venerdì 27 maggio 2011

Il boia di Srebrenica

Sulla testa del generale Ratko Mladic, il  macellaio dei Balcani, l'ex capo militare dei serbi di Bosnia nella guerra del 1992-1995, che è stato finalmente catturato due giorni fa con un blitz a 80 km da Belgrado, in Serbia, ed è stato incriminato dal Tribunale penale internazionale dell'Aja per l'ex Jugoslavia nel 1995 di genocidio e altri crimini contro l'umanità,  c'era una taglia di 10 milioni di euro.
 La notizia della sua cattura è stata confermata dal presidente serbo, Boris Tadic.  Mladic è il terzo fra i leader serbi ricercati per la guerra bosniaca ad essere assicurato alla giustizia, dopo Radovan Karadzic e Slobodan Milosevic. Ora l’ultimo latitante per le guerre balcaniche resta il leader serbo-croato Goran Hadzic. L’arresto è avvenuto all’alba, forse per una soffiata. Milorad Komadic, questo il nome con cui si faceva chiamare, viveva in un villaggio nelle vicinanze della città di Zrenjanin, nella regione della Vojvodina, dove già ad aprile si era detto che Mladic si fosse nascosto.
Mladic è accusato di essere il responsabile del massacro di 8.000 musulmani bosniaci a Srebrenica nel luglio del 1995 e dell' assedio di Sarajevo, in cui morirono più di 12.000 civili.
Fino al 2001 Mladic, "il boia di Srebrenica", viveva indisturbato a Belgrado, ma scomparve  dopo l'arresto del presidente serbo Slobodan Milosevic . Era l'ultimo grande ricercato del Tpi insieme a Goran Hadzic, l' ex leader dei serbi di Croazia, che si ritiene si nasconda ancora in Serbia. Mladic è stato il capo militare di Radovan Karadzic, il leader politico dei serbi di Bosnia, catturato a Belgrado nel luglio 2008, e come capo di stato maggiore della Republika Srpska, Mladic è anche accusato dell'uccisione, della deportazione e del trasferimento forzato di non serbi a sostegno della campagne di 'pulizia etnica' in Bosnia nel 1992 - 1993.
Il massacro di Srebrenica è considerato la più grande atrocità commessa in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale. Nei cinque giorni successivi alla presa di controllo della città da parte delle forze serbe bosniache almeno 8.000 uomini e ragazzi musulmani, tra i 12 e i 77 anni, furono uccisi, dopo essere stati separati dal resto della popolazione per "interrogatori per sospetti crimini di guerra". Il Tpi accusa Mladic di essere coinvolto in torture, abusi, violenze sessuali e percosse nei confronti di musulmani di Bosnia e di aver creato nei centri di detenzione condizioni "calcolate per provocare la distruzione fisica dei musulmani di Bosnia". L'ex capo militare dei serbi di Bosnia deva anche rispondere dei tentativi di occultare le esecuzioni dei musulmani bosniaci a Srebrenica, con la tumulazione in luoghi isolati dei corpi esumati dalle fosse comuni. Per il tribunale Mladic "faceva parte di un'associazione per delinquere il cui obiettivo era l'eliminazione o la rimozione permanente dei musulmani e dei croati bosniaci o della popolazione non serba di vaste aree della Bosnia Erzegovina".
Mladic è nato nel 1942 nel villaggio di Kalinovik, in Bosnia, che allora faceva parte della Jugoslavia ; aveva appena due anni quando il padre venne ucciso dagli ustascia croati, alleati dei nazifascisti. La morte del padre lo segnà per sempre e per tutta la vita odierà sia i croati che i musulmani. Quando il paese cominciò a disintegrarsi, nel 1991, fu inviato a guidare il nono corpo d'armata jugoslavo contro i croati a Knin, che divenne di lì a poco la capitale dei secessionisti serbi di Croazia. Di quel periodo si ricordano i pesanti bombardamenti che Mladic ordinò su Zara dalla montagna che sovrasta la città, tattica che verrà "perfezionata" con gli assedi di Sarajevo, Gorazde, Bihac, Srebrenica nella successiva guerra in Bosnia. . Quindi prese il comando del secondo distretto militare jugoslavo, a Sarajevo. Nel maggio 1992, l'assemblea dei serbi di Bosnia votò la creazione di un esercito serbo di Bosnia, nominando Mladic comandante. Il generale guidò le truppe durante tutto il conflitto di Bosnia. In sei mesi di guerra, Mladic conquistò il 70% del territorio della Bosnia, avendo a disposizione la potenza militare dell’Armata popolare jugoslava (Jna) contro bosniaci e croati disarmati e inesperti. I suoi uomini attuarono una brutale pulizia etnica - due milioni e mezzo di persone cacciate dalle loro terre e dalle loro case- in nome della Grande Serbia. Con lui tornarono in Europa i campi di concentramento nei quali migliaia di prigionieri furono picchiati, torturati, affamati e uccisi. I suoi uomini praticarono lo stupro etnico come arma di guerra Tra le vittime della guerra in Bosnia vi fu anche l’unica figlia di Mladic, Ana, che a 23 anni, nel 1994, si  suicidà a Belgrado. Secondo alcuni per quello che il padre stava facendo in Bosnia, secondo altri per la morte del suo fidanzato che Mladic, per allontanarlo da lei, aveva mandato al fronte.
Alla fine della guerra tornò a Belgrado ed entrò in latitanza. Fino al 2001 fu segnalato nel dintorni delal capitale serba, sotto la protezione di Milosevic. Nel 2004 emerse la notizia che Mladic veniva aiutato dalle forze militari serbe di Bosnia, mentre nel 2008 Belgrado ha ammesso che Mladic godette di protezioni militari fino a metà 2002.

