lo dimentichiamo, non lo cancelliamo solo perché siamo riusciti a liberarcene in modo straordinario con la Resistenza.
Ma come mai noi accettammo che il popolo italiano potesse essere identificato col fascismo, così mai abbiamo accettato che il popolo tedesco potesse essere identificato col nazismo. Mai abbiamo dimenticato che cosa è stata la grande cultura tedesca di cui si sono nutrite le scuole italiane, l'intellettualità italiana; mai abbiamo dimenticato come quella grande cultura tedesca rappresenti uno dei fondamenti della civiltà europea.
La verità è che ci tocca farci entrambi carico delle responsabilità delle generazioni che ci hanno preceduto. Così come se ne fece carico Willy Brandt che combatté contro il nazismo da tedesco, ma che da Cancelliere della Germania Federale si inginocchiò dinanzi al monumento delle vittime del ghetto di Varsavia.
Ebbene, noi dobbiamo fare questo, e per quel che riguarda l'Italia lo abbiamo fatto anche noi proprio in questi anni nel rapporto con paesi dei Balcani contro cui il fascismo italiano scatenò una tremenda guerra di aggressione e in cui, poi, anche gli italiani che vivevano in quelle terre pagarono le conseguenze di ritorsioni sempre fatali in così drammatiche, terribili circostanze.
Ebbene, noi abbiamo trovato, caro amico Gauck, la via della riconciliazione con la Croazia, con la Slovenia, con i popoli dei Balcani, siamo riusciti e stiamo riuscendo a fare del mare Adriatico di nuovo un mare di pace e di collaborazione. Non dimentichiamo le nostre responsabilità storiche, ma guardiamo avanti. Guardiamo avanti onorando innanzitutto il terribile sacrificio delle vittime, e mai si potrà dire tutto il merito di coloro che coltivano l'omaggio a queste vittime ; guardiamo avanti coltivando e trasmettendo la memoria storica come patrimonio comune.
Ha detto delle cose molto belle il Presidente Gauck or ora, sul concetto di colpa, sul problema del come si può anche vedere condannata moralmente e storicamente la colpa di regimi infami. Io vorrei a mia volta dire che questa memoria, questo omaggio collettivo è anch'esso un'alta forma di giustizia, anche più alta di quella che talvolta non si riesce a trovare nei tribunali. Per quanto possiamo rammaricarcene, addolorarcene, per quanto possiamo deplorare che non si riesca ad avere giustizia nei tribunali, siamo certi che questo nostro omaggio, questa nostra memoria è un'alta forma di giustizia per quello che voi avete sofferto. Ed è la condanna più pesante di ogni altra per coloro che portano la colpa di quelle sofferenze.
Soprattutto guardiamo avanti. Ci incontriamo oggi in un autentico spirito di fraternità europea. Questa non è una parola vacua, questo è il frutto di straordinari sforzi, di esperienze durissime, contraddittorie, di tanti alti e bassi e tenaci rilanci.
Caro Enrico Pieri, tu hai ragione di essere così rammaricato, perfino triste, preoccupato, ti prego - ma non mi pare che tu lo sia - non pessimista. E' vero, sarebbe veramente inaudito che noi lasciassimo dissolvere il patrimonio di unità, solidarietà e fraternità che abbiamo costruito in Europa. Credo che i nostri Paesi, l'Italia e la Germania, i nostri governi, le nostre persone non lasceranno dilapidare questo straordinario patrimonio, ma porteranno avanti l'impegno per la costruzione europea.
Vi ringrazio tutti. E voglio dire semplicemente: caro Presidente Gauck, io sto per concludere il mandato di sette anni di Presidente della Repubblica, questo è probabilmente l'ultimo atto pubblico ufficiale che compio, e sono felice che sia questo; porterò come memoria preziosa e come lascito del mio settennato l'esempio che lei mi dà di nobiltà d'animo e di amicizia. 

I pensieri di Papa Bergoglio

Domenica scorsa era la Domenica delle Palme. Ho seguito in diretta Tv la messa celebrata dal nuovo papa Francesco, padre Bergoglio, ed ho potuto assistere al bagno di folla presente in Piazza san Pietro E' stato impressionante vedere le migliaia di persone acclamare il papa mentre viaggiava sulla jeep scoperta, il suo sorriso, i suoi saluti, i suoi baci ai tanti bambini che gli sono stati passati, le parole affettuose al non vedente e ai disabili
Mi è piaciuto tantissimo ciò che ha detto durante l'omelia , in particolare:
"Dio non sceglie il più forte, il più valoroso, sceglie l’ultimo, colui che nessuno aveva considerato. Ciò che conta non è la potenza". "E' la potenza di Dio che affronta il male del mondo, il peccato che sfigura il volto dell’uomo: Gesù prende su di sé il male, la sporcizia, il peccato del mondo, anche il nostro peccato, e lo lava, lo lava con il suo sangue, con la misericordia, con l’amore di Dio".

