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mercoledì 20 novembre 2013

Doris Lessing

Pensa in modo sbagliato, se vuoi, ma pensa con la tua testa ...
 
Doris Lessing, la scrittrice britannica vincitrice del premio Nobel per la Letteratura nel 2007, è morta all'età di 94 anni
Tra le sue circa 50 opere  L'erba canta del 1950, Il taccuino d'oro del 1962, Sotto la pelle del 1994, Il senso della memoria del 2006.
Doris May Taylor era nata da genitori inglesi n Iran nel 1919, ma si trasferì da bambina nella Rhodesia meridionale, oggi Zimbabwe. Studiò in un convento, poi in una scuola femminile, ma a 15 anni lasciò gli istituti per continuare gli studi da autodidatta.
 Ha vissuto per mezzo secolo a Londra, dove si è sposata due volte, divorziando da entrambi i mariti, e ha avuto ha tre figli. Il cognome Lessing è quello del secondo marito, il tedesco Gottfried Lessing.
 La Lessing è stata l' undicesima donna a essere insignita del Nobel, battendo l'americano Philip Roth. Ai giornalisti in quell'occasione commentò: « Ho 88 anni e non possono dare il Nobel a un morto, quindi penso che probabilmente abbiano pensato fosse meglio darmelo prima che io fossi fuori gioco». La motivazione del premio l'aveva definita una «cantrice dell'esperienza femminile che con scetticismo, passione e potere visionario ha messo sotto esame una civiltà divisa».


domenica 6 ottobre 2013

Il cimitero dei Senza Nome

Oggi sul quotidiano  La Stampa ho letto un bellissimo articolo di Domenico Quirico, inviato a Lampedusa  dopo la tragedia dei migranti di giovedì. Con la sua solita sensibilità ed una scrittura inconfondibile ricca di particolari e di pietà Quirico narra della sua visita al cimitero dell'isola, dove i pochi senza nome seppelliti lì hanno una croce sulla povera tomba abbandonata con un  numero stampigliato sopra, probabilmente il numero dell’obitorio
" A Lampedusa anche il cimitero è tutto tagliato nello stesso giallo macigno dell’isola. A sinistra si sente la presenza del mare invisibile. 
Al limite dell’orizzonte gravato di una cinerea nuvolaglia in processione. Ho appena ascoltato parole incallite: «Non c’è posto per i morti, li portano via con la nave…». Come: non c’è posto? Come non può esserci posto per i morti? Allora ho camminato fin quasi al mare, per vedere. Qui, mentre il chiasso si fa assordante, senza garbo né grazia, e svia e annulla perfino la pietà, scopri come l’uomo è diventato una cosa che si prende, che si deporta, si dovrebbe dire che si importa e che si esporta come un oggetto; scopri come l’uomo braccato, che chiede aiuto, non è diventato il prossimo che si deve amare come se stesso.
Le tombe, le loro tombe, sono poche, in un cantuccio, tra erbacce che assediano la rara, antica pietà di qualche fiore. Tra marmi e gessi, croci di umile legno asciugate dal sole e dal vento; ancora si leggono numeri dipinti in nero, «4, 10, 13», forse le sigle dell’obitorio che sostituiscono i nomi. Qualcuno ha deposto per terra uno, due crocefissi, avanzi evidenti, rimasugli di altre tombe, rimasugli di pietà. Anche il volto del Cristo è ormai nero di terra e di ruggine. Sono emigranti di altri naufragi: restituiti dal mare, piccoli corpi abbandonati, senza speranza e senza tempo, come casse rimaste in fondo a un magazzino e che nessuno ha più reclamato, e non si sa da dove siano venute e che non usciranno mai dai loro confini. Pochi: una ventina forse. E gli altri, migliaia, dove sono? Un isolano antico, alto dritto e asciutto, che risponde lento e scolpito ad ogni domanda, mi racconta che in Sicilia ci sono decine di cimiteri abbandonati riaperti in questi anni a furia per seppellire «gli africani». Forse in queste tombe, in queste anime tunisine, sudanesi, libiche, africane, rimasero custodite per sempre la perduta sovranità di un’onda, la tempesta, il sale, il mare che palpita e mugghia come oggi; che li ha uccisi. Il mare di ognuno, minaccioso e chiuso, un suono incomunicabile, un movimento solitario che era divenuto farina e spuma dei loro sogni prima di sfinirli e finirli. I morti, gli altri, li rivedi solidi, nei nomi, nelle fotografie nelle statue, come se la loro morte e la loro vecchiezza fossero aboliti. Questi no: morti, si può dire, due volte.
Su per le balze di Lampedusa la vita continua a fiorire a fiotti frenetici di case e di piante, l’affannarsi dell’uomo e la bellezza coprono l’isola come una maschera dipinta della felicità che fugge. Ma questi naufraghi non sono riusciti ad arrivare lì. Serbarono nel loro ultimo grido con l’acqua che li afferrava la propria parte di infinito, il loro frammento di mare.
In quest’isola cristianesimo e islam si sono dati battaglia, con frenesia e rabbia, e non erano le battaglie inventate dalla fantasia di Ariosto, che a Lampedusa ha fatto duellare Orlando e Agramante e il re Gradasso. I musulmani delle sciancate carrette del mare hanno sempre il terrore alle spalle, consumati dallo sforzo di non voltarsi per poter guardare la loro paura. Le hanno dato forme diverse: la fame, la guerra, regimi infami come quello eritreo. La verità per loro era tabù, la morte che si avvicinava ogni giorno in un luogo diventato straniero. Ella è rimasta in un cimitero che nessuno visita, in una tomba dove hanno perso anche la loro unica certezza, il nome del loro dio, sepolti come sono sotto una croce.
La morte non si può guardare in faccia, è vero. Ma qui puoi guardare in faccia la morte della nostra speranza. Questi uomini hanno perduto tutto: vita, destino, identità, nome, perfino dio. La disperazione non è necessariamente un crimine. E da lei che parte il colpo d’ala, formidabile, che porta a capire ed amare. Accettiamo dunque la disperazione di questo luogo solo per prepararci a quel balzo.
Il cimitero al mattino è vuoto, si è levato il vento e riempie le stradine tra le tombe e pare il brusio di una folla lontana. Qualche ramo tocca le croci di legno con la sua carezza, lieve come per non destare chi qui riposa. Ritrovi, sgomento, quasi l’eco dei primi sospiri, gemiti e singhiozzi del dolore umano, prima che diventi urlo, ghigno, rivolta, disperazione e ferocia e sia lo scoperto dolore, mio o tuo, e non quello uguale e perpetuo sepolto nel cuore di tutti. Che dimenticarlo puoi, ma a un brivido senti che c’è.
Chi era questa gente, chi è questa gente che attraversa il mare? La risposta è semplice: hanno creduto in noi, non hanno ricevuto come ricompensa che una vita sempre più solitaria e una morte abbandonata. Al centro di accoglienza, sprofondato in un baratro pallido di erbe secche e rifiuti, livido bianco di rocce, sono andato a spiare i volti dei sopravvissuti. Occhi grandi guardano attraverso la rete, giacigli, coperte, padelle: profughi ancora, per sempre. Ognuno di loro porta dentro di sé un ricordo di terremoto, è un petalo di terrore che vive attaccato alla nostra normalità. In questi Paesi che per noi sono nomi, Somalia, Eritrea, Siria, Maghreb, si è eroi ancora prima di nascere. Perché si deve lottare per sopravvivere, ma non solo contro il kalashnikov che uccide o la siccità che inghiotte. E’ un terrore totale, una istantanea insicurezza, l’universo che ogni giorno crolla e si dissolve. E a sera anche noi restiamo soli con i loro morti, e con tutti i morti, senza sapere perché siamo ancora vivi.  "
Dopo aver  letto questo articolo ringrazio quel dio che Quirico ha nominato qui sopra perché gli ha salvato la vita in Siria e   ha dato a noi tutti, suoi affezionati lettori, la possibilità di riaverlo tra noi e di poter continuare a seguirlo nei suoi percorsi di giornalista così speciale e nei suoi pensieri tanto particolari e toccanti 
Un pensiero anche ai morti senza nome del cimitero di Lampedusa ed una preghiera per tutti i morti della immane tragedia di giovedì scorso

