venerdì 30 ottobre 2009

Ciancimino e Gladio

Sto seguendo sulle pagine de La Stampa la storia di Massimo Cincimino e gli avvenimenti che hanno coinvolto suo padre con la mafia e con i misteri che hanno coinvolto politici e servizi segreti deviati in un passato non troppo lontano
Una storia sempre più interessante che è ormai un vero e proprio giallo
Alcuni giorni fa c'era stato un furto misterioso in casa di Massimo Ciancimino ed erano spariti dei documenti
Ieri Massimo Ciancimino ha consegnato alla Procura di Palermo un appunto scritto dal padre Vito, ex sindaco dc, che rivelerebbe la sua appartenenza alla Gladio, la rete di controspionaggio del Patto Altantico che operò in Italia dalla fine delle seconda guerra mondiale fino all’inizio degli anni Novanta, quando Giulio Andreotti, decretandone la fine, perché ormai superata dai nuovi assetti dell’Europa, ne rivelò l’esistenza in Parlamento.

L’appunto manoscritto è stato consegnato ieri mattina da Massimo, insieme con una quarantina di altre “carte”, tra cui la copia originale del famoso e famigerato «papello» finora esistente in fotocopia, custodito negli archivi dei sostituti procuratori di Palermo.
Il biglietto sarebbe una sorta di “rivelazione” autografa destinata all’enorme materiale politico e autobiografico che Vito Ciancimino intendeva racchiudere in una pubblicazione, mai ottenuta per il completo disinteresse che allora suscitavano le sue affermazioni.
«Ho fatto parte di Gladio», scrisse don Vito. E non si sa quanto di altro aggiunge nel corso del “messaggio”.
I magistrati non si sbilanciano, fino a quando non saranno in grado di valutare l’attendibilità dell’appunto e soprattutto fino a che non riusciranno a collocarlo nel tempo e nel clima di quegli anni.

Anche il giovane Ciancimino non trae conclusioni affrettate, anche se è stato testimone di strane e lunghe frequentazioni del padre con ambienti dei servizi segreti.
In questo senso fa fede tutta la vicenda legata al "papello" con le richieste di Totò Riina allo Stato e alla trattativa che don Vito intavolò coi carabinieri del Ros per conto di Cosa nostra.
Il mondo economico, finanziario e politico in Sicilia è stato sempre al centro delle attenzioni e dello sguardo degli apparati di sicurezza.
Don Vito ne aveva dimestichezza anche per il ruolo ricoperto da suo padre Giovanni, che durante la guerra e subito dopo era diventato un punto di riferimento degli americani nella zona di Corleone, perché conosceva, forse l’unico nel territorio, l' inglese.
Dal punto di vista del contenuto -i dodici punti di richiesta della mafia- il documento non aggiunge nulla a quanto si conosceva attraverso la fotocopia.
E' importante invece l’originale per le conoscenze che potranno essere acquisite attraverso le perizie già disposte: quella grafica, che potrebbe portare all’identificazione dell’autore, e «l’età» del documento - attraverso l’analisi della carta - e forse anche la provenienza.

Tra le carte consegnate ieri da Massimo Ciancimino ci sarebbe anche una pagina manoscritta dedicata alla morte di Paolo Borsellino.
Don Vito ha scritto: «Post scriptum traditori», e riflette sulle tragedie di Falcone e Borsellino, a suo dire «traditi».
Anche lui, don Vito, ritiene di essere vittima di tradimenti.
A tradirlo, sarebbe stata la politica ( che non aveva gradito il lancio di volantini da un aereo con la scritta: " Meglio vivere un giorno da Borsellino che cento giorni da Ciancimino").
E alla fine immagina che Borsellino, venuto a conoscenza dei tradimenti subìti, (e "forse anche Falcone"), "se risuscitasse" non rifarebbe le cose che ha fatto!
Grazie a Massimo Ciancimino, forse, a poco a poco, si riuscirà a sapere qualcosa in più di quegli anni tristi e violenti in cui lo Stato subì attacchi mafiosi e morti di magistrati che lottavano per far trionfare la giustizia

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