Ho volutamente scelto di stare lontana il più possibile dal Pc a luglio e ad agosto ed ho passato molto del mio tempo di vacanza all'aperto, in giardino soprattutto. Aria pura e tranquillità, senza stress eccessivi, sono stati il mix migliore per rilassarmi . Ho però continuato anche a leggere il quotidiano e ad ascoltare qualcheTg . Sono stati 2 mesi di polemiche politiche, di ritornelli ripetuti e ripetitivi di destra e di sinistra, di scontri tra i PdL finiani e berluscones, Fini e Berlusconi in primis, con i soliti " Andiamo a votare perchè..." " Non andiamo a votare perchè... ", tutte, tante, troppe parole che sinceramente mi hanno stufata fino alla nausea perchè per l'ennesima volta, in nome del popolo italiano, si sono preoccupati solo ed esclusivamente dei loro interessi personali e dei loro cadreghini traballanti e litigiosi!!!
E oggi, nel leggere sul quotidiano La Stampa la lettera inviata da Maurizio Lupi e Mario Mauro, rispettivamente vicepresidente della Camera e capogruppo Pdl all'Europarlamento, sul nuovo triste spettacolo del leader libico Gheddafi, tornato a Roma per celebrare il secondo anniversario del Trattato di amicizia italo-libico, mi sono chiesta a cosa possono servire le preoccupazioni di questi due parlamentari visto che chi ha accolto a braccia aperte il raiss africano e gli ha organizzato una bella festa con cena tricolore è stato proprio Berlusconi, il loro capo di partito e di governo !!!!
La lettera di Lupi e Mauro è senza ogni dubbio bellissima e molto intensa e vale la pena leggerla tutta perchè analizza il pericolo Gheddafi, che non è solo un clown con un "circo" di cavalieri beduini a disposizione, ma è un ricco dittatore africano che predica l'islamizzazione a casa nostra, regalando Corani ad un branco di scollacciate ragazzotte bellocce, pagate naturalmente, e poi ci ricatta con il suo petrolio, con i suoi lavori in Libia, con lo spettro dell'invio di nuove massicce immigrazioni dall’Africa di migliaia di quei poveri cristi da lui sfruttati senza ritegno e senza dignità alcuna
Trovo piuttosto ipocrita denunciare l'indegno spettacolo di Gheddafi in nome del popolo che vuole essere libero dal potere proprio quando è il potere italiano, quello politico attuale che ci governa e quello economico-industriale-bancario, che era schierato alla cena di ieri sera per l'ingordigia di nuovi guadagni miliardari in terra libica, quello che si è umiliato ed ha leccato i piedi al satrapo africano ! La linda ed ordinata Svizzera è uscita da poco da un increscioso impasse con Gheddafi padre e figlio Chissà se un bel giorno faremo anche noi la stessa fine e poi piangeremo sul latte versato perchè il caro Gheddafi del paese del Bengodì ci ha fatto uno dei suoi bidoni colossali e crudeli ???
" Dopo due giorni di Gheddafi-show verrebbe voglia di gridare ai quattro venti il celebre motto dell’imperatore Cesare Augusto: «Signori e signori, lo spettacolo è finito».
Perché le amazzoni, i cavalli berberi, la tenda beduina, i vestiti appariscenti, le hostess a pagamento sembrano annebbiarci la vista. Siamo così abituati alle folkloristiche esagerazioni che il leader libico si concede quando viene qui che tutto il resto passa in secondo piano. Avvolto da un manto di preoccupante indifferenza. Ma le parole pronunciate da Gheddafi davanti alle 500 adepte accuratamente selezionate non possono lasciarci indifferenti. Quel richiamo alla necessità che l’Islam diventi la religione dell’Europa ha una portata dirompente. E non possiamo rimanere fermi a guardare anche perché, come scriveva Paul Bourget alla fine di un suo celebre romanzo, «l'uomo o agisce come pensa o finisce per pensare come agisce».