sabato 6 marzo 2010

Leggi razziali e Fascismo

Sono trascorsi più di 70 anni dalla promulgazione delle leggi razziali in Italia.
Sempre più spesso si fa un uso pubblico distorto, che isola i provvedimenti del 1938 dal fascismo nel suo insieme e relativizza i caratteri strutturalmente violenti e illiberali di quel regime e le sue aspirazioni totalitarie.
Non aiuta ad una maggiore consapevolezza anche il successo pubblicistico di un’insistito anti-antifascismo teso ad affermare l’idea che in Italia il razzismo non fu un fenomeno radicato, ma il frutto tardivo dell’opportunismo di Mussolini e che le leggi razziali vennero applicate all’acqua di rose.
Solo la prospettiva storica può illuminare il volto oscuro di tanti stereotipi del tempo presente e aiutare a capire meglio il nostro paese.
di Francesco Cassata «La difesa della razza». Politica, ideologia e immagine del razzismo fascista , Einaudi, pp. XVI-413, e34 .
Cassata ricostruisce una storia mai raccontata , quella del periodico fascista "La difesa della razza", fondato a Roma nell’agosto 1938, che cessò le pubblicazioni nel giugno 1943.
Il saggio è la storia di un progetto culturale e dell’intellettuale che lo p
romosse, il siciliano Telesio Interlandi, giornalista la cui avventura attrasse anche Sciascia e la compagnia di "antisemiti di penna" da lui riunita, di cui Cassata ricostruisce con notevole finezza la parabola: i rapporti con l’università, le tensioni con il Vaticano, le rivalità interne al regime, le formidabili ascese, le ambizioni frustrate, l’indefessa fedeltà al duce, arbitro e giudice delle loro fortune.
Il legame diretto tra Interlandi e Mussolini garantì alla rivista il sostegno istituzionale del MinCulPop, quello economico delle principali banche e un’ampia diffusione, favorita dal costo contenuto, dall’accattivante veste grafica e da una tiratura di lancio di 140.000 copie.
"La difesa della razza" non nacque dall’esigenza contingente dell’alleanza con Hitler, bensì fu il prodotto di una lunga incubazione, nata dall’antisemitismo europeo di stampo irrazionalista e rivitalizzò atteggiamenti presenti in una parte non minoritaria della tradizione cattolica italiana.
Fra questi intellettuali, il razzismo, l’antidemocraticità, il disprezzo anti borghese furono scelte profondamente vissute, insieme con l’odio verso l’ebreo visibile, ma soprattutto nei confronti di quello invisibile: "quell’animale estraneo, che è ospite occasionale del paese italiano. È l’ebreo, è il mezzo ebreo, è il discendente di accoppiamenti occasionali fra italiani e stranieri, è il nazionalizzato di fresco, è il meticcio".

Nel saggio si approfondiscono le diverse correnti in cui si articolò il razzismo fascista, che rende impossibile ogni forma di indulgenza per la versione biologica di Interlandi e dei seguaci Almirante, Landra, Lelj, Sottochiesa, per quella nazionalista di Acerbo e di Pende e per quella esoterica-tradizionalista di Evola e Preziosi.
Secondo Cassata, quando si passa dal livello politico a quello ideologico, la contrapposizione si attenua e prevale un "sincretismo" che costituisce la summa di tutto il razzismo fascista: "la biologia si culturalizza e la cultura si biologizza".
Tra le pagine più interessanti, ci sono quelle in cui si analizzano le modalità con cui era orchestrata la rubrica della posta: un coro di voci anonime, dal professore di scuola al "liceale avanguardista", fino alla "giovane impiegata" che chiedeva l’applicazione di un "bracciale giallo" per gli ebrei, plurisecolare pratica cromatica che i ghetti della Controriforma avevano reso familiare: "Ciò è molto importante perché il governo fascista, eliminando gli ebrei dall’esercito, dalla scuola e dagli impieghi pubblici, ci difende soltanto in parte da questi parassiti" e dunque come riconoscerli e tenerli lontani?

domenica 18 maggio 2008

I mali dell'Informazione

La scorsa settimana ho dovuto preparare le relazioni di fine anno, lunghe da scrivere e da sistemare con tutte le fasce di apprendimento dei singoli alunni. Poi sono andata dall'oculista e quindi ho evitato per alcuni giorni di leggere e di scrivere in internet per non affaticare ulteriormente la vista. Ho visto anche ben poca Tv ma ho seguito le vicende di Travaglio e degli attacchi a lui perpetrati per essere stato ospite prima di Fazio e poi di Anno Zero.
Non mi piace molto Travaglio ma trovo che sia un giornalista che fa il suo lavoro. E che non cambia bandiera a seconda di come va il vento.
Stamattina la giornalista Barbara Spinelli ha scritto un articolo che parla proprio di informazione e dei mali che colpiscono l'informazione italiana. Ha espresso in modo chiaro e preciso ciò che avrei detto anch'io, ma non di certo bene come lei
Ecco quindi i suoi pensieri, veramente significativi:
" Si è parlato molto, negli ultimi anni, della casta politica e delle sue cecità, dei suoi privilegi. Si è parlato della distanza che la separa dal cittadino, dal suo quotidiano tribolare. Si è parlato assai meno della malattia, vasta, che affligge l’informazione e il compito che essa ha nelle democrazie. Compito di chiamare i poteri a render conto, tra un voto e l’altro. Compito d’abituare l’opinione pubblica non a inferocirsi, ma a capire le complicazioni, a esplorarne le radici, a scommettere con razionalità su rimedi non subito spettacolari. Compito di formare quest’opinione, cosa che spetta all’informazione in quanto «mezzo che mette il cittadino a contatto con l’ambiente che sta al di fuori del suo campo visuale»: lo scriveva Walter Lippmann nei primi Anni 20, e la missione è sempre quella. La malattia non è solo italiana, sono tante le democrazie alle prese con un’informazione che fallisce la prova, che al cittadino non rende visibile l’invisibile, che dal potere politico si fa dettare l’agenda, le inquietudini, gli interessi prioritari. Che è vicina più ai potenti o alle lobby che ai lettori. Che alimenta il clima singolare che regna oggi nelle democrazie: come se vivessero un permanente stato di necessità - di guerra - dove per conformismo si sospendono autonomie, libertà di dire.
La grande stampa Usa si è fatta dettare l’agenda da Bush, per anni. La stampa francese per anni s’è dedicata ai temi prediletti da Sarkozy. Quel che ci rende originali non è dunque la malattia. È il fallire del sistema immunitario, che altrove generalmente funziona. Non sappiamo liberarci dalle patologie, dalle loro cellule.
Siamo immersi in esse con compiacimento, con il senso di potenza che dà l’ebbro sentirsi in branco: lo straordinario conformismo che disvelò Jean-François Revel (Pour l’Italie, 1958) non è scemato.
In Italia c’è poca auto-stima ma anche poca analisi di sé. .... Quanto all’informazione, nulla che somigli alle autocritiche dei giornalisti Usa sull’Iraq, emerse quando Katrina travolse New Orleans.
L’informazione italiana non produce anticorpi atti a ristabilire un contatto con la società. Il risultato è palese, oggi, e lo storico Adriano Prosperi lo descrive con nitidezza: nel Palazzo «un venticello dolce di mutuo rispetto tra maggioranza e opposizione, un gusto della correttezza (...) un’aria di intesa e di pace».
Fuori, intanto: una guerra tra poveri, e pogrom moltiplicati contro rom e diversi (la Repubblica, 16-5). Il guaio è che anche la stampa è Palazzo: incensa serenità politiche ritrovate e scopre, d’improvviso, una società inferocita da tempo, ormai indomabile dalla destra che l’ha sobillata.
L’enorme polemica suscitata da alcune affermazioni televisive del giornalista Marco Travaglio è sintomo di questa malattia, assieme alla violenza, impressionante, con cui alcuni si scagliano contro di lui ....
Il Paese traversa tifoni, e i giornalisti trovano il tempo di scannarsi a vicenda come fossero nell’ottocentesca Zattera della Medusa. Chi ha visto il quadro di Géricault, al Louvre, ricorderà la cupa zattera, dove pochi naufraghi pensarono di salvarsi a spese di altri. Su simile zattera sono oggi i giornalisti, mangiandosi vivi. L’istinto della muta è forte in tempi di necessità, di Ultimi Giorni dell’Umanità.
Ignoranza e mancanza di memoria sono tra i mali che impediscono di smettere il cannibalismo tra giornalisti e di suscitare un’opinione pubblica informata.
Si ignora quel che succede nel Paese, e da quanto tempo. Il pogrom di Ponticelli non è un evento nuovo. Violenze di mute cittadine contro il capro espiatorio già sono avvenute il 2 novembre 2007, quando squadracce picchiarono i romeni dopo l’assassinio di Giovanna Reggiani. Già il 21-22 dicembre 2006 presidi cittadini incendiarono un campo nomadi a Opera presso Milano, approvati da un consigliere comunale leghista, ..., ora sindaco. E non erano violenze nate da niente, avevano anch’esse album di famiglia che chi ha memoria conosce: la tortura di manifestanti no-global a Genova nel 2001; gli sgomberi dei campi Rom attuati brutalmente dal Comune di Milano nel giugno 2005; le parole del presidente del Senato Pera contro i meticci nell’agosto 2005; le complicità del governo Berlusconi nel rapimento di Abu Omar e nella sua consegna ai torturatori egiziani.

Erano pogrom anche quelli del 2006-2007, e gli oppositori di allora non sapevano che a forza di aizzarli avrebbero suscitato i mostri che adesso, grazie all’allarme europeo, devono condannare.
La perdita di memoria è stupefacente, ramificandosi s’espande.
D’un tratto Berlusconi è «un’altra persona», al pari di suoi amici come Dell’Utri, Schifani. Non hanno dovuto fare ammenda: sono altre persone perché il conformismo fa letteralmente magie.
Non si ricorda quel che è stato Berlusconi ancora ieri: come quotidianamente ha delegittimato Prodi, trascinando dietro di sé l’informazione. Di conflitto d’interesse non si parla più. Non si ricordano i trascorsi dei suoi uomini. I rapporti con la mafia o il vivere vicino a essa sono pur sempre una loro macchia.
Travaglio ha avuto il cattivo gusto di non uniformarsi, di dirlo a Fabio Fazio su Rai3. Sta pagando per questo.

