domenica 18 gennaio 2009

L'ultimo discorso di Bush

Martedì il nuovo presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, giurerà a Washington prima di insediarsi alla White House
Bush, George W., dopo 8 anni di prresidenza, finalmente se ne andrà
Il presidente uscente nel suo ultimo discorso in diretta televisiva, di commiato alla nazione, ha difeso una volta ancora le "decisioni difficili" che ha dovuto prendere ed ha messo in guardia il successore sulla sua convinzione che «L'asse del male è ancora vivo»
Bush ha ammesso di essere inciampato lungo il percorso, ma ha giurato di avere agito sempre in buona fede e per il bene del Paese.
Il presidente degli ultimi otto anni ha poi ringraziato gli americani per la lunga corsa che gli hanno concesso ed è tornato a difendere il suo operato.
«Come molti prima di me ho fatto i conti con passi falsi. Ma ho sempre agito con in mente il migliore interesse del Paese. Ho seguito quello che mi ha detto la coscienza e fatto quello che credevo fosse giusto. Molti non sono d’accordo con alcune delle decisioni più difficili che ho preso, ma mi si deve concedere che ho agito con fermezza, prendendo decisioni difficili, quando è stato necessario».

Quali sono state queste sue decisioni difficili che ha sostenuto fino alla fine con orgoglio e presunzione?
Di sicuro la lotta contro il terrorismo iniziata dopo le stragi dell’11 settembre.
È convinto infatti di lasciare un’America più sicura di quella che era sette anni fa, ma avverte ancora che il terrorismo «resta la minaccia più grave».
E poi ci sono la guerra in Iraq, con l'uccisione di Saddam Hussein, e la prigione di Guantanamo con le torture ai prigionieri
Poco tempo fa Bush ha ammesso che sapeva e che aveva autorizzato personalmente il dibattito sugli interrogatori "speciali", il "waterboarding" e le «torture» ai detenuti sospettati di essere terroristi islamici.
Bush ne era a conoscenza, o meglio sapeva che i principali consiglieri per la sicurezza si riunivano in più occasioni per decidere e approvare specifici dettagli sugli interrogatori condotti dagli agenti della Cia nei confronti di uomini di al-Qaeda, o presunti tali.
«Cominciammo a studiare che cosa fare per proteggere il popolo americano», ha spiegato l'ormai ex presidente in un’intervista all’Abc. «Si è vero, sapevo che lo staff per la sicurezza nazionale si era incontrato per affrontare la questione, e approvai».

Secondo fonti vicine agli ambienti di Washington i funzionari dell’amministrazione si riunirono in molte occasioni per discutere in maniera dettagliata l’adozione di «tecniche di interrogatorio straordinarie». Alcune erano persino accompagnate da simulazioni figurate, mentre per altre era necessario capire «quante volte la stessa procedura» poteva essere utilizzata sul medesimo soggetto.
I metodi approvati andavano da tecniche più conosciute come schiaffi spintoni privazione del sonno, ad altre più estreme come il cosiddetto «waterboarding», la simulazione dell’annegamento usata in particolare con tre presunti terroristi di al-Qaeda tra il 2002 e il 2003 e poi, sembra, accantonata.

Tra i protagonisti della vicenda c’era anche Condoleezza Rice, allora consigliere per la Sicurezza nazionale: presiedeva le riunioni nella «Situation Room» della Casa Bianca con il vice-presidente Dick Cheney, il segretario di Stato Colin Powell, il capo del Pentagono Donald Rumsfeld, il ministro della Giustizia John Ashcroft, e il capo della Cia George Tenet.
Le discussioni durarono mesi anche a causa dell’opposizioni di alcuni: le obiezioni maggiori furono sollevate da Powell e Ashcroft, che nonostante l’immagine di falco neocon non ha mai sposato del tutto la linea dei suoi colleghi.
I «grandi» dell’amministrazione approvarono inoltre l’uso «combinato» di tecniche di interrogatorio al limite della legalità, una procedura utilizzata in particolare con gli «ossi duri», detenuti che mostravano maggiore resistenza.

«Avevamo pareri legali che ci autorizzavano a usarlo», spiega Bush difendendo in particolare il «waterboarding», la più controversa delle tecniche della Cia.
«Inoltre non avevo alcun problema di metodo nel cercare di capire cosa sapeva Khalid Sheikh Mohammed»
«Era importante che gli americani sapessero chi era, la mente dell’11 settembre 2001».
Per questo Bush ha sempre ritenuto che il coinvolgimento dei principali funzionari dell’amministrazione non era poi così «sorprendente».
Già nel 2006 Bush aveva rivelato l’esistenza di un programma che prevedeva tecniche di interrogatori speciali da utilizzare nei confronti di terroristi particolari. Ma mai era stato svelato il ruolo dei suoi più stretti collaboratori
Martedì un altro uomo diventerà l'uomo più importante degli Usa e forse del mondo. Auguriamoci che la speranza che noi riponiamo in lui come uomo e come capo di Stato non vada persa e che tutto cambi, con la partenza di Bush e di tutto quanto ha fatto in questi lunghi, molto lunghi, 8 anni di un governo pieno di ombre e di squallidi interventi per "salvare" il mondo dal male !

1 commento:

marina ha detto...

Ottima ricostruzione, grazie!
E la sua fermezza Bush se la porta sulla coscienza
marina