Per questo ci permettiamo di sollevare una questione: è ancora opportuno offrire il nostro Paese come palcoscenico per gli spettacoli del rais? Certo, è fondamentale per noi sviluppare relazioni diplomatiche privilegiate con la Libia, ma come mai scene e appelli come quello di domenica non si vedono mai in Germania o nel resto d’Europa? Ormai nessuno sembra più essere cosciente del reale pericolo che rappresentano quelle parole. Non perché contengano una particolare carica fondamentalista, ma perché il contesto di relativismo che le accoglie ne stravolge completamente rilevanza e senso. È come se ogni cosa avesse lo stesso valore. Le frasi di Gheddafi sono un pericolo proprio per il fatto che non ne avvertiamo la gravità.
Per questo ci permettiamo di sollevare una questione: è ancora opportuno offrire il nostro Paese come palcoscenico per gli spettacoli del rais? Certo, è fondamentale per noi sviluppare relazioni diplomatiche privilegiate con la Libia, ma come mai scene e appelli come quello di domenica non si vedono mai in Germania o nel resto d’Europa? Ormai nessuno sembra più essere cosciente del reale pericolo che rappresentano quelle parole. Non perché contengano una particolare carica fondamentalista, ma perché il contesto di relativismo che le accoglie ne stravolge completamente rilevanza e senso. È come se ogni cosa avesse lo stesso valore. Le frasi di Gheddafi sono un pericolo proprio per il fatto che non ne avvertiamo la gravità.
Tra l'altro non possiamo nasconderci che quello che è avvenuto domenica non potrebbe mai verificarsi in molti Paesi musulmani. Cosa accadrebbe se, non un politico cristiano, ma un qualsiasi cristiano facesse certe affermazioni? Verrebbe perseguito dalla legge per aver utilizzato espressioni o comportamenti non idonei alla religione locale.
La provocazione di Gheddafi serve quindi a ricordarci ciò che siamo e cosa significa essere cristiani. Hrant Dink, il giornalista turco-armeno assassinato nel 2007 nel quartiere di Istanbul davanti al suo giornale, ricordava: «Ascoltando le 5 preghiere islamiche mi ricordo di essere cristiano; la convivenza fa crescere la consapevolezza e alimenta la conoscenza». Ed è proprio facendo riferimento alla Turchia e al suo ingresso nella Ue che Gheddafi si è provocatoriamente augurato l’islamizzazione dell’Europa. Ma il rais dimentica che ciò che blocca questo processo è l’assenza, in quel Paese, di alcuni requisiti di libertà e democrazia, che sono testimonianza concreta dell’incidenza della tradizione cristiana nel processo di formazione dell’Europa.
La provocazione di Gheddafi serve quindi a ricordarci ciò che siamo e cosa significa essere cristiani. Hrant Dink, il giornalista turco-armeno assassinato nel 2007 nel quartiere di Istanbul davanti al suo giornale, ricordava: «Ascoltando le 5 preghiere islamiche mi ricordo di essere cristiano; la convivenza fa crescere la consapevolezza e alimenta la conoscenza». Ed è proprio facendo riferimento alla Turchia e al suo ingresso nella Ue che Gheddafi si è provocatoriamente augurato l’islamizzazione dell’Europa. Ma il rais dimentica che ciò che blocca questo processo è l’assenza, in quel Paese, di alcuni requisiti di libertà e democrazia, che sono testimonianza concreta dell’incidenza della tradizione cristiana nel processo di formazione dell’Europa.
Infatti la consapevolezza di essere cristiani è anche la consapevolezza dell’incidenza di quel processo che ha avuto tra i suoi frutti maturi la democrazia e la libertà, il vero problema del popolo è infatti essere libero dal potere e un Dio che non rappresenti per l’uomo la possibilità di compiere il proprio desiderio di infinito è solo l’origine di una nuova schiavitù. Se il relativismo è concepito come un elemento costitutivo essenziale della democrazia, si rischia di concepire la laicità unicamente in termini di esclusione o, meglio, di rifiuto dell’importanza sociale del fatto religioso. Per questo è incredibile un’Europa che non si apra alla dimensione pubblica della religione. Perché proprio un’Europa che cerca di confinare nel privato la rilevanza sociale del cristianesimo diventa fragile rispetto a esibizioni come quelle di Gheddafi.
Non dobbiamo mettere in atto una crociata identitaria. Quello che è realmente importante è l’amore per il destino del popolo che ha bisogno di essere libero dal potere."
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