mercoledì 2 luglio 2008

Legalità e legittimità

In questi giorni si è acuita notevolmente la "guerra" tra il presidente del Consiglio e la Magistratura, tra la maggioranza di governo e le opposizioni, in particolare l'on. Di Pietro
Fa caldo non solo per le temperature estive ma per il caos che si sta creando sempre più ed anche per la grave crisi economica che è una vera stangata, con l'aumento eccessivo dei prezzi dei beni di uso comune, che ci stanno affossando sempre più verso uno stato di povertà, anche noi della media borghesia
Io noto con sempre maggiore preoccupazione il divario eccessivo che si sta creando tra chi è troppo ricco e chi è sempre più povero, purtroppo !

Domenica scorsa Barbara Spinelli, su La Stampa, nel suo editoriale, ha fatto un'analisi molto precisa di ciò che sta succedendo attualmente in Italia
Ecco quello che io ho trovato particolarmente significativo:
"... qualcosa di grave sta succedendo, nel governo e nella coscienza dei cittadini: qualcosa che guasta il rapporto che ambedue hanno con il diritto e la giustizia, che li rende indifferenti alle continue capricciose riscritture di leggi e competenze. Qualcosa che inquina non solo il nostro rapporto con la democrazia ma anche la domanda, diffusa, di stabilità e sicurezza delle istituzioni. Piano piano ci stiamo abituando all'idea, ingannevole, che un governo durevole con vasta maggioranza sia sinonimo di stabilità. Che un esecutivo capace di decidere (o decisionista) sia possibile solo indebolendo istituzioni e fonti di diritto altrettanto centrali per lo Stato (Csm, magistratura).
Ma soprattutto, ci stiamo abituando a un'idea scivolosa: che sopra la legalità e separata da essa possa sussistere una categoria superiore: la legittimità.
La legittimità non trarrebbe la sua forza da leggi preesistenti, che prescindono da sconquassi contingenti. Essa poggerebbe su una sorta di consacrazione extralegale, che consente di accentrare in una persona o in un unico corpo i poteri di far legge.
Grosso/ Carlo Federico/ evoca le tappe di Berlusconi su questa strada. La prima consiste nel dire che «quando incombono grandi emergenze, rispettare la legge diventa opinabile» (discorso sui rifiuti a Napoli). La seconda, più grave, consiste nel dire che «quando un Governo ha ricevuto un mandato forte dagli elettori e governa direttamente in nome del popolo, ha diritto di gestire il potere senza intralci o impedimenti», lasciando «poco spazio ai controlli in corso d'opera».
L'idea che sussista una legittimità preminente sulla legalità non è tuttavia una novità e neppure è tirannide classica.
È una malattia della democrazia, una sua estremizzazione: è quel che le accade quando il peso del potere (esecutivo o legislativo) non è corretto da contrappesi egualmente autonomi, forti (da un sistema di check and balance). È un'escrescenza democratica basata su convinzioni sbadate: che il liberalismo sia un prodotto della democrazia e non una sua premessa (un prius, dice Sartori). Che la rule of law nasca con la democrazia anziché precederla.
L'unzione del capo può discendere da Dio, da antiche dinastie.
Può anche esser democratica e in tal caso chi unge è il popolo liberato dal tiranno, è la «volontà generale» teorizzata nella Rivoluzione francese (non è molto diverso nell'Antico Testamento: la legittimità d'Israele unge tutto un popolo nell'esodo-liberazione...)
Minoranze, opposizioni, autorità di garanzia e regolamentazione sono d'intralcio coi loro «controlli in corso d'opera», e la democrazia sfocia nell'autoritarismo. Quel che per strada si perde è la liberale separazione dei poteri: la persuasione di Montesquieu secondo cui «perché non si possa abusare del potere, bisogna che il potere freni il potere»
Infrangere rule of law e separazione dei poteri non dà più sicurezza, ma riduce il senso del dovere degli italiani. Non dà più pace civile, perché acuisce le tensioni e perché l'immunità per le alte cariche non rende queste ultime più autorevoli. All'origine di simili distorsioni c'è il convincimento che il mandato popolare sia tutto, e chi l'incarna sia sciolto da leggi, immune da sanzioni. Che sia esso stesso la legge, la legge del più forte.
Che il mandato conferisca non solo speciali diritti ma un premio supplementare di legittimità al legislatore e all'esecutivo. «In una democrazia legge è la volontà del popolo così come questo si presenta, cioè praticamente la volontà della momentanea maggioranza dei cittadini che hanno diritto di voto: lex est, quod populus iubet» (è legge quel che ordina il popolo - Schmitt, Legalità e legittimità, 1932):
La preminenza data alla legittimità delle maggioranze è una tentazione costante, così come costante è l'appello alle emergenze nazionali. L'ininterrotta guerra al terrorismo ha spinto Bush a sprezzare le convenzioni di Ginevra su tortura e prigionieri di guerra. Ma lo stesso avvenne per motivi nobili con De Gaulle, che due volte mise in primo piano la legittimità. Prima nel 1940, quando da Londra denunciò - in nome della Resistenza - la legalità di Pétain. Poi nel 1958, quando impose una nuova Costituzione per sormontare l'immobilizzante partitocrazia della Quarta Repubblica. Il passato antifascista lo aiutò a tacitare chi lo accusò, nel '58, di golpismo...
La memoria conferma che le più grandi catastrofi storiche son spesso costruite su cose mal pensate. L'accortezza insegna che le rotture possono esser benefiche (fu il caso di De Gaulle) ma a una condizione: che rompendo non si curi il male con dosi ancor più massicce del male di ieri."

Nessun commento: