Questa settimana ho partecipato ai consigli di classe da casa con computer. Sono stata invitata dai coordinatori di classe a partecipare agli incontri. Per la prossima settimana dovremo fare un saluto alle classi sempre collegandoci con Zoom . Ma oggi la nostra collega giovane di Inglese, che è l'animatore digitale della scuola, sta tribolando da ore perchè proprio in queste ore Zoom sta introducendo delle novità a livello di sicurezza e di pasword
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INTERNET SABATO 4 APRILE 2020
Gli “Zoombombing” stanno diventando un problema
Sono
le azioni di disturbo organizzate introducendosi nelle ormai quotidiane
videochiamate e riunioni a distanza, che spesso diventano vere
aggressioni verbali
Zoom è una delle app per videochiamate più
usate nel mondo per mantenere i contatti con amici, parenti e colleghi
in questo periodo di restrizioni agli spostamenti per via del
coronavirus (SARS-CoV-2). La usano anche molti insegnanti per tenere
videolezioni in diretta, aziende per fare riunioni e perfino ministri
britannici per consigli governativi. Secondo la società di analisi dati
sulle app SensorTower, a febbraio l’app di Zoom era stata scaricata 6,2
milioni di volte: a marzo 76 milioni di volte, più del mille per cento
in più. Parallelamente alla sua grande diffusione, però, è stato
segnalato un problema di Zoom: il cosiddetto “Zoombombing”, cioè la
pratica di interrompere videolezioni e riunioni di vario genere in corso
con messaggi scemi o, nei casi peggiori, pornografici, razzisti e
offensivi.
Negli Stati Uniti l’FBI ha ricevuto così tante
segnalazioni di episodi di “Zoombombing” da aver diffuso un comunicato
per avvisare del problema e invitare chi ne ha subito uno di segnalarlo.
Alcuni procuratori americani inoltre hanno detto che indagheranno sulle
accuse di questo tipo, mentre Matthew Schneider, procuratore del
Michigan, ha addirittura detto: «Pensate che lo Zoombombing sia
divertente? Vediamo quanto lo sarà quando sarete arrestati. Se
interferite con una teleconferenza o un incontro pubblico in Michigan
potrebbe capitarvi di sentir bussare alla vostra porta dalla polizia
federale, statale o locale».
Su Zoom si può accedere a una
videochiamata con un link: se questo è usato tra pochi amici e diffuso
per mail o messaggio non ci sono ovviamente rischi di intrusione. Ma per
le videochiamate più ampie, i link sono spesso diffusi sui social
network o siti internet, e da lì possono essere usati anche da persone
malintenzionate.
Il New York Times, che ha dedicato un lungo
articolo al fenomeno, ha raccolto le storie di alcune persone che lo
hanno subito. Il 29 marzo, ad esempio, si è tenuta una videoconferenza
del Concordia Forum, una rete internazionale di persone musulmane, a
proposito della spiritualità in relazione alla pandemia: a un certo
punto qualcuno ha cominciato a scrivere un insulto razzista su una delle
slide condivise tra i partecipanti. Dopodiché l’infiltrato ha condiviso
il suo schermo, dove si vedeva un video pornografico, ripetendo
l’insulto razzista a voce.
Lo stesso genere di interruzione è
avvenuta durante una discussione di tesi di dottorato a distanza, in un
incontro dell’American Jewish Committee di Paris, in vari eventi
culturali a distanza ma anche in molte riunioni degli Alcolisti Anonimi:
tra le altre cose è successo che qualcuno usasse la funzione di Zoom
per cambiare lo sfondo intorno a chi parla per mostrare una GIF di una
persona che beve una bevanda alcolica. Un uomo di Los Angeles membro
degli Alcolisti Anonimi ha raccontato che in tutti i 30 incontri a
distanza a cui ha partecipato nelle ultime settimane ci sono state
interruzioni spiacevoli.
Chi organizza gli incontri su Zoom può
rimuovere un partecipante fastidioso in qualunque momento, ma se gli
Zoombombing sono portati avanti da più persone contemporaneamente può
essere difficile.
Queste aggressioni infatti sono spesso
organizzate in modo simile alle campagne di insulti, minacce e molestie
sui social network che si sono viste più volte negli ultimi anni – una
delle più note fu il cosiddetto “GamerGate”, nel 2014 – e ai gruppi che
condividono immagini di nudità o atti sessuali diffuse senza il consenso
della persona che ritraggono. Su alcuni social network e app di
messaggistica vengono diffusi i codici di accesso per incontri e lezioni
su Zoom, spesso resi pubblici dagli stessi organizzatori senza
immaginare possibili conseguenze negative, con l’invito a disturbarle e
interromperle.