"Guardiamoci intorno: quante ferite il male infligge all’umanità! Guerre, violenze, conflitti economici che colpiscono chi è più debole, sete di denaro, di potere, corruzione, divisioni, crimini contro la vita umana e contro il creato! E i nostri peccati personali: le mancanze di amore e di rispetto verso Dio, verso il prossimo e verso l’intera creazione". Gesù sulla croce "sente tutto il peso del male e con la forza dell’amore di Dio lo vince, lo sconfigge nella sua risurrezione".
 "... noi tutti possiamo vincere il male che c’è in noi e nel mondo: con Cristo, con il Bene".  ... "ci sentiamo deboli, inadeguati, incapaci, ma Dio non cerca mezzi potenti: è con la croce che ha vinto il male". ... "non dobbiamo credere al Maligno che ci dice: non puoi fare nulla contro la violenza, la corruzione, l’ingiustizia, contro i tuoi peccati". ..., "non dobbiamo mai abituarci al male". Con Cristo "possiamo trasformare noi stessi e il mondo".
Dobbiamo "portare la vittoria della Croce di Cristo a tutti e dappertutto; portare questo amore grande di Dio". Il Signore "chiede a tutti noi di non avere paura di uscire da noi stessi, di andare verso gli altri". Dunque "impariamo a guardare in alto verso Dio, ma anche in basso verso gli altri, verso gli ultimi".  ...  "la croce di Cristo abbracciata con amore non porta alla tristezza, ma alla gioia". 
 

Emergency nel mondo, contro le guerre

Con il colpo di stato nella Repubblica Centrafricana e l'arrivo dei ribelli  nella capitale, Bangui, il centro pediatrico di Emergency è rimasto l'unico aperto
In una mail  inviata in Italia Ombretta, coordinatrice medica del Centro pediatrico di Bangui, descrive la situazione tragica in cui versa il  paese africano :
" “Dopo giorni di tensioni, ieri i ribelli sono entrati a Bangui.
Alle 7 abbiamo iniziato a sentire i primi spari e il boato dei razzi, tirati vicinissimi all’ospedale: siamo a pochi metri dal Parlamento.
In serata abbiamo ricevuto 3 feriti, una bambina di due anni e due adulti, colpiti da pallottole vaganti. La bambina era stata portata subito al Complexe pédiatrique, l'ospedale pubblico pediatrico, ma era deserto. L’hanno accompagnata da noi perché siamo l’unico ospedale aperto in città.
Il nostro staff è in ospedale da 36 ore per garantire assistenza ai bambini ricoverati.
In giro ci sono sciacalli e ribelli: nessuno si muove. Anzi no: una mamma è arrivata a piedi dal PK12, che dista 8 chilometri da qui, per portare il suo bambino con la febbre dai “medici italiani”.
Da sabato mancano elettricità e acqua: abbiamo 800 litri di scorta, e per far funzionare l’ospedale ne servono 4.000 al giorno”."
Sabato 16 marzo Emergency ha invece aperto il Posto di primo soccorso (Fap) di Musa Qala, nel sud dell’Afghanistan, in uno dei distretti più pericolosi del Paese :
" Di Musa Qala si è parlato nel 2007, durante l’operazione “Snakepit”, quando le forze Isaf catturarono quella che all’epoca era considerata la roccaforte dei talebani nella provincia di Helmand. Dopo quella battaglia ce ne sono state molte altre che non hanno fatto notizia e i combattimenti, nel distretto, sono tuttora quotidiani.
Nonostante questo, finora nell’area non esistevano strutture sanitarie gratuite per i feriti, se non l’ospedale di Emergency a Lashkar-gah: tre ore e mezzo di viaggio su una strada disseminata di posti di blocco.
Abbiamo iniziato a lavorare per questo Fap un anno fa, coinvolgendo la popolazione e le autorità locali nella ricerca di un edificio adatto: non è facile trovarlo in un villaggio in guerra da così lungo tempo.
Finalmente abbiamo trovato un edificio inutilizzato che abbiamo trasformato in Fap grazie al lavoro del nostro personale tecnico di Lashkar-gah; mentre erano in corso i lavori di ristrutturazione, presso il nostro ospedale venivano formati gli Health Assistant che oggi gestiscono il Fap.
Presso il Fap di Musa Qala offriamo, gratis come sempre, il primo soccorso ai feriti e provvediamo al trasferimento in ambulanza dei più gravi al Centro chirurgico di Lashkar-gah." dalla newsletter di Emergency

