giovedì 10 ottobre 2013

Insegnanti anziani !!!

Stamattina, prima di uscire per andare al lavoro, ho sfogliato velocemente il quotidiano e mi sono soffermata su un articolo che mi ha lasciata alquanto perplessa e parecchio incavolata
" Italiani «poco occupabili», visto che dall’indagine Ocse «usciamo con le ossa rotte» in fatto di di competenza linguistiche e matematiche minime per sopravvivere nel contesto attuale. È il pensiero del ministro del Lavoro Enrico Giovannini, espresso l’indomani dell’indagine Ocse su 24 Paesi che boccia senza appello i cittadini d’Italia in lettere e matematica.   
Quindi dopo bamboccioni e choosy, gli italiani sono anche “poco occupabili”: le parole di Giovannini sollevano le polemiche. «Il governo, incapace di dare risposte alla disoccupazione giovanile, adesso inizia addirittura ad offendere i giovani. Non bastava la Fornero con quel «choosy», adesso ci si mette anche Giovannini che, anziché preoccuparsi di fornire misure adeguate, perde tempo a offendere chi ha già pagato fin troppo le inefficienze di questo governò’ replica subito Massimiliano Fedriga, Lega Nord.
 Giovannini si affretta a precisare che non ha mai parlato di «italiani inoccupabili», bensì che «i dati della rilevazione Ocse mostrano come ci sia bisogno in Italia di investimenti in capitale umano, in formazione». Obiettivo per il quale il governo ha stanziato 500 milioni di euro.
Scendono in campo anche i sindacati. «Non sono i lavoratori che scelgono di essere “inoccupabili”, mentre dipende in parte da precise responsabilità del ministro Giovannini», ribatte il segretario confederale Cgil Serena Sorrentino. Per la Cisl poi, «è sbagliato dare una immagine troppo negativa del nostro Paese, del nostro capitale umano e di conseguenza del nostro mercato del lavoro» osserva il segretario confederale Luigi Sbarra. La Uil condivide le preoccupazioni di Giovannini sul sistema dell’istruzione: «per anni sono state ridotte le risorse alla scuola pubblica ed è mancata una politica della formazione» dice il segretario confederale Guglielmo Loy tuttavia, aggiunge, il ministro «ha il dovere di indicare proposte chiare per affrontare il tema, che certamente incide sull’occupabilità, abbiamo miliardi di fondi Ue da spendere e non sappiamo come».  " La Stampa online
Come al solito qualcuno doveva tirare in ballo la scuola. Infatti in un articolo accanto a quello con le parole pronunciate dal ministro si parlava di sconfitta della scuola, della necessità di riformarla e di stage e preparazione al lavoro degli studenti da adeguare al resto d'Europa E naturalmente si metteva in evidenza che ci sono troppi insegnanti anziani nella scuola . 
Io ormai sono nella categoria degli insegnanti anziani e sinceramente me ne andrei volentieri in pensione tra due anni, cioè a 60 anni compiuti,  come hanno fatto tante mie colleghe fino a pochi anni orsono. Ma non è possibile Non è possibile perché con le ultime leggi, prima  durante e dopo la ministra Fornero,  bisogna lavorare fino alla vecchiaia, dopo i 65, visto che secondo i politici la nostra vita è migliore e quindi noi avremo maggiori possibilità di vivere a lungo
Gran bei discorsi ma è sempre più faticoso passare tante ore in classe con adolescenti che sono lontani anni luce da noi e dal nostro diverso modo di vivere
Io cerco sempre di aggiornarmi e di restare al passo ma non è facile
Uso il PC e uso Internet da anni e amo lavorarci Creo o adeguo le verifiche dei libri in uso per alunni DA, DSA  o in difficoltà  studiando il modo migliore per facilitare il loro apprendimento come provo a capire tutte le diversità degli alunni e le loro problematiche per trovare soluzioni efficaci
Ma se la pratica e tanti anni di insegnamento mi aiutano in questo, sento comunque il peso di quegli stessi anni sulle spalle  che mi affaticano e mi stressano ogni anno un pochino di più
E mi chiedo sovente, con una certa angoscia, come sarà se dovrò restare a scuola per altri 7-8 anni ancora A 65 o 66 anni sarò stanca non solo fisicamente ma anche mentalmente e affrontare quotidianamente per quasi 10 mesi 6 classi di adolescenti non sarà una passeggiata ...
Ci hanno mai pensato ministri e politici al governo ed esperti vari  ai nostri effettivi problemi ?
Fateci andare in pensione prima dell'usura totale, lasciando il posto a docenti giovani e freschi,  così saremo tutti più felici e contenti
E potremo goderci finalmente una vecchiaia piacevole dopo tanti anni di lavoro trovando magari anche il tempo e  la voglia per dedicare le nostre abilità e la nostra creatività a qualcosa di diverso dal lavoro, prima di rimbambire completamente !!!

domenica 6 ottobre 2013

Il generale Giap

e
Ho sempre amato studiare la storia e la storia dell'Indocina è stato senz'altro uno dei periodi che più mi è interessato nel corso degli anni. Ho letto libri in italiano e in francese che trattano della guerra d' Indocina e di quella del Vietnam, dove i Francesi prima e gli Statunitensi successivamente  furono sconfitti
Tra i personaggi chiave non ho mai dimenticato Ho Chi Minh e il generale Giap
E quale è stata la mia sorpresa quando ieri ho letto sul quotidiano che era morto a 102 anni il leggendario generale Vo Nguyen Giap Da anni non ne sapevo più nulla ed ero convinta che ormai fosse morto
Il generale vietnamita  inventò la guerra asimmetrica, che vinse ben due volte, contro i Francesi e contro gli Americani. È stato l’eroe di tutti i terzomondisti, un piccolo uomo di un piccolo paese asiatico che sconfisse i grandi ed i potenti, e  il cui capolavoro fu la battaglia di Dien Bien Phu
Giap era nato il 25 agosto 1911 in una cittadina del Vietnam centrale. I genitori erano piccoli proprietari terrieri, non ricchi, ma in grado di mandare il figlio al liceo, prima nella antica capitale Hué, poi ad Hanoi, dove si laureò in legge ed economia. In quegli anni si distinse già e divenne un  leader  organizzando scioperi studenteschi, manifestazioni contro la Francia colonialista. Mentre  scriveva sui giornali, si era intanto unito al Partito comunista e di notte leggeva dei suoi idoli: Napoleone e Sun Tzu, l’autore dell’Arte della guerra.
Quando iniziò la Seconda guerra mondiale Giap fuggi in Cina con Ho Chi Minh, il futuro padre della patria vietnamita. Ma nel 1944  ritornò in patria, dove organizzò la resistenza contro i giapponesi  adattando la teoria ancestrale del maestro cinese Sun Tzu alle tecniche moderne di guerriglia. I giapponesi furono cacciati ma a Postdam le grandi potenze  decisero di dividere il Vietnam in due: uno sotto l’influenza comunista, l’altro sotto quella occidentale, con i Francesi che  si  ripresero la loro più ricca colonia In Asia.
Ho Chi Minh aveva appena fondato la Repubblica democratica del Vietnam e cominciò un’altra sanguinosa guerra, che durò trent’anni. Tutta l’Indocina, Vietnam  Laos  e Cambogia , divenne un campo di battaglia «non convenzionale» e la guerriglia nella giungla e  gli attacchi a sorpresa nelle città dissanguarono Parigi. Il generale Henri Navarre cerc di attòirare Giap in una battaglia campale, per distruggere le sue forze in colpo solo, e creò la piazzaforte di Dien Bien Phu, in una zona montagnosa che controllava le vie di approvvigionamento dei vietnamiti.
Giap   nascose i suoi pochi obici da 105 millimetri sulle colline boscose attorno alla base. Le nuvole basse, per settimane, impedirono all’aviazione francese di intervenire in maniera efficace e  22 mila francesi furono massacrati dall’artiglieria vietnamita, con  12 mila fra morti e feriti e 10 mila prigionieri. Un disastro immane che   il 7 maggio 1954 portò la Francia alla resa e all'abbandono dell'Indocina.
In Vietnam del Sud gli Americani presero il posto dei Francesi ed i Vietcong continuarono con la guerriglia. Nel 1968 vi fu  il primo serio contrasto strategico fra i vertici del Partito comunista, che volevano un’altra eclatante vittoria per chiudere la guerra. Ci fu quindi l’offensiva del Tet, che mirò a tagliare in due il Paese fino a Saigon. Il generale Giap si oppose e  l’offensiva si dimostrò in effetti un disastro militare per i vietnamiti. Ma in effetti fu una grande vittoria politica, perché convinse l’opinione pubblica americana che non si poteva assolutamente vincere quella guerra.
Solo dopo altri sette anni i Nord Vietnamiti riuscirono a  liberare Saigon. E restano ancora oggi il ricordo e le immagini delle truppe vietcong che entravano in città mentre gli ultimi elicotteri americani si alzavano in volo lasciando a terra collaboratori locali disperati e urlanti, che cercavano disperatamente di aggrapparsi all'unica possibilità di sfuggire al terrore ed alla vendetta dei soldati del nord Vietnam
Nel nuovo Vietnam unito Giap fu prima ministro della Difesa, poi vicepresidente. Ha scritto libri, polemizzato pacatamente con il generale Usa William Westmoreland e si è goduto una lunghissima gloriosa vecchiaia  ultracentenaria. Un piccolo grande uomo geniale intelligente e coraggioso