mercoledì 11 maggio 2011

Il domani e il destino

« Sembravi troppo forte per morire, troppo proiettato in avanti per non avere un domani »
Giovanni Ferrero ha pronunciato queste commoventi parole al funerale del fratello Pietro, erede della industria dolciaria di Alba, morto in Sud Africa ad aprile per un infarto, durante un giro in bicicletta, a soli 46 anni
Parole forti, anche, che ben rendono e la precarietà della vita e il desiderio di vivere all'infinito di ogni essere umano
Noi non scegliamo il momento in cui nascere come non sappiamo quando la nostra vita terminerà. Passiamo il tempo che ci è stato dato convinti di essere i padroni del proprio destino, ma è il destino che è padrone delle nostre vite ed è lui che decide quando farle terminare
Quando si è giovane e forti e pieni di gioia di vivere sembra impossibile che accada il peggio e che il destino sia così crudele, ma a volte purtroppo succede
Il destino o il caso che dir si voglia ... arriva all'improvviso, impietoso, e colpisce, i ricchi come i poveri, i famosi come gli anonimi sconosciuti, gli operosi come gli sfaticati, lasciando una scia di dolore di sgomento  e di rimpianto per quei corpi e quelle menti,  stroncati nel fiore della vita con tanto ancora da dare agli altri
Ieri è morto Wouter Weylandt, giovane ciclista ventiseienne, nella terza tappa del Giro d'Italia, il giro rosa del 150°, per un banale incidente in una discesa in Liguria. Lo sgomento si è abbattuto su tutta la carovana, sui corridori e sui tifosi che volevano festeggiare ma  che si sono ritrovati in lacrime per una morte così assurda ed imprevista
Più assurda ancora però è stata la morte di Vittorio Arrigoni nella Striscia di Gaza, un lembo estremo di terra palestinese nel quale il pacifista volontario italiano aveva scelto di vivere, in nome dell’adesione alla causa di un popolo che soffre, e dove, per tragico paradosso, ha incontrato, a 36 anni, un’atroce morte per strangolamento.
Una morte che le indagini hanno ricondotto alla mano di una cellula di ultraintegralisti salafiti collocati su posizioni ancor più radicali di Hamas , il movimento islamico al potere nella Striscia
Una bara di compensato coperta da una bandiera italiana ed una palestinese, gli slogan e il pianto degli amici, onori funebri solenni in Palestina . Alcune centinaia di persone in tutto, radunatesi dal mattino dinanzi all’ospedale Shifa di Gaza City, da dove il feretro è uscito a metà giornata portato a spalla da due file di poliziotti con i baschi rossi. E da dove, cosparso di petali, è stato poi caricato su un’ambulanza - una di quelle su cui Arrigoni accompagnava i feriti durante l’offensiva israeliana " Piombo Fuso"- diretta con una coda di torpedoni e vetture private verso il valico di Rafah, al confine egiziano.  Ed un funerale mesto e composto in Italia , a Bulciago, il comune in provincia di Lecco da cui Arrigoni era partito:  l'ultimo saluto ad un giovane uomo, ad una vita data agli altri per un ideale di pace e di giustizia, che lo ha portato lontano dal suo paese e dalle persone che lo amavano
Di fronte alla morte ci si sente sempre poveri ed impotenti. Di fronte a queste morti si è ancora più poveri ed impotenti e sgomenti
Ferrero era un giovane imprenditore che aveva in mano le redini di una grande industria famosa ovunque nel mondo ma era anche un uomo schivo che amava lo sport , la famiglia e gli operai della sua azienda e che preferiva l'anonimato lontano dalle luci della ribalta e delle cronache mondane
Arrigoni era un attivista per i diritti umani dell’International Solidarity Movement che più volte aveva partecipato ad azioni e campagne radicali in favore della popolazione della Striscia di Gaza, dove viveva da tre anni. Sul sito stoptheism.com, nato per combattere il movimento di Arrigoni, l' International Solidarity Movement, il giovane italiano veniva indicato come bersaglio numero uno per le forze armate israeliane, con tanto di foto e dettagli che permettevono di identificarlo .