Leggi anche: C’è una “campagna di diffamazione” contro Houseparty?
Il
New York Times ha trovato 153 profili di Instagram, decine di account
di Twitter e numerosi forum di discussione su Reddit (che
successivamente li ha chiusi) e 4Chan usati da migliaia di persone per
fare Zoombombing, a volte semplicemente condividendo i codici di
accesso, altre volte pianificando come interrompere le videoconferenze.
Dallo scorso weekend migliaia di persone hanno cominciato a seguire
account di Instagram con nomi come Zoomraid e Zoomattack, creati
appositamente per diffondere informazioni sulle aggressioni e le azioni
di disturbo su Zoom. Un portavoce di Facebook ha detto al New York Times
che per evitare che Instagram sia usato in questo modo gli hashtag
usati per segnalare gli Zoombombing saranno bloccati.
In alcuni
casi si può dire che lo spirito con cui vengono fatte queste operazioni
non sia molto lontano da quello degli scherzi telefonici degli
adolescenti: sono proprio ragazzi costretti a stare in casa, pieni di
compiti da fare, a disturbare molte videolezioni di scuole medie e
superiori, un po’ per noia e un po’ per ribellione verso l’isolamento
forzato in casa. Come nel caso degli scherzi telefonici, spesso si
tratta di interruzioni inoffensive, magari inappropriate, ma
relativamente innocenti. Tra i ragazzi che le stanno organizzando ci
sono anche gestori di account di Instagram che condividono video
divertenti presi da TikTok o meme: per aumentare il numero dei propri
follower si sono messi a diffondere informazioni su incontri su Zoom,
invitando chi li segue a interrompere facendo qualcosa di buffo.
Ma
ci sono tanti Zoombombing molto meno innocenti: quelli organizzati da
gruppi di adulti che, dopo essere entrati in contatto su forum e social
network, pianificano gli attacchi alle videoconferenze su Zoom usando
Discord, una piattaforma per chattare mentre si gioca ai videogiochi
molto usata, tra gli altri, da estremisti di destra. In queste chat – il
New York Times ne ha trovate 14, la più popolare delle quali ha più di
2mila partecipanti – si condividono codici di accesso a Zoom, ci si
mette d’accordo su un orario in cui compiere le interruzioni e vengono
decise scale di “punti” che si possono ottenere facendo una certa azione
di disturbo piuttosto che un’altra. Tra i codici che vengono condivisi
ci sono quelli di videolezioni di scuole e di incontri di supporto
psicologico a ragazzi trans.
La società che gestisce Discord ha
condannato questo comportamento e ha detto che viola i termini di
servizio della piattaforma: quando scoprirà che un account è coinvolto
in questo tipo di chat, si impegnerà a rimuovere certi contenuti
condivisi e a chiudere l’account in questione.
Alcuni Zoombombing
sono stati registrati dai loro autori e i video sono stati diffusi su
YouTube e Twitch, un sito per giocare ai videogiochi di Amazon. Uno
youtuber piuttosto noto ha fatto uno streaming in diretta degli
Zoombombing compiuti contro decine di gruppi di Alcolisti Anonimi
riunitisi su Zoom. Anche nel caso di YouTube un portavoce ha detto che i
contenuti inappropriati e offensivi saranno rimossi.
Un
portavoce di Zoom ha detto che la società condanna gli Zoombombing, ma
per come l’app per le videoconferenze è stata progettata, pensando ai
soli incontri di lavoro, e non tanto agli usi che se ne fanno in questo
periodo, non ha molti strumenti per impedire che avvengano. Gli utenti
però possono prendere delle precauzioni per proteggersi, consigliate
anche dall’FBI:
su Zoom si possono organizzare videoconferenze
pubbliche e private ed è bene propendere per le seconde; per controllare
l’accesso si può richiedere una password oppure attivare una specie di
sala d’attesa che fa sì che solo gli organizzatori della videoconferenza
possano dare l’accesso ai nuovi partecipanti;
un’altra cosa da
evitare è condividere il link di accesso a videoconferenze e
videolezioni su post sui social network che chiunque può vedere;
si
può impedire ai partecipanti alle videoconferenze di condividere il
proprio schermo con le altre persone presenti, basta cambiare le
impostazioni;
è bene inoltre che tutti i partecipanti usino la versione più aggiornata di Zoom "
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