Fa parte del conformismo giornalistico il fascino per il potere
(il vizio infantile descritto nel libro di Scalfari: non solo i buoni vincono ma chi vince è buono).
E anche se il fascino esiste altrove, in Italia è diverso: proprio perché lo Stato è debole, la massima irriverenza verso le cariche repubblicane si mescola non di rado a riverenze esagerate (verso il presidente del Senato, anche verso il Capo dello Stato). L’usanza non esiste in regimi presidenziali come America e Francia.
Travaglio è un professionista che ha molto investigato, ma ve ne sono altri: Abbate che ha indagato su mafia e politica, o Peter Gomez, Gian Antonio Stella, Elio Veltri, Carlo Bonini, Francesco La Licata. Anche D’Avanzo è fra essi, e per il lettore non è chiaro perché si sia tanto accanito contro Travaglio, il cui carattere non è più spigoloso di altri astri giornalistici.
Travaglio si è chiesto come mai un politico dal passato non specchiato sia presidente del Senato. Non è illegittimo. Ha violato il sacro della carica, ma la prossimità di Schifani alla mafia è già stata descritta da Lirio Abbate e Peter Gomez ne I Complici - in libreria dal marzo 2007 - senza che mai sia stata sporta querela.
Berlusconi s’avvia aesser osannato allo stesso modo, metamorfizzandosi in tabù.
L’antiberlusconismo non è più una normale presa di posizione politica; sta divenendo un insulto che disonora oppositori e giornalisti.
Qui è l’altra originalità italiana. Nessuno si sognerebbe in America di accusare il New York Times o i democratici di anti-bushismo, nessuno in Francia denuncerebbe l’anti-sarkozismo di Libération o dei socialisti. Da noi lo spirito dell’orda è tale che ieri era indecente difendere Prodi, oggi è indecente attaccare Berlusconi.
Le precipitose scuse di Fabio Fazio non erano necessarie. Più appropriato è quello che ha detto dopo, su La Stampa del 13 maggio: «L’idea che si immagini sempre il complotto, la trama, fa pensare che non possa esistere la normalità; è come se non si riuscisse a concepire che in Italia c’è chi lavora autonomamente.
Noi giornalisti non siamo dipendenti della politica. Semmai questo è un atteggiamento proprietario che ha la politica nei confronti dei cittadini».
Che cos’è la normalità, per il giornalista? È non farsi intimidire, non lasciarsi manipolare dalla violenza con cui il presidente della Camera Fini giustifica, in aula, gli attacchi a Di Pietro («dipende da quel che dici»). È lavorare solo per i lettori: via maestra per fabbricarsi gli anticorpi che mancano. "

domenica 20 gennaio 2008

America , in mostra a Brescia

Ieri mattina sono partita alle 7 con il solito ed ormai super collaudato gruppo dell'Uni3 (università della terza età) di Omegna e sono andata a Brescia a vedere la mostra America! Storie di pittura dal Nuovo Mondo al Museo di Santa Giulia. Una bellissima mostra che mi è piaciuta tantissimo e che mi sono goduta per ben due ore andando di quadro in quadro, mentre ascoltavo le spiegazioni della guida, in cuffia, senza molte persone intorno, come succede di solito nei musei di solito. Una mostra molto vasta con cento anni di pittura che vanno dal sogno romantico e dell’Arcadia di Doughty e Cole di inizio Ottocento fino ai famosi ritratti di Sargent del primo decennio del Novecento.
Mi sono piaciuti molto i quadri dei pittori della Hudson River School, che descrivono i paesaggi ancora incontaminati del territorio americano, ma anche quelli di alcuni loro viaggi nell'America del Sud. Ma ancora di più mi ha attirato la scoperta dei territori dell’Ovest, con i racconti di vita su indiani e cowboy, con i manufatti dei pellerossa tutti ricamati di perline, veramente magnifici, circa 80 oggetti, dai vestiti alle borse ai mocassini ai gioielli alle preziose selle istoriate ai copricapo, dei nativi americani, dalle bambole dei bambini alle sacche da portare a cavallo fino ai porta pugnale e fucile. E mi sono piaciuti veramente molto i quadri di un pittore autodidatta che visse a lungo con le tribù indiane e dipinse i capi Indiani, le giovani ed i bambini, lascindoci delle testimonianze uniche di come erano e di come vivevano. Nella sala dedicata a Buffalo Bill abbiamo potuto vedere la sua celebre Colt con il fucile Winchester, la sella che usava nei suoi spettacoli, le due giacche più famose, i suoi stivali e la famosissima diligenza che venne utilizzata dal 1903 nelle tournée europee.Il colonnello Cody venne anche in Italia con il suo celebre circo in cui lavoravano anche gli Indiani, ma se fu lui a farli conoscere nel mondo, non si può neppure dimenticare che partecipò come militare alle guerre contro gli Indiani, che ne uccise molti ma soprattutto che divenne celebre per aver ammazzato oltre 4000 bisonti. Un massacro di uomini ed animali che sconvolse per sempre il mondo dei nativi americani, un genocidio che portò all'estinzione molte delle tribù indiane e ridusse in una condizione di miseria e schiavitù nelle riserve gli ultimi superstiti. Molto significativo ed intenso il quadro Lo sciamano, dove si può vedere il ritratto di questo uomo così potente nella vita indiana, fermo e stanco, con tutti i suoi attrezzi ammucchiati insieme in un angolo, perchè non gli servono più, perchè ormai gli Indiani se ne sono andati ed anche lui se ne andrà, ucciso dall'uomo bianco, dalla fame, dalle malattie, dalla distruzione di una civiltà che amava la natura ed il territorio e la rispettava e la salvaguardava per le generazioni future, ma che la brutalità di noi bianchi distrusse per sempre. Questi pittori ci mostrano nei primi quadri la forza e la potenza della natura sull'uomo, una natura a cui l'uomo è asservito, così piccolo e fragile che quasi non si vede, ma poi a poco a poco si arriva al dominio dell'uomo sulla natura e sul suo potere anche distruttivo, in molti casi
La pittura impressionista e la grande ritrattistica dell’ultima parte del secolo, con dei quadri molto belli, ci ha portato al termine di una lunga carrellata di oltre 450 opere
Mi sono piaciuti tanti quadri, per lo più sconosciuti, ma quello che sarei rimasta a guardare per ore è questo Orchidee e colibrì di Martin Johnson Heade. Un piccolo capolavoro a olio di incredibile bellezza.( Ho trovato la foto in un sito molto interessante dedicato alle orchidee ). Ed il più bello è senz'altro Le cascate del Niagara di Church; si può ammirare la bellezza del quadro aprendo il sito linead'ombra , con le immagini dei quadri degli artisti più importanti e le tematiche della mostra. Al termine del giro, siamo andati a mangiare al self service e poi siamo ripartiti per un pomeriggio in Francia Corta, terra di vti e di ulivi !

sabato 19 gennaio 2008

Gli amanti dei bambini

Alcuni settimane fa, nel rimettere in ordine alcune vecchie riviste, ho ritrovato un articolo molto particolare di Anna Oliviero Ferraris, ordinario di Psicologia dello sviluppo presso l'Università La Sapienza di Roma, e di Barbara Graziosi, psicologa ad indirizzo clinico, "Gli amanti dei bambini" , pubblicato nel n.163 del 2001 di Psicologia Contemporanea.
Ecco i punti salienti di ciò che scrivono le due esperte :
" La maggior parte delle persone non pensa ai bambini come a dei possibili partner o "oggetti" sessuali.
Perché per alcuni non è così? Si tratta di una malattia o di un impulso naturale?
Secondo molti psicologi e psichiatri, i pedofili hanno una personalità immatura, problemi di relazione o sensi di inferiorità, che non consentono loro di reggere un rapporto amoroso adulto, "alla pari" : si focalizzano sui bambini perchè possono controllarli e dominarli.
L'immaturità emerge anche dall'incapacità di questi individui di assumere un ruolo responsabile. Secondo la psicoanalisi classica, i pedofili abituali sarebbero preda di un disturbo narcisistico della personalità.
Nei bambini essi rivedrebbero se stessi nel periodo della propria infanzia, idealizzerebbero il corpo e la bellezza infantile, o preadolescenziale, e rievocherebbero lo stesso trattamento, o il suo opposto, subito in passato.
Sarebbero dunque al centro di una specie di circuito che si alimenta e che li riporta indietro nel tempo, al momento in cui essi stessi hanno vissuto quel tipo di esperienza, hanno provato eccitazione-paura e anche il turbamento di essere depositari di un segreto incomunicabile, in una sorta di doppia vita.
A ciò si aggiunge nei pedofili il piacere della trasgressione e oggi quello di ritrovarsi con i propri simili in Internet, dove possono rivendicare un'identità in contrapposizione a tutti coloro che disapprovano i loro comportamenti o combattono la pedofilia.
Infine nei casi in cui il disturbo narcisistico di personalità sia associato a gravi tratti asociali, la conquista sessuale del bambino ( o bambina) in questo caso rappresenta uno strumento di vendetta per gli abusi subiti, una sorta di puntello alla scarsa stima di sé, caratterizzata però da un maggior grado di ostilità e aggressività che può condurre a comportamenti coercitivi violenti e sadici..."
Silviaearth ha parlato di narcisismo negli ultimi post del suo blog
Qui sopra si definiscono i pedofili narcisisti disturbati
Avete mai conosciuto un pedofilo ? Cosa sono x voi ?
E cos'è un narcisista ? Vi piacciono i narcisisti ? Se sì, perchè ?

mercoledì 26 dicembre 2007

Amara ? No, realista !!!

