Alcuni giorni fa sono passata a visitare un blog molto interessante, Vita di un Io, ed ho trovato un bellissimo post che affrontava un problema molto attuale, il successo di Facebook e simili e la morte lenta dei blog : I social network stanno ammazzando i Blog?
Ciò che mi ha maggiormente colpita era il paragone tra Facebook ed un blog, il primo inteso come una piazza publica ed il secondo come un luogo privato ed intimo, la propria casa personale
Io non ho accettato gli inviti ricevuti in questi ultimi mesi da altri blogger e conoscenti che hanno aperto pagine in Facebook perchè preferisco scrivere un blog e mantenere la mia privacy personale
Ecco quindi il mio commento personale al blogger di Vita di un Io : " ericablogger- post molto interressante, in Italia le mode cambiano sempre molto velocemente e l’ultima moda è naturalmente facebook; trovo facebook e simili molto supeficiali, o come tu dici trovarsi in piazza, mentre per me un blog è casa propria, e culturalmente molto più valido; a casa tua puoi scegliere e rendere l’ambiente migliore; io amo l’intimità di casa, ricevere gli ospiti, senza gossip o superficialità, meglio pochi commenti ma un bel blog di qualità con un po’ di privacy; tra l’altro non metterei mai le mie foto o il mio cognome in pubblico e in facebook tutto ciò che si inserisce è di proprietà di facebook:poco libero ed antidemocratico, direi "
Oggi un lungo ed interessantissimo editoriale di un giornalista de La Stampa, Luca Ricolfi, se ben ricordo, affronta proprio il tema della privacy personale e di Internet, spesso antitesi negativa del nostro vivere quotidiano
Ecco alcuni punti che mi hanno maggiormente interessata :
" Ragazza inglese, assunta da pochi mesi come impiegata presso una ditta privata che si occupa di rapporti con l’Asia, ha ricevuto una lettera di licenziamento con una motivazione inconsueta: aver screditato l’azienda parlandone male su Facebook, il sito Internet di «socializzazione» più di moda del momento
Chi incappa in un incidente del genere sembra non rendersi conto del lato oscuro della società della comunicazione.
Siamo abituati a pensare che l’interconnessione universale sia un pasto gratis, una meravigliosa possibilità regalata a tutti di poter trasmettere e ricevere informazioni, conoscere persone, operare a distanza.
E invece essa è anche una cosa diversa, che richiederà molto tempo ancora per essere pienamente compresa nei suoi effetti.
Oggi, con il trionfo di Internet e delle telecomunicazioni, siamo ancora meno preparati a capire tutti gli effetti della rivoluzione tecnologica in atto, specialmente quelli inquietanti.
L’altra faccia dell’interconnessione globale, quella che i cantori delle virtù della rete non vedono, è la distruzione della privacy.
Perché la società della comunicazione distrugge la privacy?
Una ragione ovvia, visibile a occhio nudo, è che tutti i nostri comportamenti sono diventati «tracciabili».
Qualsiasi cosa facciamo - telefonare, usare una carta di credito, entrare in un negozio video-sorvegliato, compilare un modulo di acquisto, collegarsi a Internet, usare un personal computer - depositiamo tracce informatiche indelebili del nostro passaggio, per non parlare delle tracce biologiche che continuamente lasciamo sugli oggetti, le persone, gli ambienti, e che l’analisi del Dna rende utilizzabili a fini di identificazione.
Qualsiasi cosa facciamo può essere ripresa da un telefonino, di cui manco ci accorgiamo.
Qualsiasi cosa diciamo può essere catturata da un registratore, a nostra insaputa.
Qualsiasi immagine o voce ci abbiano carpito, può tranquillamente finire su YouTube, o essere riprodotta, diffusa, venduta nei circuiti più impensabili.
Ma c’è una ragione più profonda che mina la privacy, e quella ragione siamo noi stessi, o meglio i nostri comportamenti quotidiani.
Nel giro di pochissimi decenni la nostra privacy ha subito l’onda d’urto del nostro esibizionismo. Proprio mentre da ogni parte veniva proclamato il diritto alla riservatezza, fino al punto da considerare invasiva la pubblicazione dei voti finali sui tabelloni scolastici, l’evoluzione del costume procedeva in direzione diametralmente opposta.
Il proprio privato, per quanto insignificante o addirittura riprovevole, viene continuamente e rumorosamente spiattellato all’attenzione di tutti, in treno come in aereo, al bar come al ristorante, in televisione come su Internet.
Il sentimento del pudore si è ritirato come un ghiacciaio attaccato dal riscaldamento globale.
Il «lei» sta soccombendo al «tu», nonostante le resistenze di alcuni...
Lo spazio della nostra privacy si sta consumando, ma noi non siamo nella condizione di accorgercene. Non solo perché siamo inebriati dalla libertà che la rete ci promette.
Ma perché confessarci, esporci, mostrarci ci piace.
E quindi confondiamo spazio privato e spazio pubblico.
Non ci rendiamo conto che la privacy, il diritto alla privacy, è tante cose insieme.
Diritto a non rivelare tutto di noi. Diritto a non far sapere a tutti quel che facciamo sapere a pochi. Ma anche diritto a non sapere i fatti altrui.
A non interagire con tutti.
A non essere invasi.
Insomma, diritto a una distanza che, con il passare del tempo, sta diventando il bene più raro. "
Io amo comunicare. Ma amo scegliere con chi comunicare. E amo anche la privacy
Per cui non posso che essere pienamente d'accordo con il giornalista e la sua analisi accurata sui pericoli di Internet
E quindi continuerò a scrivere un blog, come ho sempre fatto in questi ultimi 6 o 7 anni ( ho iniziato quando i blog in Italia non erano ancora di moda ), anche se rimarrò una dei pochi "dinosauri" fuori moda, leggendo altri blogger che mi piacciono tanto, e comunicherò con amici e conoscenti in privato, via email o sms o telefono, ma soprattutto dal vivo, perchè preferisco parlare con gli altri guardandoli negli occhi...
Non c'è nulla di meglio di una bella chiacchierata non virtuale che ti aiuta a capire gli altri da vicino e a stabilire con loro un solido rapporto di amicizia !!!
2 commenti:
Sono d'accordo con te Erica. Trovo Facebook un luogo per adolescenti. Nasce secondo me dal fatto che le amicizie profonde sono poche e si cerca di rimediare con la quantità, non con la qualità. Si ritrovano vecchie conoscenze "smarrite", ma che rimangono tali, e si conoscono amici degli amici ma sempre in modo epidermico. Il blog forse da' un qualcosa in più . Si condividono idee, nascono simpatie. L'amicizia però, per come l'intendo io, è un sentimento diverso che vive del reale.Forse sono disincantata o troppo realista.Un caro saluto Adriana
Sono perfettamente d'accordo. Facebook non mi piace anche perche', dal quel che ho sentito, e' difficile far cancellare i propri dati e corre voce che abbiano intenzione di vendere a peso d'oro la banca dati che hanno acquisito in questo modo.
E poi un minimo di anonimato lo voglio mantenere.
La distanza, appunto, come la chiami tu.
Io capisco la voglia di mettersi in mostra (la chiamerei meglio "la voglia di raccontarsi") pero' sempre con rispetto e senza perdere di vista il fatto che la vita vera e' un altra cosa rispetto alla rete.
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