giovedì 20 ottobre 2011

Addio anche all'Eta

Se oggi la notizia del giorno è stata l'uccisione di Gheddafi, non per questo si deve lasciar cadere nel dimenticatoio un'altra notizia altrettanto importante : l' annuncio  dell’Eta, in un comunicato pubblicato sul sito del giornale basco Gara, di avere deciso la «cessazione definitiva della sua azione armata» e l' «appello ai governi di Spagna e Francia per aprire un processo di dialogo diretto» per trovare una soluzione alle «conseguenze del conflitto».
L'organizzazione separatista basca ha annunciato il suo «impegno netto, fermo e definitivo» per «superare il confronto armato». Il comunicato dell'organizzazione terroristica basca  mette fine a  40 anni di lotta armata L'annuncio dell'Eta arriva tre giorni dopo la Conferenza di pace a San Sebastian, cui hanno partecipato l'ex segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, del presidente dello Sinn Fein, Gerry Adams e l'ex capo di gabinetto di Tony Blair, Jonathan Powell.

Il Raiss è morto !

Oggi pomeriggio, mentre stavo correggendo le verifiche dei miei alunni di terza, ho seguito su RaiNews24 le notizie in diretta dalla Libia. Il raiss Gheddafi è stato ucciso mentre stava cercando di fuggire da Sirte, la sue città natale, dove da due mesi le sue milizie tenevano in scacco le truppe ribelli libiche e le forze Nato.
Pare che anche il figlio Mutassim sia stato ucciso nella città liberata alle otto di stamattina mentre Saif al-Islam  è stato circondato  ed ucciso durante la sua fuga da Sirte. Considerato l’erede designato di Gheddafi, Saif era ricercato dal Tribunale penale internazionale per crimini contro l’umanità, ma è rimasto vicino al padre fino all’ultimo momento.
Le immagini degli ultimi momenti di vita di Gheddafi, trasmesse dalle televisioni arabe, sono immagini che ho preferito lasciare al web. Sangue e violenza su di un corpo ferito, martoriato, finito con un colpo di grazia da un combattente di vent’anni, Mohammed al-Bibi, con la pistola d’oro che il dittatore libico aveva addosso.
Solo un anno fa il dittatore libico era stato ricevuto in Italia da Berlusconi con il massimo degli onori ed ora quella foto di un uomo moribondo, che sta per essere giustiziato e che invoca pietà per salvarsi la vita, ha fatto il giro del mondo insieme alle immagini del popolo libico che festeggia e gioisce ed inneggia alla libertà. 40 anni di regime crudele e la sanguinosa guerra civile di questi ultimi mesi hanno portato alla uccisione di oggi in quel modo barbaro e crudele

Muammar Gheddafi, per 40 anni la massima autorità della Libia, il più longevo leader del mondo arabo, è stato preso nella città in cui era nato nel 1942, dopo un combattimento sanguinoso, come lo stesso colonnello aveva promesso da mesi, perchè aveva detto che non sarebbe mai scappato dalla Libia.
Gheddafi, ultimo figlio di una famiglia di Beduini, a sei anni perse due cugini e rimase ferito ad un braccio nell'esplosione di una mina, forse italiana. Dal 1956 al 1961 frequentò la scuola coranica di Sirte  ed iniziò il suo sogno, con il mito del presidente egiziano Gamal Abdel Nasser,  di promuovere l’unità araba. Dopo la laurea, nel 1965, andò in Gran Bretagna per seguire un corso al collegio dell’esercito britannico, da dove  ritornò in patria nel 1966 come ufficiale.
Salì al potere con il colpo di stato militare che il 1º settembre 1969 portò alla caduta della monarchia  del re Idris I di Libia. Gheddafi ed altri gerarchi militari infatti consideravano re Idris I troppo servile verso USA e Francia e così  Gheddafi guidò un colpo di stato che portò alla proclamazione della Repubblica guidata da un Consiglio del Comando della Rivoluzione. Gheddafi, nel frattempo diventato colonnello, si mise a capo del Consiglio instaurando la dittatura  .