Franca mi ha scritto nei commenti del post Gli inverni del cuore che sono stata amara
Può darsi, ma se si é ascoltato un TG nel giorno di Natale o oggi , Santo Stefano, beh, come si faceva ad essere ottimisti e positivi?
Non sto a fare la lista ma c'è stato un ben triste finale al rapimento di una giovane donna x finire, dopo tante tragedie e disgrazie, pochi minuti fa, addirittura con l'annuncio di un omicidio, probabilmente di mafia...


Io ho spento tutto e mi sono letta il primo libro di Andrea Pinketts , Il Conto dell'ultima cena, con quel divertente dissacrante ed ironico personaggio che si chiama Lazzaro Sant'Andrea che, come Gesù e John Beluschi, ha trentatré anni e... dopo essersi addormentato su una panchina, essere stato aggredito da 4 giovani idioti ed aver visto la Madonna, ne combina di tutti i colori. Un giallo sui generis che mi ha fatto ridere e sorridere per un po' di ore

Oggi ho lavorato con photoshop per preparare le immagini da inserire in una nuova pagina del mio sito I Mesi dell'Anno , un lavoro piacevole e rilassante, come il provare la mia nuova Digitale, il regalo che mi sono fatta a Natale, perchè mi serviva una macchina fotografica con lo stabilizzatore ottico
E' piccola nera e bellissima ed ha pure il grandangolo oltre ad uno zoom comme il faut
Un piccolo gioiello che sicuramente mi darà tante soddisfazioni, meno male...


E domani sarà un altro giorno , nella speranza che il mondo non salti x aria xchè io ho ancora tante tantissime altre cose da fare !!!
Come tutti voi, immagino ....


un saluto ed un kiss erica
la foto qui sopra è nata il 9 dicembre scorso mentre andavo in Svizzera in gita, a Gruyère: attraversando il passo del Simpione nevicava a più non posso e scendendo verso Briga c'era la neve gelata. Io ho fotografato a ricordo i miei piedini con gli scarponi . Bella, vero?

martedì 6 novembre 2007

Grazie Enzo

Grazie Enzo che ci hai insegnato che la libertà ed il coraggio morale delle proprie convinzioni e delle proprie idee personali sono più forti della politica e dei compromessi
Oggi Enzo Biagi se ne è andato lasciando un grande vuoto perchè era un uomo forte ed un giornalista sincero e spontaneo
Un abbraccio a lui , alla sua grande semplicità ed intelligenza ed al suo essere coerente con se stesso sempre e comunque , anche nei momenti più difficili !

lunedì 24 settembre 2007

Addio, Marcel

Addio Marcel !


È morto a 84 anni il mimo francese Marcel Marceau.
Era nato a Strasburgo nel 1923 da una famiglia ebrea ed il suo vero nome era Marcel Mangel, che era stato costretto a cambiare lasciando la sua città per sfuggire alle persecuzioni naziste.
Nel 1946 a Parigi, incontrò Etienne Decroux, che lo introdusse all’arte del mimo.
Dalla sua passione per Buster Keaton, i fratelli Marx e soprattutto Charlie Chaplin nacque l’anno successivo Bip, il suo personaggio più famoso.
Modellato sul vagabondo di Chaplin, fu la base di tutta la sua opera successiva
Nel 1949 l’attore fondò la Compagnia di mimo Marcel Marceau, la prima nel suo genere al mondo, attraverso cui sviluppò la sua celebre pantomima.

sabato 22 settembre 2007

Chiude Diario

In questi ultimi giorni la Grillomania ha imperversato su tutti i blog e in tutti i quotidiani ed ha e continua a tenere banco
Ma altre notizie non sono passate inosservate alla mia attenzione ed una mi ha lasciato una certa tristezza
Ha chiuso il settimanale diretto da Enrico Deaglio "Diario della settimana", un giornale che ho acquistato diverse volte anch'io e di cui conservo alcune copie per me molto importanti, quelle che hanno ricordato Baldoni, il giornalista free lance e blogger ucciso in Iraq nel 2004 in circostanze tragiche e mai del tutto chiarite .
Nato il 23 ottobre 1996 come allegato al quotidiano l’Unità, il periodico dopo un anno ha poi avuto vita indipendente. ’Diario' è uscito in edicola - è stato sottolineato nell’articolo di addio - ben 567 settimane.
Tra i suoi collaboratori vi fu anche Enzo Baldoni. Tra le cause della chiusura la carenza di pubblicità e anche la concorrenza con i nuovi media.
«Tenere un diario pubblico - è scritto, fra l’altro, nell’editoriale non firmato - settimana dopo settimana, è una attività che in questi undici anni è cambiata molto. Il numero di siti web, di blog e in generale lo scambio di notizie è fortunatamente cresciuta a dismisura. La 'buona lettura' è stata adottata da molti giornali. La possibiltà di sedersi di fronte al proprio lap top e di consultare ’in tempo realè tutte le fonti di informazione del mondo è sempre più alla portata di tutti. Il mercato pubblicitario (l’unico a tenere in vita i giornali) è a noi praticamente precluso, per quella mancanza di do ut des che ci caratterizza e che dal mercato è evidentemente stato ben colto. Di qui la necessità di fare una pausa».
«Speriamo di farci vivi al più presto con un nuovo giornale - conclude l’articolo - Ci stiamo pensando e pensando». Io spero che almeno online possano continuare ad esistere e a fare giornalismo perchè ce n'è veramente tanto bisogno ancora !

La Signora dell'Arte della Morte

Oggi pomeriggio mi sono presa una pausa di riposo. Niente test d'ingresso da finire di correggere, niente siepe in giardino da terminare di risistemare. E' stata una settimana faticosa e giovedì sera sono stata punta da un'ape che era entrata in casa per sbaglio: un incidente di percorso decisamente spiacevole ed imprevedibile perchè adesso mi ritrovo con una gamba gonfia, che fa male e pizzica. La bestiola è morta, naturalmente, ma io avrei preferito non essere la sua vittima.
Ho passato un paio d'ore seduta al sole sul balcone, un bel sole caldo di metà settembre, delizioso sulla pelle, che abbronza ancora ma senza dare fastidio, a leggere un bel libro giallo di Arianna Franklin La Signora dellArte della Morte ed Piemme
Ho trovato il libro in cartoleria l'altro giorno e sono stata subito attirata dal titolo e dalla copertina, con un corvo su di uno sfondo rosso dai bordi neri sfumati.
E' un buon giallo che si legge con estremo piacere e tutto d'un fiato. Il personaggio principale, che sicuramente avrà altre nuove avventure in altri volumi futuri, è una donna, Adelia, un medico legale formatosi all' università di Salerno, esperta nello studio dell'anatomia, che nel 1171 si reca a Cambridge su invito del Re inglese, Enrico II Plantageneto, con il fido eunuco moro a guardia del corpo ed un agente segreto ebreo, per scoprire chi è l'assassino di 4 bambini scomparsi nel giro dell'anno precedente
Una storia ricca di colpi di scena, complessa e anche tragica, ma molto interessante che permette di conoscere una parte di storia vera che si intreccia con la narrazione e la fantasia dell'autrice.
Adelia scioglierà il bandolo della matassa, un bandolo molto intricato di superstizioni e ferocia, legati ad un assassino che ha partecipato alle Crociate, e che uccide senza pietà, ad una monaca e alla sua badessa dalla scarsa moralità, alla comunità di ebrei usati come caprio espiatorio e naturalmente a una chiesa con molte pecche.
Adelia incontra nuovi amici, una vita molto diversa da quella a cui era abituata nel Regno di Sicilia e anche un grande amore ma resta un personaggio anomalo e sicuramente molto moderno e unico nel suo genere
E adesso mentre vi sto scrivendo vedo contemporaneamente le immagini, su Raisportsat, dei mondiali di ginnastica ritmica da Patrasso dove la nostra squadra di 5 ginnaste è attualmente seconda perchè ha svolto un esercizio fantastico e perfetto con i cerchi e le clavette
Non c'è solo il calcio in Italia, per fortuna, ed è bello poter seguire anche questi sportivi o sportive che sono veramente bravi/e anche senza guadagnare miliardi ....
buona domenica erica

