lunedì 29 aprile 2013

Domenico Quirico scomparso in Siria

mario calabresi La Stampa.it Torino
" Da venti giorni abbiamo perso i contatti con il nostro inviato Domenico Quirico, in Siria per una serie di reportage dalla zona di Homs.  
Due settimane di ricerche, fatte in modo silenzioso e riservato ma in ogni direzione, coordinate dall’Unità di crisi della Farnesina, non hanno dato sinora alcun risultato concreto e così abbiamo condiviso con le autorità italiane e la famiglia la decisione di rendere pubblica la sua scomparsa, sperando di allargare il numero delle persone che potrebbero aiutarci ad avere informazioni. 
Domenico è entrato in Siria il 6 aprile, attraverso il confine libanese, diretto verso Homs, area calda dei combattimenti, per poi spingersi, se ce ne fosse stata la possibilità, fino alla periferia di Damasco. 
Era partito dall’Italia il 5 aprile per Beirut, dove era rimasto una giornata in attesa che i suoi contatti si materializzassero: la mattina di sabato 6 aprile gli abbiamo telefonato per avvisarlo del rapimento dei colleghi della Rai nella zona di Idlib. Ci ha spiegato che il suo percorso sarebbe stato completamente diverso e che ci avrebbe richiamato una volta passato il confine. Nel pomeriggio, alle 18:10, ha mandato un sms con cui annunciava al responsabile Esteri de La Stampa di essere in territorio siriano. 
Due giorni dopo, lunedì 8, ha prima mandato un messaggio alla moglie Giulietta, per confermarle che era in Siria e che era tutto ok, poi verso sera l’ha chiamata a casa. La linea era molto disturbata, ha spiegato che di lì a poco il cellulare non avrebbe preso più e che le persone con cui viaggiava gli avevano chiesto di non utilizzare il satellitare, che sarebbe stato quindi in silenzio per qualche giorno ma di non preoccuparsi. 
Martedì 9 ha ancora mandato un sms a un collega della Rai nel quale diceva di essere sulla strada per Homs. E’ stato questo l’ultimo contatto diretto avuto con Domenico. 
Prima di partire ci aveva avvisato che non avrebbe scritto niente mentre era in Siria e che per circa una settimana sarebbe rimasto in silenzio: la copertura della rete dei cellulari è saltata in molte zone dell’area di Homs e usare il satellitare non è prudente perché così si segnala la propria presenza.  
Siamo abituati ai silenzi di Domenico, che si ripetono quasi in ogni suo viaggio, tanto che l’ultima volta che era stato in Mali non lo avevamo sentito per sei giorni. Fanno parte del suo modo di muoversi e lavorare: ha sempre sostenuto che le tecnologie e le comunicazioni sono il miglior modo per farsi notare e mettersi in pericolo. La sua strategia è di viaggiare da solo, tenendo un profilo bassissimo e mimetizzandosi tra le popolazioni, al punto di condividere con un gruppo di profughi il rischio della traversata in barcone tra la Tunisia e Lampedusa. 
D’accordo con la famiglia dopo sei giorni di silenzio, lunedì 15 aprile, abbiamo avvisato l’Unità di Crisi della Farnesina del viaggio di Quirico e del suo silenzio. Il giorno dopo abbiamo fornito ogni elemento sui suoi spostamenti per far partire le ricerche. Ricerche che non si sono mai interrotte, e di cui apprezziamo gli sforzi fatti in ogni direzione, ma dal terreno fino ad oggi non sono arrivati segnali di alcun tipo. 
La scelta di non dare notizia e non pubblicizzare la scomparsa è stata presa, in accordo con le autorità italiane, per evitare di attrarre l’attenzione su Domenico in una zona ad alto rischio di sequestri. Nell’ipotesi che potesse essere in una situazione di difficoltà e cercasse di uscire, ci è stato spiegato che era bene non dare visibilità alla sua presenza. 
La grande angoscia delle sua famiglia e di tutti noi, colleghi e amici di Domenico, finora è stata tenuta riservata e anche gli amici che ha nelle altre testate hanno rispettato questo silenzio che speravamo favorisse una soluzione. Purtroppo non è stato così e per questo abbiamo ora deciso di rendere pubblica la sua scomparsa. 
Domenico Quirico, 62 anni, è uno dei giornalisti italiani più seri e preparati nell’affrontare situazioni a rischio. Negli ultimi anni ha raccontato il Sudan, il Darfur, la carestia e i campi profughi nel Corno d’Africa, l’esercito del signore in Uganda, ha seguito interamente le primavere arabe, dalla Tunisia all’Egitto, è stato più volte in Libia per testimoniare la fine del regime di Gheddafi. Nell’agosto 2011 nel tentativo di arrivare a Tripoli veniva rapito insieme ai colleghi del Corriere della Sera Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina e di Avvenire Claudio Monici. Nel sequestro veniva ucciso il loro autista e solo dopo due giorni drammatici venivano liberati. 
Nell’ultimo anno ha coperto per tre volte la guerra in Mali, è stato in Somalia e ora per la quarta volta è in Siria. Nei suoi primi due viaggi siriani era stato ad Aleppo, dove aveva raccontato i bombardamenti e la prima fase della rivolta. Nell’ultimo aveva invece seguito i ribelli spingendosi fino nella zona di Idlib. 
Ha voluto tornare di nuovo per raccontare l’evoluzione di un conflitto che si è allontanato troppo dalle prime pagine dei giornali e che - ci ripeteva - nonostante i suoi orrori non scuote la società civile occidentale.  
La cifra del giornalismo di Domenico Quirico è una tensione fortissima alla testimonianza, che deve essere sempre diretta e documentata. Domenico non ha mai accettato di raccontare stando al di qua del confine, attraverso le voci dei profughi o dei fuoriusciti, lo trova eticamente inaccettabile. Ci ha sempre ripetuto che bisogna stare dentro i fatti e che un bombardamento lo si può raccontare solo se si è sotto le bombe insieme alle popolazioni, con cui bisogna condividere emozioni e destini. 
Per questo è partito ancora una volta: per onorare il mestiere che ama. 
Noi restiamo tenacemente attaccati alla speranza di avere al più presto sue notizie, di continuare ad ascoltare i suoi racconti, e la sua capacità di analisi mai ideologica o faziosa. Lo aspettiamo insieme alla moglie, alle figlie, ai suoi amici e ai nostri lettori. 
Per segnalare questa nostra attesa abbiamo deciso di mettere sulla testata del giornale un fiocchetto giallo, come fanno le famiglie che attendono il ritorno di una persona cara di cui non si hanno notizie. "
Ho appena letto questo messaggio del direttore del quotidiano La Stampa e sono veramente dispiaciuta perché Domenico Quirico e i racconti dei suoi viaggi nei paesi in guerra sono i miei preferiti
Sa scrivere benissimo e sa raccontare in modo splendido e ben documentato ciò che ha visto Un uomo coraggioso che ha sfidato la guerra civile in Libia prima dell'uccisione di Gheddafi per raccontare a noi lettori cosa stava effettivamente succedendo così come ha descritto la guerra in Mali nei mesi scorsi tra le forze francesi e maliane contro gli uomini di Al Qaeda ed i tuareg ribelli che avevano occupato il nord del territorio e Timbuctu
Mi auguro che possa presto tornare tra noi per raccontarci una volta ancora cosa ha visto e vissuto e chi ha incontrato in un paese dove la guerra civile da troppo tempo sta portando morte e distruzione

