domenica 22 novembre 2009

Il Male minore

In queste ultime settmane Il presidente della Camera Fini si è spesso distinto dal resto del Pdl, la maggioranza di governo, per il suo diverso modo di pensare
Ieri una sua frase molto forte riguardo agli immigrati ha provocato la reazione del ministro leghista Calderoli
Non so se Fini ha veramente cambiato il suo modo di pensare o se sta invece creando un personaggio nuovo, un antagonista a Berlusconi, che vuole fare le scarpe all'attuale presidente del Consiglio e prenderne il posto
Nei giorni scorsi, il 15 novembre esattamente, però la giornalista Barbara Spinelli ha scritto su La Stampa un articolo molto interessante : "Fini e il male minore "
Alcuni suoi passi sono estremamente importanti :
" Da quando ricopre la terza carica dello Stato, Gianfranco Fini ha un’aspirazione che lo domina, costante: quella a esser statista oltre che uomo politico, e a scorgere nelle trasgressioni istituzionali di Berlusconi pericoli che lui, anche se solitario, vuol diminuire o combattere. Il suo magistero, come quello di Napolitano, è delicato: egli rappresenta la nazione, non può esser presidente di parte. Ma Fini ha osato molto, ultimamente,esprimendosi su temi essenziali come l’immigrazione, i diritti civili, il testamento biologico, la laicità.
Il libro che ha appena pubblicato (Il futuro della libertà. Consigli non richiesti ai nati nel 1989, Rizzoli) conferma una volontà precisa, e il desiderio di pensare la democrazia italiana nel tempo lungo...
Proprio perché ha deciso di scandagliare nuovi mari, vorrei porre al presidente una domanda di fondo, attorno a un assioma apparentemente importante che lo guida: se sia giusto, nonché utile, perseguire sistematicamente il Male Minore, nella resistenza al degrado delle istituzioni democratiche.
Se davvero la situazione sia così degradata e povera di alternative, da imporre questa classifica dei mali, basata sulle categorie economiche del più e del meno.
Nelle dittature la ricerca del male minore è spesso la sola via, anche se non necessariamente la più feconda.
Spesso è un camuffamento per iniziare i recalcitranti; solo di rado ingenera i casi Schindler, che accettò il nazismo salvando 1100 ebrei. Ma nella democrazia? L’economia dei mali è usanza antica, ma ha senso farne un assioma?

L’interrogativo si pone perché tutta la politica italiana, da anni, ruota attorno a questo concetto.
L’hanno interiorizzato le opposizioni, svariati giornali, anche la Chiesa.
Lo difendono i centristi (nuovi o vecchi): spesso moderati per non-scelta, per calcolo breve, per conformistica aderenza all’opinione dominante.
L’ultimo esempio di politica del male minore è quello di Fini nell’incontro col presidente del Consiglio del 10 novembre: per evitare il peggio - la prescrizione rapida, cui Berlusconi assillato dai processi Mills e Mediaset teneva molto - il presidente della Camera gli ha concesso il processo breve, che è una prescrizione camuffata e accorcia i procedimenti con l’eccezione di alcuni reati (non i più gravi d’altronde, essendo escluso anche il reato di clandestinità ).

La giustizia lenta affligge gli italiani, ma il rimedio non consiste nel dichiarare che il processo si estingue automaticamente dopo tre gradi di giudizio per la durata complessiva di 6 anni, bensì nell’introdurre preliminarmente le riforme che consentono di abbattere i tempi.
Riforme da applicare a monte, senza toccare i processi pendenti. Non si tratta di troncare i processi, ma di accelerarne il corso.
Dichiarare estinto un processo perché dopo due anni non c’è sentenza di primo grado è di una gravità estrema.
In certi casi, soprattutto per reati delicati con rogatorie internazionali, due anni davvero non bastano. Scansare il male maggiore è buona cosa, ma quello minore - ambiguo, sdrucciolevole - non è detto dia frutti.

Classificare i mali e le colpe è attività millenaria, in teologia e filosofia.
Nell’«economia del male», sosteneva Agostino, meglio le prostitute che l’adulterio; meglio uccidere l’aggressore prima che egli uccida l’innocente. La guerra, se proporzionata e volta al bene, divenne giusta.
Secolarizzandosi, tuttavia il male minore non punta più alla perfezione-trasformazione, ma all’ottimizzazione dell’esistente e del male. Cessa d’essere tappa d’un cammino accorto, si fa consustanziale alla democrazia, addirittura suo sinonimo. Lo descrive con maestria Hannah Arendt, negli Anni 50 e 60...
Accade a ciascuno di cercare il male minore, nella vita individuale e pubblica.
Ma il male minore rischia di installarsi, di divenire concetto stanziale, con esiti e danni collaterali che possono esser devastanti, non subito ma nel lungo periodo.
A forza di mitigare l’iniquità agendo dal suo interno, in effetti, sorgono insidie che la Arendt spiega bene: «Lungi dal proteggerci dai mali maggiori, i mali minori in politica ci hanno invariabilmente condotti ai primi».
«Ossessionati dai mali assoluti» (Shoah, Gulag) ci abituiamo a non vedere il nesso, stretto, tra male maggiore e minore.

La mente stessa muta, quando il male minore si cristallizza in norma.
Chi l’adotta tende a scordarsi, dopo, che in fin dei conti ha optato per un male.
Quando misure eccezionali vengono normalizzate, possono venire applicate più frequentemente. E applicandole con crescente frequenza, «qualsiasi senso dell’orrore verso il male si perde», non solo nei politici ma nell’insieme della nazione.

Quando Fini sceglie un piccolo male per evitare al peggio, è pur sempre nel male che resta, anche se forse a disagio: con effetti infausti sul futuro cui tiene tanto.
Una successione di piccoli mali finisce infatti col produrre un male grande raggiunto cumulativamente, non fosse altro perché è impossibile calcolare l’estensione dei loro guasti.

Fini e Napolitano vengono da esperienze non dissimili. Ambedue hanno accostato i mali assoluti, avendone condivise le ideologie, e con coraggio ne sono usciti.
Ambedue hanno scoperto le virtù del moderatismo pragmatico, del male minore.
Ma il male minore è una trappola, se il suo essere anfibio e la miopia del pragmatismo son taciuti.
Il male assoluto, paradossalmente, attenua la vigilanza:
«Chi sceglie il male minore dimentica rapidamente d’aver scelto a favore del male», dice la Arendt.... "
Dunque la scelta migliore sarebbe quella di scegliere il bene, per se stesso e per tutti noi, che ne abbiamo abbastanza delle liti da pollaio tra destra e sinistra e, ultimamente, pure tra destra e destra, tra Fini e Calderoli, tra Brunetta e Tremonti e chi più ne ha più ne metta...!!!

3 commenti:

Artemisia ha detto...

Ben tornata, Erica. Tutto bene? Hai avuto molto da fare?
Un caro saluto,
Artemisia

marina ha detto...

eccoti qui, ben vigile. Il post è molto, molto interessante. La scelta del male minore è un pericoloso arretramento, è vero.
Quanto a Fini e berlusconi è vero che ormai sono nemici ma come lo erano il gatto e la volpe...
marina

ericablogger ha detto...

hai proprio ragione! come il gatto e la volpe... penso sempre più che finiremo con il "cadere dalla padella nella brace "...