martedì 18 settembre 2007

Iraqui freedom

Stamattina sono uscita da scuola alle 11 e mezza passate e sono andata a fare due commissioni veloci. Sono anche passata in cartolibreria ed ho acquistato l'ultimo libro di Nicholas Sparks Ricordati di guardare la luna ed Frassinelli
E' una storia d'amore il cui protagonista è un soldato americano, che passa dalle missioni di peacekeeping in Kossovo al deserto iracheno e a Bagdad, all'inizio della missione Iraqui Freedom
Di questa guerra crudele e violenta vi sono solo poche pagine nel libro e la storia del protagonista scivola via veloce, ma noi ancora ne sentiamo parlare e ancora leggiamo notizie terribili ogni giorno .
Nel weekend per esempio sono state almeno 200 le persone arrestate dalla polizia di Washington durante la manifestazione di protesta contro la guerra in Iraq, che ha richiamato migliaia di persone.
Alcuni dimostranti sono stati arrestati senza opporre resistenza dopo aver cercato di superare una barriera nei pressi del Campidoglio, mentre altri si sono scontrati con gli agenti dopo essere stati respinti con larghi scudi neri e spray chimici.
I manifestanti hanno risposto lanciando i cartelli esposti durante il corteo e urlando «vergogna». Partiti dalla Casa Bianca, i dimostranti sono arrivati alla sede del congresso americano al grido di «Cosa vogliamo? Il ritiro delle truppe. Quando? Ora».
La dimostrazione contro il conflitto è stata organizzata da "Answer Coalition" e altri gruppi e ha visto la partecipazione di famiglie, studenti, veterani di guerra e genitori dei soldati uccisi.
«Stiamo occupando un popolo che non ci vuole lì - ha detto all’Associated press un militare rientrato dall’Iraq, Justin Cliburn, 25 anni - siamo qui per dimostrare che non è un gruppo di vecchi hippies degli anni sessanta ad essere contro la guerra».
«Sono stato un anno e mezzo ad Abu Ghraib e a Fallujah, fino al luglio 2006 - gli ha fatto eco Phil Aliff, 21 anni - mi era stato detto che la nostra missione era quella di aiutare a stabilizzare il paese. Ma sul posto non si ricostruiva nulla e la popolazione ce l’aveva con noi».
Diana Santoriello ha perso il figlio Niel in Iraq, il 13 agosto 2004: «Sono qua per chiedere al congresso di smetterla di finanziare questo conflitto. Sono terrorizzata all’idea che possa iniziare un’altra guerra contro l’Iran».
La donna mostrava la fotografia del figlio: «Me l’hanno ucciso. Aveva 25 anni».
I manifestanti non hanno risparmiato critiche ai democratici, oggi maggioranza al congresso, accusandoli di «inerzia» di fronte alla guerra.
«I democratici ci hanno deluso - ha dichiarato Richard Gold, 62 anni, arrivato dallo Stato della Pennsylvania per la manifestazione - non hanno fatto abbastanza per fermare i finanziamenti al conflitto». «Sono abbastanza vecchio per ricordarmi la guerra del Vietnam e il fatto che le truppe non furono ritirate in tempo. Occorre trarre lezioni dal passato».
Bush in effetti ha annunciato il ritiro di 5.700 uomini entro dicembre perchè in Iraq le truppe Usa starebbero vincendo la guerra contro i terroristi ed Al Quaeda, ma, attualmente, la vittoria è un risultato molto modesto: è stato fatto un accordo nella provincia di Anbar tra militari Usa e capi tribù sunniti che hanno rotto con Al Qaeda.
La provincia rappresenta meno del 5 per cento della popolazione e giovedì scorso è stato ucciso il capo tribù che aveva negoziato con gli Usa, lo sceicco Abdul Sattar Buzaigh al-Rishawi.

Questa guerra, nata nel 2001, quando Bush e Condoleezza Rice dissero che con Saddam si rischiava il «fungo atomico» ed accusarono il dittatore di aver aiutato i terroristi che attaccarono le Torri di New York l'11 settembre, in effetti iniziò molto prima, negli Anni Ottanta, quando gli americani armarono gli islamisti radicali in Pakistan per combattere e sconfiggere i sovietici in Afghanistan.
I famigerati terroristi che da sei anni minacciano l’Occidente erano i più osannati alleati dei governi Usa, fino all’11 settembre. A loro andarono soldi, elogi, millenaristi manuali islamici pubblicati in America.
Reagan paragonò i mujahiddin afghani ai Padri Fondatori americani.
Abbiamo visto poi cosa è successo in Afganistan e continuiamo a vederlo, come vediamo la guerra civile ed i massacri dell' Iraq
Bush persiste nella sua politica di guerre preventive ed il 28 agosto 2007 ha insistito, a proposito dell’ Iran, di un «olocausto nucleare» e starebbe preparando un nuovo attacco contro le nuove centrali irachene.
Cosa ci sta preparando per il futuro quest'uomo a capo di una superpotenza padrona del mondo ?
Un'altra terrificante guerra che sconvolgerà una parte del mondo già così sconvolta ?
Ogni opinione contraria è definita anti-patriottica,in America: ma l’autocritica della stampa è molto forte in Usa mentre è assente in Europa ed in Italia
E più nessuno si ricorda dell' Iraq, più nessuno manifesta contro questa guerra che vede ogni giorno morti civili, attentati e stragi terrificanti
Che ha distrutto un equilibrio molto precario, ma comunque stabile tra i vari gruppi civili e religiosi, sunniti sciti cristiani curdi ...
Chi volesse anche riscoprire la storia di questi ultimi 30 anni dell'Afganistan, un paese lacerato da guerre e lotte civili sanguinose, dovrebbe leggere i libri di Khaled Hosseini, Il Cacciatore di aquiloni e Mille splendidi soli , ed Piemme
2 libri molto belli, due storie tragiche raccontate in modo toccante ed indimenticabile

domenica 16 settembre 2007

Guido Ceronetti e il PD

Guido Ceronetti è nato a Torino nel 1927 ed è un uomo di raffinata cultura,che ha tradotto classici latini, testi biblici e poeti moderni. Ma si è rivelato anche cronista dissacrante di fatti culturali e sociali ed io lo leggo sempre sul quotidiano La Stampa perchè il suo modo di scrivere e di pensare è sempre unico e il più delle volte estremamente controcorrente rispetto alle mode del momento.
Uno dei suoi articoli più recenti è stato quello "dedicato" al nuovo Partito Democratico
Avrei voluto presentarvi solo alcuni passi salienti dell'articolo, ma ho preferito incollarlo tutto intero perchè, anche se non semplice da leggere, solo così si possono capire il suo pensiero e le sue riflessioni personali sulla politica e sui politici ed anche sul PD!
buona lettura nell'attesa di un vostro pensiero personale al riguardo ...
" Il Pd visto da un passante di GUIDO CERONETTI
Tempo un anno - la ferma di un mercenario - tutta la gloria di Qedàr sarà sparita» (Isaia 21, 16). Il richiamo a un versetto biblico di otto secoli prima di Cristo dignifica, diluendolo nel tempo, l’argomento. Di per sé, partito democratico ha la consistenza di un enorme vento di chiacchiere in astratto, che la realtà sta a guardare stupefatta da tanta capacità italiana di emetterne ragionandoci sopra all’infinito - ma «sotto la maschera un vuoto» (Seferis).
Il versetto del profeta semitico e il verso del moderno poeta greco danno una definizione sufficiente della penuria d’essere della cosa. Penuria d’essere perché la pochezza d’immaginazione politica caratterizza patologicamente tutti i progetti che provengono da queste segreterie di partito dal malrespiro, il cui linguaggio non è mai un autentico dire qualcosa, un mordere una fettina di reale coi denti. Sembra gente che, avendone i mezzi, cerchi di allestire una grande illuminatissima vetrina di moda in via della Spiga per esporre due o tre camicette con buchi prese da una discarica e un paio di vecchie pantofole affezionate ai piedi di una pensionata che si circonda di consunto.
Al sensibile e intelligente Veltroni potrei rimproverare soltanto la sua esagerata cinefilia - perché, quanto a Roma, la città è quella che è, non puoi che lasciarla peggio di come l’hai trovata perché non la governi, se ne chiudi un focolaio se ne aprono due. Tuttavia nei suoi discorsi di candidato principe di questo Qedàr democratico anche il circolo diventa docilmente quadrato, salvo a restare circolo, duro più del torrone d’Alba.
Se Veltroni osasse parlare di insolubile, cosa facilissima a chi non s’imbarca nella Nave dei Folli del potere, si avvicinerebbe troppo ad una realtà fatta quasi tutta di cose che sfuggono di mano e che non si lasciano modellare, mentre l’irrealismo che tira fuori la volontà politica, noiosamente, come filtro magico, è richiesto e imposto, a lui e agli altri, come frontiera invarcabile.
Ma di fronte all’Insolubile, una volta forzato a constatarlo, quale sarà il comportamento di chi assume un potere? Uno solo.
Fingere, in uno stile oratorio che cerca di differenziarsi (e vocalmente ci riesce), che i problemi insolubili, irti di nodi con aculei, grazie al suo applaudito pilotaggio prenderanno la strada maestra della soluzione più giusta e razionale. Tenere questa fondamentale menzogna contro ogni possibile smentita dei fatti.
E conosciamo - poiché l’uomo politico è per tre quarti il suo modo di esporre e di esporsi - gli stili oratori degli uomini più in vista, la veemenza - dal rimando tragico - del loro ottimismo incurabile, tratto mediatico comune. Qualunque cosa dicano o progettino, la loro impotente «volontà politica» si decompone.
Lo stesso nome, partito democratico, denuncia assenza cronica d’immaginazione: nell’evolversi del linguaggio non regge più partito, ancor meno regge democratico, un barile di Nutella.
Istituzionalmente tutto quanto è già democratico, non c’è un altro container.
Se partito è ormai epiteto, democratico è ovvietà al cubo. (Stessa perdita di sostanza linguistica e semantica è nell’inalberare comunista, uno spadellamento di pesce al mercurio surgelato: soltanto in Italia acchiappa voti tanta fragranza). Almeno non hanno rifritto sinistra: doversi obbligatoriamente proclamare di sinistra, riversandolo in formule perennemente false, è già mettersi in ceppi, poveretti.
Gli suggerirei di aggiungere almeno italiano, perché la formulazione così appare, oltreché logora alla nascita, anche mùtila: Partito Democratico Italiano è un completamento che funziona - anche in sigla: PDI. Il rischio è che in gergo i futuri iscritti e credenti e i loro esperti manovratori vengano qualificati come demotaliani.
Ma non c’è vergogna a dirsi partito italiano. Di cittadini che valgano fuori dei partiti non c’è penuria!
Ma sarà di sinistra dirsi italiani?
Nel timore che Italia e italiano siano «cose di destra» i padri fondatori si asterranno dall’evocarli.
Passerò in via della Spiga a vedere la loro vetrina: i prezzi, non essendo da stilisti, avranno il pudore, spero, di essere alla portata di tutti."