domenica 28 aprile 2013

Attentato a Palazzo Chigi

Stamattina stavo seguendo in diretta su Rainews24 il giuramento dei ministri del nuovo governo Letta al Quirinale quando sono improvvisamente state fatte passare le prime immagini  / qui e qui /di una sparatoria appena avvenuta nella piazza davanti a Palazzo Chigi, sede del Governo
Immagini drammatiche con i corpi di due carabinieri stesi a terra
Un uomo di 49 anni arrestato subito dopo ha sparato contro gli uomini dell'Arma in servizio un intero caricatore, ferendo anche di striscio una passante incinta
Uno dei due carabinieri, il brigadiere Giuseppe Giangrande, 50 anni, è stato raggiunto da un colpo d’arma da fuoco al collo e le sue condizioni appaiono serie. Ha subito un lungo intervento. L’altro militare, l’appuntato Francesco Negri, 30 anni, è rimasto ferito a una gamba e le sue condizioni, pur se gravi, sarebbero meno preoccupanti. Entrambi sono effettivi al Battaglione Toscana.
Spero che i due servitori dello Stato superino le conseguenze gravi del ferimento e possano guarire I politici dovrebbero proporre una medaglia per questi due militari ma anche per l'altro militare dell'Arma che ieri è intervenuto durante una rapina ed è stato barbaramente ucciso dai quattro banditi 
 