Arrigoni era stato arrestato il 18 novembre 2008, insieme con un cittadino americano ed uno britannico, tutti membri del Movimento di Solidarietà Internazionale (Ism) e a 14 pescatori palestinesi, da un guardacoste della marina israeliana vicino alla costa di Gaza. Secondo i militari, i pacifisti ed i pescatori erano a bordo di tre pescherecci che si trovavano al di fuori della zona di pesca autorizzata dalle autorità israeliane. Ancora prima, il 16 settembre dello stesso anno, il volontario era stato lievemente ferito mentre, insieme con una collega, aveva accompagnato in mare i pescatori.
 Arrigoni era anche tra i pacifisti a bordo delle imbarcazioni della missione internazionale «Free Gaza», diretta nell’agosto 2008 verso le coste della Striscia nel tentativo di forzare il blocco israeliano, portando aiuti umanitari. Sull’assedio di Gaza da parte degli israeliani, Arrigoni  aveva anche scritto un libro, " Restiamo umani ", in cui   ricostruiva dal punto di vista dei pacifisti le « tre settimane di massacro » subite dai palestinesi.
Il suo rapimento ed il suo omicidio sono stati un vero choc, una uccisione vile e codarda , una barbarie del terrorismo salafita... 
 Vita spezzate, vite che ancora tanto avrebbero potuto dare agli altri ed a loro stessi !

martedì 10 maggio 2011

SI al REFERENDUM

Dopo il vertice italo-francese a Villa Madama Berlusconi ha detto: "Siamo assolutamente convinti che l'energia nucleare sia il futuro per tutto il mondo" e ha ammesso che " fare il referendum adesso " avrebbe significato eliminare per sempre la scelta del nucleare  ... "  Per questo abbiamo deciso di adottare la moratoria".
Lo stop del governo al nucleare è dunque l'ennesimo trucco per bloccare il referendum del 12 e del 13 giugno. Una strategia vergognosa e antidemocratica per impedire ai cittadini di votare in modo da imporre di nuovo il nucleare in futuro.
Le Centrali giapponesi e Cernobyl ci hanno insegnato che l'energia nucleare è troppo pericolosa e non ha futuro.
Ritengo pertanto che su un tema tanto importante dobbiamo poterci esprimere con il nostro voto.
Al referendum si deve votare: solo votando il 12 e 13 giugno potremo fermare per sempre i progetti nucleari in Italia.
E tu voterai Sì al referendum? Fai la tua parte Mobilita i tuoi amici, informa la tua famiglia, diventa parte attiva di questa campagna contro il nucleare!
Oggi più che mai votare rappresenta una forma di resistenza civile...
dalle newsletter di Greenpeace , riflessioni di ericablogger