martedì 29 maggio 2012

domenica 20 maggio 2012

Melissa e le sue compagne

" Melissa Bassi aveva 16 anni ed era di Mesagne  Ieri mattina, alle sette e cinquanta, si è trovata vicino alle tre bombole di gas, tenute insieme da un innesco comune,  proprio nel momento in cui sono esplose squarciando l’aria del polo scolastico di Brindisi, nascoste da mani assassine dietro ad  un cartellone pubblicitario poco lontano dall’istituto per i servizi sociali, la moda e il turismo Francesca Laura Morvillo-Falcone. Tre esplosioni a distanza brevissima l’una dall’altra che hanno lasciato sulla strada otto ragazze, tutte  appena scese dal pullman di linea che ogni mattina le portava a scuola dai paesi della provincia verso gli istituti di via Aldo Moro e dintorni. Melissa muore pochi minuti dopo al pronto soccorso dell’ospedale Perrino di Brindisi.Veronica Capodieci, di 15 anni, che è poco lontano da Melissa, viene colpita in pieno anche lei ma  si spera che possa salvarsi. Meno grave è sua sorella Vanessa, di 19 anni. Le due ragazze sono figlie di un imprenditore che alcuni anni fa ha collaborato con l’associazione Libera lavorando ad uno scavo su un terreno sequestrato ad un boss della Sacra Corona Unita. 
Azzurra Camarda, di 17 anni, e Sabrina Ribezzi, di 18 anni, sono state ricoverate al centro grandi ustionati del Perrino dove i medici non sciolgono la prognosi perché sono preoccupati dalle infezioni che potrebbero aggravare il quadro clinico.Sono rimaste ferite anche le studentesse  Anna Lopertuso, di 20 anni, Selene Greco, di 16 anni e Alessandra Gigliola, di 20 anni. 
 Gli inquirenti hanno cominciato a visionare i video di sorveglianza intorno alla scuola. In uno in particolare ci sarebbero elementi giudicati «molto utili» per identificare gli autori dell’attentato. Nella notte, poi, gli investigatori hanno lungamente ascoltato in Questura un ex militare esperto di esplosivi ed elettronica e i suoi familiari avrebbero una rivendita di bombole di gas. Non è trapelato, però, nulla sulla sua posizione...
L’attentato davanti alla scuola potrebbe essere stata la risposta ad un’operazione di polizia chiamata «Die Hard» che il 9 maggio ha portato in carcere 16 esponenti della mafia locale. L’aria a Mesagne e dintorni era pesante già da una decina di giorni. Da quando ignoti hanno incendiato l’auto di Fabio Marini, il presidente dell’associazione antiracket di Mesagne. Resta il dolore. Tre giorni di lutto cittadino voluti dal nuovo sindaco Mimmo Consales."

  «Mi diceva sempre che voleva fare l’Università»...«era così solare... stamattina mi ha avvertito un amico, ho provato a chiamarla, ma non mi rispondeva più...» Queste parole commoventi e strazianti di Mario, il ragazzo di Melissa,  racchiudono tutto il dramma della tragedia di ieri mattina a Brindisi. Un attentato assurdo ed inconcepibile, una strage che ha colpito delle ragazze giovanissime che stavano andando a scuola
 «Hanno colpito il simbolo dell’innocenza, della voglia di progresso, un presidio della legalità», ha detto, con gli occhi umid,i il sindaco di Mesagne
Oggi da Mesagne partirà la Carovana della Legalità di Libera e Don Ciotti . Che la paura e l'omertà vengano sconfitte e che tutti coloro che sanno, parlino I colpevoli devono essere presi e condannati perchè la loro follia ha ucciso e ferito delle giovani innocenti, la parte bella ed intelligente della gioventù, che sognava di studiare, di frequentare l'università, di svolgere un lavoro serio, onesto ed importante...
Di loro sono rimasti gli zaini, i libri ed i quaderni a svolazzare in terra, abbandonati, a pochi passi dalla loro scuola dove ogni giorno andavano sorridenti e felici