Obama, la Shell e l' Artico

" La Shell ha abbandonato i suoi piani di trivellazione nelle acque artiche dell'Alaska anche per il 2013
La .Shell aveva promesso di applicare i migliori standard di sicurezza per queste trivellazioni ma il fallimento della scorsa estate e una lunga lista di incidenti e di quasi-disastri, sono una chiara indicazione che anche le "migliori" compagnie non possono trivellare offshore, nell'Artico e altrove, in sicurezza.
 Il Presidente Obama e la sua amministrazione hanno dato alle trivellazioni nell'Artico una possibilità e Shell ha dimostrato che queste attività non sono possibili. Cercare di estrarre fino all'ultima goccia di petrolio è insensato: è tempo di abbandonare la nostra dipendenza dalle fonti fossili, di promuovere efficienza energetica ed energie rinnovabili e di occuparci concretamente del riscaldamento globale.
È ora che il Presidente Obama decida di abbandonare completamente l'idea di trivellare nell’Artico e di dichiarare la zona 'off limits' all'industria del petrolio.
Entra in azione anche tu ora e unisciti alla  campagna Greenpeace per proteggere l'Artico. Chiedi al Presidente Obama di vietare le trivellazioni nell'Artico. Per sempre.
Dear President Obama
Shell just announced that it is abandoning its plans to drill in Arctic waters off the coast of Alaska this year.
Shell was supposed to be the best of the best, but the long list of mishaps and near-disasters from the company’s failed attempt to drill in the Arctic last summer is a clear indication even the ‘best’ companies can’t succeed in Arctic drilling.
Mr. President, now is the time for leadership. Arctic drilling got its chance. It’s time we kick our addiction to fossil fuels and invest in clean energy sources like wind and solar.
I am urging you to take the first step toward a clean energy future and declare Arctic drilling ‘off limits’ forever. " 
dal sito di Greenpeace Italia

Monti vs Terzi per i 2 Marò

Il caso dei due marinai italiani accusati di aver ucciso dei pescatori indiani scambiati per pirati è diventata una brutta storia sempre più complessa ed intricata. Dopo essere stati rimandati in India, dove rischiano la pena di morte, e dopo le polemiche delle ultime settimane, con una grave crisi diplomatica tra India e Italia, il ministro degli esteri italiano Terzi ha dato le dimissioni
A tal proposito ho trovato per caso sul quotidiano online La Stampa di Torino l'articolo di una giornalista veramente molto interessante riguardante i rapporti tra Monti e Terzi e come Terzi è diventato ministro nel governo Monti :
" Marò, in Aula l’ira di Monti su Terzi “Presto vedrete i suoi veri obiettivi”
La lunga “guerra fredda” fra il diplomatico e il Professore
Il premier Monti ieri alla Camera. Da martedì è anche ministro degli Esteri ad interim
  ...   Quando Giorgio Napolitano e Mario Monti devono comporre il governo tecnico, alla casella «Farnesina» c’è il nome di Giuliano Amato. Gianni Letta ha fatto di propria volontà un passo indietro, e il nome di Amato non è stato fatto dal Pd. Ma squilla un telefono, è Angelino Alfano che dice di sentire il Pdl «sottorappresentato». Fa il nome di Giulio Terzi di Sant’Agata. È l’ambasciatore italiano a Washington, come dire il numero uno delle feluche nel mondo. E Alfano viene accontentato, del resto il dossier Europa è caldissimo, Monti intende seguirlo personalmente: meglio un ambasciatore elevato al rango di ministro, che un uomo politico del calibro di Amato. 
Ma quel rapporto Monti-Terzi che parte in discesa si svilupperà tutto in salita. Fin nei dettagli: il ministro vive quasi come un vulnus alla propria visibilità che Monti proibisca a lui - come a tutto il governo - di imbarcare gratis i giornalisti al seguito (e si rifarà con gli imprenditori). Il ministro, si dice alla Farnesina, vive anche male che i suoi vice - Staffan De Mistura e Marta Dassù che ha un radicato rapporto con Giorgio Napolitano - diano interviste, fosse anche solo radiofoniche. Il primo guaio è il traccheggiamento burocratico tutto in difesa di Mario Vattani, il console nazi-rock in Giappone, figlio di quell’Umberto del quale Terzi è stato collaboratore, giovanissimo, nel suo primo importante incarico. Una vicenda gestita malissimo, e subìta da Monti che quando va in visita ufficiale a Tokyo cancella la tradizionale puntata a Osaka proprio perché lì dovrebbe essere ricevuto da Vattani jr, che ha inneggiato al fascismo cantando a Casa Pound. 
Quando scoppia il caso marò l’incidente tra i due diventa clamoroso e inevitabile. «Terzi non si è consultato né con palazzo Chigi né col Quirinale» raccontò all’epoca un’alta fonte diplomatica, rimproverando al ministro di non aver portato subito il caso in Europa, lasciando l’Italia a gestire da sola - isolata - la spinosa faccenda. Il caso marò si produce, è bene ricordarlo, perché durante il governo Berlusconi, il ministro della Difesa Ignazio La Russa s’impunta contro il collega della Farnesina, Franco Frattini, che sconsigliava vivamente di imbarcare militari nelle missioni anti-pirateria, con l’ottimo argomento (come poi si è purtroppo visto) che se fosse accaduto qualcosa sarebbe stato coinvolto tutto lo Stato italiano. Monti e poi anche Napolitano avocano il caso, lo supervisionano. Ma la supervisione non basta. Mentre i rapporti con Monti si deteriorano grazie anche allo scontro inedito e inaudito che dilaga sui giornali tra il ministro e il suo segretario generale, Gianni Massolo (che verrà sostituito, ma con un nome sgradito a Terzi) la «carenza informativa» da parte del ministro verso il titolare di indirizzo dell’azione di governo, e il garante e rappresentante dell’unità nazionale anche in politica estera - ovvero Monti e Napolitano - cresce clamorosamente sul caso della posizione italiana nel voto all’Onu per il riconoscimento della Palestina come entità statuale. Il ministro tenta lo sgambetto, cercando di allineare l’Italia sul «no» - e isolandola in Europa - dribblando Palazzo Chigi, Quirinale e Parlamento. Monti acciuffa la questione all’ultimo minuto, e riallinea l’Italia con l’Europa. Terzi viene attaccato duramente dalla sua stessa parte politica, il Pdl e An, ai quali aveva dato differenti garanzie: da ambasciatore, aveva costruito il viaggio dello sdoganamento di Fini in Israele. Il disastro sul caso marò, e il vergognoso voltafaccia in Parlamento rispetto al governo di cui è stato ministro degli Esteri, indebolendolo fortemente, è storia di questi ultimi giorni. E basterà ricordare che la decisione di tenere i marò in Italia è stata presa dal governo sulla base di «carenze informative», per non dir di peggio, da parte dello stesso ministro. "