lunedì 22 aprile 2013

Boston e l'FBI

Dopo cinque giorni dall'attentato avvenuto a Boston, Massachusetts, al termine della celebre maratona annuale, che ha provocato la morte di tre persone giovani, uno dei quali era un bimbo di otto anni, e  180 feriti, numerosi gravi o molto gravi per le amputazioni subite, l'FBI ha ucciso uno dei due attentatori e arrestato l'altro dopo 24 ore di una incredibile caccia all'uomo, che ha impedito alla popolazione del luogo di uscire da casa e di usare i cellulari, per evitare ulteriori esplosioni di eventuali ordigni
" Ferito nello scontro in cui era morto il fratello Tamerlan , Dzhokhar Tsarnaev si era rifugiato in una barca custodita nel retro di una casa a Watertown . Dzhokhar  si è arreso all’Fbi ed ora dovrà rispondere alla giustizia per l’attentato compiuto contro la maratona di Boston . A tarda notte è stato Barack Obama a parlare dalla Casa Bianca per lodare la capacità di dimostrata da Boston e dal Massachusetts di reagire all’attentato. “Ci sono molte domande che restano senza risposta - ha però aggiunto il presidente - perché chi è cresciuto nella nostra nazione ricorre a tale violenza? Come hanno pianificato e realizzato l’attacco? Hanno ricevuto degli aiuti?”. Sono i quesiti che, appena possibile, l’Fbi porrà al ceceno catturato. “Comprenderemo cosa avvenuto e indagheremo su ogni legame con questi terroristi” promette il presidente "
" Per l’intelligence americana, però, l’attacco alla maratona rappresenta un flop non lontano da quello dell’11 settembre. Soprattutto per l’Fbi, che due anni fa aveva interrogato Tamerlan, fratello maggiore e probabile ispiratore dell’attentato.Il Federal Bureau of Investigation  ha avuto tra le mani il capo del complotto e non ha capito che rappresentava una minaccia. l’Fbi  ha pubblicato un comunicato: «All’inizio del 2011 un governo straniero ci ha chiesto informazioni su Tamerlan Tsarnaev. La domanda era basata su informazioni secondo cui era un seguace dell’islam radicale e un forte credente. Era cambiato drasticamente nel 2010 e si preparava a lasciare gli Usa, per andare nel paese in questione a unirsi a gruppi clandestini non specificati. In risposta alla richiesta, l’Fbi ha controllato tutti i database, le informazioni, le comunicazioni, e l’uso di siti associati alla promozione di attività radicali. Il Bureau ha anche interrogato Tamerlan Tsarnaev e i suoi famigliari, ma non ha trovato alcuna attività terroristica». Il governo coinvolto era quello russo, preoccupato che il giovane volesse tornare in Dagestan per legarsi agli estremisti islamici ceceni.  "
Notizia molto interessante letta sul Quotidiano La Stampa di Torino E' curioso che l' FBI, come la CIA, super tecnologico e potentissimo servizio di polizia americana sia riuscito una volta ancora a non capire nulla e a lasciare libero l'ennesimo folle fanatico ed i suoi complici ...
Questa incapacità mi ricorda molto, purtroppo, i tristi tempi in cui in Italia gli attentati erano un problema serio e comune : mafia, brigatisti rossi o neri, e sconosciuti assassini  si potevano tranquillamente permettere di far saltare treni, stazioni, musei, banche o aerei senza che i servizi segreti non  riuscissero mai una volta a scoprirli prima delle stragi ... Ancora oggi c'è il segreto di stato e tanti di loro non sono mai stati scoperti e puniti !!!