venerdì 18 maggio 2012

F-35 Joint Strike Fighter

La Corte dei conti statunitense, il Gao, nel rapporto sul programma F-35 Joint Strike Fighter, reso pubblico lo scorso 20 marzo,  ha detto che i nuovi cacciabombardieri , di cui l’Italia vuole comprare 90 unità a un costo di almeno 10 miliardi di euro, sono gravemente difettosi e richiederanno modifiche progettuali che ne faranno lievitare ulteriormente i costi. Dalla lettura del documento del Gao emerge chiaramente che gli Usa, e noi alleati, stiamo gettando miliardi in un pozzo senza fondo per delle macchine che ancora non funzionano perché non collaudate”.
Lo sviluppo dei sistemi che garantiscono la capacità di combattimento del Joint Strike Fighter rimane in ritardo e a rischio: ad oggi – si legge nel documento – solo il 4 percento dei requisiti sono stati verificati (…). I caschi dei piloti con i display integrati si sono rivelati il problema più rischioso (…). Altri problemi ci sono con i radar, con il processore integrato, con gli equipaggiamenti di comunicazione e navigazione e con le capacità di guerra elettronica” (…). “Lo scorso ottobre i collaudatori hanno denunciato problemi anche con il sistema di visione notturna e con la manovrabilità del velivolo e in generale una scarsa affidabilità
Lo sviluppo del software di bordo, il più complesso mai realizzato, sta prendendo più tempo del previsto e pone rischi tecnici sgnificativi” (…). “La variante del velivolo per le portaerei non si è dimostrata adatta all’imbarco per problemi con l’uncino di coda, richiedendo una riprogettazione” (…). “Vanno ancora fatti i collaudi sul volo a bassa quota, sul funzionamento dei sistemi d’arma e di attacco in picchiata e potrebbero riservare altre sorprese”.
Il rapporto spiega come le modifiche resesi necessarie finora per “rimediare alle deficienze emerse nel corso dei collaudi” abbiano già fatto raddoppiare dal 2001 a oggi il costo complessivo del programma (da 183 a 312 miliardi di euro) e di ogni singolo aereo (da 63 a 127 milioni di euro): ma il peggio, lascia intendere il Gao, deve ancora venire.
Il numero di modifiche al programma rimarrà molto elevato fino al 2019 (…). Con il passaggio alla fase di sviluppo dei software più complessi e delle capacità avanzate, il Jsf presenterà problemi costosi. Con la maggior parte dei collaudi di volo ancora da fare, il programma subirà ancora molte revisioni progettuali e continue modifiche del processo produttivo (…) con prevedibile ulteriore crescita dei costi”.  da  http://www.eilmensile.it/
In questo grave periodo di recessione e di crisi sono proprio necessari 90 nuovi aerei da guerra , poco affidabili a quanto pare???
Per ridurre gli sprechi in Italia bisognerebbe sicuramente  partire dalla riduzione degli armamenti militari ...

BUON COMPLEANNO EMERGENCY!

18 anni fa, il 15 maggio 1994,  nasceva Emergency, per curare le vittime civili dei conflitti, perché Gino Strada ed i suoi collaboratori credevano che"  chi fa le guerre abbia, in ogni caso, pesanti responsabilità. Come si spiegherebbe altrimenti che i civili inermi rappresentano oggi più del novanta per cento delle vittime di ogni conflitto?”. Così spiegavano le ragioni di Emergency sul primo numero del loro trimestrale.
Diciotto anni dopo hanno curato gratuitamente oltre 4 milioni e mezzo di persone, vittime della guerra, delle mine antiuomo e della povertà. Hanno lavorato in 16 Paesi, aperto ospedali, centri pediatrici, centri di maternità, posti di primo soccorso, centri sanitari, centri di riabilitazione, poliambulatori, ambulatori mobili, un centro di cardiochirurgia.
La loro nascita è stata un bene per tutti noi che siamo molto  orgogliosi di avere Emergency ... TANTI AUGURI !!!

Il processo a Ratko Mladic

 La corte dell’Aja per i crimini contro l'umanità che avrebbe dovuto giudicare Ratko Mladic, il boia di Srebrenica, ha rinviato ieri, 17 maggio, il processo per crimini di guerra e contro l’umanità, dopo la prima e  sola udienza, celebrata  tra tensioni e polemiche,
Alphons Orie, presidente del tribunale speciale per i crimini nella ex Jugoslavia commessi durante il conflitto degli anni Novanta, confluita nel Tribunale Penale Internazionale, ha dichiarato che: ”La corte ha ritenuto opportuno sospendere la presentazione delle prove dell’accusa, il processo è rimandato a data da definire”.
 Salta di conseguenza l’udienza del 29 maggio, quando dovevano comparire i primi testimoni. La corte  ieri ha riconosciuto che l’accusa aveva commesso un errore nella trasmissione di alcuni documenti alla difesa. Gli avvocati di Mladic lunedì scorso avevano chiesto un aggiornamento di sei mesi.
Il presidente Orie, per il quale era stata fatta una richiesta di rimozione per conflitto di interessi, in quanto olandese, il cui Paese con un suo contingente Onu mancò di proteggere le vittime civili di Srebrenica nel 1995, ha ammesso che l’accusa ha mancato nel trasmettere per tempo alla difesa di Mladic gli atti. Anche la procura, guidata da Serge Brammertz, ha ammesso l’errore.
 Il 70enne Mladic è comunque rimasto privo di emozioni di fronte alle prime testimonianze presentate ieri dal procuratore Peter McCloskey, che ha mostrato un filmato di un’esecuzione di massa di musulmani bosniaci. L’unico cenno di vita avuto dal generale è stato riservato ai parenti delle vittime, verso cui ha assunto un atteggiamento sprezzante e minaccioso.
”Si tratta di un processo molto importante poiché la giustizia ritiene Mladic, quale comandante dei serbi di Bosnia, e Radovan Karadzic, quale architetto della politica di pulizia etnica, esponenti dello stesso progetto criminale”, aveva affermato Brammertz alla vigilia del processo a Mladic, garantendo un processo equo. Oggi tutto il procedimento però è a rischio, come lo  è stato fino ad ora per Karadzic, per Vojslav Seselj, comandante di paramilitari serbi durante la guerra, e per l’ex presidente Milosevic, morto in carcere prima di una sentenza.
Il timore più grande è che anche per gli altri processi non si arriverà mai ad una sentenza. Una delle sopravvissute di Srebrenica, Hatidza Mehmedovic, ha ichiarato: “Ho sepolto entrambi i miei figli e mio marito. Ora vivo sola, con il ricordo dei miei bambini. Dio li giudicherà”.