Che la casta politica e certi partiti abbiano spadroneggiato per anni e continuino a farlo ancora mettendo i loro protetti in posti chiave ovunque è una delle peggiori abitudini italiane. Ma ancora una volta uno scandalo politico mette in pericolo degli uomini, i due marò, che sono stati mandati allo sbaraglio  E noi Italiani facciamo la figura degli idioti, se non peggio ...
Vergognoso, come sempre. Non resta che indignarci, una volta ancora !!!

domenica 17 marzo 2013

Il discorso di Pietro Grasso

Piero Grasso, nuovo Presidente del Senato italiano, è uno dei simboli dell'impegno dello Stato contro la mafia Anche il suo discorso ai nuovi senatori è stato molto interessante, in particolare il suo pensiero sugli insegnanti !
" Care senatrice, cari senatori, mi scuserete ma voglio rivolgere questo primo discorso soprattutto a quei cittadini che stanno seguendo i lavori di questa aula con apprensione e con speranza per il futuro di questo paese.
Il paese mai come oggi ha bisogno di risposte rapide ed efficaci, all’altezza della crisi economica, sociale, politica che sta vivendo.Mai come ora la storia italiana si intreccia con quella europea e i destini sono comuni.
Mai come oggi il compito della politica è quello di restituire ai cittadini la coscienza di questa sfida.
Quando ieri sono entrato per prima volta da senatore in questa aula mi ha colpito l’affresco sul soffitto che vi invito a guardare. Riporta quattro parole che sono state sempre di grande ispirazione per la mia vita e che spero lo saranno ogni giorno per ognuno di noi nel lavoro che andiamo ad affrontare: Giustizia, diritto, fortezza, concordia.
Quella concordia, quella pace sociale di cui il paese ora ha disperatamente bisogno. Domani è l’anniversario dell’unità d’Italia, quel 17 marzo di 152 anni fa in cui è cominciata la nostra storia come comunità nazionale, dopo un lungo e difficile cammino di unificazione.
Nei 152 anni della nostra storia, soprattutto nei momenti difficili, abbiamo saputo unirci, superare le differenze, affermare con fermezza i nostri valori comune e trovare insieme un sentiero condiviso.
Il primo pensiero va sicuramente alla fase costituente della nostra repubblica, quando uomini e donne di diversa cultura hanno saputo darci quella che ancora oggi viene considerata una delle carte costituzionali più belle e più moderne del mondo.
Lasciatemi in questo momento ricordare Teresa Mattei che ci ha lasciato pochi giorni fa, che dell’assemblea costituente fu la più giovane donna eletta, che per tutta la vita è stata attiva per affermare e difendere i diritti delle donne, troppo spesso calpestati anche nel nostro paese
Siamo davanti a un passaggio storico straordinario, abbiamo il dovere di esserne consapevoli, il diritto e la responsabilità di indicare un cambiamento possibile perché è in gioco la qualità della democrazia che stiamo vivendo. E allo stesso tempo dobbiamo avviare un cammino a lungo termine, dobbiamo davvero iniziare una nuova fase costituente che sappia stupire e stupirci.
Oggi è il 16 marzo, e non posso che ringraziare il presidente Colombo che stamattina ci ha commosso con il ricordo dell’anniversario del rapimento di Aldo Moro e della strage di via Fani che provocò la morte dei cinque agenti di scorta, come lui stesso ha ricordato, Raffaele Iozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. Al loro sacrificio di servitori dello stato va il nostro omaggio deferente e commosso.
Oggi bisogna ridare dignità e risorse alle forze dell’ordine e alla magistratura.
Sono trascorsi 35 anni da quel tragico giorno che non fu solo il dramma di un uomo e di una famiglia, ma dell’intero paese. In Aldo Moro il terrorismo brigatista individuò il nemico più consapevole di un progetto davvero riformatore, l’uomo e il dirigente politico che aveva compreso il bisogno e le speranze di rigenerazione che animavano dal profondo e tormentavano la società italiana. Come Moro scrisse in un suo saggio giovanile, “forse il destino dell’uomo non è di realizzare pienamente la giustizia, ma di avere perpetuamente della giustizia fame e sete, ma è sempre un grande destino.”