Il cimitero dei Senza Nome

Oggi sul quotidiano  La Stampa ho letto un bellissimo articolo di Domenico Quirico, inviato a Lampedusa  dopo la tragedia dei migranti di giovedì. Con la sua solita sensibilità ed una scrittura inconfondibile ricca di particolari e di pietà Quirico narra della sua visita al cimitero dell'isola, dove i pochi senza nome seppelliti lì hanno una croce sulla povera tomba abbandonata con un  numero stampigliato sopra, probabilmente il numero dell’obitorio
" A Lampedusa anche il cimitero è tutto tagliato nello stesso giallo macigno dell’isola. A sinistra si sente la presenza del mare invisibile. 
Al limite dell’orizzonte gravato di una cinerea nuvolaglia in processione. Ho appena ascoltato parole incallite: «Non c’è posto per i morti, li portano via con la nave…». Come: non c’è posto? Come non può esserci posto per i morti? Allora ho camminato fin quasi al mare, per vedere. Qui, mentre il chiasso si fa assordante, senza garbo né grazia, e svia e annulla perfino la pietà, scopri come l’uomo è diventato una cosa che si prende, che si deporta, si dovrebbe dire che si importa e che si esporta come un oggetto; scopri come l’uomo braccato, che chiede aiuto, non è diventato il prossimo che si deve amare come se stesso.
Le tombe, le loro tombe, sono poche, in un cantuccio, tra erbacce che assediano la rara, antica pietà di qualche fiore. Tra marmi e gessi, croci di umile legno asciugate dal sole e dal vento; ancora si leggono numeri dipinti in nero, «4, 10, 13», forse le sigle dell’obitorio che sostituiscono i nomi. Qualcuno ha deposto per terra uno, due crocefissi, avanzi evidenti, rimasugli di altre tombe, rimasugli di pietà. Anche il volto del Cristo è ormai nero di terra e di ruggine. Sono emigranti di altri naufragi: restituiti dal mare, piccoli corpi abbandonati, senza speranza e senza tempo, come casse rimaste in fondo a un magazzino e che nessuno ha più reclamato, e non si sa da dove siano venute e che non usciranno mai dai loro confini. Pochi: una ventina forse. E gli altri, migliaia, dove sono? Un isolano antico, alto dritto e asciutto, che risponde lento e scolpito ad ogni domanda, mi racconta che in Sicilia ci sono decine di cimiteri abbandonati riaperti in questi anni a furia per seppellire «gli africani». Forse in queste tombe, in queste anime tunisine, sudanesi, libiche, africane, rimasero custodite per sempre la perduta sovranità di un’onda, la tempesta, il sale, il mare che palpita e mugghia come oggi; che li ha uccisi. Il mare di ognuno, minaccioso e chiuso, un suono incomunicabile, un movimento solitario che era divenuto farina e spuma dei loro sogni prima di sfinirli e finirli. I morti, gli altri, li rivedi solidi, nei nomi, nelle fotografie nelle statue, come se la loro morte e la loro vecchiezza fossero aboliti. Questi no: morti, si può dire, due volte.
Su per le balze di Lampedusa la vita continua a fiorire a fiotti frenetici di case e di piante, l’affannarsi dell’uomo e la bellezza coprono l’isola come una maschera dipinta della felicità che fugge. Ma questi naufraghi non sono riusciti ad arrivare lì. Serbarono nel loro ultimo grido con l’acqua che li afferrava la propria parte di infinito, il loro frammento di mare.