sabato 18 agosto 2007

Gli ultimi libri letti

Mi è sempre piaciuto leggere, fin da piccola, ed ho la casa sommersa dai libri. Quando resto un paio di giorni senza leggere neppure poche pagine di un libro, mi manca qualcosa... Sono ormai libro- dipendente. Ho la passione per i libri gialli e per i thriller, ma mi è sempre piaciuto tantissimo anche leggere i libri di storia e le storie romanzate ambientate in periodi storici passati
In queste ultime settimane di vacanza ho avuto la fortuna di trovare in libreria e in edicola dei libri molto interessanti.
Il più bello è senza dubbio Il profumo delle notti sul Nilo ( in edizione inglese si intitolava The Map of Love) di Ahdaf Soueif ed Piemme Pocket
L'autrice è nata al Cairo e cresciuta tra l'Egitto e la Gran Bretagna. E' una giornalista.
Il romanzo è ricco di flash back tra la fine degli anni '90 e i primi del '900, tra l'Egitto attuale e New York, tra l'Egitto sotto il dominio degli Inglesi colonizzatori e l'Inghilterra.
Non so se sia una storia autobiografica in parte e se alcune delle donne protagoniste del racconto di inizii secolo siano veramente esistite, se siano state le nonne o la nonna dell'autrice del testo, ma sicuramente è una lettura affascinante per le storie d'amore dei protagonisti recenti e passati e per la storia del secolo scorso, con una carrellata di avvenimenti e di episodi estremamente interessanti, in particolare la nascita degli odi tra arabi ed ebrei, che acquistarono le terre in Palestina, e gli errori vistosi degli Inglesi nei rapporti con l'Egitto, ma anche con i Sionisti .
Tutto inizia con un baule riportato al Cairo, che contiene lettere gionali e diari di tanti anni fa, appartenuti a due donne coraggiose e amiche, le cui storie si incrociano e verrano recuperate dalle loro nipoti, Isabel ed Amal, cugine ma tanto diverse e lontane.
Un libro che ho letto con estrema attenzione,in pochissimi giorni perchè era troppo bello per centellinarlo con il contagocce di poche pagine per sera !
Gli altri due sono molto diversi ma ugualmente piacevoli
La notte del Gladiatore di Gordon Russell ( un nome fittizio per due scrittori italiani molto bravi ) ed Piemme, è un romanzo storico con le avventure di un eroe, Valerio, un gallico, diventato Orpheus il gladiatore in circostanze particolari che vive a Roma durante l'impero di Vespasiano. E' scritto molto bene ed è lineare nelle avventure del personaggio e della storia antica, ben descritta in tanti particolari
Anche Il Signore di Troia di David Gemmel , ed Piemme Pocket, narra la storia della città di Troia, del Re Priamo, dei suoi figli, degli amici e dei nemici, ma sicuramente non è la stessa storia che abbiamo imparato noi a scuola ... Curioso sentir parlare Odisseo, il grande Ulisse, qui ormai vecchio, che viaggia per mare sulla Penelope, una vecchia barca un po' malmessa, e tutti lo adorano per i suoi racconti buffi...
O di Elicaone, il principe di Dardania, che salpa sulla Xanto, una nuova nave grande ed avveniristica, che tutti chiamano la nave della morte perchè hanno paura che affondi subito, visto quanto è strana e gigantesca sul mare. Elicaone è anche chiamato Enea e si innamora di Andromaca, la futura sposa del suo migliore amico Ettore,il figlio primogenito di Priamo, il re di Troia. la città dai tetti d'oro, uomo volgare, cattivo, crudele e donnaiolo, anche se sempre innamorato di Ecuba, l'unica sua moglie !
E poi c'è il crudele e vendicativo Agamennone, re dei Micenei e tanti altri personaggi per tante vicende curiose....
Anche questa storia era troppo interessante per leggerla piano piano: me la sono gustata in 4 giorni, leggendo fino a tardi, al mattino di buon'ora e nel primo pomeriggio, un vero tuffo in 478 pagine fantastiche !

giovedì 28 giugno 2007

Le indagini di...

Oggi tutti parlano del discorso di Walter Veltroni, tenuto ieri a Torino al Lingotto. Un fatto senz'altro importante che rilancia nel mondo della politica un uomo "giovane", ha 52 anni come me, e con le idee chiare sul futuro, tanto diverso probabilmente dai vari "soliti" politici che purtroppo compaiono sempre in Tv, di destra o di sinistra, che siano, compresi Parisi, Bindi, Bersani e &, che ahimé già vogliono salire anche loro sullo scalino più alto del nuovo PD !!!
Beh, io personalmente devo ancora leggermi con attenzione il lungo discorso di Veltroni e rifletterci sopra un bel po', ma sicuramente vorrei tanto che fossero i giovani, quelli ancora più giovani, molto più giovani, che cominciassero ad avere finalmente la possibilità di fare politica ...
Solo così forse ci sarebbe la possibilità di snellire e rinverdire quei rapporti sempre più lontani tra noi cittadini ed i politici di professione


E quindi questa sera parlerò di libri, solo libri, e x essere più precisa, di indagini e di omicidi con donne investigatrici !!!
Domenica sera è terminata anche la prima serie di episodi di Provaci ancora prof!, le simpatiche indagini del commissario di polizia Gaetano Berardi ( Paolo Conticini , classe 1969 ! ) con l'aiuto, spesso un po' intrigante, della prof Camilla Baudino, l'amore non corrisposto del bel commissario in questione. Il personaggio di Camilla è liberamente tratto dai libri di Margherita Oggero, l'ex prof torinese che ormai si dedica a tempo pieno ai gialli della sua prof appassionata di omicidi
Ma in questi ultimissimi giorni di scuola, ho ritrovato anche il tempo x leggere di più e mi sono gustata con vero piacere La Morte negli Occhi di Terry Persons ed Sperling & Kupfer
E' il primo libro di un nuovo personaggio femminile, Bernadette Saint Clare, agente FBI con la particolarità di avere poteri inquietanti e molto speciali. Riesce infatti a vedere con gli occhi dell'assassino, toccando degli oggetti usati da chi uccide.
E' un libro ben scritto, anche piacevole in alcuni momenti, e spicca, sulla storia vera e propria, questa donna con x le sue capacità paranormali che si ritrova isolata dai suoi colleghi maschi che non la capiscono e la temono. Simpaticissimo il suo incontro con il proprietario dello stabile dove va a vivere, ed il suo buffo cane, nel suo attico quasi privo di mobili. Gli incontri con questo bellissimo uomo affascinante diventeranno abitudine ed anche qualcosa di più, ma ...
ma non voglio togliere la sorpresa di un finale veramente originale e la scoperta che quest'uomo con cui Bernadette si è trovata così bene è .... sssssssshhh , non vi svelerò il suo mistero, statene certi !
Ho anche letto Subito dopo mezzanotte di Jonathan Kellerman ed Sperling
Ho letto tutti i libri di Kellerman con lo psicologo Delaware ed il suo amico poliziotto ma questo ha come protagonista una donna, Petra Connor, che sicuramente ha tutta la stoffa x piacere anche lei a lungo. Le sue storie si svolgono a Los Angeles ed è con l'intelligenza ed un pizzico di fortuna che riesce a trovare l'assassino di 4 giovani uccisi fuori da un locale notturno famoso.
Molto diversa dal personaggio Delaware, ma intensa e carica di interesse con tutta la suspence necessaria x piacere molto. Un buon libro, da leggere tutto d'un fiato, fino in fondo...
E da domani sarò a casa. Già con tante altre letture pronte pronte x essere assaporate in pace e tranquillità. Buona notte e... sogni d'oro a tutti e a tutte voi che mi leggete con assiduità erica