Oggi inoltre migliaia di giovani a Firenze hanno partecipato alla giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime della mafia. Vi confesso che mi è molto dispiaciuto non potere essere con loro come ogni anno. Hanno pronunciato e ascoltato gli oltre 900 nomi di vittime della criminalità organizzata: nomi di cittadini, appartenenti alle forze dell’ordine, sindacalisti, politici, amministratori locali, giornalisti, sacerdoti, imprenditori, magistrati, persone innocenti, uccise nel pieno della loro vita. Il loro impegno, il loro sacrificio, il loro esempio dovrà essere il nostro faro.
Ho dedicato la mia vita alla lotta alla mafia in qualità di magistrato e devo dirvi che, dopo essermi dimesso dalla magistratura, pensavo di potere essere utile al paese in forza della mia esperienza professionale nel mondo della giustizia. Ma la vita riserva sempre delle sorprese.
Oggi interpreto questo mio nuovo, imprevisto impegno con spirito di servizio per contribuire alla soluzione dei problemi del paese.
Ho sempre cercato verità e giustizia e continuerò a cercarle da questo scranno, auspicando che venga costituita una nuova commissione di inchiesta su tutte le stragi irrisolte del nostro paese.
Se oggi davanti a voi dovessi scegliere un momento in cui raccogliere la storia della mia vita professionale precedente, non vorrei limitarmi a menzionare gli amici e i colleghi caduti in difesa della democrazia e dello Stato di diritto che io ho conosciuto: non c’è, infatti, un solo nome, un volto che può raccoglierli tutti, e purtroppo se dovessi citarli tutti, la lista sarebbe ahimè troppo lunga.
Mi viene piuttosto in mente nel cuore un momento che li abbraccia a uno a uno. E’ il ricordo della voce e delle parole di una giovane donna. Mi riferisco al dolore straziato di Rosaria Costa, la moglie dell’agente Vito Schifani, morto insieme ai colleghi Rocco Di Cilio e  Antonino Montinaro nella strage di Capaci del 1992 in cui persero la vita anche Giovanni Falcone e Francesca Morvillo.
Non ho dimenticato le sue parole il giorno dei funerali del marito, quel microfono strappato ai riti e alle convenzioni delle cerimonieGiustizia e cambiamento: questa è la sfida che abbiamo davanti. Ci attende un intenso lavoro comune per rispondere con i fatti alle attese dei cittadini che chiedono anzitutto più giustizia sociale, più etica, nella consapevolezza che il lavoro è uno dei principali problemi di questo paese.Penso alle risposte che al più presto ed è già tardi dovremo dare ai disoccupati, ai cassintegrati, agli esodati, alle imprese, a tutti quei giovani che vivono una vita a metà, hanno prospettive incerte, lavori – chi ce l’ha – poco retribuiti, quando riescono a uscire dalla casa dei genitori, vivono in appartamenti che non possono comprare, cercando di costruire una famiglia che non sanno come sostenere.
Penso alla insostenibile situazione delle carceri nel nostro paese che hanno bisogno di interventi prioritari.
Penso a una giustizia che oggi va riformata in modo organico, agli immigrati che cercano qui da noi una speranza di futuro, ai diritti in quanto tali che non possono essere elargiti col ricatto del dovere e che non possono conoscere limiti, altrimenti diventano privilegi.
Penso alla istituzioni sul territorio, ai sindaci dei comuni che stanno soffrendo e faticano per garantire i servizi essenziali ai loro cittadini. Sappiano che lo Stato è dalla loro parte e che il nostro impegno sarà di fare il massimo sforzo per garantire loro l’ossigeno di cui hanno bisogno.
Penso al mondo della scuola nelle cui aule ogni giorno si affaccia il futuro del paese  e agli insegnanti che fra mille difficoltà si impegnano a formare cittadini attivi e responsabili.Penso alla nostra posizione sullo scenario europeo, siamo tra i fondatori dell’unione, il nostro compito è portare nelle istituzioni comunitarie le esigenze e i bisogni dei cittadini. L’Europa non è solo moneta ed economia, deve essere anche incontro di popoli e culture.
Penso a questa politica alla quale mi sono appena avvicinato che ha bisogno di essere cambiata e ripensata dal profondo, nei suoi costi, nelle sue regole, nei suoi riti, nelle sue consuetudini, nella sua immagine, rispondendo ai segnali che i cittadini ci hanno mandato e ci mandano e ci continuano a mandare.
Sogno che questa aula diventi una casa di vetro e che questa scelta possa contagiare tutte quante le altre istituzioni.
Di quanto radicale e urgente sia il tempo del cambiamento lo dimostra la scelta del nuovo pontefice, papa Francesco, i cui primi atti hanno evidenziato una attenzione primaria, prioritaria verso i bisogni reali delle persone.