domenica 21 aprile 2013

La marcia su Roma di Grillo

Se la decisione di Napolitano di accettare un nuovo mandato è stata vista con sollievo all'estero, in particolare negli Usa, perché, anche se non è  un nuovo punto di partenza che prima o poi l’Italia dovrà tentare, è almeno un argine al collasso e una base per rimettersi in moto verso il futuro, in Italia
la reazione di Beppe Grillo è stata a dir poco furiosa e decisamente pericolosa , visto che a mobilitarsi al suo richiamo sono stati Forza Nuova, Rifondazione Comunista e Casa Pound, che si riversati in piazza davanti a Montecitorio:
«È in atto un colpo di Stato. È necessaria una mobilitazione popolare davanti a Montecitorio. Dobbiamo essere milioni». 
Le sue parole in merito alla marcia su Roma e all'adunata davanti a Montecitorio hanno costretto i presidenti delle Camere e persino Vendola, che con Sel aveva votato il candidato proposto dai 5 Stelle, a prendere una  posizione immediata di critica e Stefano Rodotà, candidato alla presidenza del M5S e motivo della indignazione dei grillini, ha subito smentito l'ex comico genovese: «Sono contrario a qualsiasi marcia su Roma».
Il professore non voleva di certo passare per il leader di una rivolta dalle conseguenze imprevedibili.
I presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Piero Grasso, hanno invece scritto in una nota congiunta: «Napolitano è il presidente di tutti  Parlare di golpe è infamante». 
Dario Franceschini del PD ha sottolineato che : «Questa Marcia su Roma è una cosa che non va sottovalutata È una cosa preparata».
Silvio Berlusconi, che aveva passato il pomeriggio in Parlamento a raccontare barzellette ai suoi parlamentari, ha invece usato l’ironia: «Adesso anche la comica marcia su Roma di Grillo e del suo fascismo buffo».
 
Nessuno di noi è contento di vedere i politici continuare a litigare come bambini viziati , in particolare quelli del PD che con le loro assurdità e le loro correnti egoistiche hanno affondato persone come Marini e Prodi, del tutto incapaci di giungere ad un accordo concreto per superare le difficoltà del momento, ma  Grillo sta esagerando con le sue urla e le sue parole di provocazione sobillatrice
E non è con le adunate di lontana memoria, quelle tanto care ai fascisti ( la storia ci ha insegnato che le adunate sono molto pericolose e vanno a finire male di solito, vedi Hitler e Mussolini tanto per non dimenticare ! ), che si deve esprimere il proprio dissenso urlante
Ci sono altri modi per sconfiggere la casta, in Parlamento soprattutto. E non ritengo che Rodotà, anche se è una persona seria e preparata , avrebbe potuto essere il presidente di tutti
Chissà quanti sono stati poi effettivamente i voti  raccolti in rete da Rodotà , visto che Grillo non ha mai pubblicato i dati delle sue quirinarie continuamente sbandierate ad ogni piè spinto?
Io per esempio avrei decisamente preferito Gustavo Zagrebelsky a lui
Nuove riforme come l'elezione del presidente fatta dai cittadini avrebbero sicuramente evitato tutto questo caos e non avremmo dovuto assistere alle pagliacciate di troppi politici, nani ballerine pescivendole lavandaie nostalgici franchi tiratori traditori e chi più ne ha più ne metta....

Napolitano Bis

Ieri pomeriggio, alla sesta votazione, dopo quasi tre giorni di insuccessi e caos politico, è stato rieletto presidente della Repubblica italiana, con 738 voti, Giorgio Napolitano 
Le sue prime parole dopo l'elezione sono state:  «Auspico fortemente  che tutti sappiano onorare i propri doveri concorrendo al rafforzamento delle istituzioni repubblicane: Dobbiamo guardare tutti, come io ho cercato di fare in queste ore, alla situazione difficile del paese, ai problemi dell’Italia e degli italiani, al ruolo internazionale del nostro Paese».  
Ha dichiarato anche di non potersi «sottrarre a un’assunzione di responsabilità verso la Nazione», ma al contempo ha ammonito: «Confido che corrisponda un’analoga collettiva assunzione di responsabilità».
Lunedì giurerà e pronuncerà il discorso di insediamento di fronte al Parlamento in seduta comune.
 
