Domenica 3 dicembre, le autorità siriane hanno arrestato la blogger Razan Ghazzawi al confine con la Giordania mentre era in viaggio verso Amman per partecipare a un workshop sulla libertà di stampa nel mondo arabo.
La giovane donna, che ha la doppia nazionalità USA e siriana ed è da tempo attiva nella blogosfera e su Twitter, ma ha anche curato articoli per Global Voices Online e Global Voices Advocacy,. è anche una delle poche blogger siriane che si firma con il proprio nome, sostenendo da tempo i diritti degli attivisti arrestati dal regime siriano e quelli dei gay e di altre minoranze locali. Il suo arresto ha immediatamente provocato rabbia e critiche da parte degli attivisti online di ogni parte del mondo, che hanno subito lanciato appelli per la sua liberazione.
L'ultimo post del 1 dicembre nel suo blog festeggiava la libertà concessa ad un altro blogger, Hussein Ghrer, detenuto dalle autorità siriane per 37 giorni. Purtroppo due giorni dopo è toccato a lei finire nelle carceri del suo paese, dove la libertà e la democrazia non esistono ahimè.
I blogger hanno una funzione molto importante in molti paesi a rischio, ma le loro denunce contro i regimi dittatoriali possono costare cari : questi uomini e donne coraggiosi spesso finiscono in prigione e subiscono violenze e condanne anche pesanti. Un noto blogger egiziano, Alaa Abdel Fattah, per esempio è ancora detenuto sotto false accuse, mentre un blogger del Bahrain, Ali Abdulemam, vive in clandestinità a causa del suo attivismo online.
Ed è notizia di oggi che anche in Russia, dopo la vittoria elettorale del premier Vladimir Putin, che è più una sconfitta in effetti, la seconda giornata consecutiva delle proteste di piazza, che volano sulle ali di Facebook, ha avuto oltre 300 arresti in una Mosca blindata da colonne di camionette e truppe speciali, nel timore di una rivoluzione arancione o in stile arabo.
In cella sono finiti tra gli altri l’ex vicepremier Boris Nemtsov, lo scrittore Eduard Limonov, il numero due del Partito riformatore filo-occidentale Iabloko Serghiei Mitrokhin, e un tribunale della capitale ha inflitto 15 giorni di carcere, il massimo della pena, ad Ilia Iashin, uno dei leader di Solidarnost, e a Alexiei Navalni, il più popolare blogger russo, entrambi accusati di resistenza a pubblico ufficiale, dopo essere stati arrestati ieri insieme ad altre 300 persone nella più grande manifestazione mai organizzata negli ultimi anni dall’opposizione extraparlamentare. Un’ondata di protesta simile è stata bloccata nello stesso modo anche a San Pietroburgo, con 200 arresti, e in altre città russe, tra cui Samara e Rostov sul Don.
La tv di opposizione Dozhd ha già battezzato le manifestazioni «rivoluzione Facebook», mentre le tv di Stato hanno tenuto sotto silenzio il pugno di ferro contro il dissenso. Ma la rete internet sembra ormai il vero motore della contestazione e riesce a portare in piazza migliaia di persone con il tam tam sul Facebook russo e sul Livejournal. L’arresto e la condanna di Navalni, impegnato nel denunciare la corruzione imperante, rischiano però di ritorcersi contro il potere stesso perché il carismatico blogger è infatti la figura emergente dell’opposizione, l’anello che può saldare la rete con la piazza.
«Mettendolo in galera hanno fatto l’errore più stupido che potessero fare», ha osservato l’attivista per i diritti umani Andrei Mironov, ex prigioniero politico ed ex dissidente presente sulla piazza Triunfalnaia presidiata da camionette militari e truppe di Omon, gli agenti antisommossa. «Il vero parlamento, il luogo della discussione, non è la Duma ma la rete, che non è controllabile dal potere e sta lentamente politicizzando vasti strati della società suscitando indignazione per brogli e corruzione documentati con tanto di video». «I fischi a Putin sono l’inizio della fine, le proteste continueranno, anche durante le presidenziali, e la svolta arriverà dai 20-30enni cresciuti senza il paternalismo sovietico conservato da Putin»
La protesta contro le «elezioni farsa», promossa via Facebook da un gruppo denominato «La Rivoluzione continua? Sì!» non è stata autorizzata, il che autorizza quindi la polizia a dare la caccia ai manifestanti, che gridano senza opporre resistenza «Russia senza Putin», caricandoli uno ad uno sui pullmini....
Ma grazie a questi giovani coraggiosi e ai blogger che sfidano lo zar Putin e la sua polizia speciale noi possiamo sapere cosa sta succedendo esattamente anche nell'ex paese comunista per eccellenza!
2 commenti:
Si può fare qualcosa per la ragazza siriana? C'è un appello?
Magari intanto le lascio un commento sul blog.
Grazie!
non so se c'è un appello, io sono passata dal suo blog ed ho deciso di parlarne qui
Bisogna far conoscere queste persone che nel mondo hanno il coraggio di parlare e di denunciare ciò che succede in quei paesi dove la democrazia non esiste
Grazie a te che sei passata anche di qui
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