Voglio in conclusione rivolgere a nome dell’assemblea del senato e mio personale un deferente saluto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, supremo garante della Costituzione e dell’unità d’Italia che con saggezza e salda cultura istituzionale esercita il suo mandato di capo dello Stato.Desidero anche ringraziare il mio predecessore, il senatore Renato Schifani, per l’impegno profuso al servizio di questa assemblea.
Un omaggio speciale di indirizzo ai presidenti emeriti, ai senatori a vita e a Emilio Colombo che ha presieduto con inesauribile energia la fase iniziale di questa 17esima legislatura, lui che ha visto nascere la Repubblica partecipando ai lavori della assemblea costituente.
Chiedo e concludo ricordando cosa mi disse il capo dell’ufficio istruzione del Tribunale di Palermo, Antonino Caponnetto, poco prima di entrare nell’aula del maxiprocesso contro la mafia: “Fatti forza, ragazzo, vai avanti a schiena dritta e a testa alta e segui sempre e soltanto la voce della tua coscienza”.
Sono certo che in questo momento e in questa aula l’avrebbe ripetuta anche a tutti noi. Grazie. "

Laura Boldrini presidente della Camera

Ieri è stata una giornata decisamente importante per la politica italiana: alla Camera è stata eletta Presidente una donna, Laura Boldrini, la terza  della storia repubblicana a ricoprire questa carica, dopo Nilde Iotti (1979-1983) e Irene Pivetti (1994-1996), e al Senato Pietro Grasso
Per 14 anni Laura Boldrini è stata portavoce dell'Agenzia Onu, dell'Alto commissariato per i rifugiati politici e il suo discorso da neo presidente è stato decisamente importante .
Care deputate e cari deputati, permettetemi di esprimere il mio più sentito ringraziamento per l’alto onore e responsabilità che comporta il compito di presiedere i lavori di questa assemblea.
Vorrei innanzitutto rivolgere il saluto rispettoso e riconoscente di tutta l’assemblea e mio personale al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che è custode rigoroso dell’unità del Paese e dei valori della costituzione repubblicana.Vorrei inoltre inviare un saluto cordiale al Presidente dalla Corte costituzionale e al Presidente del consiglio.
Faccio a tutti voi i miei auguri di buon lavoro, soprattutto ai più giovani, a chi siede per la prima volta in quest’aula. Sono sicura che in un momento così difficile per il nostro paese, insieme, insieme riusciremo ad affrontare l’impegno straordinario di rappresentare nel migliore dei modi le istituzioni repubblicane.
Vorrei rivolgere inoltre un cordiale saluto a chi mi ha preceduto, al presidente Gianfranco Fini che ha svolto con responsabilità la sua funzione costituzionale.
Arrivo a questo incarico dopo aver trascorso tanti anni a difendere e rappresentare i diritti degli ultimi in Italia come in molte periferie del mondo. E’ un’esperienza che mi accompagnerà sempre e che da oggi metto al servizio di questa Camera. Farò in modo che questa istituzione sia anche il luogo di cittadinanza di chi ha più bisogno.Il mio pensiero va a chi ha perduto certezze e speranze.
Dovremmo impegnarci tutti a restituire  piena dignità a ogni diritto. Dovremo ingaggiare una battaglia vera contro la povertà, e non contro i poveri. In questa aula sono stati scritti i diritti universali della nostra Costituzione, la più bella del mondo. La responsabilità di questa istituzione si misura anche nella capacità di saperli rappresentare e garantire uno a uno.
Quest’Aula dovrà ascoltare la sofferenza sociale. Di una generazione cha ha smarrito se stessa, prigioniera della precarietà, costretta spesso a portare i propri talenti lontano dall’Italia.
Dovremo farci carico dell’umiliazione delle donne che subiscono violenza travestita da amore. Ed è un impegno che fin dal primo giorno affidiamo alla responsabilità della politica e del Parlamento.