Ricordo bene quando riaprì subito il contenzioso con l'Italia sul passato coloniale e confiscò tutti i beni degli italiani . Fece espellere gli italo-libici e creò per anni non pochi problemi ai governi italiani dell'epoca.
Fu  anche finanziatore dell'Olp di Yasser Arafat nella sua lotta contro Israele e fu sempre il propugnatore di un'unione politica tra i tanti Stati islamici dell'Africa    
Negli anni ottanta la sua ideologia anti-israeliana e anti-americana lo portò a sostenere diversi gruppi terroristici, dall'IRA irlandese al Settembre Nero palestinese. Accusato dall'Intelligence statunitense di essere l'organizzatore di attentati in Sicilia, Scozia e Francia, fu il responsabile del lancio dei due missili SS-1 Scud, per fortuna caduti in mare, contro il territorio italiano di Lampedusa, come rappresaglia per il bombardamento della Libia da parte degli Stati Uniti.
Nemico numero uno degli Stati Uniti d'America fu vittima, il 15 aprile 1986, del blitz militare voluto da Ronald Reagan,  nonostante la Libia continuasse a esportare oltre il 40 per cento del proprio petrolio verso gli Usa. Un massiccio bombardamento che ferì la figlia adottiva, ma che lo lasciò indenne. Grazie all'allora primo ministro italiano Bettino Craxi, che lo informò delle intenzioni americane, riuscì a fuggire e a salvarsi.
Il 21 dicembre 1988 esplose un aereo passeggeri sopra la cittadina scozzese di Lockerbie, dove perirono  le 259 persone a bordo e 11 cittadini di Lockerbie. Prima dell'11 settembre 2001, fu  l'attacco terroristico più grave mai avvenuto e l'Onu attribuì alla Libia la responsabilità dell'attentato aereointernazionale.
Negli Anni Novanta però Gheddafi condannò l'invasione dell'Iraq ai danni del Kuwait nel 1990 e successivamente sostenne le trattative di pace tra Etiopia ed Eritrea. Nei primi anni duemila, si riavvicinò agli Usa e alle democrazie europee, con un conseguente allontanamento dall'integralismo islamico. Grazie a queste sue decisioni il presidente statunitense George W. Bush decise di togliere la Libia dalla lista degli Stati Canaglia, ristabilendo i pieni rapporti diplomatici tra Libia e Stati Uniti.
Sposatosi due volte, Gheddafi aveva 8 figli: la figlia molto amata, Aisha, e 7 maschi, la maggior parte dei quali con un ruolo nel regime e al suo fianco nei combattenti della guerra civile libica dal marzo di quest'anno.
Un uomo strano che come altri dittatori è vissuto ed ha governato con la violenza  e la brutalità ed è morto nella violenza Le sue vittime sono state molte ed ha preferito far distruggere le città libiche piuttosto che abdicare e andarsene dal suo paese che lo odiava e non lo voleva più!