«Ammiro la sua decisione di servire di nuovo il popolo italiano come presidente» ha detto Barack Obama in una nota. Negli ultimi sette anni  il Quirinale è stato il vero punto di riferimento della Casa Bianca,  non solo per la corrispondenza protocollare delle cariche. Napolitano disponeva della certezza di un mandato settennale, a differenza dei capi del governo che andavano e venivano e dava garanzie di responsabilità, interna ed internazionale, con la sua propensione per la serietà fiscale, le riforme, l’Europa e l’ancoraggio atlantico del paese. Nelle ultime settimane l’Italia è stata sull’orlo del baratro ma ora fa un passo indietro dalla catastrofe completa e totale.
La Cei, alla rielezione di Giorgio Napolitano, si è espressa così : « Nel farLe sentire la nostra vicinanza e partecipazione avvertiamo il peso della responsabilità che l'incarico conferitoLe porta con sé, specialmente in quest'ora della storia. Le esprimiamo di cuore le nostre felicitazioni nel momento in cui Lei, avendo dato la Sua esemplare disponibilità da molti richiesta, è stato confermato Capo dello Stato»
«Nel farLe sentire la nostra vicinanza e partecipazione avvertiamo il peso della responsabilità che l'incarico conferitoLe porta con sé, specialmente in quest'ora della storia. Sono, infatti, molteplici gli elementi che sembrano oggi indebolire il riconoscimento del senso della comune appartenenza», prosegue.
Nel messaggio si ricorda che «la gente e le famiglie vivono la crisi economica che, a sua volta, rimanda a una crisi più profonda e generale; essa tocca le radici stesse dell'uomo. È crisi sociale ed è crisi politica, che emerge in contrapposizioni radicali, nella scarsa partecipazione e nella fatica a raggiungere consenso». «Tutto ciò fa di questo un tempo di scelte impegnative, che richiedono la consapevolezza e la capacità di cogliere le risorse e le reali opportunità per sviluppare una rapida e incisiva ripresa  Del resto, la misura dell'autentica politica si riconosce nella sua capacità di interpretare la società e di ragionare in termini di sviluppo storico e non all'insegna della contingenza, restituendo priorità alla riflessione pacata, al confronto, alla mediazione alta; nell'affrontare seriamente quanto ha a che fare con la vita quotidiana della nostra gente». La risposta migliore «alla stanchezza e alla disillusione passa dal rispetto della democrazia e, quindi, dalla fedeltà ai principi della Costituzione, che ha il suo cardine nella centralità della persona e impegna a garantire a tutti lavoro, speranza e dignità».
La Cei ricorda anche che «l'esperienza cristiana ha sempre avuto una dimensione e una valenza pubblica», e che all'uomo «è diretto il servizio della Chiesa come quello dello Stato, nella piena distinzione e autonomia, nonché nella reciproca e leale collaborazione per il bene dell'intero Paese».
« Il nostro cordiale augurio è che, sotto la Sua rinnovata Presidenza, il Paese possa crescere nell'autentico progresso, in una stagione di effettiva e corale disponibilità, avendo come supremo obiettivo quello di servire il bene comune». «Le siamo vicini con la nostra preghiera  confermando il leale e generoso contributo della Chiesa che vive nell'amata Italia».
L'Osservatore Romano il quotidiano della Santa Sede ha accolto l'accordo sulla rielezione di Napolitano così : «È ancora una volta Giorgio Napolitano la vera risorsa della Repubblica, quella necessaria per tirare fuori l'Italia da una crisi politica e istituzionale senza precedenti che ora dopo ora si stava sempre più complicando».  
«Il nodo che è apparso a un tratto quasi irrisolvibile sembra dunque finalmente sciolto soltanto grazie alla disponibilità di Napolitano, il quale ha accettato di tornare sulla sua decisione di non ricandidarsi dopo la richiesta quasi unanime delle forze politiche» . «Ma a dimostrazione del clima difficile che sta caratterizzando la vita politica italiana basti tener conto della notizia, fatta trapelare dal Pd, secondo la quale, al fine di evitare il ripetersi del sabotaggio da parte dei franchi tiratori, i voti espressi dal partito al sesto scrutinio  saranno riconoscibili». «Sarebbe infatti catastrofico per la credibilità anche delle stesse istituzioni, come del resto la nota del Quirinale fa capire, se, dopo aver richiamato in campo l'attuale capo dello Stato, le forze politiche ne bocciassero la candidatura nel segreto dell'urna».