Dovremo stare accanto a chi è caduto senza trovare la forza o l’aiuto per rialzarsi, ai tanti detenuti che oggi vivono in una condizione disumana e degradante come ha autorevolmente denunziato la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo.
Dovremo dare strumenti a chi ha perso il lavoro o non lo ha mai trovato, a chi rischia di smarrire perfino l’ultimo sollievo della cassa integrazione, ai cosiddetti esodati, che nessuno di noi ha dimenticato.
Ai tanti imprenditori che costituiscono una risorsa essenziale per l’economia italiana e che oggi sono schiacciati dal peso della crisi, alle vittime del terremoto e a chi subisce ogni giorno gli effetti della scarsa cura del nostro territorio.
Dovremo impegnarci per restituire fiducia a quei pensionati che hanno lavorato tutta la vita e che oggi non riescono ad andare avanti.Dovremo imparare a capire il mondo con lo sguardo aperto di chi arriva da lontano, con l’intensità e lo stupore di un bambino, con la ricchezza interiore inesplorata di un disabile.
In Parlamento sono stati scritti questi diritti, ma sono stati costruiti fuori da qui, liberando l’Italia e gli italiani dal fascismo.Ricordiamo il sacrificio di chi è morto per le istituzioni e per questa democrazia. Anche con questo spirito siamo idealmente vicini a chi oggi a Firenze, assieme a Luigi Ciotti, ricorda tutti i morti per mano mafiosa. Al loro sacrificio ciascuno di noi e questo Paese devono molto.
E molto, molto dobbiamo anche al sacrificio di Aldo Moro e della sua scorta che ricordiamo con commozione oggi nel giorno in cui cade l’anniversario del loro assassinio.
Questo è un Parlamento largamente rinnovato. Scrolliamoci di dosso ogni indugio, nel dare piena dignità alla nostra istituzione che saprà riprendersi la centralità e la responsabilità del proprio ruolo. Facciamo di questa Camera la casa della buona politica. Rendiamo il Parlamento e Il nostro lavoro trasparenti, anche in una scelta di sobrietà che dobbiamo agli italiani.
Sarò la presidente di tutti, a partire da chi non mi ha votato, mi impegnerò perché la mia funzione sia luogo di garanzia per ciascuno di voi e per tutto il Paese.
L’Italia fa parte del nucleo dei fondatori del processo di integrazione europea, dovremo impegnarci ad avvicinare i cittadini italiani a questa sfida, a un progetto che sappia recuperare per intero la visione e la missione che furono pensate, con lungimiranza, da Altiero Spinelli.
Lavoriamo perché l’Europa torni ad essere un grande sogno, un crocevia di popoli e di culture, un approdo certo per i diritti delle persone, un luogo della libertà, della fraternità e della pace.Anche i protagonisti della vita spirituale religiosa ci spronano ad osare di più: per questo abbiamo accolto con gioia i gesti e le parole del nuovo pontefice, venuto emblematicamente “dalla fine del mondo”. A papa Francesco il saluto carico di speranze di tutti noi.
Consentitemi un saluto anche alle istituzioni internazionali, alle associazioni e alle organizzazioni delle Nazioni Unite in cui ho lavorato per 24 anni e  permettetemi – visto che questo è stato fino ad oggi il mio impegno – un pensiero per i molti, troppi morti senza nome che il nostro Mediterraneo custodisce. Un mare che dovrà sempre più diventare un ponte verso altri luoghi, altre culture, altre religioni.
Sento forte l’alto richiamo del Presidente della Repubblica sull’unità del Paese, un richiamo che questa aula è chiamata a raccogliere con pienezza e con convinzione.
La politica deve tornare ad essere una speranza, un servizio, una passione.
Stiamo iniziando un viaggio, oggi iniziamo un viaggio. Cercherò di portare assieme a ciascuno di voi, con cura e umiltà, la richiesta di cambiamento che alla politica oggi rivolgono tutti gli italiani, soprattutto in nostri figli. Grazie. "