In quest’isola cristianesimo e islam si sono dati battaglia, con frenesia e rabbia, e non erano le battaglie inventate dalla fantasia di Ariosto, che a Lampedusa ha fatto duellare Orlando e Agramante e il re Gradasso. I musulmani delle sciancate carrette del mare hanno sempre il terrore alle spalle, consumati dallo sforzo di non voltarsi per poter guardare la loro paura. Le hanno dato forme diverse: la fame, la guerra, regimi infami come quello eritreo. La verità per loro era tabù, la morte che si avvicinava ogni giorno in un luogo diventato straniero. Ella è rimasta in un cimitero che nessuno visita, in una tomba dove hanno perso anche la loro unica certezza, il nome del loro dio, sepolti come sono sotto una croce.
La morte non si può guardare in faccia, è vero. Ma qui puoi guardare in faccia la morte della nostra speranza. Questi uomini hanno perduto tutto: vita, destino, identità, nome, perfino dio. La disperazione non è necessariamente un crimine. E da lei che parte il colpo d’ala, formidabile, che porta a capire ed amare. Accettiamo dunque la disperazione di questo luogo solo per prepararci a quel balzo.
Il cimitero al mattino è vuoto, si è levato il vento e riempie le stradine tra le tombe e pare il brusio di una folla lontana. Qualche ramo tocca le croci di legno con la sua carezza, lieve come per non destare chi qui riposa. Ritrovi, sgomento, quasi l’eco dei primi sospiri, gemiti e singhiozzi del dolore umano, prima che diventi urlo, ghigno, rivolta, disperazione e ferocia e sia lo scoperto dolore, mio o tuo, e non quello uguale e perpetuo sepolto nel cuore di tutti. Che dimenticarlo puoi, ma a un brivido senti che c’è.
Chi era questa gente, chi è questa gente che attraversa il mare? La risposta è semplice: hanno creduto in noi, non hanno ricevuto come ricompensa che una vita sempre più solitaria e una morte abbandonata. Al centro di accoglienza, sprofondato in un baratro pallido di erbe secche e rifiuti, livido bianco di rocce, sono andato a spiare i volti dei sopravvissuti. Occhi grandi guardano attraverso la rete, giacigli, coperte, padelle: profughi ancora, per sempre. Ognuno di loro porta dentro di sé un ricordo di terremoto, è un petalo di terrore che vive attaccato alla nostra normalità. In questi Paesi che per noi sono nomi, Somalia, Eritrea, Siria, Maghreb, si è eroi ancora prima di nascere. Perché si deve lottare per sopravvivere, ma non solo contro il kalashnikov che uccide o la siccità che inghiotte. E’ un terrore totale, una istantanea insicurezza, l’universo che ogni giorno crolla e si dissolve. E a sera anche noi restiamo soli con i loro morti, e con tutti i morti, senza sapere perché siamo ancora vivi.  "
Dopo aver  letto questo articolo ringrazio quel dio che Quirico ha nominato qui sopra perché gli ha salvato la vita in Siria e   ha dato a noi tutti, suoi affezionati lettori, la possibilità di riaverlo tra noi e di poter continuare a seguirlo nei suoi percorsi di giornalista così speciale e nei suoi pensieri tanto particolari e toccanti 
Un pensiero anche ai morti senza nome del cimitero di Lampedusa ed una preghiera per tutti i morti della immane tragedia di giovedì scorso

