Oggi 1° Dicembre é la Giornata Mondiale per la lotta all' HIV- AIDS
Ogni anno centinaia di migliaia di bambini africani nascono con il virus HIV nel sangue, ereditandolo da una madre già malata. In Italia, nel 2007, questo fenomeno si è verificato una sola volta. Come si spiega questa clamorosa disparità?
Ogni anno centinaia di migliaia di bambini africani nascono con il virus HIV nel sangue, ereditandolo da una madre già malata. In Italia, nel 2007, questo fenomeno si è verificato una sola volta. Come si spiega questa clamorosa disparità?
Ridurre quasi a zero le probabilità di contagio da madre a figlio anche nei Paesi poveri non è un’utopia: basterebbero test rapidi per l’HIV e alcuni farmaci specifici. Eppure, proprio nei Paesi dove l’epidemia è più diffusa, meno di un neonato su 10 riesce ad avere accesso a queste cure...
Lilongwe (Malawi), 20 novembre 2008 - Una giovane coppia, Mary e Devison Gaga, entrano nell'Ospedale di Mwaza e attendono il loro turno per effettuare il test dell'HIV. Un campione di sangue viene prelevato dalle loro dita. Dopo aver aspettato meno di un'ora vengono chiamati dall'infermiera che gli comunica i risultati dei test. Entrambi sono risultati positivi all'HIV e Mary è incinta di 4 mesi.
L'ospedale di Mwanza oltre ad essere stato il primo ospedale dove l'UNICEF ha sostenuto il programma di prevenzione da madre a figlio dell'HIV (PMTCT) è anche il primo ospedale a promuovere il coinvolgimento del partner maschile nel programma.
La mancanza di sostegno del partner è uno degli ostacoli maggiori che le donne devono affrontare nell'usufruire dei servizi di PMTCT.
«Le donne quando scoprono di essere sieropositive hanno spesso paura di rivelarlo al proprio partner», spiega Bright Ndaonavino, amministratore dell'ospedale. «In Malawi sono gli uomini a prendere le decisioni in famiglia, il fatto di essere coinvolti aumenta le possibilità che le donne incinte seguano la terapia antiretrovirale. Qui le medicine, i servizi di consulenza e il sostegno nutrizionale per le donne incinte sieropositive sono gratuite».
«C'è un forte impegno politico in Malawi per combattere l'HIV e AIDS» dice la Rappresentante per l'UNICEF in Malawi Aida Girma. «C'è ancora molto lavoro da fare. L'UNICEF pensa universalmente che tutti i bambini in tutte le zone del paese debbano essere raggiunti dagli interventi. L'UNICEF ha condotto campagne perché tutti i bambini siano presi in considerazione. Vogliamo far si che la lotta contro l'HIV sia un impegno di tutti».
Su una popolazione di oltre 12 milioni di persone in Malawi, un milione di persone è affetta da HIV/AIDS. Più di 80.000 bambini sono affetti da HIV e oltre 500.000 sono orfani a causa dell'AIDS. Ogni anno circa 30.000 bambini contraggono il virus attraverso la trasmissione da madre a figlio. Data la magnitudine del problema nel paese l'UNICEF destina circa il 30 per cento delle risorse alla lotta all'HIV/AIDS.
«Sempre più persone effettuano il test perché grazie anche alle politiche e le linee guida distribuite tra gli operatori sanitari» spiega Aida Girma. «Il test è la chiave per la prevenzione e per i trattamenti e poiché gli uomini hanno un ruolo decisivo affinché le donne seguano le terapie è bene coinvolgerli da subito».
La diagnosi tempestiva e la prevenzione della trasmissione da madre a figlio dell'HIV sono tra le priorità dell'UNICEF in Malawi.
Xai (Mozambico), giugno 2008 - Ogni mercoledì mattina Telzira, 30 anni, affetta dal virus HIV, partecipa a un gruppo di sostegno presso un ambulatorio nella città di Xai-Xai. Il gruppo è stato creato allo scopo di incoraggiare le donne incinte e le madri sieropositive.
Il conforto che Telzira riceve dalle altre donne che soffrono della stessa malattia e dalle infermiere che guidano il gruppo la aiuta a guardare al futuro con speranza.
«Mi piace venire qui perché mi accolgono gentilmente e vengo trattata bene» ci spiega Telzira. «Nel gruppo parliamo dei nostri problemi, impariamo come preparare cibi nutrienti e riceviamo consigli utili su come salvaguardare la nostra salute».
Il gruppo di sostegno ha anche aiutato Telzira a seguire la sua terapia antiretrovirale e a prendersi cura nel giusto modo della sua figlia di otto mesi, che porta all'ambulatorio per regolari incontri sul tema dei bambini esposti al rischio di contrarre l'HIV.
«Ho fatto il test HIV quando ero incinta. Era positivo. Ho iniziato a prendere i farmaci subito dopo e grazie a ciò posso continuare a vivere come una persona normale» prosegue Telzira.
Programmi come questo, che hanno come obiettivo la prevenzione della trasmissione madre-figlio del virus (PMTCT, nell'acronimo inglese), contribuiscono a limitare la diffusione dell'HIV e a diminuire l'impatto dell'epidemia nel paese, soprattutto tra le donne e i bambini.
«Delle 3.520 donne incinte che hanno fatto il test l'anno scorso, 913 erano sieropositive, e tutte sono ora nel programma PMTCT» spiega il direttore sanitario, il dottor Adalgis Viola. «Dei 156 bambini già esaminati, ben 132 erano HIV-negativi, e questo grazie al programma PMTCT».
Nel 2002 l'UNICEF ha iniziato a sostenere in Mozambico la creazione di strutture sanitarie impegnate nel programma PMTCT. Alla fine del 2007, circa metà delle strutture sanitarie nel paese stavano già offrendo i servizi PMTCT, e questa cifra cresce continuamente.
Inizialmente solo poche donne nella zona accettavano di sottoporsi al test HIV o di recarsi presso i consultori. Per invertire la tendenza, le autorità sanitarie hanno cominciato allora a coinvolgere nelle attività le levatrici tradizionali e i leader comunitari, con l'obiettivo di informare le donne sull'importanza di fare il test HIV e di seguire terapie accurate.
«Fondiamo gruppi come questo perchè abbiamo notato che, inizialmente, molte delle madri risultate positive al test per l'HIV non venivano più a fare vedere i loro figli dopo il parto, ritenendo che non potessero essere malati anch'essi» conclude il dottor Adalgis. «Ora la situazione di queste mamme è sotto controllo. E la salute dei loro bambini anche».
(di Emidio Machana) traduzione a cura di Annalaura Mistretta - volontaria WEB UNICEF
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