Papa Francesco e Pietro Orlandi

Sono solo quattro giorni che il cardinale Jorge Mario Bergoglio è diventato sua Santità papa Francesco ma è già riuscito a sconvolgere completamente il Vaticano, e non solo per la semplicità e la spontaneità con cui si rivolge agli altri
Ieri ha incontrato la stampa internazionale ed è riuscito ad essere simpatico persino parlando con i giornalisti. Bellissima la foto che lo ritrae con uno di loro, non vedente, e con il suo cane guida, che accarezza gentilmente
Stamattina invece ho seguito la diretta su RaiNews24 dalla chiesa di Sant'Anna in Vaticano, dove al termine della messa papa Bergoglio ha salutato ad uno ad uno i fedeli, ha stretto loro le mani,  ha  conversato e li ha esortati a pregare per lui. Ha anche accarezzato i bambini e si è dimostrato molto comunicativo  con la folla che lo aspettava dietro alle transenne
Papa Francesco ha abbracciato anche Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela Orlandi, .con cui c’è stato uno scambio di battute 
 
La madre della ragazza scomparsa 30 anni fa abita in Vaticano ed è parrocchiana di Sant’Anna. Nella cripta della chiesa è sepolto il padre di Emanuela, il messo pontificio Ercole. I familiari hanno riposto nel nuovo Pontefice le speranze di avere un aiuto nella soluzione del loro caso. 
 Il 24 febbraio, alla vigilia dell’ultimo Angelus di Benedetto XVI,  tre persone sono state sentite dal procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo, tra cui un ex allievo della scuola di musica frequentata dalla ragazza.
 Potrebbe esserci finalmente una possibile novità nell’indagine sulla figlia del commesso della Prefettura Pontificia sparita il 23 giugno  1983, quasi sicuramente rapita, e mai più ricomparsa. L’inchiesta era  ripartita negli ultimi mesi con  l’apertura della tomba nella Basilica di Sant’Apollinare del defunto boss della Banda della Magliana Enrico “Renatino” De Pedis, che secondo la testimonianza di persone a lui allora molto vicine sarebbe stato coinvolto nel sequestro.
 I resti del criminale sono stati traslati e dall’estate scorsa si stanno svolgendo al Laboratorio di antropologia e odontologia forense  di Milano lunghe e approfondite analisi su delle ossa sconosciute ritrovate nella cripta. I risultati dovrebbero arrivare tra due mesi perchè  l’anatomopatologa Cristina Cattaneo ha  chiesto ancora altro tempo ai pubblici ministeri romani.
Dall’ottobre 2012 il fratello di Emanuela Orlandi, Pietro, ha fatto una petizione, che ha superato ormai le 100mila firme,  da inviare al segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, per chiedere che si faccia luce sulla scomparsa della sorella.
Secondo Pietro, infatti, in Vaticano c’è chi conosce la verità.
Speriamo che Pietro, spesso ospite della trasmissione di Rai3 Chi l'ha visto?, possa avere un aiuto concreto dal nuovo papa e che si possa far luce su una delle pagine più misteriose della recente storia vaticana. 

giovedì 28 febbraio 2013

Due grandi Vecchi !

Oggi è stata una giornata importante per due grandi uomini che in questi ultimi anni hanno accompagnato le nostre vite di cittadini italiani
Il Presidente Giorgio Napolitano, capo dello Stato italiano, dopo essere stato ricevuto calorosamente dal presidente Barack Obama e dagli Americani, poche settimane fa, è ora in  Germania per una visita ufficiale, dove ha dichiarato  che : “L’Italia non è allo sbando Non c’è contagio, non avendo malattie” " Noi non siamo senza governo, Monti resta in carica "
 Il Papa Ratzinger si è rivolto alla folla che lo attendeva nella piazza di Castelgandolfo, dopo aver lasciato per sempre Roma ed il Vaticano, con queste bellissime parole :   «Voi sapete che oggi la mia presenza non è come le altre volte. Non sono più, anzi lo sono solo fino alle 8 della sera, il Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica. Sono ora semplicemente un pellegrino che inizia la sua ultima tappa in questa Terra, vorrei ancora lavorare con tutte le mie forze, con il mio cuore e la mia preghiera, per il bene della Chiesa e del Mondo, andiamo avanti insieme, la vostra simpatia mi fa molto bene, vi sono grato per la vostra amicizia». 
Due grandi uomini anziani ma ancora forti e decisi nelle loro idee, nei loro valori, nel loro essere capi di una grande comunità
Se tanti " giovani ", se tanti politici molto più giovani, soprattutto, imparassero da questi due Vecchi Uomini le buone maniere, il coraggio di parlare con decisione ma anche con tanta dolcezza, forse tutto sarebbe migliore e non dovremmo vivere nell'incertezza, nell'ansia e nella paura per un futuro imprevedibile ed incerto ...
Un plauso ad entrambi per tutto ciò che hanno fatto e che continueranno a fare !