domenica 16 ottobre 2011

Perché succede solo qui

Ieri pomeriggio ho seguito su RaiNews la manifestazione degli indignati italiani a Roma. Un serpentone lunghissimo, allegro e colorato, che verso le 3 del pomeriggio è stato sopraffatto da un piccolo gruppo di violenti che successivamente ha messo a ferro e a fuoco Piazza San Giovanni ed ha bruciato auto, cassonetti ed un mezzo dei carabinieri.
Immagini sconvolgenti che, grazie alla professionalità dei giornalisti di RaiNews, ci hanno permesso di assistere in diretta a quello che stava succedendo nella capitale
Immagini che avremmo preferito non vedere, naturalmente; immagini che riportavano indietro negli anni, che mi hanno fatta ritornare alle manifestazioni violente della fine degli anni 70 quando studiavo a Torino Brutti ricordi di un periodo di terrore e di una lunga scia di sangue
Anche Mario Calabresi, il direttore de La Stampa, figlio del comissario Calabresi, una delle prime vittime del terrorismo in Italia, è probabilmente ritornato indietro nel tempo anche lui ed ha scritto un articolo molto duro su quello che è successo ieri pomeriggio, su quello che non è stato fatto in passato e su una speranza di futuro per i nostri giovani che vivono un così grave periodo di crisi mondiale senza il supporto di un governo e di  politici irresponsabili, che si preoccupano solo di loro stessi e dei loro problemi personali :
" Perché succede solo qui   di MARIO CALABRESI  La Stampa online
Ieri in 951 città di 82 Paesi del mondo sono scesi in piazza cittadini di ogni età, ma soprattutto giovani, per protestare contro un sistema economico che si preoccupa di salvare le banche prima dei cittadini. Sono i cosiddetti «Indignati», che hanno preso il nome dai manifestanti spagnoli che in primavera hanno occupato la Puerta del Sol a Madrid per denunciare la disoccupazione crescente, la precarietà dilagante e i privilegi della casta economica e di quella finanziaria.
... In 950 città le manifestazioni sono state assolutamente pacifiche: colorate, rumorose ma ordinate...
In una soltanto si è scatenata una violenza spaventosa e senza freni: a Roma. Anche ieri abbiamo mostrato al mondo un’anomalia italiana.
Anche oggi ci tocca vergognarci
...La nostra colonna sonora ..., come troppe volte nella storia italiana, è quella delle sirene dei blindati di polizia e carabinieri, dei rotori degli elicotteri che sorvolano gli scontri e delle esplosioni, mentre l’odore è quello acre dei lacrimogeni o del fumo delle auto incendiate.
Perché è accaduto a Roma, perché è accaduto solo da noi, perché alcune migliaia di ragazzi che volevano solo la guerriglia sono riusciti a prendere in ostaggio una città, un movimento nascente e a distruggere ogni possibilità di mobilitazione pacifica e fruttuosa?
Perché l’Italia si ritrova ancora prigioniera della violenza e degli estremisti? Perché siamo sempre condannati a veder soffocare le spinte per il cambiamento tra i lacrimogeni?
... Penso spesso al nostro destino beffardo: da questa parte dell’Oceano le proteste del ‘68 si sono trasformate nel terrorismo o negli scontri del ‘77, uccidendo non solo uomini ma anche idee e ideali. Dall’altra parte la violenza non ha vinto e il movimento che sognava di cambiare il mondo è riuscito a farlo inventandosi le energie alternative o la Silicon Valley: al posto dei leader dell’Autonomia l’America ha avuto Steve Jobs, che faceva uso di droghe ma le sue visioni erano futuristiche e non apocalittiche.
Da noi accade ancora perché non abbiamo mai preso (uso il plurale perché dovrebbe farlo la società tutta) le distanze in modo netto e definitivo dalle pratiche violente. Perché siamo i massimi cultori del «Ma» e del «Però», che servono a giustificare qualunque cosa in nome di qualcos’altro. Per guarire dovremmo eliminarli dal vocabolario. Smettere di relativizzare la violenza perché, a seconda dei tempi, a giustificarla c’è il regime democristiano, quello berlusconiano, l’alta velocità o qualche riforma indigesta.
...Milioni di italiani sono indignati dalla nostra classe politica, dalla lontananza che chi ci governa mostra verso i problemi reali dei cittadini, e dalla mancanza di investimenti sul futuro dei giovani. Ma non per questo pensano di scendere per strada a bruciare l’auto del vicino e non per questo sono meno indignati, arrabbiati o sfiniti. Di certo considerano quei manifestanti dei vandali e dei criminali, che non conoscono il valore del rispetto e non hanno mai faticato per guadagnarsi da vivere
...
Ora la rabbia è grande, ma state sicuri che tra tre giorni quando le forze dell’ordine avranno identificato alcuni di questi ragazzi e un magistrato li indagherà, allora si alzeranno voci pronte a difenderli, a giustificarli e a mettere sul banco degli imputati giudici e poliziotti colpevoli di non capire e di essere troppo severi. Ma la democrazia si preserva difendendo la convivenza e il diritto delle migliaia che volevano manifestare pacificamente, non schiacciando l’occhio agli estremisti.
... Tutto questo da noi accade però anche per un altro motivo: perché la nostra malattia è la mancanza di un pensiero costruttivo. Se ripetiamo continuamente ai giovani che non c’è futuro ma solo declino e precarietà, se li intossichiamo di cinismo, scenari catastrofici e neghiamo spazio alla speranza, allora cancelliamo ogni occasione per una spinta al cambiamento. Ai giovani allora restano solo due possibilità: un atteggiamento di rassegnazione e di apatia che trova riscatto momentaneo solo nello sballo degli Happy Hour (le ore del lungo aperitivo che dal tramonto si trascina fino a notte fonda) o un atteggiamento di rottura. Perché se si dice che nulla si può costruire, allora non resta che la pulsione a sfasciare e distruggere.
... Una sola speranza ci resta ed è legata a quei giovani che non ascoltano, che si tappano le orecchie di fronte ai discorsi improntati al pessimismo e che nel loro cuore sognano e sperano. Ce ne sono ben più di quanto si possa immaginare e molti erano in piazza ieri: li abbiamo visti battere le mani a polizia e carabinieri, li abbiamo visti provare a cacciare dal corteo gli incappucciati, li abbiamo visti piangere di rabbia. Ragazzi, il futuro è vostro se imparate subito a rifiutare la violenza, a non tollerarla mai, a isolare chi la predica e la mette in atto, a denunciarla il giorno prima e non quando ormai il corteo è partito. Il futuro esiste se ve lo costruite con speranza e tenacia e se non ve lo fate scippare da chi non crede in nulla. "