mercoledì 2 ottobre 2013

La democrazia del M5 Stelle

Oggi ho seguito una parte del lungo dibattito a palazzo Madama dove i senatori hanno espresso il loro consenso o dissenso al Governo Letta Alcune ed alcuni di loro si sono espressi con toni alterati e con parole pesanti non certo opportuni ed adeguati ad uno dei luoghi istituzionali che rappresentano il parlamento italiano
Non ho però assistito in diretta al triste spettacolo del gruppo 5 Stelle di Grillo che ha minacciato ed insultato una dei loro dissidenti che si è dichiarata favorevole a sostenere il Governo Letta
«Mentre dichiaravo il mio voto di fiducia a Letta, pur con tutte le mie riserve, ho sentito un gran vociare e ho visto il senatore Castaldi venire verso di me e puntarmi il dito contro. Poi non ho capito più niente...». Paola De Pin, ex Movimento 5 Stelle passata al Gruppo misto ha tremato tenendo tra le mani il foglio del suo discorso, ha pianto, ha ricevuto insulti dai suoi ex colleghi pentastellati («Venduta», «Sei come Scilipoti», «Hai preferito il Palazzo al Movimento»). Ma, più di tutto, si è sfogata. «Mi sono liberata dopo mesi di violenze verbali nei miei confronti. E anche oggi ho avuto la dimostrazione che il Movimento ha fallito, non ammette il dissenso». «Contro chi la pensa diversamente usa il “metodo Boffo” alla stregua degli altri partiti».
«Andare per la quarta volta al voto con l’attuale sistema sarebbe una irresponsabilità senza precedenti», ha detto la De Pin nel suo intervento in Aula, contestando “i vertici” del movimento di Grillo che «con la scusa della fedeltà a un pezzo di carta hanno tradito gli elettori che chiedevano un cambiamento». Subito è stata bagarre. «Non esci di qui – le avrebbe gridato il senatore grillino Gianluca Castaldi – ti devi dimettere». E lei è esplosa a piangere. In sua difesa si sono schierati i vicini senatori del Pd e poi lo stesso Letta le ha espresso parole di «vicinanza». Il presidente dell’Aula Grasso valuterà eventuali provvedimenti. 
«Sono contenta della solidarietà, ma ribadisco che il mio è stato un voto travagliato. È quello che mi chiedeva la gente al supermercato: nessuno voleva tornare al voto già a novembre», racconta la De Pin raggiunta telefonicamente, dopo una riunione pomeridiana della commissione straordinaria per la promozione dei diritti umani di cui è segretaria. «Continuo nel mio lavoro da senatrice - spiega ancora -. Sono contro alla linea dello scontro totale professata da Grillo da quando è entrato in Parlamento. Perché non ha ottenuto niente». Ed è proprio dai giorni delle consultazioni che, secondo la De Pin, è cambiato tutto. «Il principio per cui uno vale uno è saltato. Bisogna seguire la linea dettata dai leader. Ma io l’ho contestata e sono stata oggetto di minacce da parte di David Borrelli, il braccio destro di Grillo in Veneto, che ho querelato». 
 «Appena ho espresso i miei parerei contrari alla linea sono stata oggetto di insulti, mail, telefonate che minacciavano me e i miei famigliari», dice la 49enne madre di due bimbi. Poi la rottura. Datata giugno e in solidarietà ad Adele Gambaro, la senatrice espulsa con rigoroso voto on line. E via di polemiche sulla diaria: «Ho già versato 6 mila euro in beneficenza. E così continuerò a fare con tutti i soldi che non spendo per ragioni di servizio», racconta. Ma aggiunge: «Certo, ora vivo a Roma e ho due collaboratori..». Il suo futuro politico? «Non lo so, per ora ho fondato un’associazione di promozione sociale anche con altri fuoriusciti dal Movimento». Il nome è  : “Stelle Cadenti”.  da La Stampa To
Se questa è la democrazia dei  5Stelle , alla larga ...

La crisi del PDL

" Silvio Berlusconi si arrende ai numeri e alla fine è costretto in extremis e “obtorto collo” a votare la fiducia al governo Letta che incassa quasi il pieno di voti (235), se si escludono gli assenti e qualche senatore che ha annunciato il suo no (70). Nel Pdl non c’è solo una fronda, ma una spaccatura profonda che lo avrebbe portato a certificare una sconfitta politica fino a qualche giorno fa inimmaginabile. E che potrebbe decretare il definitivo passaggio del testimone nel centrodestra a favore di Angelino Alfano." da La Stampa To
Oggi è stata una giornata lunghissima per la politica italiana , prima al Senato e poi alla Camera : la crisi voluta sabato scorso da Berlusconi, dopo mesi di ricatti e minacce , si è conclusa con una crisi profonda nel partito del centrodestra
Sarà interessante vedere nei prossimi giorni cosa succederà e se si creerà un nuovo partito con la fronda dei politici che hanno avuto il coraggio di opporsi per la prima volta al loro capo e padrone
 
Ieri sera, dopo aver visto Criminal minds su Rai 2, sono passata sul terzo per vedere cosa stava succedendo a Ballarò e sono rimasta letteralmente allibita : Fabrizio Cicchitto, una delle colombe del Pdl, stava clamorosamente bisticciando con Sallusti, il giornalista pro Berlusconi per eccellenza
In questo video     vi è la parte iniziale della lite tra i due ma anche le battute finali erano eccezionali
Sallusti continuava ad interrompere Cicchitto che gli ha dato del maleducato e del " picchiatore "...
Mai avrei immaginato di assistere ad un simile spettacolo
Sono i tempi che cambiano ? o era solo una bolla di sapone temporanea e poi tutto tornerà come prima ?