In questi ultimi due giorni ho passato tante ore a scuola, perchè ho avuto un collegio docenti e gli scrutini di tre classi, e sono rientrata tardi in serata. Non ho avuto il solito tempo per leggere il quotidiano e per riflettere con calma sulle notizie più importanti
Questa sera però ho trovato on line un articolo molto interessante di Fabrizio Rondolino che si pone dei perchè sulla libertà in Italia partendo dall'episodio ormai eclatante di Di Pietro che ha avuto il coraggio di esprimere un'opinione personale ed è stato sommerso dalle critiche perchè si trattava del Presidente della Repubblica
"L’uragano che si è scatenato su Di Pietro induce ad una riflessione sullo stato della libertà nel nostro Paese.
Non c’è giornale, gruppo politico, sito Internet o commentatore che non si sia scagliato con furia contro l’ex Pm più famoso d’Italia: e non per controbattere l’opinione sul presunto «silenzio» del Quirinale, ma per negarne la legittimità, la possibilità stessa di esistere.
Mezzo Pd ha chiesto di rompere ogni rapporto con l’Italia dei Valori, tutti i senatori della Repubblica sono scattati in piedi per applaudire la loro «convinta solidarietà» a Napolitano, il presidente emerito Scalfaro ha segnalato l’esistenza di un reato.
E lo stesso Quirinale, con un comunicato che ha pochi precedenti, ha giudicato «pretestuose» e «offensive» le parole di Di Pietro.
Quelle parole sono probabilmente sbagliate, ma non sono né arbitrarie né insultanti: appartengono al dibattito politico.
Ci sono molto buoni argomenti e una notevole documentazione per sostenere che il presidente Napolitano sulle questioni della giustizia non è venuto meno al suo ruolo costituzionale di arbitro, e che il suo presunto «silenzio» non è affatto assimilabile a un comportamento mafioso.
Le opinioni sollecitano controargomentazioni: non comunicati di solidarietà, ritorsioni politiche o denunce alla magistratura.
Il caso Di Pietro è tanto più allarmante, in quanto non è isolato.
Il caso Di Pietro è tanto più allarmante, in quanto non è isolato.
Il capitano della Nazionale, Fabio Cannavaro, per aver detto che Gomorra (il film) «non gioverà all’immagine dell’Italia nel mondo, abbiamo già tante etichette negative», è stato accusato di colludere con la camorra, e più d’uno ha chiesto che gli sia tolta la fascia di capitano.
Su Facebook, il network sociale più popolare di Internet, è in corso una campagna per cancellare quei gruppi di discussione che si proclamano fan dei mafiosi e, più recentemente, quelli che inneggiano allo stupro di gruppo.
Sono opinioni abominevoli, ma sono opinioni.
Questo confine non va mai cancellato.
Un conto è sostenere cha la Shoah non è mai esistita, e un conto è bruciare una sinagoga.
Un conto è chiedere che i rom siano cacciati, e un conto è assaltare i loro campi.
È evidente che c’è un nesso fra le parole e le azioni: altrimenti, perché mai dovremmo parlare o scrivere?
Il concetto stesso di educazione si basa sulla convinzione che le parole producano risultati.
Ma spetta singolarmente a ciascuno di noi compiere o meno un’azione, e assumersene la responsabilità.
Alle parole si può rispondere soltanto con altre parole.
Se ci pensiamo, l’unica vera libertà che ci appartiene come diritto naturale, e che definisce il nostro orizzonte nel mondo, è la libertà di esprimerci: è cioè la libertà di pensiero, di stampa, di coscienza, di religione, di ricerca scientifica...
Se ci pensiamo, l’unica vera libertà che ci appartiene come diritto naturale, e che definisce il nostro orizzonte nel mondo, è la libertà di esprimerci: è cioè la libertà di pensiero, di stampa, di coscienza, di religione, di ricerca scientifica...
Tutte le nostre attività, che sia scrivere una canzone o andare in chiesa, votare alle elezioni o comprare un giornale, trovare un rimedio all’Alzheimer o scegliere una compagnia telefonica, hanno a che fare in un modo o nell’altro con la libertà di espressione.
Poter dire la nostra, senza costrizioni né vincoli, è dunque il bene più prezioso.
Se introduciamo un qualsiasi criterio per giudicare quali opinioni si possono esprimere e quali no, in quello stesso momento deleghiamo ad altri, fosse pure una maggioranza democraticamente eletta, la nostra personale libertà di espressione, che è invece inalienabile perché è soltanto nostra, come la vita.
Chi può decidere che cosa è lecito dire e che cosa non lo è?
Mentre è evidente che ammazzare un uomo per strada è un reato, è molto meno evidente la linea che separa un fan club dei Soprano da un fan club di Riina: in realtà, se ci pensiamo bene, questa differenza non c’è.
Sta alla responsabilità di ciascuno capire che una cosa è un telefilm, una cosa è scrivere corbellerie su un capomafia pluriomicida, e un’altra cosa ancora è sparare.
La libertà di espressione è indivisibile.
Tutti dovrebbero poter esprimere liberamente le loro opinioni.
Soprattutto le più ributtanti.
Mentre infatti la censura nasconde il problema e in questo modo sceglie di non risolverlo, un dibattito libero e aperto non esclude la possibilità di convincere chi non la pensa come noi. "
Credo che a parole tutti siamo capaci di criticare di giudicare di puntare il dito contro chi non la pensa come noi
Ma il difficile è accettare il pensiero altrui, quello difforme dal nostro, e soprattutto è veramente difficile riflettere su ciò che gli altri dicono e confutare le idee altrui che non ci piacciono facendo sì che l'altrui si trasformi in nostro, senza imporre senza impedire senza costringere con la forza le minacce e le proibizioni
bellissimi i pensieri di Rondolino, anche se penso che sarà molto molto difficile che il suo desiderio di libertà si avveri ...
la bagarre è talmente di moda come il gossip la truffa l'urlare più forte degli altri che la libertà è diventata un optional per poche ridottissime eccezioni del genere umanò!!!
4 commenti:
Bellissimo post che condivido in pieno! Un abbraccio Adriana
Bellissimo post che condivido in pieno! Un abbraccio Adriana
Condivido il tuo pensiero.. come potrebbe essere diversamente?? Guai se non potessimo più esprimere le nostre opinioni.
Un abbraccio, ernesta
"Chi può decidere che cosa è lecito dire e che cosa non lo è?"
Mentre condividevo tutto quello che leggevo di questo tuo post, una parte di me andava alle violenze compiute con le parole come fossero lame taglienti o micidiali armi distruttive ad effetto ritardato: non si vede niente, non c'è sangue, non c'è ferita, eppure... Su tutt'altro piano da quello della tua analisi, mi rendo conto. Però, ecco, te lo volevo dire, senza avere integrato ancora i due piani in cui mi muovevo nel leggere. Parole che liberano, parole che imprigionano, parole che feriscono, parole che curano... e ferire è facile, curare meno facile.
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