martedì 12 giugno 2007

Letture

In queste ultime settimane ho letto meno del solito e le mie letture sono state decisamente varie.
Mi è piaciuto moltissimo il libro, in edizione francese originale, di Jeanne Bourin " La Dame de Beauté". Questa scrittrice francese, di cui avevo già letto anni fa La Chambres des Dames, una bellissima storia medievale, ci porta con questo suo romanzo nella vita di Agnès Sorel, la prima amante reale riconosciuta ufficialmente, ricoperta di titoli e di beni materiali. Accompagnatrice di Isabella di Lorena, duchessa d'Anjou, Agnès ha 21 anni quando incontra a Tolosa Carlo VII re di Francia, di 40 anni. Questa bellezza bionda, colta raffinata, piena di gioia di vivere e di fede, medievale e moderna nello stesso tempo, farà innamorare profondamente quest'uomo cupo, inquieto, sfortunato, che deve sempre vivere in costante ansia x i pericoli ed i nemici che lo circondano. Con lei si trasformerà completamente e diventerà un uomo allegro, sicuro, felice... Il libro termina con la morte di questa bellissima donna, che, dopo aver dato alla luce la terza figlia del suo re amante, neanche trentenne viene colpita da un'infezione post parto e se ne va lasciando solo il suo grande amore ma anche alcuni giovani nobili, uno in particolare, perdutamente innamorati di lei
Le mie memorie della storia francese sono vaste ma non ricordo altro di questo re e mi sono ripromessa , appena avrò un momentino di tempo, di fare una breve ricerca sul resto della sua vita, quando e come è morto e se dopo Agnès ha ritrovato un'altra donna da amare con la stessa profonda intensità con cui ha amato lei. Anche se, come ci racconta il libro, ha avuto dei figli anche dalla regina sua moglie nello stesso periodo in cui Agnès era incinta delle sue !!! ...
Poi ho letto il libro autobiografico di Ilona Staller "Per amore e per Forza"
Era stata ospite di Corrado Augias nella sua trasmissione di Rai3 e mi aveva incuriosita xchè naturalmente noi tutti la conosciamo come Cicciolina, la pornodiva diventata onorevole radicale del Parlamento italiano parecchi anni fa, creando scandalo e scalpore notevoli
Un libro interessante, la storia di questa ragazza ungherese, povera ma bellissima, - le foto del libro sono splendide e da giovanissima era veramente bella - che viene in Italia x caso dopo aver lavorato x i servizi segreti del suo paese, che incontra Schicchi e che inizierà ad essere famosa come diva di film pornografici. Ilona parla di quei tempi, della sua amicizia con Moana Pozzi, l'altra bellissima ragazza pornodiva, del suo incontro con lo scultore americano, che la sposa, e si serve della sua fama e notorietà x diventare ricco e conosciuto, e che le creerà tanti problemi e disavventure xchè le rapisce il figlio e cerca in tutti i modi di non lasciarglielo più vedere
Una donna sicuramente particolare, dolce ed ingenua, x certi versi, ma decisamente amareggiata xchè si rende conto di essere sempre stata sfruttata dagli uomini x la sua bellezza. Lei ha dato loro amore ed affetto, quell'amore e quell'affetto che le erano mancati nella sua infanzia dove la figura dominante della madre non era certo dolce e tenera, ed in cambio ne ha ricevuto ben poco!
E' un libro un po' strano ma è un libro x tutti, senza volgarità o altro, e alla fine mi è restata una certa amarezza ed un pochino di tristezza x questa donna tanto diversa x modo di vivere e di pensare dal mio mondo, a cui la natura ha regalato una bellezza sfolgorante, la notorierà, i soldi, ma anche parecchia infelicità
Completamente diverso è invece il libro di Ayaan Hirsi Ali "Infedele". Questa ragazza nata in Somalia, ma rifugiata in Kenia con la madre il fratello la sorella e la nonna x motivi politici durante la dittatura di Siad Barre, vive una vita di miseria xchè il padre oppositore del regime li abbandonerà e si ricostruirà un'altra famiglia, la terza, con un'altra moglie ed un'altra figlia, ma soprattutto xchè lei subirà violenze e soprusi dalla stessa madre e dal dramma di essere mussulmana.
Ayaan ci racconta tutta la sua vita, ci spiega con grande accuratezza come a poco a poco passa dall'integralismo mussulmano alla convinzione che è sbagliato ed ingiusto x le donne essere considerate inferiori e l'essere trattate troppo spesso peggio degli animali. Ayaan arriverà nel 1992 in Europa e si rifugerà in Olanda, dove trova aiuto e comprensione e una vita diversa. Ma il suo impegno e la sua denuncia contro i trattamenti disumani delle donne mussulmane anche nella nostra libera civiltà la portano a conoscere Teo Van Gogh con cui creerà un filmato di 10 minuti. E naturalmente la vendetta integralista che colpirà a morte il regista olandese e che obbligherà questa bella donna coraggiosa ad una vita nascosta e protetta. Mi è piaciuto molto questo libro xchè Ayaan nel suo raccontare la sua vita spiega bene come sono i pensieri religiosi mussulmani e, attraverso il suo riflettere, giunge a mettere a confronto le diversità tra il nostro credo cristiano, che ci permette il libero arbitrio, e la concezione fatalista mussulmana. Due mondi completamente diversi, un abisso tra loro. Ayaan spiega anche, e molto bene, chi sono gli integralisti che odiano il nostro mondo occidentale e la loro pericolosità
Adesso smetto di scrivere xchè è iniziato un bel temporale e quindi devo chiudere il portatile, ma ho già pronto un nuovo libro. Senza libri la vita sarebbe proprio noiosa e monotona !
un saluto erica

sabato 5 maggio 2007

La Vie en Rose Piaf

E' uscito in questi giorni un film francese LA VIE EN ROSE di Olivier Dahancon con Marion Cotillard, Gerard Dépardieu, Pascal Greggory che è l'autobiografia della cantante francese Edith Piaf
Non so se vedrò il film ma sicuramente tornerò a riascoltare in una vecchia cassetta di musica consumata dall'uso la splendida voce della Piaf che canta "Milord", "Les amantes d'un jour" , "La vie en rose" e "Non, je ne regrette rien", la canzone cha amo di più, da lei scritta dopo un periodo di sconforto per la morte in un incidente del terzo marito, il pugile Marcel Cerdan, che le diede la celebrità mondiale
Una grande voce che ho sempre amato, quella di una piccola donna dalla vita difficile e sfortunata che trasmetteva con le sue storie meste e sconsolate il suo sconfinato straziante dolore. Una piccola grande donna che anticipò di oltre un decennio la ribellione e l'inquietudine di quegli artisti intellettuali della "rive gauche" come Juliette Greco, Camus, Queneau, Boris Vian, Vadim. Il piccolo moineau, il passerotto, che amò sempre intensamente e visse sempre nuovi grandi amori e contribuì a lanciare nel mondo dello spettacolo personaggi celeberrimi e irripetibili, come Yves Montand, Charles Aznavour, Eddie Costantine, George Moustaki, se ne andò l ' 11 Ottobre 1963, lasciando un ricordo intenso come intensa fu la sua vita.
La vie en rose
Paroles: Edith Piaf. Musique: Louiguy
1946© Editions Arpège

Des yeux qui font baisser les miens
Un rire qui se perd sur sa bouche
Voilà le portrait sans retouche
De l'homme auquel j'appartiens

{Refrain:}
Quand il me prend dans ses bras,
Il me parle tout bas
Je vois la vie en rose,
Il me dit des mots d'amour
Des mots de tous les jours,
Et ça m'fait quelque chose
Il est entré dans mon cœur,
Une part de bonheur
Dont je connais la cause,
C'est lui pour moi,
Moi pour lui dans la vie
Il me l'a dit, l'a juré
Pour la vie
Et dès que je l'aperçois
Alors je sens en moi
Mon cœur qui bat

Des nuits d'amour à plus finir
Un grand bonheur qui prend sa place
Des ennuis, des chagrins s'effacent
Heureux, heureux à en mourir

lunedì 16 aprile 2007

Etty Hillesum

" Trovo bella la vita e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile, ma non è grave. Dobbiamo cominciare a prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà allora da sè: e "lavorare a se stessi" non è proprio una forma d'individualismo malaticcio. Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso - se ogni uomo si sarà liberato dall'odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quell'odio e l'avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. E' l'unica soluzione possibile. E così potrei continuare per pagine e pagine. Quel pezzetto d'eternità che ci portiamo dentro può essere espresso in una parola come in dieci volumoni. Sono una persona felice e lodo questa vita, la lodo proprio, nell'anno del Signore 1942, l'ennesimo anno di guerra. "
Etty Hillesum Diario 1941-43

Tutti conosciamo il Diario di Anna Frank ma quasi nessuno conosce quello di Etty, anche lei vittima del Nazismo e di un mondo in guerra...

mercoledì 11 aprile 2007

Odio intolleranza o ... stupidità?

In questi giorni di vacanza ho passato buona parte delle giornate in giardino a ripulire le aiuole dalle erbacce cresciute a dismisura tra i fiori. Le malerbe sono dannose soprattutto nell'orto perchè portano via l'acqua e la forza alle verdure che crescono, le soffocano e le fanno morire. A tenermi compagnia, insieme con le gatte, in questa faticosa attività c'è stata una vecchia radiolina un po' gracchiante che trasmette musica locale e un solo canale Rai, sufficiente a sentire i giornali radio ogni ora. Di solito io cerco la musica xchè mi bastano le letture mattutine del quotidiano x farmi venire le angosce o, molto più spesso, la rabbia x la stupidità, l'aggressività, l'intolleranza e l'odio che così spesso colpiscono il genere umano.
Mi chiedo spesso se alcuni fenomeni collettivi sono solo il frutto di una profonda ignoranza ed imbecillità di un branco di idioti o se invece sono la punta di un iceberg molto più grave e preoccupante.
In questi giorni il calcio ha di nuovo fatto parlare di sè, x esempio con gli episodi violenti avvenuti a Roma e i pestaggi della polizia ai tifosi inglesi, non solo agli ubriachi ed ai provocatori. E ieri a Torino alcuni cosidetti tifosi del Napoli hanno pestato ed accoltellato un giovane alcune ore prima della partita con la Juve. Ma possibile che queste persone non hanno null'altro da fare? Ma come si fa a partire con l'idea di creare violenze fuori o dentro uno stadio, portandosi appresso spranghe, bastoni o coltelli ? Non li si potrebbe spedire in un bel campo di patate a vangare duramente e a seminare tuberi ogni volta che c'è una partita a rischio ? Avremmo così tante buone patate in più da gustare e dei " tifosi" fasulli in meno in giro a far danni alle persone ed alle cose...
Altre storie di questi giorni sono nate però dall'odio e dall'intolleranza, come la guerra scatenatasi in un campo nomadi alla periferia di Torino al termine della Pasqua ortodossa tra le due etnie serba e bosniaca, che ha obbligato le forze dell'ordine ad intervenire in modo massiccio x evitare ulteriore spargimento di sangue e feriti ancor più gravi di quelli che già c'erano. Questa storia ha dell'incredibile perchè è nata come una vera caccia all'uomo, tra due diversi gruppi che volevano uccidere e far il male peggiore agli altri, ai nemici !
Come è possibile giungere a tanto e con tanta determinazione proprio al termine di una cerimonia come la Pasqua che è un momento di aggregazione e di amore x un uomo che è morto in croce x salvare il resto dell'umanità? Perchè tanto odio e disprezzo x gli altri, retaggio di un passato e di guerre di pulizia etnica che anche in anni recenti hanno visto le terre della ex Jugoslavia diventare un campo di battaglia e di sterminio con troppi morti e tante vittime innocenti ...
Questa indifferenza verso gli altri, questo desiderio di annientare e di distruggere chi non è come noi, con le armi o con le parole, xchè a volte le parole fanno molto più male e lasciano dei segni tremendi nel cuore e nella sensibilità di una persona, diventano sempre più spesso un mezzo ed un modo di essere, decisamente sbagliato, ma tanto di moda, purtroppo.
I giovani crescono con programmi televisivi troppo spesso molto poco educativi, con esempi negativi di adulti non responsabili, con il mondo dei politici e dei personaggi famosi e conosciuti del mondo della finanza, dello spettacolo o dello sport spesso ben più negativo ancora, con le loro liti, la loro ipocrisia, la loro mancanza di impegno serio e concreto verso i cittadini, il loro egocentrismo, i loro scandali e scandaletti che si risolvono in bolle di sapone ...
Cosa imparano i nostri giovani da tutto questo baillame quotidiano e da questi girotondi di uomini e donne senza valori, senza morale o etica, senza rispetto x le leggi e x l'altrui che li circonda ?
Non meravigliamoci se poi dei giovanissimi non provano neppure un minimo di rimorso x un compagno che si è suicidato, non si rendono conto che con le loro parole ed i loro continui scherzi e prese in giro pesanti hanno accelerato una situazione già difficile e complessa in un adolescente ipersensibile e stanco, stanco di loro, del loro mondo, delle loro cattiverie, del loro ferire gli altri, del loro "pesantume" che si è abbattutto continuo e feroce, senza che gli adulti interrompessero quel gioco crudele e disumano, senza che intervenissero con autorevolezza ed efficacia ...
Tutti si scandalizzano x le scritte sui muri delle chiese contro le eminenze più alte del Vaticano, ma qualcuno si è scandalizzato x le battute pesanti del nuovo capo della Cei nei confronti dei gay paragonati ai pedofili? Odio ignoranza e una profonda intolleranza verso gli altri, verso i diversi portano sicuramente a forme violente di approvazione o di dissenso e prima o poi succede qualcosa di spiacevole
Perchè allora non si previene, invece di correre ai ripari quando ormai tutti i buoi sono figgiti dalle stalle, come si suol dire ?
Se nei nostri modi di essere, di rapportarsi con gli altri, di pensare e di dire, imparassimo a rispettare chi ci sta di fronte, a tollerare anche chi non è come noi , forse il mondo andrebbe decisamente un po' meglio , non trovate ?
Primo Levi, di cui si è ricordata la morte, è sopravissuto all'odio degli uomini ed agli orrori dei campi di sterminio e ha raccontato ai noi cosa è significato vivere in schiavitù e veder annientato l'uomo dalla barbarie di altri uomini che si credevano superiori
Nei suoi racconti lui non ha mai avuto parole di odio o di rancore, come non ci sono parole di odio e di vendetta in tanti altri racconti di sopravissuti al nazismo ed ai suoi abominevoli campi x uccidere, ebrei, zingari, omosessuali, comunisti, testimoni di geova, oppositori del regime nazifascista, militari, prigionieri di ogni razza e nazionalità
Impariamo da queste vittime a diventare uomini e a non odiare i carnefici, solo così si potrà vivere in libertà, in democrazia, con la pace, la pace dell'anima e quella delle nazioni civili ,progredite e aperte a tutti gli uomini e le donne che desiderano vivere in pace ed in amore in amicizia e in fratellanza con tutti

mercoledì 14 marzo 2007

Ricordare la Cecenia

Oggi abbiamo potuto leggere e vedere le immagini di Putin, il Presidente russo in visita in Italia, dove ha prima incontrato il papa e poi i nostri politici. A quanto pare si è anche parlato di salvaguardia di diritti civili, in particolare del diritto del popolo ceceno ad essere libero ed indipendente.
Sabato scorso sono andata in gita a Cremona e durante la visita sono salita nella sala dei violini del Municipio. Una sala molto bella dove ho sentito suonare un violino Stradivari molto antico. Ho però potuto anche vedere delle bellissime immagini esposte in mostra e provenienti dal Caucaso e dalla Cecenia.
Erano state scattate da un fotografo italiano. Se entrate nel sito http://www.liviosenigalliesi.com/ troverete alcune di quelle foto.
Ma chi è Senigalliesi e perchè il Caucaso ?
Ecco cosa ho trovato entrando nel suo bellissimo sito pluripremiato.
Livio Senigalliesi, 50 anni, milanese, inizia la carriera di fotogiornalista nei primi anni ’80 dedicandosi ai grandi temi della realtà italiana, le lotte operaie e studentesche, l’immigrazione, l’emarginazione, i problemi del sud, la lotta alla mafia.
Dopo anni di militanza nel collettivo del quotidiano il Manifesto, alla fine degli anni ’80 amplia il raggio delle collaborazioni e rivolge sempre di più la sua attenzione all’attualità internazionale pubblicando ampi reportage sulle maggiori testate nazionali ed estere.
La passione per la fotografia intesa come testimonianza e l'attenzione ai fatti storici di questi ultimi decenni l'hanno portato su fronti caldi come il Medio-Oriente ed il Kurdistan durante la guerra del Golfo, nella Berlino della divisione e della riunificazione, a Mosca durante i giorni del golpe che sancirono la fine dell'Unione Sovietica. Ha seguito tutte la fasi del conflitto nell'ex-Yugoslavia e dalla fine delle ostilità ha iniziato un ampio lavoro di documentazione sui problemi del dopoguerra.

Ha lavorato in Palestina, Cipro, Afghanistan, Iraq, Kashmir, Mozambico, Sudan, Congo, Ruanda, Nord-Uganda e Caucaso producendo servizi di approfondimento sulle fasi della guerra e sulle difficili missioni di pace organizzate dalle Nazioni Unite.

Da alcuni anni porta avanti un progetto dedicato alle vittime civili dei conflitti e collabora con il Photo-desk dell'UNHCR, con l'Ufficio della Cooperazione Italiana e con numerose Ong italiane e straniere.

Tra l'autunno del 2005 e la primavera del 2006 ha svolto diversi viaggi nell'area caucasica.

Perché il Caucaso di Livio Senigalliesi
Da più di venti anni porto avanti un progetto dedicato ai conflitti e alle drammatiche conseguenze sulla popolazione civile. Ci sono guerre come quella dei Balcani e del Vicino-Oriente costantemente 'viste' e seguite attraverso gli schermi televisivi ed i giornali di tutto il mondo. Altri conflitti - come quelli del Caucaso - sono invece dimenticati. Si svolgono a porte chiuse, lontani dagli occhi indiscreti dei giornalisti. Le popolazioni civili subiscono indicibili sofferenze ma per loro non ci sono missioni umanitarie e progetti di ricostruzione. Tutto avviene nel più totale e colpevole silenzio di quanti sono preposti ad informare e ad operare per la fine di quei conflitti. La tragedia della Scuola 1 di Beslan - 374 bambini uccisi il primo giorno di scuola nello scontro a fuoco tra guerriglieri ceceni e forze speciali russe - ha acceso in me la voglia di conoscere più da vicino quelle repubbliche nate dalla dissoluzione dell'impero sovietico. Così vicine e così lontane. Nel settembre del 2004, partendo dalle macerie della Scuola 1 di Beslan, ho iniziato un lungo viaggio che mi ha portato dalle cime innevate del Caucaso alle torbide acque del Mar Caspio attraverso popoli, culture e paesaggi a noi sconosciuti. Da questo importante lavoro di documentazione ho tratto 50 immagini che danno vita ad una mostra e sono raccolte in un catalogo accompagnate da testi che consentono una approfondimento ed una risposta alla nostra volontà di sapere ciò che accade alle porte dell'Europa. Non dobbiamo sottovalutare infatti che il continuo e proficuo allargamento dei confini della Comunità Europea porterà molto presto la regione caucasica alle 'porte di casa'. Una maggiore conoscenza di quei popoli e della situazione geo-strategica di quell'area è quindi più che mai doverosa. Non possiamo dimenticare inoltre quanto sia già da oggi essenziale per la nostra economia l'apporto di risorse energetiche - gas e petrolio - che giungono nei nostri paesi grazie all'oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyan.
Da anni ormai ho perso ogni illusione sulla giustizia degli uomini xchè gli interessi economici sono sempre più importanti e più forti, e quindi prevalgono, come prevale la guerra x mantenere questi interessi, ma io spero che almeno qualcun altro come me ritenga molto più validi i diritti delle popolazioni locali rispetto a tutto il resto e come me ricordi a Putin che la Cecenia deve tornare libera, che il potente "zar delle russie" deve smettere di imporre con la forza e con la violenza il suo giogo alla nazione caucasica, povera e priva di tutto, anche e soprattutto del sovrano diritto di essere LIBERA !!!!